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PARLAMENTO EUROPEO
1999
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2004
Documento di seduta
FINALE
A5-0023/2002
23 gennaio 2002
RELAZIONE
sulle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro
della costruzione europea
(2001/2023(INI))
Commissione per gli affari costituzionali
Relatore: Giorgio Napolitano
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INDICE
Pagina
PAGINA REGOLAMENTARE ................................................................................................ 4
PROPOSTA DI RISOLUZIONE ............................................................................................... 5
MOTIVAZIONE ..........................................................................................................................
OPINIONE DI MINORANZA ....................................................................................................
PARERE DELLA COMMISSIONE PER GLI AFFARI ESTERI, I DIRITTI DELL’UOMO,
LA SICUREZZA COMUNE E LA POLITICA DI DIFESA ......................................................
PARERE DELLA COMMISSIONE GIURIDICA E PER IL MERCATO INTERNO ..............
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PAGINA REGOLAMENTARE
Nella seduta del 15 marzo 2001 la Presidente del Parlamento ha comunicato che la
commissione per gli affari costituzionali era stata autorizzata a elaborare una relazione di
iniziativa, a norma dell’articolo 163 del regolamento, sulle relazioni tra il Parlamento europeo
e i parlamenti nazionali nel quadro della costruzione europea.
Nella seduta del 3 maggio 2001 la Presidente del Parlamento ha comunicato di aver
consultato per parere anche la commissione giuridica e per il mercato interno.
Nella seduta del 31 maggio 2001 la Presidente del Parlamento ha comunicato di aver
consultato per parere anche la commissione per gli affari esteri, i diritti dell’uomo, la
sicurezza comune e la politica di difesa.
Nella riunione del 24 gennaio 2001 la commissione per gli affari costituzionali aveva
nominato relatore Giorgio Napolitano.
Nelle riunioni del 21 giugno 2001, 19 novembre 2001, 18 dicembre 2001 e 22 gennaio 2002,
la commissione ha esaminato il progetto di relazione.
In quest'ultima riunione ha approvato la proposta di risoluzione con 25 voti favorevoli e 2
contrari.
Erano presenti al momento della votazione Jo Leinen (presidente f.f.), Ursula Schleicher
(vicepresidente), Giorgio Napolitano (relatore), Teresa Almeida Garrett, Pervenche Berès (in
sostituzione di Enrique Barón Crespo), Georges Berthu, Guido Bodrato (in sostituzione di
Luigi Ciriaco De Mita), Jens-Peter Bonde, Jean-Louis Bourlanges (in sostituzione di François
Bayrou), Carlos Carnero González, Richard Corbett, Giorgos Dimitrakopoulos, Olivier
Duhamel, Lone Dybkjær, José María Gil-Robles Gil-Delgado, The Lord Inglewood, SylviaYvonne Kaufmann, Alain Lamassoure (in sostituzione di Daniel J. Hannan), Hanja MaijWeggen, Cecilia Malmström (in sostituzione di Andrew Nicholas Duff), Luís Marinho, Iñigo
Méndez de Vigo, Camilo Nogueira Román (in sostituzione di Johannes Voggenhuber),
Gérard Onesta, Jacques F. Poos (in sostituzione di Dimitris Tsatsos), Antonio Tajani e
Margrietus J. van den Berg (in sostituzione di Hans-Peter Martin).
In occasione del voto sull'insieme del testo, l'on. Berthu ha annunciato la sua intenzione di
fare allegare alla motivazione un'opinione di minoranza, ai sensi dell'articolo 161, paragrafo 3
del regolamento.
I pareri della commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la
politica di difesa e della commissione giuridica e per il mercato interno sono allegati alla
presente relazione.
La relazione è stata depositata il 23 gennaio 2002.
Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno
della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni tra il Parlamento europeo e i
parlamenti nazionali nel quadro della costruzione europea (2001/2023(INI))
Il Parlamento europeo,
– visti gli incontri organizzati dalla commissione per gli affari costituzionali con le
commissioni per gli affari europei dei parlamenti nazionali degli Stati membri e dei paesi
candidati il 20 e 21 marzo 2001 nonché il 10 e 11 luglio 2001,
–
vista l’allocuzione di Tony Blair, Primo Ministro del Regno Unito, in data 9 ottobre 2000
a Varsavia,
–
visto il contributo della XXIV COSAC il 22 maggio 2001 a Stoccolma,
–
visto l’intervento di Lionel Jospin, Primo Ministro francese, il 28 maggio 2001 a Parigi
sul “Futuro dell’Europa ampliata”,
–
vista la relazione d’informazione del Senato francese del 13 giugno 2001 su una “Seconda
Camera europea”,
–
vista la dichiarazione del Cancelliere federale tedesco Gerhard Schröder del 16 giugno
2001,
–
vista la risoluzione del Comitato delle regioni approvata il 14 novembre 2001 sulla
“Preparazione del Consiglio europeo di Laeken e il proseguimento dello sviluppo
dell’Unione europea nel quadro della prossima Conferenza intergovernativa”,
–
visto il contributo della XXV COSAC il 5 ottobre 2001 a Bruxelles,
–
visto il testo approvato dalla Conferenza di verifica sulla dimensione parlamentare della
politica europea di sicurezza e di difesa il 7 novembre 2001 a Bruxelles,
–
vista la Conferenza dei Presidenti dei parlamenti dell’Unione europea e dei paesi candidati
il 16 e 17 novembre 2001 a Stoccolma,
–
vista la dichiarazione di Laeken sul futuro dell’Unione europea,
–
visto l’articolo 163 del suo regolamento,
-
visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali nonché i pareri della
commissione per gli affari esteri, i diritti dell’uomo, la sicurezza comune e la politica di
difesa e della commissione giuridica e per il mercato interno (A5-0023/2002),
A. considerando che la Dichiarazione relativa al futuro dell’Unione allegata al Trattato di
Nizza esamina, tra i quattro temi espressamente citati, il ruolo dei parlamenti nazionali e
sottolinea in tal modo l’importanza e l’attualità di detta questione,
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B. considerando che “il deficit democratico” rischia di aggravarsi nell’Unione a causa
dell’insufficienza dei progressi sul piano del controllo democratico del processo di
integrazione e dei suoi sviluppi recenti in vari settori,
C. preoccupato per il grave squilibrio che si è verificato tra i poteri attribuiti alle istituzioni
esecutive e alle istanze tecniche e le possibilità riconosciute ai parlamenti nel loro insieme
per quanto riguarda la partecipazione e il controllo delle decisioni legislative e delle scelte
politiche dell’Unione,
D. considerando che, per colmare il deficit democratico e garantire più democrazia
nell’Unione, occorre rafforzare la componente parlamentare nel sistema istituzionale
europeo,
E. considerando che il potere di ratifica degli Stati membri (sia attraverso i rispettivi
parlamenti nazionali sia attraverso referendum) non è intaccato nel quadro della
Convenzione istituita dal Consiglio europeo di Laeken;
1.
è convinto che le preoccupazioni dei parlamenti nazionali riguardo all’Unione europea
rendono necessaria una migliore e chiara definizione delle loro competenze nei confronti
dei governi nazionali e dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda:
- la messa in atto dei loro poteri nei confronti dei rispettivi governi,
- l’orientamento dei ministri e dei governi nazionali nel loro lavoro in seno al Consiglio,
- il controllo dei parlamenti nazionali sulle posizioni dei ministri e dei governi nazionali
in seno al Consiglio,
- l’orientamento dei parlamenti nazionali nell’esecuzione della politica europea negli
Stati membri in particolare per quanto riguarda i programmi e i fondi europei,
- il controllo dei parlamenti nazionali sull’esecuzione della politica europea negli Stati
membri, in particolare per quanto concerne gli effetti di tale politica e la gestione
finanziaria delle risorse assegnate dall’UE,
- l’orientamento e il controllo dei parlamenti nazionali in merito alla corretta esecuzione
delle direttive e dei regolamenti europei,
- l'espletamento dei compiti dei parlamenti nazionali nell’ambito della politica
intergovernativa e degli affari costituzionali,
- la cooperazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali;
2. rileva che il Parlamento europeo non si considera l’unico rappresentante dei cittadini e
garante della democrazia rispetto alle altre Istituzioni dell’Unione e che non si preoccupa
esclusivamente di acquisire maggiori poteri senza riconoscere il ruolo dei parlamenti
nazionali;
3. segnala che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali rappresentano pienamente,
ciascuno nel proprio ambito, i popoli dell’Unione e che pertanto la necessaria
parlamentarizzazione dell'Unione deve basarsi sull’ampliamento dei poteri del Parlamento
europeo per tutte le decisioni dell’Unione e sul rafforzamento dei poteri dei parlamenti
nazionali rispetto ai propri governi;
4.
