Anatomia Patologica Prof. Carbone 12.XI.07 12:30-14:30 Il prof ha commentato diverse immagini. Prima di riportare le sue parole c’è in corsivo il titolo della diapositiva che sta commentando. Le diapositive sono presenti nella sua pagina sul sito della cattolica; la password è “leggimi”. Possiamo distinguere, sia nella prostata che nella mammella, diverse componenti: - un epitelio nobile, secretorio, funzionale, che va incontro a trasformazione neoplastica; - connettivo. E a che cosa servirà lo studio morfologico e immunofenotipico della ghiandola? A cogliere queste alterazioni che sono sempre sia citologiche che architetturali. Queste ci fanno capire che sta succedendo qualcosa di “displastico”. Termine che dà idea della alterazione della crescita. Se dunque abbiamo imparato a distinguere segni citologici o nucleari di displasia, che cosa possiamo dire dal punto di vista strutturale? Abbiamo già accennato a marcatori specifici della mammella; di corona mio-epiteliale, cioè il canestro di cellule appiattite a funzione contrattile che è ai bordi degli acini e dei dotti della ghiandola mammaria. Ora noi studiando questi marcatori morfologici, di struttura, capiamo anche la composizione e il grado di maturità di un tessuto. - PSA AR CK 34-beta-E12 (HMW) Ki67 S-100 Che cosa sono? - PSA = Prostatic Specific Antigen. È un marcatore di tipo anche istogenetico. Facendo un test immunoistochimico e basandoci sul riconoscimento antigene-anticorpo per il PSA riconosciamo la istogenicità di un tessuto: cioè il tessuto prostatico. È sensibile e specifico. Individua l’epitelio nobile, secretorio, tipico della ghiandola prostatica. Ha poche controindicazioni. A livello serico ovviamente si usa anche per il follow-up dopo resezione. Con meno efficacia si può usare per lo screening. AR = Androgen Receptor. È un recettore nucleare, tipico della ghiandola prostatica, che notoriamente è androgeno-dipendente. - CK 34-beta-E12 HMW: proteina strutturale. - Ki67 marcatore di proliferazione - S100: marcatore presente nei tessuti a derivazione nervosa periferica. I primi tre possono essere usati per identificare e studiare la distribuzione dell’epitelio della prostata, vuoi quello funzionale (PSA+ e AR+), vuoi quella stromale (cellule basali o di riserva, CK34+). - Esempio: immagine iperplasia a cellule basali. Abbiamo una proliferazione di elementi. In uno sfondato ghiandolare della prostata riconosciamo un lume bordato da un epitelio più basofilo degli altri lumi. Sono cellule monomorfe quasi a formare corone attorno all’epitelio luminare. Sono plausibilmente cellule basali. Questo è ovviamente un criterio di tipo morfologico: per caratterizzare dal punto di vista immunofenotipico usiamo la CK34. Si vede ovviamente meglio nei processi neoplastici, che sono clonali. Come in tutti i processi immunoistochimici, il colore è marrone bruciato. Si vede anche bene come invece l’epitelio luminale sia negativo per CK34. Il PSA invece è speculare: positivo per l’epitelio luminale e negativo nella zona di iperplasia delle cellule basali. Ki67: anche in un contesto di tipo iperplastico, anche se non neoplastico, possiamo studiare la frazione proliferante della lesione e la sua distribuzione. Nonostante sia una lesione sicuramente iperplastica, l’attività proliferativa è bassa. E allora l’attività proliferativa è lieve, moderata: non preoccupante. Perché una iperplasia a cellule basali è una lesione benigna, non maligna. Le uniche piccole aree di aumentata positività a Ki67 è infatti nell’epitelio luminale. Come combinare questi marcatori? Microfotografia di carcinoma prostatico (immagine: Carcinoma prostatico infiltrazione perineurale). Un corpo tondeggiante è un cordone nervoso: e infatti il carcinoma della prostata tende all’infiltrazione perineurale, inquadrando il nervo. Dal punto di vista morfologico non esistono dunque problemi diagnostici. Ma questo tipo di indagine può essere utile per considerare la distribuzione di questi marcatori, soprattutto quelli interessanti l’epitelio carcinomatoso. S-100: caratterizza la natura nervosa della struttura tondeggiante visibile al centro. Il tessuto nervoso è S-100 positivo, e allora si vede bene come la conferma di quanto considerato già a livello morfologico. PSA: marca chiaramente l’epitelio luminale, quindi anche se non sapessimo che è un campione prostatico lo sapremmo ora. E si vede anche l’intensità tipicamente neoplastica dei lumi delle ghiandole. AR: non si apprezza bene la positività nucleare ma vediamo un certo tipo di segnale presente nelle ghiandole neoplastiche. Dunque, l’infiltrazione perineurale è documentata sia a livello morfologico sia con i vari marcatori. PIN = Prostatic Intraepithelial Neoplasia Sono terminologie sempre