Hegel, La fenomenologia dello spirito, parte 2 Nel cammino fenomenologico ciascuna figura rappresenta un avvicinamento progressivo alla verità, di cui però, dal suo interno, non se ne può avere piena consapevolezza. E’ soltanto la FILOSOFIA che riesce a comprendere il significato totale della successione di TUTTE LE FIGURE nella loro concatenazione dialettica. In questo senso la “Fenomenologia dello spirito” si presenta come la RICAPITOLAZIONE DELL’ESPERIENZA (FATTUALE OD IDEALE) DELL’INTERA UMANITA’, concentrata e ripresa in quella forma di “interiorizzazione” che è la MEMORIA, ma memoria ovviamente non del singolo (i suoi personali ricordi di vita) ma dello spirito umano, arrivato a vivere attraverso la filosofia nell’atmosfera pura del CONCETTO caratteristica del SAPERE ASSOLUTO. STRUTTURA DELLA “FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO” L’opera è articolata in SEI SEZIONI: 1) COSCIENZA 2) AUTOCOSCIENZA 3) RAGIONE 4) SPIRITO 5) RELIGIONE 6) SAPERE ASSOLUTO In realtà lo svolgimento essenziale è già tutto nelle prime tre, che si presentano, secondo il ritmo della dialettica, come TESI, ANTITESI E SINTESI. E’ un fatto curioso che Hegel, il filosofo dell’assoluta necessità, si sia piegato a motivi editoriali molto contingenti: il suo editore desiderava un’opera più ampia di quella da lui proposta in un primo momento, e per tale motivo Hegel si convinse ad aggiungere le ultime tre sezioni, che infatti rappresentano una parte notevole di pagine nell’insieme del libro. Ma come già si diceva, con il giungere alla RAGIONE (“certezza della coscienza di essere ogni realtà”) la maturazione della coscienza è di fatto conclusa. 1) COSCIENZA Sotto questo titolo Hegel critica varie forme di REALISMO più o meno “ingenuo” (la convinzione che la realtà del mondo è indipendente dalla coscienza, che c’è qualcosa “la fuori” che esisterebbe anche senza di noi umani: togliamo tutti i soggetti umani, gli alberi continuerebbe ad esistere, insieme alle montagne, ai pianeti, ecc.). Contro questa “coscienza ingenua” Hegel rivendica la FUNZIONE COSTITUTIVA DEL PENSIERO ( = senza pensiero non C’E’ realtà, cioè non c’è RICONOSCIMENTO della realtà) nei confronti dell’OGGETTIVITA’, e quindi la funzione della MEDIAZIONE. Cioè: il pensiero è mediazione, svolgimento e relazione dei diversi aspetti di qualcosa) nel determinarsi della realtà di un generico “qualcosa” (questo “qualcosa è un gatto, questo “qualcosa” è una mela; ma un gatto ha aspetti, caratteristiche che lo determinano, ed il pensiero è in grado di analizzarli e articolarli; in questo senso, il riconoscimento del “qualcosa”, non appena viene determinato, mette al lavoro il pensiero, non è semplicemente acquisito passivamente attraverso i sensi (è come se, secondo Hegel, il realismo, ingenuamente, sostenesse questo: i miei occhi “fotografano” il gatto e lì accanto la mela, e queste fotografie vengono raccolte, nella mente, passivamente, come in una specie di schedario. Ma non è così: non ci sarebbe quella CERTA cosa, esempio il gatto, senza il suo riconoscimento, che è una FUNZIONE ATTIVA del pensiero (non di uno “schedario”). Dunque non ci sarebbe LA COSA senza il PENSIERO. Tenuto conto e capito bene quello che si dice qui sopra, i passaggi fondamentali nella sezione “La coscienza” sono in dettaglio i seguenti: a) anche nella più elementare CERTEZZA SENSIBILE (questa penna, questo foglio, questo gatto, questa mela, ecc.), che si limiti all’indicazione di una sorta di presenza spaziotemporale (qui e ora), Hegel mostra l’operare del pensiero e della mediazione: anche le parole “qui”, “ora”, “questo” infatti sono TERMINI UNIVERSALI (ogni “questo” tra le cose elencate sopra è un “questo”), ogni “qui” e “ora” è parte di un generico punto dello spazio ed istante del tempo. Inoltre tali termini sono significanti solo in relazione alla struttura complessiva dello spazio e del tempo nella quale si intende collocare una cosa od un evento, la presuppongono. b) Successivamente Hegel mostra come il rapporto di una cosa (questo gatto) con le altre cose (lo chiama “ESSERE-PER-ALTRO”) sia essenziale per il suo costituirsi come QUELLA CERTA COSA, non meno del suo rapporto con se stessa (questo gatto è QUESTO gatto), ciò che Hegel chiama nel