ricorda che il Trattato di Maastricht e il Trattato di Amsterdam hanno posto le prime basi
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importanti sulla via di tale parlamentarizzazione;
5.
sottolinea ancora una volta che, ai fini della necessaria democratizzazione e
parlamentarizzazione, la codecisione del Parlamento europeo si impone in tutti i settori
legislativi;
6.
sollecita i parlamenti nazionali ad utilizzare appieno i loro poteri di controllo in tutti i casi
in cui non si applichi la codecisione;
7.
sottolinea con preoccupazione l’esigenza che i parlamenti eletti dal popolo veglino
insieme, a livello nazionale ed europeo, a che i governi non creino nuovi diritti e
strumenti intergovernativi tali da escludere i parlamenti nazionali, come ad esempio nel
caso del “coordinamento aperto” o della cosiddetta coregolamentazione;
8.
chiede che la qualità di deputato al Parlamento europeo escluda la possibilità di occupare
contemporaneamente un seggio in un parlamento nazionale o regionale;
Il rafforzamento dei poteri dei parlamenti nazionali nei confronti dei loro governi
9. auspica che il protocollo allegato al trattato di Amsterdam sul ruolo dei parlamenti
nazionali per quanto riguarda l’informazione a monte dei parlamenti nazionali e la loro
possibilità di intervenire nella fase di preparazione dei testi legislativi europei tramite i
loro governi in seno al Consiglio sia modificato secondo la richiesta già espressa dalla
COSAC di Versailles;
10. propone che le “best practices” utilizzate dai parlamenti nazionali costituiscano oggetto di
un’informazione e di una diffusione adeguate e che siano fissate condizioni ottimali per lo
scambio di informazioni, la comprensione reciproca delle rispettive competenze e attività
e il ricorso alle nuove tecnologie;
11. afferma di essere pronto a contribuire a una consultazione approfondita dei parlamenti
nazionali nel contesto della discussione e dell’adozione del programma della
Commissione europea e al fine di garantire il rispetto del principio di sussidiarietà nel
processo legislativo comunitario;
12. osserva che la COSAC rappresenta un mezzo importante di scambi e di convergenze tra i
parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, di cui non sono ancora state impiegate tutte
le potenzialità; è tuttavia convinto della necessità di garantire, all'interno della delegazione
del PE alla COSAC, una rappresentanza più rispettosa del pluralismo politico;
13. propone che la cooperazione tra le commissioni parlamentari dei parlamenti nazionali e
del Parlamento europeo nell’insieme dei settori interessati dall’integrazione europea si
sviluppi e diventi sistematica, tra l’altro nei settori della politica estera e di sicurezza
comune, dell’Unione economica e monetaria, dello spazio di libertà, di sicurezza e di
giustizia e degli affari costituzionali;
14. rileva che sarebbe auspicabile intensificare e migliorare lo scambio di informazioni tra il
Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sulle questioni riguardanti la PESC o la
PESD, per consentire in tal modo un dialogo più ampio tra tali istituzioni;
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15. propone la formulazione di un “accordo interparlamentare” tra i parlamenti nazionali e il
Parlamento europeo per organizzare tale cooperazione in modo sistematico e che potrebbe
comprendere:
-
gli impegni indicativi reciproci in materia di programmi di incontri multilaterali o
bilaterali sulle questioni europee di interesse comune, di natura generale o settoriale,
lo scambio di informazioni e di documenti;
16. constata che, nel quadro delle riunioni dei gruppi politici e dei partiti politici europei, si
vanno a stabilire contatti più frequenti e regolari all’interno di ciascuna famiglia politica
europea e si compiace per il fatto che tali incontri diventino sistematici e possano pertanto
rafforzare e arricchire la vita democratica sul piano sia nazionale sia europeo; sottolinea
l’importanza di uno statuto dei partiti europei in considerazione del ruolo centrale che loro
incombe per lo sviluppo dell’UE verso una maggiore democrazia;
Il processo decisionale non deve essere appesantito
17. constata che la istituzione di una camera composta dai rappresentanti dei parlamenti
nazionali non rappresenterebbe una soluzione alle difficoltà incontrate da taluni
parlamenti segnatamente nel controllo della politica europea del loro governo e che ciò
servirebbe solo a dilatare il processo legislativo comunitario a detrimento della
democrazia e della trasparenza;
18. rileva inoltre che la doppia legittimità – Unione degli Stati e dei popoli – si esercita già a
livello europeo nel settore legislativo mediante la partecipazione del Consiglio e del
Parlamento europeo; che non è auspicabile appesantire né complicare il processo
decisionale; che è necessario evitare una sovrapposizione confusa nei ruoli rispettivi delle
istituzioni europee e nazionali;
19. sottolinea l'importanza che riveste la concordata partecipazione di rappresentanti del
Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali alla futura Convenzione per una
costituzione dell'Unione europea e spera che, all'interno di tale Convenzione, una vivace
discussione consentirà alle varie parti di concertare i rispettivi punti di vista al fine di
esprimere nel modo più armonioso possibile l'opinione dei popoli dell'Europa sul nostro
futuro politico;
La preparazione da parte della Convenzione del futuro dell’Unione europea
20. plaude alla partecipazione istituzionalizzata dei parlamenti nazionali assieme al
Parlamento europeo, alla Commissione e ai rappresentanti dei capi di Stato e di governo
alla Convenzione, il che consente di essere ottimisti circa un'efficace preparazione della
riforma dei trattati;
21. si pronuncia a favore del formarsi – già tramite la Convenzione decisa dal Consiglio di
Laeken – di un potere costituente esercitato in comune dai parlamenti nazionali, dal
Parlamento europeo, dalla Commissione e dai governi degli Stati membri che non solo
consentirebbe una più efficace preparazione della riforma dei Trattati, ma attribuirebbe
altresì una maggiore legittimità al processo di integrazione europea e aprirebbe così una
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nuova pagina per quel che riguarda il ruolo dei Parlamenti nella costruzione europea
introducendo una innovazione istituzionale di primaria importanza;
22. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla
Commissione, ai capi di Stato e di governo nonché ai parlamenti degli Stati membri e dei
paesi candidati.
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MOTIVAZIONE
I. INTRODUZIONE
1. Il tema del ruolo del Parlamenti nazionali - e dunque anche delle relazioni tra Parlamento
europeo e Parlamenti nazionali - ritorna in primo piano per molteplici ragioni. Il Consiglio
di Nizza, nella Dichiarazione sull'avvenire dell'Unione annessa al Trattato, lo ha indicato
come uno dei quattro temi da porre al centro di un vasto dibattito, destinato a sfociare in
una nuova Conferenza Intergovernativa. A questa indicazione possono darsi significati
diversi; in essa possono essersi rispecchiati punti di vista non chiaramente confrontatisi tra
i capi di Stato e di governo, e non convergenti, sull'architettura istituzionale e sul
complessivo sviluppo dell'Unione più larga che sta per nascere. Si impone perciò un serio
sforzo di chiarificazione.
2. In sostanza, quel che ritorna in primo piano è il tema più generale del grado di
democraticità del processo di integrazione. Si sta riducendo, o rischia di aggravarsi, il
"deficit democratico" nell'Unione? Si avverte, a questo proposito, un crescente malessere
nei Parlamenti nazionali, per gli insufficienti progressi finora realizzatisi sul piano della
controllabilità democratica del processo di integrazione e dei suoi sviluppi recenti in varii
campi. E si ha ragione di temere che con il grande allargamento ormai alle porte, il
problema divenga ancora più complesso e acuto. Una analoga insoddisfazione e
preoccupazione viene espressa dal Parlamento europeo.
Si deve aggiungere che sarebbe un grave errore ritenere che il problema non sia sentito dai
cittadini.