più adottate proprio perché si considerano sempre le fasi della trasformazione come un continuum graduale di trasformazioni che vanno dal normale al carcinomatoso. In questo raggio di alterazioni si inserisce la terminologia “IN” che abbiamo già considerato nella mammella (MIN), nell’utero (CIN), ma in ogni caso dobbiamo acquisire la mentalità per cui questo tipo di terminologia è usato in tutti gli organi. Anche nella patologia proliferativa neoplastica della vulva (VIN), della vagina (VaIN). Vedremo dunque che è un tipo di terminologia oggi grandemente applicato, ma soprattutto nella prostata e nella cervice. PIN: lo schema originale fu proposto da Bostwick nell’87. è una gradazione di tutta una serie di alterazioni che sono sempre citoarchitetturali, mai esclusivamente citologiche o architetturali. Confinano a un estremo con il carcinoma in situ. Questo tipo di terminologia ci ricorda bene la terminologia della displasia; in realtà, come vedremo, sono terminologie in parte sovrapponibili: una di tipo lieve è basso grado, una severa ad alto grado. Tradizionalmente, anche il PIN è graduato su una scala di tre valori: per cui avremo sempre un PIN 1, un PIN 2 e un PIN 3. Allora parliamo nel dettaglio: abbiamo accennato ad alterazioni iperplastiche: a ridosso della cancerogenesi e delle fasi precancerose, abbiamo una diversificazione morfologica di queste alterazioni citologiche e architetturali. Così, anche nel carcinoma della prostata, nel PIN ci sono alterazioni morfologiche diverse. - tufting pattern: aspetto a gettoni che proiettano nel lume. Dovuto a pluristratificazione di nuclei con aggettarsi di stantuffi / propaggini nel lume, senza la formazione di setti o papille. - La sua evoluzione è la forma micropapillare: la struttura diventa più complessa. E la complessità è uno dei parametri che sono ben studiati a livello morfologico. - Nel procedere ulteriormente le micro papille possono fondersi: pattern cribriforme. Con la formazione di lumi secondari. Ricordiamo che la crescita complessa indica che si è andati oltre la forma fondamentale a punto esclamativo: cellula luminale – cellula basale. Come nel carcinoma della mammella, nelle sue fasi precancerose si ha una forma flat, dove le alterazioni citologiche sono talmente ben rappresentate da essere inequivocabili, ma non esiste una estroflessione di tipo tufting o papilla o cribratura. È un carcinoma di tipo piatto. E allora ci sono PIN che sono piatti. Qui, chiaramente, lo studio del dettaglio citologico emerge in tutta la sua importanza. Alterazioni immunofenotipiche nel PIN: - complessità architetturale - alterazioni citologiche - immunofenotipo. Imagine: PIN Discontinuous basal cell layer Nella colorazione di tipo CK34 in cui cerchiamo di mettere in evidenza lo strato basale delle cellule che nella ghiandola normale è - ben rappresentato - ha distribuzione continua e uniforme qui è estremamente irregolare, in particolare discontinuo; a causa della disordinata espansione dell’epitelio nobile, secretorio. Fino ad essere in alcuni punti completamente assente per lunghi tratti. Questo indica una alterazione strutturale che magari con le colorazioni tradizionali non è visibile ma è messo in risalto dal’immunoistochimica. È emerso dunque che il PIN ad alto grado, soprattutto per quello che noi possiamo osservare in ago biopsie prostatiche o in prelievi da TUR, costituisce un campanello d’allarme, un fattore “morfoprognostico” molto importante. Perché si associa dal punto di vista statistico ad una frequenza maggiore di carcinoma della prostata in un altro punto della ghiandola. È allora una cartina al tornasole che ci indica qual è lo stato di maturazione dell’intera ghiandola prostatica. Quando vediamo un’alterazione PIN 3 in un piccolo campione prostatico dobbiamo allertarci perché nel 30-40% dei casi possiamo avere un’alterazione in un altro punto. È questo il maggior significato dello studio immunofenotipico delle alterazioni maturative intraghiandolari a livello della prostata. Esempio di PIN piuttosto pericoloso (Immagine: PIN scritto in un riquadro giallo). - ingombro di cellule - struttura luminale complessa con fusioni papillari, - dettaglio citologico con chiarificazione nuclei = cromatina dispersa, rinforzo membrana nucleare importante, presenza di nucleoli. Se guardiamo la periferia, la presenza di nuclei basali, che sono anche piuttosto colorati rispetto all’epitelio luminale per cui sono evidenziabili in base alla basofilia della cromatina, abbiamo anche una compromissione del trofismo degli elementi basali, con riduzione significativa. Mettendo tutto assieme: PIN alto grado. Mancano forse le mitosi, le necrosi parcellari, le severe atipie nucleari per poter parlare di CIS. Ma a questo