suo gergo ESSERE-IN-SE’. c) Viene così verificato che il carattere essenziale dell’oggetto non è, come pensava la coscienza ingenua e realista, nella COSA ISOLATA, singola e particolare, ma nella rete di relazioni e di leggi che la rendono parte della natura. La sezione prima si conclude quindi con il SUPERAMENTO DEL REALISMO e l’acquisizione di una PROSPETTIVA IDEALISTICA: le “leggi della natura” non sono COSE o un “pezzetto” delle cose, come la crosta del formaggio o la buccia di una banana, ma sono PENSIERO. La coscienza giunge così a comprendere che il mondo non è qualcosa che esiste indipendentemente da lei, giunge alla CONSAPEVOLEZZA DEL CARATTERE ATTIVO DEL SOGGETTO PENSANTE in rapporto al MONDO DELLE COSE, e come tale INFINITO, in quanto non limitato dal mondo oggettivo. Tale acquisizione consente il passaggio alla COSCIENZA DI SE’ svolta e ripercorsa nella sezione seconda lell’autocoscienza. 2) AUTOCOSCIENZA L’autocoscienza, ossia la COSCIENZA DI SE’, propria dell’uomo, si presenta quale identità di opposti. Nel momento in cui L’Io riflette su se stesso, si rivolge a se stesso, si scopre duplice: è contemporaneamente IO-SOGGETTO ed IO-OGGETTO. E’ il medesimo Io che, da se stesso, spontaneamente, si duplica, si ha quindi contemporaneamente una differenza che è insieme un’identità. Fichte, nella sua “Dottrina della scienza” aveva già lavorato molto su questi aspetti, cercando con più tentativi di dare soluzione alla dialettica dell’Io nei tre principi. Questa soluzione, centrata sul rapporto dell’Io con se stesso, non soddisfa Hegel (aveva criticato Fichte già nel suo primo libro, quando condivideva e difendeva la filosofia di Schelling, Sulla differenza dei sistemi fichtiano e schellinghiano. Come si forma l’autoconsapevolezza del soggetto COME SOGGETTO??? Hegel propone una soluzione geniale: si forma non nel rapporto “chiuso” del soggetto con se stesso, ma NEL RAPPORTO CON UN ALTRO SOGGETTO. Cioè io ho sempre bisogno, per riconoscermi come soggetto, di un altro soggetto in cui “specchiare” il mio RICONOSCIMENTO, un altro soggetto disposto a riconoscermi come soggetto, a non trattarmi come una COSA. Dunque, a differenza di FICHTE, Hegel ritiene che l’autocoscienza possa cogliersi come tale (soggetto capace di rapportarsi a se stesso come soggetto) solo nel rapporto con un “altro”. La “lotta” che Fichte poneva all’interno dell’Io (sforzo infinito di auto perfezionamento), si presenta allora come LOTTA TRA IO DIVERSI, lotta per l’affermazione degli uni sugli altri, lotta per il riconoscimento e l’affermazione di sé. a) la PRIMA FUGURA con cui si apre la sezione dell’ “Autocoscienza” è intitolata “Signoria e servitù”, e ci proietta idealmente in una società guerriera e primitiva, ponendoci di fronte alla LOTTA A MORTE fra due uomini, due diverse coscienze di sé, in lotta tra loro e pronti a sopraffarsi. E una situazione consueta anche nel mondo animale (la lotta per il dominio del branco), ma tra gli uomini la conclusione della lotta può essere diversa dalla morte del vinto, l’istintualità che vorrebbe l’affermazione della forza del vincitore con l’immediata morte dello sconfitto, cede il posto a qualcosa che è già “spirituale”: la capacità di UTILIZZARE IL VINTO, l’utilizzarlo come UNA COSA INTELLIGENTE AL PROPRIO SERVIZIO. Dunque la situazione è la seguente: i due soggetti in lotta sono tesi entrambe alla sopraffazione dell’avversario, alla sua trasformazione in cosa, cioè alla NEGAZIONE DEL RICONOSCIMENTO DELLA SUA QUALITA’ DI SOGGETTO UMANO (cosa e non persona); il vincitore afferma il proprio esclusivo diritto al riconoscimento come uomo, e di ciò dà prova proprio attraverso il disprezzo della propria vita, con la disposizione guerriera a metterla a repentaglio. Ne deriva che il vincitore nella lotta acquista il diritto di disporre della vita del vinto. L’esito fallimentare di questa pretesa (la brutalità della morte immediata) porta la coscienza del vincitore ad accettare una sorta di scambio, cui il vinto si piega: la relazione di SIGNORIA e SERVITU’. Una delle due autocoscienze, accettando la condizione di “cosificazione” dello schiavo pur di salvare la propria vita, si SOTTOMETTE all’altra, alla quale obbedisce e fornisce gli oggetti di consumo attraverso il