Sensore CCD Componente elettronico sensibile alla luce. Quando la luce (composta da singoli fotoni) colpisce la superficie del CCD, vengono liberati degli elettroni che si accumulano nei singoli elementi del CCD (i pixel). Un CCD consiste normalmente di migliaia di pixels. Più è brillante il soggetto verso cui il soggetto è puntato, più fotoni lo colpiscono, e quindi più elettroni si accumulano in ciascun pixel. Camera CCD. Formata dal sensore più un amplificatore e un Convertitore Analogico/Digitale. Nei sensori CMOS ogni fotosito (pixel) ha il suo amplificatore e il suo Convertitore Analogico /Digitale. Tipologia del CCD. I CCD maggiormente utilizzati nelle camere CCD non professionali sono gli Array CCD, caratterizzati da una schiera ordinata di foto elementi generalmente disposti per righe e colonne volti a formare una matrice di m x n pixel, organizzata in maniera diversa in funzione dello schema di trasferimento di carica adottato: Interline Transfer, Frame Transfer o Full Frame Transfer. Pixel. Singoli elettroni liberati si accumulano nei singoli elementi del CCD: i pixels. Dimensioni del chip. Più grande è la superficie sensibile, più grande è il campo inquadrabile. Dimensioni area attiva. Area che effettivamente interessa l'accumulo di elettroni. Dimensioni dei pixels. Più piccoli sono i pixels, migliore sarà la risoluzione dell'immagine. Risoluzione. Risoluzione di un'immagine ripresa dal CCD, espressa in pixels. Risoluzione usata. Con questo termine si indica quando una immagine si preferisce registrarla in binning, inteso come dimensione finale in pixels; ad esempio una immagine in binning 1x1 risulta un'immagine con a massima dimensione effettuabile con un CCD, immagini in 2x2 – 3x3 risulteranno più piccole e quindi più definite. Capacità di carica (full well capacity). Numero di elettroni che possono accumularsi in un singolo pixel prima che questo si saturi. Fill factor (fattore di riempimento). Percentuale della superficie CCD effettivamente sensibile alla luce. Efficienza quantica (DQE). Quanti fotoni che colpiscono il CCD danno effettivamente un elettrone. Rumore termico. Inteso come range dinamico in ogni pixel vengono accumulati anche degli elettroni "indesiderati", ossia che non sono il risultato di luce che abbia colpito il CCD. Alcuni di questi elettroni derivano dal rumore termico, un effetto casuale dovuto all'interazione del calore con il materiale di cui è fatto il sensore. Readout noise. Il rumore di lettura è indipendente dal tempo di posa, e disturba la ripresa di immagini di soggetti molto deboli. Mentre il rumore di lettura è indipendente dal tempo di posa, molte altre sorgenti di disturbo crescono con la radice quadrata del tempo di posa (ovvero raddoppiano se il tempo di posa quadruplica). Invece gli elettroni frutto della luce incidente, ovvero quelli "desiderabili", che concorrono alla creazione dell'immagine, crescono direttamente con il tempo di posa (cioè raddoppiano al raddoppiare della posa). Dark current. La carica elettrica di questi elettroni non voluti (che si generano nel pixel, anche se questo è nella più totale oscurità) è chiamata corrente di buio. L'effetto della corrente di buio è di limitare la durata pratica massima di una posa CCD: dopo molto tempo infatti, la corrente di buio saturerebbe del tutto il pixel, e non vi si potrebbero più accumulare elettroni generati dalla luce incidente. Perciò più bassa è la corrente di buio, più lunghe sono le pose eseguibili con un determinato CCD. Raffreddamento termoelettrico. La corrente di buio viene ridotta abbassando la temperatura a cui lavora il chip. Nei CCD la corrente di buio è sempre indicata ad una certa temperatura; per esempio in un CCD con una corrente di buio "minore di 8elettroni ogni 5 secondi, a –5°C". Per raggiungere temperature così basse si richiede un sistema di raffreddamento. Il raffreddamento termoelettrico, uno dei più comuni metodi per portare a bassa temperatura i chip, sfrutta elementi Peltier. Questi sono giunzioni di metalli differenti, con interposto del materiale semiconduttore, facendo fluire corrente tra i 2 metalli, la giunzione si raffredda (effetto Peltier). Sui sistemi più sofisticati, il raffreddamento è a 2 stadi, con 2 elementi Peltier in cascata e di una ventola. Correzione del flat field. Per motivi legati al metodo di fabbricazione del chip, non tutti i pixel del CCD hanno la stessa sensibilità; vi sono minime variazioni da un pixel all'altro. Qualunque sistema ottico produce un piccolo effetto di vignet-tatura. In totale, da un punto all'altro del chip ci possono essere differenze di sensibilità dal 5% al 10%. Per minimizzare questo effetto, i CCD prevedono un'opportuna procedura, che permette di "normalizzare" l'immagine ripresa con un'immagine standard, detta appunto flat field, annullandone definitivamente il disturbo. Effetto blooming. Le immagini CCD di oggetti molto brillanti, come una stella di prima magnitudine, mostrano talvolta l'effetto del blooming. Questo effetto si traduce in una "striscia" luminosa che parte dai pixels più brillanti, simile ai "baffi" di luce che si vedono in fotografie astronomiche riprese con telescopi Newton. E dovuto al "travaso" di elettroni in eccesso, dai pixels saturati verso quelli adiacenti: CCD sofisticati comprendono circuiteria antiblooming, che riduce di molto l'incidenza di questo effetto, e lo annulla nella maggior parte dei casi. Otturatore per pose brevi. In alcuni CCD i dati sono trasferiti dal chip al computer senza che un otturatore impedisca alla luce di colpire il chip anche durante il trasferimento, con il risultato che le immagini di soggetti brillanti come la Luna o i pianeti, vengano completamente "bruciate". Si può risolvere il problema con due sistemi diversi. Il primo utilizza una memoria di trasferimento che "sposta" l'immagine quasi istantaneamente dall'area sensibile del chip ad una zona inattiva alla luce, da cui viene trasferita poi al computer "con calma". Si crea quindi un efficace otturatore elettronico, senza parti mobili, capace di pose brevissime, anche di soli 4 millisecondi Utilizzo colori reali. È possibile effettuare riprese a colori con un CCD tramite una ruota portafiltri in cui si riprende l'oggetto nelle 3 pose RGB o meglio ancora in quadricromia "LRGB" e esacromia "LCRGBY". I moderni CCD a colori usano il sistema "single shot colour"; una matrice di filtri di colore Giallo, Magenta, Cyan e Verde, la quale è disposta a mosaico sulla superficie del sensore in modo tale che l'informazione relativa al colore possa essere registrata e successivamente letta senza perdita di risoluzione e di tonalità cromatica.