Gli ospedali cercano fondi con la pubblicità in corsia
Crisi e tagli alla sanità spingono le Ulss e i luoghi di cura a trovare strade aggiuntive per
finanziare la loro opera
La pubblicità, ormai, invade buona parte delle strutture sanitarie italiane con negozi di
bilance per bambini che si promuovono vicino alle sale maternità, scuole di ballo al centro
prenotazioni, Mistercucito sui monitor nelle sale di aspetto degli ambulatori. Le Ulss
italiane e gli ospedali, ossessionati dalla crisi, si lasciano andare a cartelloni pubblicitari,
totem e bacheche con consigli per gli acquisti, schermi con video degli sponsor. E, fuori
dal loro controllo, allignano anche tutte le forme di promozione non autorizzate, come i
volantini delle finanziarie lasciati di straforo nei reparti. Se c’è chi pensa che le attività
promozionali non debbano seguire le persone anche in luoghi di cura e sofferenza come
gli ospedali, altri, la maggioranza, sono più pragmatici e, come ha “stabilito” una ricerca
Eurisko, non si sentono disturbati anche perché oggi la la pubblicità è ovunque. Se per
legge le Ulss possono affittare spazi fuori dalle aree destinate alla cura dei pazienti da una
decina di anni in questo periodo difficilissimo il business relativo sta prendendo quota.
«Abbiamo un boom di richieste, le aziende oggi sono più disponibili ad avere a che fare
con noi. Se hanno la possibilità di raccogliere del denaro senza disturbare i degenti,
perché no?». A parlare è Paola Meneghini, della Meneghini e associati, un`azienda
vicentina che ha in concessione gli spazi pubblicitari di ben 150 ospedali, tra Veneto,
Emilia Romagna, Lombardia e Friuli. Il San Raffaele di Milano è stata una delle prime
strutture a sfruttare la pubblicità. Oggi affitta 50 spazi, 30 nei viali d`accesso, 20 nelle sale
d`attesa e incassa circa 700 mila euro all`anno, che comunque non gli hanno impedito i
traumi recenti. Il Niguarda di Milano e il Maggiore a Bologna non sono da meno così come
i luoghi di cura di Roma mentre di recente hanno rotto gli indugi, tra gli altri, ospedali di
Savona e di Livorno. «Le nostre inserzioni sono quasi tutte di aziende locali - spiegano
però dalla Asl di Firenze a La Repubblica – anche sesperavamo che arrivassero anche
sponsor di rilievo nazionale». E un po` in tutti gli ospedali di provincia gli inserzionisti sono
il macellaio, lo spazzacamino, l`azienda agricola, il produttore di alimenti per celiaci. La Asl
di Firenze affitta i suoi spazi a 50 mila euro all`anno, poi prende il 40% della cifra incassata
dalla concessionaria, privilegiata rispetto alle altre situazioni similari ma in mercati diversi
in cui le “provvigioni” difficilmente superano il 20%. In tutto quindi guadagna circa l00mila
euro. Le cifresono piccole percentuali del bilancio di un`azienda sanitaria o ospedaliera,
come visto anche per il San Raffaele e come evidenzia, sempre al quotidiano romano
autore dell’inchiesta, Giovanni Monchiero, direttore generale ad Alba e Bra che è contrario
all’eccesso pubblicità perché «può rompere le scatole a utenti in situazione di difficoltà
senza portare un vero vantaggio economico». Monchiero è anche presidente della
federazione italiana delle Asl (Fiaso) che, però, su questo tema non prende una posizione
ufficiale ma lascia libertà agli associati. Di marketing degli ospedali si parla ora anche nelle
aule universitarie e nei congressi anche perché la quantità di “obiettivi” raggiungibili è alta
e non distratta nella spesa dala situazione di malato: solo il 15% delle persone che in una
giornata entrano in ospedale sono degenti. Gli altri sono lavoratori,visitatori o, nei
policlinici, studenti. In posti come il San Raffaele (che ha 1.000 letti), girano più persone
che in ospedali di provincia: 25mila in un giorno. Ma ci sono regole : «Sono escluse
pubblicità offensive, perché seguiamo il codice etico di questo settore, o di attività
concorrenziali come le cliniche private - continua Paola Meneghini - e poi c`è chi non vuole
messaggi pubblicitari attinenti all`attività del reparto e chi non ha problemi. Comunque la
campagna viene sempre sottoposta all`azienda prima di essere lanciata».