L`ICONOGRAFO E L`ICONA “Narrazione `` è il termine appropriato

L’ICONOGRAFO E L’ICONA
“
N
arrazione ’’ è il termine appropriato, usato nell’iconografia, per descrivere la
rappresentazione di una icona. L’uso di questo termine distingue la realizzazione
di un'icona da qualunque altra costruzione o creazione artistica ed è quello che
principalmente prova l'iconografo. Il termine “narrazione” significa infatti che
l'icona non rappresenta avvenimenti storici, che possono essersi svolti in un
determinato periodo e in un certo luogo, né è una raffigurazione pittorica con
intenti figurativi ed artistici, ma l’icona rappresenta avvenimenti al di sopra del
tempo e al di fuori del mondo terreno, avvenimenti trascendentali.
Così l'iconografo tenta di raffigurare, con sobri ma eloquenti simboli, il
soprannaturale, la fede, il miracolo, la santità, la purificazione, la glorificazione, il
regno dei cieli; tenta di dare volto all'invisibile, migliorare il rapporto dei fedeli con
il soprannaturale, insieme a tanti altri argomenti di fede e di spiritualità.
L'unico strumento che ha l’iconografo a disposizione per avvicinarsi a
comprendere il significato di tutti questi argomenti di fede, per poi rappresentarli
attraverso l’icona, è il vivere la vita della Chiesa al suo interno in modo continuo
ed abituale. L'abituale studio del Vangelo, della vita degli Apostoli, dei padri, dei
martiri della fede, dei santi, uomini e donne, sono gli strumenti segreti
dell’iconografo, strumenti che gli offriranno le necessarie ali per volare verso la
raffigurazione iconografica.
La preghiera al Santo - il quale l’iconografo tenta di narrare nella
rappresentazione di un’icona - aiuta a stabilire una speciale comunicazione con
lui. Sarà proprio la preghiera, alla fine, che porterà l’iconografo a superare quello
che è forse il più grande ostacolo dell’arte iconografica, ossia dare espressione ai
santi volti, che si cerca di raffigurare.
Quello che rende “santa” un’icona, non sono i santi volti raffigurati, Dio, la
Theotocos (= la Madre di Dio) ed i Santi. Quello che rende santa e miracolosa
un’icona è la fede delle persone che pregano davanti ad essa.
L’icona, si potrebbe dire usando un altro termine, è un catalizzatore che avvicina
le persone a Dio, fortifica la loro fede e migliora il loro rapporto con il
soprannaturale.
Questo è il delicato servizio svolto dall’iconografo tramite l’icona: attraverso la
vista, aiuta il credente a prendere visione di ciò che sarebbe invisibile all'uomo e
si fa guida alla comunicazione dell’uomo con Dio.
Per questo è necessario un’enorme amore, ma anche delicatezza e fede.
Gli iconografi inizialmente raffiguravano Cristo e con quella “narrazione” testimoniavano Dio che si è fatto uomo per la salvezza del genere umano; inoltre
rappresentando Cristo, rappresentavano tutta la Chiesa.
Il fedele, però, non dovrebbe mai confondere il ruolo di rappresentazione e
narrazione che svolge l’icona – che come detto avvicina il fedele alla luce Divina con un culto che diventa adorazione. “Non adoro la materia, - diceva Giovanni
Damasceno parlando delle icone - ma quello che raffigura”.
L’icona deve essere considerata dal punto di vista dell’iconografia: in altre parole
quale rappresentazione di un mondo senza alcuna attinenza con il nostro mondo
terreno, o meglio, la rappresentazione della trasfigurazione del mondo in rapporto
con Dio. Anche il nostro accostarci ad essa, sarà regolato, non da schemi di
educazione sociale o da varie correnti del momento e teorie sull'estetica, ma dalla
peculiarità spirituale della religiosità che rappresenta per il fedele.
Solo allora, possiamo capire l'insistenza dei genuini iconografi per la scelta dei
materiali e dei colori da usare per la realizzazione delle icone.
Solo allora ha senso anche la preghiera individuale dell’iconografo, il suo
digiunare, la sua regolare partecipazione al mistero della comunione, della
confessione e in generale il suo sforzo spirituale durante il tempo necessario per
la narrazione dell'icona. Perché l'iconografia è soprattutto un lavoro d'amore.
Solo attraverso questo criterio d’attenzione, di penitenza, di preghiera, di digiuno
e sforzo spirituale, l’iconografo prenderà vagamente coscienza delle fatiche e degli
sforzi spirituali dei santi raffigurati rimanendo spiritualmente in contatto con
loro. Coscienza che lo aiuterà a realizzare l’espressione - rivelazione – finale, dei
volti santi dell'icona, nella sua fase conclusiva; rivelazione che si concretizzerà, in
primo luogo, nell'anima dell’iconografo, con un’ulteriore finalità: la liberazione dei
simboli, la rive-lazione e visione del regno dei cieli. Solo allora l’icona, come
rappresentazione del sacro, potrà assolvere il suo compito di catalizzatore,
aiutando il fedele in preghiera a comunicare con il Divino e a migliorare il suo
rapporto con il soprannaturale.