3. Infatti, la perdita di consensi nelle opinioni pubbliche, il diffondersi di fenomeni di
disaffezione, di delusione e di diffidenza verso lo sviluppo dell'Unione, non si spiegano
solo con tutto quel che risulta carente o non convincente nell'azione dell'Unione, nelle sue
politiche concrete, nelle sue risposte a domande e aspettative importanti per la vita e il
futuro dei cittadini, delle famiglie, delle popolazioni. Il diffondersi di quei fenomeni
dipende anche da un senso di estraniazione, da una difficoltà grave di comprensione e di
partecipazione, da un timore di impotenza dinanzi a decisioni che calino dall'alto, non
influenzabili e non controllabili.
4. Sappiamo, certo, come per riguadagnare consensi e sostegni nei nostri paesi, sia essenziale
che in questa fase si metta l'accento su "quel che vogliamo fare insieme", sulle questioni
da affrontare e sulle soluzioni da darvi al livello europeo, sui progetti da realizzare via via
attraverso l'Unione più larga e le sue diverse possibili articolazioni. Ma da questo
discorso "sui contenuti" non può essere separato il discorso sulle "forme" della
costruzione europea, sul "come" governarne gli sviluppi, sulle istituzioni e sul loro
funzionamento. Gli interrogativi sull'Unione che vogliamo - in una Europa finalmente
unificata - costituiscono un tutto inscindibile, sollecitano un disegno in cui possano
riconoscersi i cittadini anche in quanto garantisca più democrazia.
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II. "DEFICIT DEMOCRATICO" E RUOLO DEI PARLAMENTI
5. Le insufficienze di legittimazione democratica del processo di integrazione sono state da
tempo riassunte nella formula del "deficit democratico". Si voglia o no continuare a usare
questa formula, bisogna ricordare come essa non sia rimasta una definizione astratta o
puramente polemica: ancora nella relazione dell'on. Neyts-Uyttebroek, adottata dal
Parlamento europeo nel giugno 1997, si analizzavano le componenti concrete di quel
deficit. Quella analisi rimane in gran parte valida, e non sarà dunque ripetuta in questa
nuova relazione, che intende limitarsi a un aggiornamento e ad una riproposizione del
tema del ruolo dei Parlamenti nella costruzione europea, nella vita dell'Unione, tenendo
conto di sviluppi recenti - dal Trattato di Amsterdam a quello di Nizza - e di prospettive
nuove.
6. Conviene naturalmente ribadire che il problema della crescita della democrazia
nell'Unione è più ampio di quello del riconoscimento e della valorizzazione del ruolo dei
Parlamenti. Altri aspetti fondamentali sono costituiti dalla crescita di più forti attori
politici e sociali su scala europea - partiti, sindacati, associazioni (ONG) e movimenti di
opinione - dalla moltiplicazione dei canali di partecipazione dei cittadini al dibattito sullo
stato dell'Unione, dal formarsi di uno spazio pubblico di comunicazione al livello europeo.
7. Come è stato perciò ben detto in uno studio preparato per la XXIV COSAC, "we conceive
the European Parliament and the “parliamentarisation” of the Union's decision-making
system through both the European and the national parliaments as one but an essential and
necessary tool for building a legitimate European order". Le istituzioni della democrazia
rappresentativa restano infatti un pilastro insostituibile della democrazia nei nostri paesi
sia al livello nazionale sia al livello europeo: esse attraversano una fase di seria difficoltà
per motivi che non è possibile esplorare qui e che vanno riferiti non solo alle peculiarità
del processo di integrazione europea ma a mutazioni profonde intervenute nelle nostre
società, nelle tecnologie comunicative e nella competizione politica, nelle sensibilità e nei
comportamenti individuali e di gruppo. Ma ogni sforzo va compiuto per adeguare a tali
mutazioni il modo di essere e di operare delle istituzioni della democrazia rappresentativa
e innanzitutto dei Parlamenti, rilanciandone le funzioni e i poteri.
8. L'Unione si fonda su una doppia legittimazione, in quanto Unione di Stati e Unione di
popoli. Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, in quanto eletti direttamente dai
cittadini sia l'uno che gli altri, sono egualmente rappresentativi dei popoli in seno
all'Unione europea. I sistemi di democrazia parlamentare in ciascuno degli Stati membri
dell'Unione hanno profonde radici storiche e poggiano su un complesso tessuto di
relazioni politiche e sociali; la solidità dei quadri democratici nazionali, e la loro vicinanza
ai cittadini, costituiscono un patrimonio irrinunciabile. Non se ne può in nessun modo
prescindere nel perseguire la "parlamentarizzazione" dell'Unione: questa deve percorrere
una via originale, facendo leva su due pilastri, quello del Parlamento europeo e quello dei
Parlamenti nazionali. Il Parlamento europeo ne deve avere piena consapevolezza,
guardandosi dal coltivare uno schema semplicistico che lo veda, sempre di più, titolare
esclusivo del ruolo di rappresentante dei cittadini e di garante della democrazia nel
rapporto con le altre istituzioni dell'Unione. Ed esso non può preoccuparsi soltanto di
rivendicare per sé maggiori poteri, trascurando il riconoscimento del ruolo dei Parlamenti
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nazionali.
9. D'altra parte, del tutto erronea sarebbe la tendenza a ritenere che la democrazia possa
garantirsi e vivere solo su basi nazionali; che non sia concepibile uno sviluppo della
democrazia, in senso istituzionale e politico, anche su scala europea; che risulti
impossibile colmare il deficit democratico dell'Unione anche attraverso il rafforzamento
del Parlamento europeo e che quindi si debba non solo scoraggiare un tale rafforzamento
ma addirittura imboccare una strada che porti a restituire poteri ai Parlamenti nazionali.
10. Occorre essere ben consapevoli di un dato fondamentale: sono i Parlamenti nel loro
insieme - non gli uni o l'altro, non i soli Parlamenti nazionali piuttosto che quello europeo
- che soffrono di uno squilibrio ancora grave tra i poteri attribuiti al Consiglio e alla
Commissione e le loro possibilità di partecipazione e di controllo rispetto al processo di
formazione delle decisioni legislative e degli indirizzi politici dell'Unione. E' dunque
indispensabile la collaborazione, una visione comune, un impegno congiunto, ferme
restando le rispettive, distinte funzioni. Ripetiamo con ancora maggior convinzione
quanto affermò la relazione Neyts-Uyttebroek: "La qualità delle relazioni fra il
Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali è di fondamentale importanza ai fini del
carattere democratico globale dell'Unione. Se dovessero divenire rivali, è certo che la
democrazia ne soffrirebbe. Se, al contrario, riconoscono di avere una missione comune, la
democrazia risulterà vincente".
III. SVILUPPI RECENTI E LIMITI DI FONDO SUL PIANO DELLA
"PARLAMENTARIZZAZIONE"
11. Gli sviluppi più significativi sulla via della parlamentarizzazione, nel periodo successivo
alla già citata relazione del 1997, a partire dal Trattato di Amsterdam, sono stati:
- l'estendersi del potere di co-decisione legislativa del Parlamento europeo, e il
rafforzamento della sua partecipazione all'investitura del Presidente della Commissione
- la formalizzazione, con il Protocollo n. 9, del diritto dei Parlamenti nazionali
all'informazione tempestiva sulle proposte legislative della Commissione, quali definite
dal Consiglio, nonché sui documenti di consultazione redatti dalla Commissione
- il riconoscimento, con lo stesso Protocollo, del ruolo della COSAC.
Senza sottovalutare questi risultati, si deve tuttavia osservare:
- per quel che riguarda il Parlamento europeo, rimangono escluse dal suo potere di codecisione anche materie in cui si è sancito il passaggio al voto a maggioranza qualificata:
il Trattato di Nizza non ha messo fine a questa asimmetria, ma l'ha ribadita. Anche il
problema della definizione degli atti legislativi, ovvero della gerarchia delle norme
comunitarie, è rimasto irrisolto.
- per quel che riguarda i Parlamenti nazionali, l'accoglimento, da parte del Consiglio di
Amsterdam, delle richieste relative alla fissazione di limiti di tempo minimi per l'esame,
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soprattutto, dei testi di carattere legislativo, è stato parziale, non corrispondente per varii
aspetti a quelle richieste, così come formulate dalla COSAC e dal Parlamento europeo.