proprio LAVORO. Se guardiamo dal punto di vista del SIGNORE la situazione che ne deriva, appare chiara la sua funzione di semplice CONSUMATORE del prodotto reso disponibile dal SERVO, che è allora PRODUTTORE: il consumo appare come una forma di negazione (si mangia, ad esempio, il cibo) che non dà luogo ad alcun risultato positivo. Al contrario è dalla parte del SERVO che la negazione (il grano, ad esempio, trasformato in cibo) si presenta contemporaneamente e dialetticamente positiva: attraverso il LAVORO il servo dà forma alle cose, sottraendole allo stato in cui si trovavano per natura. Inoltre, tenendo a freno l’appetito (non può consumare il proprio prodotto, il consumo spetta al signore) viene educandosi a vincere e liberarsi dalla propria immediatezza naturale di organismo carico di bisogni ed impulsi. Questa educazione dell’uomo alla spiritualità, attraverso l’autorepressione delle tendenze naturali, trova completamento in un altro decisivo completamento capace di elevare l’uomo alla consapevolezza spirituale. Lo schiavo ha, per così dire, visto la “morte in faccia”, ha sperimentato l’angoscia profonda della propria mortalità come “fatto” della sua coscienza e non come semplice eventop esteriore, e tale coscienza della morte lo segue costantemente, lo spinge a riflettere sul significato della propria vita. E’ così che Hegel, in modo un po’ sconcertante e non immediatamente comprensibile, introduce b) la SECONDA FIGURA DELL’AUTOCOSCIENZA, chiamata “Stoicismo e scetticismo” (siamo cioè trasportati dagli scenari primitivi della società guerriera alla considerazioni di due scuole filosofiche dell’età ellenistiche). Ma il nesso è ben comprensibile se si segue la logica dell’argomentazione hegeliana. Il servo ha scoperto la propria INTERIORITA’, ha imparato ad attenuare i vincoli con la realtà esteriore. Ed è allora nell’ interiorità che cerca la propria libertà: l’interiorità gli appare come una dimensione esclusivamente sua, che nessun signore può raggiungere. Stoicismo e scetticismo sono, in modo tra loro molto diverso, forme di affermazione della LIBERTA’ INTERIORE. Lo stoico dice: io sono interiormente più forte dell’accidentalità del destino che mi è toccato, io ho la forza dell’IMPERTURBABILITA’ di fronte a qualunque soddisfazione o dolore mi riservi la vita. Lo scettico a sua volta afferma la FORZA DEL DUBBIO, la potenza del suo pensiero che nega qualunque evidenza. Come si può vedere, “rinuncia” e “dubbio” esprimono attengiamenti essenzialmente NEGATIVI. Sorge allora dialetticamente il passaggio alla TERZA FIGURA, quella della SINTESI DELLE PRIME DUE, che rappresenta positivamente l’esigenza di trovare un senso alla vita. La terza figura è intitolata “LA COSCIENZA INFELICE” e tratta nei suoi aspetti il rapporto dell’uomo cristiano con Dio, come si può trovare nella civiltà medievale. L’”infelicità” di questa coscienza deriva dal suo sentirsi come una NULLITA’ INESSENZIALE di fronte alla potenza e infinità del DIO TRASCENDENTE, da cui sente di dipendere in modo assoluto nella propria creaturalità. Fate caso: è la situazione della prima figura, quella del rapporto tra signore e servo, ma portata su un piano più elevato e spirituale. La coscienza cristiana volge interamente se stessa verso Dio, nega il proprio valore ed aspira a protendersi oltre di sé. Ma questo rimane inevitabilmente un anelito insoddisfatto. Hegel descrive efficacemente (ricordiamo la sua stessa formazione giovanile come teologo cristiano) i tentativi della coscienza infelice di elevarsi a Dio, tutti destinati al fallimento: a) la devozione sentimentale, cioè una sorta ricerca dell’unione mistica con Dio b) l’operare nel mondo, inteso come dovere verso Dio c) la mortificazione di sé nell’ascetismo inattivo Non riuscendo però ad annullarsi, la “coscienza infelice” continua a soffrire dell’alterità che permane tra sé e l’Assoluto divino. Questa infelicità alimenta il passaggio dialettico alla sezione della “Ragione”, momento definitivo nello sviluppo della coscienza razionale. 