12. Costituisce ancora motivo di forte insoddisfazione e preoccupazione il fatto che si
sottraggano a una funzione di indirizzo e di controllo - da parte sia del Parlamento
europeo sia dei Parlamenti nazionali - campi già indicati nella relazione e nella risoluzione
del giugno 1997: oltre che la politica agricola, campo di intervento tradizionale, altri di
più recente sviluppo, e cioè la politica estera e di sicurezza comune, gli affari interni e di
giustizia, la politica economica e monetaria nel contesto della UEM. Il Trattato di Nizza
non ha segnato, a questo proposito, alcun progresso, mentre ha sancito decisioni
notevolmente innovative, sul piano strettamente intergovernativo, come quelle relative
all'avvio di una struttura politico-militare di difesa comune.
13. Sul piano più generale degli equilibri istituzionali, si è fatta evidente e inquietante la
tendenza all'indebolimento del metodo comunitario, e al rafforzamento della dimensione
intergovernativa nella guida dell'Unione, quale si è espresso nel modo più netto
nell'enfatizzazione del ruolo del Consiglio europeo.
I gravi limiti che dal punto di vista della trasparenza e della controllabilità presenta
l'attività del Consiglio, anche in quanto legislatore, sono stati solo scalfiti da alcune
disposizioni del Trattato di Amsterdam. Il Consiglio continua a deliberare in sede
legislativa a porte chiuse.
14. Vanno valutati positivamente: nel senso di una maggiore apertura democratica, la
formulazione e quindi la regolamentazione dell'art. 255 del Trattato CE sull'accesso ai
documenti; nel senso di un rafforzamento delle garanzie per il Parlamento europeo, la
nuova formulazione - col Trattato di Nizza - delle disposizioni in materia di cooperazione
rafforzata.
IV. IL TERRENO ESSENZIALE DELLE RELAZIONI TRA PARLAMENTI
NAZIONALI E GOVERNI NAZIONALI
15. E' interesse comune del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali che questi ultimi
siano messi in grado di esercitare nel modo più efficace funzioni di indirizzo e di controllo
nei confronti dei rispettivi governi in quanto membri del Consiglio dell'Unione. E' questa
la via fondamentale per realizzare la partecipazione dei Parlamenti nazionali all'attività
legislativa dell'Unione così come allo sviluppo delle politiche comuni.
16. E' essenziale che i Parlamenti nazionali possano intervenire nella fase della formazione
dei testi legislativi europei, esprimendo opinioni e contributi di cui i rispettivi governi si
impegnino a tenere conto, anche se non possa trattarsi di mandati vincolanti. Da questo
punto di vista, il Protocollo di Amsterdam ha consentito progressi ma non in misura
sufficiente, com'è risultato dalle risposte al questionario diramato in preparazione della
XXIII COSAC.
La COSAC riunitasi quindi a Versailles ha formulato richieste di modifica del Protocollo,
con particolare riferimento alla trasmissione per via elettronica a ogni Parlamento
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nazionale di documenti e proposte di carattere legislativo ma anche delle proposte di
misure da adottare ai sensi dei titoli V e VI del TUE (Politica estera e di sicurezza
comune, cooperazione di polizia e giudiziaria). I termini di tempo già fissati dovrebbero
inoltre valere anche per le proposte in materia di PESC. Tali richieste non sono state
prese in considerazione nella CIG conclusasi a Nizza: il Parlamento europeo può
impegnarsi a sostenerle in vista della prossima CIG e chiedere che nella pratica si proceda
fin d'ora in questo senso.
17. Il documento di discussione "I Parlamenti nazionali e l'Unione europea" elaborato dalla
Presidenza svedese per l'apposito gruppo di lavoro della COSAC (maggio 2001) ha
fornito un quadro aggiornato delle modalità e delle iniziative attraverso cui le
Commissioni per gli affari europei operanti in seno ai Parlamenti nazionali, e questi ultimi
nel loro complesso, influenzano la legislazione comunitaria e le politiche dell'Unione
avendo per interlocutori i rispettivi governi. L'esame dei testi, la formulazione di pareri e
di proposte, il confronto con le posizioni dei governi e il controllo dei loro comportamenti
presentano gradi molto diversi di efficacia da paese a paese: esistono margini ancora
molto ampi per lo sviluppo di queste funzioni - anche attraverso la diffusione delle
migliori pratiche - e il Parlamento europeo intende contribuire alla creazione di condizioni
ancora più favorevoli perché esse possano esplicarsi pienamente. Lo studio, e quindi la
diffusione, delle migliori pratiche può rivelarsi molto utile, pur dovendosi naturalmente
tener conto del modo di procedere proprio di ciascun Parlamento nazionale.
18. Assai varia si presenta la situazione per quel che riguarda le modalità di discussione e
deliberazione, nei singoli Parlamenti nazionali, in materia di trasposizione delle direttive
comunitarie. Importante anche in questo campo è la diffusione delle migliori esperienze.
19. Va infine attentamente considerato il problema della trasmissione di adeguate
informazioni ai Parlamenti nazionali sull'attività dei Comitati di conciliazione e sulle
procedure di "comitatologia".
V.
NUOVI SVILUPPI NELLE RELAZIONI TRA PARLAMENTO EUROPEO E
PARLAMENTI NAZIONALI
20. Negli ultimi anni le relazioni tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali hanno
conosciuto un considerevole arricchimento e sviluppo: scambi di visite e delegazioni,
incontri di tipo bilaterale tra Commissioni omologhe del Parlamento europeo e di singoli
Parlamenti nazionali, incontri di tipo multilaterale tra Commissioni omologhe del
Parlamento europeo e di tutti i Parlamenti nazionali, incontri periodici tra la Commissione
Affari Costituzionali del Parlamento europeo e delegazioni dei Parlamenti nazionali nel
corso della CIG 2000 e nella fase successiva (invitando rappresentanti dei Parlamenti
nazionali a tutte le riunioni di quella Commissione), ecc. Bisogna proseguire su questa
strada, non trascurando aspetti come quelli dello scambio di documenti, della reciproca
informazione, della collaborazione a scopo conoscitivo per l'approfondimento di temi di
comune interesse. E vanno rafforzati in particolare gli incontri tra Commissioni del
Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali competenti per gli affari interni e di
giustizia, tra quelle competenti per gli affari esteri, la sicurezza e la difesa, tra quelle
competenti per le politiche dell'Unione Economica e Monetaria.
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21. Si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di un vero e proprio accordo
interparlamentare che renda sistematiche e programmatiche molteplici forme di
consultazione e cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali. Non si
tratterebbe di un accordo formalmente vincolante, come lo sono gli accordi-quadro tra le
istituzioni dell'Unione; ma esso potrebbe egualmente definire impegni e criteri di
comportamento condivisi dalle parti contraenti, e contribuire a un clima di reciproca
fiducia oltre che a un più ordinato e ricco sviluppo della collaborazione tra Parlamento
europeo e Parlamenti nazionali. Una collaborazione ispirata a un principio di
complementarietà, che non trascura le diversità dei rispettivi mandati e punti di vista, e
rispetta la autonomia di ciascuna istituzione.
La sede in cui definire un simile accordo potrebbe essere la Conferenza dei Presidenti dei
Parlamenti dell'Unione europea.
22. Un forum importante di consultazione e discussione non solo tra i Parlamenti nazionali ma
anche tra questi e il Parlamento europeo, è costituito dalla COSAC. Ad essa il Protocollo
di Amsterdam ha attribuito facoltà significative di presentazione di propri contributi alle
istituzioni dell'Unione, con particolare riferimento allo spazio di libertà, sicurezza e
giustizia e all'applicazione del principio di sussidiarietà. L'autorevolezza politica, e la
stabilità nel corso di ogni legislatura, delle rappresentanze nazionali potrebbero rafforzare
il peso e la funzionalità di questa istituzione.
23. Continua a non trovare sufficienti consensi l'ipotesi di convocazione di Conferenze dei
Parlamenti (nazionali ed europeo) a suo tempo menzionata nella dichiarazione n. 14
annessa al Trattato di Maastricht.
24. Compiti significativi vengono svolti e ancor più potranno essere svolti dalla Conferenza
dei Presidenti dei Parlamenti nazionali dell'Unione Europea. In questo spirito si è proposto
- nel paragrafo 21 - di affidare alla Conferenza un ruolo di rilievo nell'ipotesi di un
"accordo interparlamentare".
25. Un campo nuovo di iniziativa è rappresentato dagli incontri tra i responsabili delle diverse
famiglie politiche nel Parlamento europeo e nei Parlamenti nazionali. Per questa via si
puo' realizzare quel che finora è largamente mancato : uno sforzo di informazione e
comprensione reciproca tra rappresentanti di forze politiche affini nel Parlamento europeo
e nei Parlamenti nazionali, per avvicinarne le sensibilità e i punti di vista. In questa
direzione spinge anche l'impegno, scaturito dal Consiglio di Nizza, a rafforzare il ruolo
dei partiti politici europei.
VI. ALTRE IPOTESI IN DISCUSSIONE
26. Viene ancora riproposta da alcuni Parlamenti nazionali, ma senza riscuotere il consenso di
molti altri, l'ipotesi di una seconda Camera composta da parlamentari nazionali. La
proposta parte dalla convinzione che si potrebbe in questo modo rafforzare la legittimità
democratica dell'Unione e rispondere alla preoccupazione che i Parlamenti nazionali
vedano ulteriormente ridursi la loro influenza sul processo decisionale al livello europeo e
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sugli sviluppi della costruzione europea. Crediamo che le risposte a tale preoccupazione
possano essere diverse - come risulta dal presente documento - da quella della creazione
di una seconda Camera.
Quest'ultima rappresenterebbe una nuova istituzione non eletta direttamente dai cittadini e
si tradurrebbe in un ulteriore appesantimento della già complessa architettura istituzionale
dell'Unione. Le difficoltà di funzionamento di una Camera i cui membri siano anche
membri dei Parlamenti nazionali sono già state sperimentate e appaiono tali da indurre
alcuni dei proponenti di una seconda Camera a prevedere una riduzione al minimo dei
giorni di sessione durante l'anno e, in sostanza, dei compiti da assolvere. Ma anche
partendo da proposte apparentemente limitate per quel che riguarda compiti e poteri di una
seconda Camera - esame preventivo di ogni testo dal punto di vista dell'applicazione del
principio di sussidiarietà, poteri di controllo o consultivi sulle materie degli attuali
secondo e terzo pilastro - si determinerebbe una confusa sovrapposizione tra il ruolo
dell'ipotizzata seconda Camera e i ruoli di altre istituzioni, come il Parlamento europeo e
gli stessi Parlamenti nazionali.
Occorre invece rafforzare i poteri di questi ultimi nei confronti dei rispettivi governi,
consolidare e accrescere il ruolo del Parlamento europeo sia sul piano della codecisione
legislativa sia sul piano delle funzioni di indirizzo politico e di controllo, costruire una più
stretta ed efficace cooperazione tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali, anche
affidandovi un nuovo potere comune come si indicherà nel capitolo VII: è questa la strada
maestra da seguire.
27. L'ipotesi, avanzata dal primo ministro francese Jospin, di una "Conferenza permanente dei
Parlamenti o Congresso" solleva numerosi interrogativi: anche in quanto essa sembra
trascurare il ruolo attuale e potenziale di un'istituzione già esistente come la COSAC. Per
quel che riguarda le future procedure di ratifica dei Trattati, è ancora prematuro
prospettare soluzioni parziali del problema.
28. L'ipotesi della partecipazione di uno o più rappresentanti di ciascun Parlamento nazionale
accanto al rispettivo Ministro nelle riunioni dei Consigli dei ministri in sede legislativa
presenta il rischio segnalato nel già citato rapporto della Presidenza svedese per la XXIV
COSAC e difficilmente superabile: il rischio cioè "che i diversi ruoli del governo
nazionale e del Parlamento nazionale si confondano" con la conseguenza di serie
distorsioni nei rapporti tra governi e Parlamenti nei paesi dell'Unione.
VII. VERSO UNA INNOVAZIONE DI PRIMARIA IMPORTANZA NEL RUOLO DEI
PARLAMENTI
29. La partecipazione dei Parlamenti nazionali, attraverso 30 rappresentanti, e del Parlamento
europeo, attraverso 16 rappresentanti, all'organismo incaricato di redigere la Carta dei
Diritti fondamentali dell'Unione ha rappresentato un'esperienza originale e di grande
valore, tale da aprire la strada a una innovazione di primaria importanza per il ruolo dei
Parlamenti nella costruzione dell'Unione più larga. La Convenzione si è caratterizzata per
il riconoscimento, su un piede di parità, del contributo di quattro componenti istituzionali accanto ai Parlamenti, i governi nazionali e la Commissione - alla definizione di un testo
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altamente impegnativo e destinato ad essere integrato nei Trattati. Si è trattato del
riconoscimento in nuce di una comune responsabilità nell'esercizio del "potere
costituente" finora riservato ai soli governi.
30. Con la Dichiarazione sull'avvenire dell'Unione annessa al Trattato di Nizza, i capi di Stato
e di governo hanno delineato un processo che dovrà concludersi con una nuova
Conferenza intergovernativa entro il 2004 senza ripetere il metodo ormai esaurito di
preparazione della CIG 2000. E' convinzione del Parlamento europeo - espressasi anche
nella risoluzione del 31 maggio - che un simile processo debba imperniarsi su un
organismo come la già sperimentata Convenzione, tenendo naturalmente conto della
diversità del mandato da assolvere rispetto a quello della redazione della Carta dei Diritti
fondamentali e del vincolo derivante dall'art. 48 del Trattato di una definizione conclusiva
dei testi che implichino revisioni dei Trattati affidata alla Conferenza dei rappresentanti
dei governi degli Stati membri.
31. La nuova Convenzione - la cui composizione dovrà anch'essa abbracciare le quattro
istituzioni già impegnate nella redazione della Carta dei Diritti - sarà chiamata ad
assumere compiti comprendenti la elaborazione di un vero e proprio testo di Costituzione
europea. Pur dovendo anche quest'ultimo essere sottoposto alla valutazione e decisione
finale della CIG, si prospetta un superamento dello schema tradizionale dei Trattati
internazionali sottoscritti dai governi e ratificati dai Parlamenti.
32. Si andrebbe così verso l'attribuzione ai Parlamenti nazionali - finora semplicemente
chiamati a pronunciarsi con un sì o con un no in sede di ratifica - e al Parlamento europeo
- finora non titolare neppure di un parere conforme sulle revisioni dei Trattati - di un copotere costituente, ovvero di un potere costituente condiviso con i governi nazionali. Si
aprirebbe una pagina nuova per il ruolo dei Parlamenti nella costruzione europea.
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12 gennaio 2002
OPINIONE DI MINORANZA
dell'on. Georges BERTHU (NI)
membro della commissione per gli affari costituzionali
La relazione sulle relazioni Parlamento europeo/parlamenti nazionali non può contribuire a
risolvere la crisi di legittimità democratica in cui versa l'Unione europea in quanto rimane
nell'ambito della logica che ha contribuito a questa crisi.
Essa costringe infatti i parlamenti nazionali in un ruolo di controllo dei rispettivi governi,
ruolo interrotto dal momento in cui l'estensione della maggioranza qualificata in seno al
Consiglio ha spezzato il vincolo tra le decisioni europee e ciascun popolo preso
separatamente. Essa intende inoltre ampliare i poteri del Parlamento europeo, senza rendersi
conto che la legittimità è accordata principalmente dai cittadini a livello di parlamento
nazionale.
Per rivitalizzare la democrazia in Europa, occorre dare ad ogni popolo un potere decisionale
visibile a livello europeo. Occorre quindi d'ora in poi ritenere che la collocazione dei
parlamenti nazionali deve essere non più periferica, ma al centro del processo decisionale. Il
Consiglio di Nizza sembra peraltro averne avuto l'intuizione quando ha iscritto all'ordine del
giorno della prossima CIG "il ruolo dei parlamenti nazionali nell'architettura europea" (e non
"a margine" di questa architettura).
Per approfondire questa idea, la relazione che abbiamo consegnato all'Intergruppo SOS
Democrazia propone in particolare di "parlamentizzare" il compromesso di Lussemburgo, e di
affidare il controllo della sussidiarietà ai parlamenti nazionali, di creare assemblee settoriali di
parlamentari nazionali e di sviluppare nuovi metodi di lavoro in reti.
L'Unione europea si trova oggi ad una svolta. Deve mostrarsi capace di questo grande sforzo
di immaginazione e di rinnovamento della vita democratica. In caso contrario, sprofonderà
sulla via di una costruzione tecnocratica staccata dai popoli.