3) RAGIONE La coscienza, con il passaggio storico dalla civiltà medievale, centrata sul primato della fede e rivolta alla vita ultraterrena, all ETA’ MODERNA, nata con la civiltà umanistico-rinascimentale e caratterizzata dalla rivalutazione della dimensione terrena dell’uomo, giunge alla piena maturazione delle propri capacità in quanto RAGIONE, realizzando quella unità con l’Assoluto cercata invano nella dimensione della trascendenza. Anziché continuare a negare valore al mondo finito nella vana proiezione verso l’aldilà, la coscienza avvia la propria ricerca nel mondo, valorizzando così il coinvolgimento attivo dell’uomo nello sforzo di conoscenza e di azione nella dimensione dell’IMMANENZA. Hegel così caratterizza l’essenza della RAGIONE: “La ragione è la certezza della coscienza di essere ogni realtà” In ogni realtà: dapprima la coscienza si rivolge alla ricerca scientifica sul MONDO NATURALE ( = RAGIONE OSSERVATIVA), per poi sviluppare il proprio sforzo di trasformazione della realtà all’interno del MONDO SOCIALE ( = RAGIONE ATTIVA). In entrambe i passaggi la coscienza si sforza di trovare, sia come conoscenza della natura che come fondamento dell’azione storica, il CONCETTO, vale a dire il FONDAMENTO DI UNA RAZIONALITA’ RADICATA NELLA REALTA’. Nella ricchezza degli esempi particolari (famosa in particolare l’analisi della figura di ANTIGONE), un passaggio particolarmente significativo è la valorizzazione del MONDO BORGHESE nella sua AMBIGUITA’ DI ASPETTI: a) la forma sociale in cui l’individualità del singolo uomo è più pienamente realizzata, come libertà di iniziativa ed affermazione dello stato di diritto, b) motivo di disgregazione dell’unità organica della comunità (aspetto che aveva valorizzato già nei suoi scritti teologici giovanili nel concetto di Wolkreligion ( = Religione del popolo, inteso come fattore di unità vivente ed organica, non semplice aggregato artificiale, di una collettività). La società borghese tende alla prevalenza degli interessi individuali sul bene collettivo nelle molteplici e contrastanti iniziative individuali (si nota qui l’eco della moderna economia politica e in particolare di ADAM SMITH). Le sezioni conclusive dell’opera Il successivo sviluppo della “Fenomenologia dello spirito” nella sezione intitolata “Lo spirito” (come si diceva aggiunta all’opera soprattutto per motivi editoriali e non tanto per completezza sistematica: la ragione è già di per sé il punto supremo), è una RASSEGNA DELLE EPOCHE DECISIVE DELLA STORIA OCCIDENTALE: dal mondo antico, attraverso l’impero romano, fino alla crisi del feudalesimo, al successivo assolutismo monarchico e alla RIVOLUZIONE FRANCESE (agli occhi di Hegel evento decisivo per la storia umana). Si ha poi una sezione intitolata “La religione” in cui il CRISTIANESIMO è presentato come la forma di religione che simbolicamente esprime nel modo più compiuto l’esigenza della CONCILIAZIONE TRA DIVINO ED UMANO, attraverso il dogma del Dio-uomo (Gesù Cristo). Hegel ne propone un’interpretazione in chiave allegorica nella conclusione dell’opera intitolata “Il sapere assoluto”, nella forma di una TRADUZIONE IN TERMINI FILOSOFICI (vale a dire: senza più ombra di trascendenza) dell’esigenza di conciliazione tra gli opposti, anzi tutto tra finito ed infinito. Con un’espressione destinata a grande fortuna Hegel denomina ALIENAZIONE il movimento per cui lo spirito si fa altro da sé nella natura e nella storia, abbandonando l’astratta identità con sé. Lo spirito (= l’Assoluto come RAGIONE AUTOCOSCIENTE) si svolge dialetticamente attraverso tre momenti: 1) una sorta di identità autosufficiente e chiusa , che con espressione teologica Hegel chiamerà “Dio prima del mondo”, indicata con il concetto di “IN SE’ ”; 2) un momento di auto estraneazione dell’identità piena ed autosufficiente nell’”uscir fuori” di sé con la creazione del mondo naturale, reso dal concetto di “PER SE’ ” 3) infine il RITORNO A SE’ delo spirito nella concreta realizzazione storica della ragione all’interno delle istituzioni statali, momento poi chiamato “IN SE’ E PER SE’ ’” A questo processo di realizzazione (da non intendere come successione cronologica, ma come ideale svolgimento logico) dello spirito è parallela la sua progressiva acquisizione di consapevolezza di sé, quella consapevolezza compiuta chiamata “SAPERE ASSOLUTO”, di cui Hegel fornirà la piena esposizione nell’opera successiva denominata ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO”.