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6 dicembre 2001
PARERE DELLA COMMISSIONE PER GLI AFFARI ESTERI, I DIRITTI
DELL'UOMO, LA SICUREZZA COMUNE E LA POLITICA DI DIFESA
destinato alla commissione per gli affari costituzionali
sulle relazioni fra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nella costruzione europea
(2001/2023(INI)
Relatore per parere: Luis Queirò
PROCEDURA
Nella riunione del 20 marzo 2001 la commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la
sicurezza comune e la politica di difesa ha nominato relatore per parere Luis Queirò.
Nelle riunioni del 9 ottobre, 3 e 4 dicembre 2001 ha esaminato il progetto di parere.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato le conclusioni in appresso con 2 astensioni.
Erano presenti al momento della votazione Baroness Nicholson of Winterbourne (presidente
f.f.), William Francis Newton Dunn (vicepresidente), Luís Queiró (relatore per parere),
Alexandros Alavanos (in sostituzione di Pedro Marset Campos), Andre Brie, Carlos Carnero
González (in sostituzione di Alexandros Baltas), Véronique De Keyser, Pere Esteve, Monica
Frassoni (in sostituzione di Daniel Marc Cohn-Bendit), Ingo Friedrich, Per Gahrton, Gerardo
Galeote Quecedo, Cristina García-Orcoyen Tormo (in sostituzione di The Lord Bethell), Jas
Gawronski, Vitalino Gemelli (in sostituzione di Gunilla Carlsson), Vasco Graça Moura (in
sostituzione di John Walls Cushnahan), Efstratios Korakas, Jan Joost Lagendijk, Armin
Laschet (in sostituzione di Michael Gahler), Rolf Linkohr (in sostituzione di Magdalene Hoff
a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Hanja Maij-Weggen (in sostituzione
di Alfred Gomolka), Erika Mann (in sostituzione di Mário Soares a norma dell'articolo 153,
paragrafo 2, del regolamento), Hugues Martin, Miguel Angel Martínez Martínez (in
sostituzione di Jan Marinus Wiersma a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento),
Linda McAvan, Emilio Menéndez del Valle, Sami Naïr, Raimon Obiols i Germa, José
Pacheco Pereira, Jacques F. Poos, Mechtild Rothe (in sostituzione di Klaus Hänsch), Jannis
Sakellariou, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Jacques Santer, Giacomo Santini (in
sostituzione di Amalia Sartori a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento),
Konrad K. Schwaiger (in sostituzione di Alain Lamassoure a norma dell'articolo 153,
paragrafo 2, del regolamento), María Sornosa Martínez (in sostituzione di Hannes Swoboda),
Ioannis Souladakis, Gary Titley, Paavo Väyrynen, Matti Wuori e Christos Zacharakis.
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BREVE GIUSTIFICAZIONE
A.
INTRODUZIONE
L'obiettivo principale del presente parere è di esaminare le relazioni fra il Parlamento europeo
e i parlamenti nazionali nel settore della PESC/PECSD, nonché il modo migliore per ovviare
alle attuali carenze del Trattato sull'Unione per quanto concerne la dimensione parlamentare
di queste due politiche nella prospettiva del dopo Nizza.
Il trattato di Amsterdam dedica il suo Capo 19 al ruolo dei parlamenti nazionali, introducendo
un Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea che è allegato al Trattato
sull'Unione e ai trattati che istituiscono la CEE, la CECA e la CEEA. Nessuna di queste
disposizioni riguarda però il titolo V del trattato sull'Unione, cosicché le disposizioni relative
alla PESC sono attualmente escluse da queste informazioni. Ora, nel settore della
PESC/PECSD i parlamenti nazionali continuano a detenere e ad esercitare le loro
competenze, soprattutto in materia di spese militari e questioni operative concernenti le
proprie forze armate. Ci sembra quindi evidente che un esercizio corretto delle loro funzioni
presupponga il rafforzamento del loro diritto di informazione su tutte le questioni relative alla
politica estera e di sicurezza comune dell'UE, e in particolare sull'insieme degli strumenti
della PESC previsti dall'articolo 12 del trattato sull'Unione (i principi e gli orientamenti
generali della PESC; le strategie comuni; le azioni comuni; la cooperazione sistematica tra gli
Stati membri).
Allo stato attuale, anche se il grado di soddisfazione reciproca è lungi dall'essere ottimale, il
controllo parlamentare della PECSD è effettuato a due livelli: europeo (per la prevenzione e la
gestione civile delle crisi, assicurato dal PE) e nazionale (per la gestione militare delle crisi,
assicurato soprattutto dai parlamenti nazionali). In pratica ciò implica l'interazione – nelle
varie fasi di pianificazione, presa di decisioni ed esecuzione – di diversi mezzi e strumenti, a
volte di natura sovranazionale ed europea, a volte di carattere intergovernativo e nazionale.
Non si tratta quindi di una responsabilità collettiva di controllo sulla gestione delle crisi
dell'Unione, ma di due livelli di controllo diversi posti sotto la responsabilità o del Parlamento
europeo o dei parlamenti nazionali. Ci sembra pertanto che questi due livelli di controllo,
europeo e nazionale, se ben coordinati, potrebbero assicurare un controllo ed un seguito
parlamentare adeguati sia in senso orizzontale (su tutti i temi e le fasi della PECSD) che
trasversale (rispetto alle azioni inter-pilastro e ai mezzi e alle misure europee nazionali
necessari per attuare tale politica).
Infine, si potrebbe concludere che attualmente il Parlamento europeo viene informato e
discute della PECSD, di cui vota il bilancio amministrativo, mentre i parlamenti nazionali
votano i propri mezzi senza partecipare veramente all’elaborazione di tale politica. É evidente
che questa situazione va corretta.
B.
CONVOCAZIONE DI UNA CONFERENZA PARLAMENTARE PER LA
PECSD FRA IL PE E I PARLAMENTI NAZIONALI DEGLI STATI MEMBRI
E DEI PAESI CANDIDATI
Secondo il relatore per parere, e nell'ambito dell'attuale quadro istituzionale, il modo migliore
per attuare le proposte formulate dal PE nelle sue risoluzioni del 15 giugno e del 30 novembre
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2000 – vale a dire l’organizzazione di uno scambio di opinioni su base regolare fra i diversi
parlamenti – e per garantire un seguito parlamentare adeguato alla PECSD fra il PE e i
parlamenti nazionali degli Stati membri e dei paesi candidati consisterebbe nell'estendere gli
incontri che già si svolgono fra i presidenti delle commissioni per gli affari esteri e la difesa
dei parlamenti degli Stati membri e del PE e nel convocare regolarmente una Conferenza
parlamentare per la PECSD. Parteciperebbero d'ufficio a questa Conferenza i presidenti delle
commissioni esteri e difesa dei parlamenti nazionali e del PE nonché altri membri delle
commissioni interessate, fino ad un massimo di sei membri per paese e un numero uguale di
rappresentanti del PE. Inoltre farebbero parte della Conferenza anche rappresentanti dei
parlamenti dei paesi candidati e dei paesi della NATO non membri dell'UE, che potrebbero
essere associati a condizioni particolari. Questa formula, la cui legittimità democratica e
parlamentare non può essere messa in discussione, ha il vantaggio di offrire un quadro
flessibile per gli incontri di tutti gli organi parlamentari interessati all'attuazione della PECSD.
Lo svolgimento regolare delle sessioni di una Conferenza parlamentare sulla PESC sarebbe
un buon sistema per consentire a tutti gli organi parlamentari di svolgere il loro lavoro in
funzione delle proprie competenze. Va sottolineato comunque che questa formula non
consente di espletare le cosiddette funzioni residue dell'UEO (in particolare la cooperazione in
materia di armamenti e la clausola di assistenza reciproca prevista all'articolo V del trattato di
Bruxelles modificato), che non sono state trasferite all'Unione europea. Inoltre bisogna
continuare a garantire che i paesi membri associati, gli osservatori e i partner associati
nell'ambito dell'UEO rimangano strettamente legati alla definizione della PESC.
CONCLUSIONI
La commissione per gli affari esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di
difesa invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere
nella proposta di risoluzione che approverà le seguenti conclusioni:
1.
richiama l'attenzione sul fatto che la responsabilità per il controllo parlamentare della
politica europea di sicurezza e di difesa è condivisa fra Parlamento europeo e
parlamenti nazionali sulla base dei loro rispettivi diritti ed obblighi derivanti dai
trattati e dalle costituzioni in materia;
2.
ricorda che i parlamenti nazionali dei 15 Stati membri dell'UE assicurano il controllo
parlamentare della politica di sicurezza e di difesa dei loro governi - e ciò finché la
PESD (politica europea in materia di sicurezza e di difesa) rimarrà una forma di
cooperazione meramente intergovernativa - e che essi hanno tuttora competenza
esclusiva per quanto riguarda le spese militari e l'impiego delle forze armate nazionali;
sottolinea che i parlamenti nazionali dovrebbero utilizzare nel modo migliore questi
due strumenti essenziali di controllo nei confronti dei loro governi;
3.
sottolinea che il Parlamento europeo, unica istituzione dell'UE eletta direttamente dai
cittadini europei, condivide con i parlamenti nazionali il controllo sulla PESC e quindi
anche sulla PESD; ricorda che il Parlamento europeo svolge attualmente tale funzione
di controllo in virtù del diritto conferitogli dall'articolo 21 del trattato sull'Unione
europea di essere informato e consultato nonché in virtù dei poteri di bilancio che gli
competono, quale ramo dell'autorità di bilancio, in relazione al bilancio della PESC,
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poteri che derivano dall'articolo 28 del trattato UE nonché dall'Accordo
interistituzionale del 6 maggio 1999;
4.
rileva che sarebbe auspicabile intensificare e migliorare lo scambio di informazioni tra
Parlamento europeo e parlamenti nazionali sulle questioni riguardanti la PESC o la
PESD, per rendere possibile in tal modo un dialogo più ampio tra i parlamenti;
5.
sottolinea che il Parlamento europeo, in particolare la sua commissione per gli affari
esteri, i diritti dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa, deve continuare
ad essere regolarmente informato dal membro della Commissione competente per le
relazioni esterne nonché dal Segretario generale del Consiglio/Alto rappresentante per
la PESC sui recenti sviluppi in materia di PESC/PESD e sulle riunioni del Consiglio;
6.
propone che il Parlamento dello Stato membro che assicura la Presidenza dell’Unione
e il Parlamento europeo, in particolare la sua commissione per gli affari esteri, i diritti
dell'uomo, la sicurezza comune e la politica di difesa, convochino congiuntamente,
con cadenza periodica, una Conferenza parlamentare sulla PESD; ritiene che alla
Conferenza dovrebbero partecipare i presidenti delle commissioni esteri, difesa e
questioni attinenti all'Unione europea dei parlamenti nazionali degli Stati membri e dei
paesi candidati all'adesione nonché del Parlamento europeo; dovrebbe inoltre essere
reso possibile un allargamento della Conferenza ad altri membri delle commissioni
indicate, su base paritetica rispetto al numero dei rappresentanti del PE, al fine di
garantire la rappresentatività politica della Conferenza stessa; l'obiettivo della
Conferenza sarebbe di esaminare, insieme alla Presidenza del Consiglio, all'Alto
rappresentante per la PESC e al Commissario incaricato delle relazioni esterne,
l'evoluzione della politica comune di sicurezza e di difesa dell'Unione europea, al fine
di assicurare un adeguato controllo parlamentare di tale politica;
7.
ritiene che sarebbe altresì auspicabile, a determinate condizioni, associare ai lavori
della Conferenza parlamentare sulla PESD i parlamenti dei paesi della NATO non
membri dell'UE, in qualità di osservatori;
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PARERE DELLA COMMISSIONE GIURIDICA E PER IL MERCATO INTERNO
destinato alla commissione per gli affari costituzionali
sulle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nella costruzione dell'Europa
(2001/2023(INI))
Relatore per parere: Neil MacCormick
PROCEDURA
Nella riunione del 21 marzo 2001 la commissione giuridica e per il mercato interno ha
nominato relatore per parere Neil MacCormick.
Nelle riunioni del 10 luglio 2001, 27 novembre 2001 e 7 gennaio 2002 ha esaminato il
progetto di parere.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato le conclusioni in appresso all'unanimità.
Erano presenti al momento della votazione Ward Beysen (presidente f.f.), Rainer Wieland
(vicepresidente), Neil MacCormick (relatore per parere), Paolo Bartolozzi, Janelly Fourtou,
Evelyne Gebhardt, Gerhard Hager, Malcolm Harbour, Heidi Anneli Hautala, The Lord
Inglewood, Kurt Lechner, Neil MacCormick, Toine Manders, Manuel Medina Ortega,
Feleknas Uca, Diana Wallis e Stefano Zappalà.
BREVE GIUSTIFICAZIONE
1.
La preoccupazione in relazione al rispetto della sussidiarietà e al deficit nei controlli
democratici costituisce un elemento propulsivo alla base degli appelli per un
miglioramento delle relazioni interparlamentari in seno all'Unione europea. Da un lato,
l'affluenza alle elezioni del Parlamento europeo tende ad essere modesta in tutti gli Stati
membri rispetto alle elezioni parlamentari nazionali e regionali e l'affluenza è diminuita
elezione dopo elezione dall'introduzione delle elezioni dirette al Parlamento europeo.
D'altro lato, il crescente volume di norme e regolamentazioni che hanno la propria origine
a livello dell'Unione ha ridotto l'effettivo ambito per l'elaborazione delle leggi in quelli
che rimangono, almeno in teoria, organi legislativi sovrani degli Stati membri.
2.
I parlamenti degli Stati membri possono trovarsi essi stessi obbligati a recepire ampie
raccolte di leggi di cui i loro deputati non erano a conoscenza durante il processo
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legislativo europeo e che possono disapprovare, mentre la loro discrezionalità legislativa
in altri settori è limitata dall'obbligo di rispettare l'acquis comunitario.
3.
Tale relativa diminuzione di potere dei parlamenti degli Stati membri desta le maggiori
preoccupazioni in quei settori che sono soggetti alla votazione a maggioranza qualificata
in seno al Consiglio, ma non alla codecisione con il Parlamento europeo. Un governo
democratico richiede che il processo legislativo si svolga in pubblico, dopo una
discussione pubblica da parte dei legislatori eletti. Il ramo esecutivo del governo ha
propriamente il ruolo di elaborare programmi legislativi e di presentarli all'assemblea
legislativa per esame, reiezione o adozione, con o senza emendamenti.
4.
Nei settori che sono ora soggetti a decisione con il metodo intergovernativo nel secondo e
terzo pilastro (e persino per quanto riguarda questioni cruciali, tra cui l'agricoltura e la
pesca nel primo pilastro), la democrazia legislativa è gravemente compromessa. I membri
del ramo esecutivo dei vari Stati, che deliberano a porte chiuse, diventano l'effettiva
assemblea legislativa per l'Unione, senza adeguata responsabilità nei confronti dei
Parlamenti degli Stati membri né del Parlamento europeo.
5.
Anche laddove è applicata la procedura di codecisione, le deliberazioni in seno al
Consiglio hanno luogo a porte chiuse, cosicché il governo esecutivo di ciascuno Stato
membro fornisce il proprio contributo al processo legislativo comunitario in un modo che
preclude una reale responsabilità nei confronti dell'assemblea legislativa nazionale. Il
potere (spesso in pratica nient'altro che un potere teorico) di sciogliere quindi un governo
non sostituisce il potere di controllare, o almeno influenzare, il processo legislativo nei
suoi dettagli.
6.
In vari Stati membri vi sono forme di governo federale e quasi federale che delegano a
regioni o a nazioni interne allo Stato il potere legislativo ed esecutivo in relazione ad
importanti settori quali gli affari interni e la giustizia, l'istruzione e la ricerca, la cultura,
lo sviluppo industriale e il trasporto interno. E' estremamente importante assicurare chiare
linee di comunicazione in entrambe le direzioni che colleghino le assemblee legislative a
tale livello al processo legislativo dell'Unione, in modo che siano possibili un esame
preliminare e commenti in merito alle proposte legislative in una fase sufficientemente
precoce del processo. È altrettanto vero che tali assemblee legislative sono vincolate
dall'acquis e che in molti settori le loro attività legislative sono influenzate dall'obbligo di
recepire direttive pertinenti in un modo adeguato a livello locale.
7.
Un modello per il futuro governo europeo prevede di trasferire il potere esecutivo più
elevato al Consiglio, mentre la Commissione diventa il collegio amministrativo più
elevato. Parallelamente, il Parlamento europeo sarebbe trasformato in un'assemblea
legislativa bicamerale, con l'attuale assemblea più o meno immutata e una camera alta
comprendente membri dei parlamenti nazionali, che eserciti il potere di revisione e
reiezione tradizionalmente detenuto dal senato. Si sostiene che ciò garantirebbe che le
leggi vincolanti per i parlamenti nazionali verrebbero approvate solamente con il
consenso dei rappresentanti di detti parlamenti. In tal modo, la democrazia troverebbe
una migliore applicazione a livello sia comunitario sia degli Stati membri.
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8.
Il Consiglio sarebbe tuttavia un organo esecutivo senza peraltro, in realtà, dover rendere
conto a un’autorità democratica, in quanto ciascuno dei suoi membri detiene la carica
mantenendo la fiducia del parlamento del proprio Stato membro e non vi può essere
alcuna responsabilità collettiva del Consiglio in quanto tale né nei confronti dei
parlamenti nazionali né del Parlamento europeo, in una camera alta o bassa. Il potere
esecutivo sarebbe in realtà effettivamente trasferito a funzionari permanenti in seno al
COREPER e ai ministri, che agiscono sulla base dei suoi orientamenti.
9.
Inoltre, a livello parlamentare, i deputati distaccati dai parlamenti degli Stati membri
avrebbero così pesanti responsabilità legislative che sarebbe per loro difficile rimanere
strettamente in contatto con il parlamento nazionale, per cui i deputati non distaccati
vigileranno realmente sugli sviluppi legislativi a livello comunitario. Pertanto, il
problema consisterebbe nel decidere in quale misura dovrebbero essere soggetti ad
istruzioni ex ante da parte del Parlamento. Si tratta, in realtà, dello stesso problema che
esiste attualmente in ordine allo scrutinio ex ante da parte dei parlamenti nazionali delle
decisioni adottate dai ministri in seno al Consiglio.
10. La Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari dei parlamenti
dell'Unione europea (COSAC) è la forma di collaborazione che ha raggiunto la maggiore
importanza negli ultimi anni, soprattutto grazie al Protocollo sul ruolo dei parlamenti
nazionali nell'Unione europea, allegato al trattato di Amsterdam. La COSAC ha avuto
origine nel maggio 1989, quando i Presidenti dei parlamenti degli Stati membri hanno
convenuto a Madrid di rafforzare il ruolo dei parlamenti nazionali nel processo
comunitario, riunendo gli organi specializzati negli affari comunitari degli Stati membri.
Nel corso degli anni si sono registrati vari sviluppi importanti nell'ambito di tale struttura.
Nel 1991 è stato adottato il regolamento.
11. Uno dei principali ostacoli che impediscono alla COSAC di operare a più ampio raggio è
rappresentato dal fatto che può adottare decisioni solo all'unanimità; a meno di mutamenti
nella capacità della COSAC di adottare decisioni, sarebbe irrealistico aspettarsi la
realizzazione degli obiettivi del Protocollo di Amsterdam.
12. Inoltre, ci si può chiedere su quale base democratica verrebbe effettuata una selezione tra
i membri dei parlamenti nazionali i quali hanno innanzitutto il mandato di rappresentare i
loro elettori in seno al parlamento nazionale, di chiedere conto al governo nazionale e
partecipare al processo legislativo in detta sede. Sarebbe difficile giustificare l'assunzione
da parte di una "seconda camera" di un ruolo più che consultivo quale modo per ridurre
un "deficit democratico", dato che qualsiasi sistema volto a designare o eleggere un
sottogruppo di parlamentari solleverebbe tante questioni di legittimità democratica quante
ne risolverebbe e considerato che ciascun parlamento manterrebbe presumibilmente il
diritto di definire il proprio regime di selezione o elezione.
13. Inoltre, l'interesse e la preoccupazione legittima dei parlamenti regionali continuerebbero
ad essere ben lungi da qualsiasi soluzione soddisfacente se non venisse fatto altro che
trovare un modo di istituire una camera supplementare comprendente persone elette o
nominate dai parlamenti degli Stati membri.
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14. Sembra pertanto che questo modello genererebbe maggiori problemi di quelli che
(eventualmente) risolverebbe a livello di deficit democratico.
15. Un altro modello proposto dalla rivista Economist istituirebbe un organo rappresentativo
di membri dei parlamenti nazionali che opererebbe non come una camera regolare
dell'assemblea legislativa, ma come una sorta di consiglio costituzionale. La funzione di
tale organismo sarebbe di controllare la legislazione del Consiglio e del Parlamento
secondo i criteri di sussidiarietà e proporzionalità. Rientrando tali criteri in ambito sia
politico sia strettamente giuridico, un consiglio costituzionale di questo tipo,
politicamente costituito, sarebbe presumibilmente un migliore custode del quadro
costituzionale globale rispetto a un tribunale quale la Corte di giustizia delle Comunità
europee. Vi sarebbe tuttavia un grave rischio di conflitto delle giurisdizioni tra un siffatto
organo e la Corte, e un organo di questo tipo, costituito da rappresentanti dei partiti
politici, non opererebbe in altro modo che come una terza camera di un'assemblea
legislativa comprendente il Consiglio e il Parlamento, con la Commissione che
continuerebbe a svolgere il ruolo del ramo esecutivo del governo comunitario.
16. E' vero tuttavia che vi possono essere rischi di conflitto tra una costituzione nazionale
quale interpretata dalla sua suprema corte costituzionale e i requisiti della "Carta
costituzionale" dell'Unione in quanto quest’ultima è interpretata dalla Corte di giustizia
europea. Considerando il pluralismo costituzionale esistente che caratterizza l'Unione (ed
è uno degli aspetti più altamente auspicabili) vi è la necessità di qualche forma di corte
costituzionale speciale o di tribunale arbitrale per trattare problemi di questo tipo e per
garantire che i conflitti riguardanti la corretta interpretazione delle competenze a tutti i
livelli legislativi in seno all'Unione possano essere risolti in modo soddisfacente. Un
tribunale speciale comprendente giudici che rappresentino sia la Corte di giustizia delle
Comunità europee sia le supreme corti costituzionali degli Stati membri sarebbe molto
più adeguato a un compito di questo tipo che un consiglio composto di parlamentari con
le affiliazioni di partito specifiche dei rappresentati eletti.
CONCLUSIONI
La commissione giuridica e per il mercato interno invita la commissione per gli affari
costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che
approverà i seguenti elementi:
Paragrafo 1
Ritiene che la collaborazione fra i parlamenti dell'Unione nell'ambito dell'attuale quadro
istituzionale possa essere realizzata solamente mediante la fissazione di condizioni ottimali
per lo scambio di informazioni e per la comprensione reciproca delle rispettive competenze e
attività; il ricorso alle nuove tecnologie e l'instaurazione di rapporti di lavoro più forti e più
sistematici tra commissioni parlamentari e gruppi politici potrebbero contribuire a creare
maggiore sinergia di quella attuale.
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RR\459947IT.doc
Paragrafo 2
Sottolinea l'importanza che riveste la concordata partecipazione di rappresentanti del
Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali alla futura Convenzione per una costituzione
dell'Unione europea e spera che, all'interno di tale Convenzione, una vivace discussione
consentirà alle varie parti di concertare i rispettivi punti di vista al fine di esprimere nel modo
più armonioso possibile l'opinione dei popoli dell'Europa sul nostro futuro politico.
Paragrafo 3
Ritiene che i parlamenti regionali dotati di potere legislativo debbano essere inclusi in un
futuro regime di collaborazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali dato che,
essendo più vicini all'elettorato, possono riflettere in modo genuino le preoccupazioni più
immediate dei cittadini e farsi inoltre eco delle preoccupazioni dello sviluppo regionale
nell'elaborazione delle politiche comunitarie.
Paragrafo 4
Ritiene che, a prescindere dai risultati della Conferenza intergovernativa per quanto riguarda
la rappresentanza popolare nella nuova struttura costituzionale dell'Unione europea, la
COSAC effettui un valido lavoro di coordinamento delle attività del Parlamento europeo e dei
parlamenti nazionali nel processo di costruzione dell'Europa.
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PE 304.302
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