punto la differenza è estremamente sottile. Qual è il rapporto fra PIN e carcinoma? È molto stretto. Se facciamo mappe di megabiopsie prostatiche, possiamo vedere che aree carcinomatose sono state individuate in certe aree, aree di cancro con il loro Gleason complesso o doppio (ovvero la sommatoria delle aree meno differenziate con le aree meglio differenziate), e al contrario abbiamo aree che invece hanno fatto intravedere solo alterazioni di tipo PIN. E quindi PIN 1, PIN 2; PIN 4 non esiste e va identificato come CIS. Ma la distribuzione è abbastanza varia: estese aree di PIN alto grado stanno ad indicare che c’è una frequenza di associazione con CIS molto stringente. Per cui la presenza di PIN alto grado ci deve imporre di studiare meglio il caso. Patologia non neoplastica del testicolo M - ritenzione criptorchidismo ectopia Queste sono alterazioni di tipo mal formativo che, a prescindere dalla mobilità dell’organo, si associano con aumentata incidenza a neoplasie testicolari. Vanno ricordate anche nella loro potenzialità. D/R - atrofia idrocele ernia spermatocele I - - orchiti aspecifiche o Clamydia trachomatis o Neisseria gonorrhoeae o Escherichia coli o Pseudomonas Orchiti specifiche o Parotitica: è di tipo siero linfocitario: rigonfiamento dell’albuginea con accumulo di siero e linfociti nel tessuto testicolare. o Tubercolare (orchi-epididimite), la cui attuale recrudescenza è dovuta ai flussi migratori. Quasi invariabilmente associata anche a infiammazione/infezione tubercolare di reni e ureteri, dunque quasi sempre discendente. E ovviamente è accompagnata dalla caratteristica necrosi caseosa. o Sifilitica V - varicocele - torsione appendice - torsione testicolare (infarto) - ematocele Sono molto importanti e soprattutto in età giovanile hanno un significativo potenziale di generare infertilità. Fine prima parte. Il prof non voleva far pausa nel timore che i suoi unici due uditori (ovvero io e Luca Valerio) fuggissimo via per non più tornare (visto che tutti gli altri erano andati a seguire il trial di Patrono); da noi rassicurato ha fatto una breve pausa per poi cambiare argomento. CERVICE Immagine degli organi femminili visti posteriormente. Riassume perfettamente l’anatomia. In un colpo d’occhio ci sono tutte le strutture, non ultime le grosse strutture legamentose e molto resistenti: il legamento utero-ovarico, importante per tenere ancorato l’ovaio al corpo dell’utero, in maniera che queste fimbrie non vaghino chissà dove ma abbiano sempre l’ovaio a portata di mano. E questo ci fa vedere un poco nella normalità qual è la struttura degli organi cervici. Inquadrato nel quadrato verde: è la cervice, con il fornice vaginale, in cui sporge il muso di tinca. È la cervice che guarda all’esterno. (l’immagine descritta non l’ho trovata sulle diapositive prese dal sito… sorry) A un certo punto noi dovremo concentrarci su questa cervice. L’inizio del canale cervicale conduce alla cavità uterina. La cervice è rivestita da un epitelio squamoso nella porzione esterna o esocervice, molto simile all’epitelio della parete vaginale; la cervice ha una parete propria costituita da muscolo, che ha una sua contrattilità e autonomia; poi abbiamo la endocervice; che è una struttura assolutamente di tipo ghiandolare. Naturalmente, procedendo nel canale cervicale; attraverso l’ostio uterino interno. Ora, che cos’è importante di tutto questo? È importante ricordare che nella funzione la cervice tende ad andare incontro a una situazione definita di ectropion o eversione = protrusione della mucosa endocervicale verso la vagina. Questo perché a un certo punto si sfianca, con l’aumentare dell’età, con l’attività sessuale, le gravidanze, il collo dell’utero; si appiattisce; la mucosa ghiandolare scivola aprendosi sulla vagina; e il risultato dell’ectropion/eversione sarà la metaplasia squamosa, per un motivo estremamente semplice: la mucosa ghiandolare è abituata a vivere in pH fisiologico (7-7.5). Invece, con l’eversione all’esterno abbiamo un pH acido. Questo cambiamento provoca una metaplasia. Questa metaplasia è importante perché un certo tipo di agenti patogeni, anche di tipo infettivo, parassitano prevalentemente l’epitelio squamoso. E quando abbiamo allora una metaplasia di destinazione d’uso di una ghiandola che diventa squamosa abbiamo un aumento della vulnerabilità a tali patogeni. Per cui il meccanismo fondamentale della metaplasia cervicale in qualche modo aumenta il rischio di infezione ed esposizione a fenomeni di trasformazione neoplastica. Malformazioni della cervice È importante ricordare quella della diapositiva (bianco e nero con scritto Normal DES). A sinistra la situazione normale: dopo il fornice e l’inizio del canale cervicale, con epitelio squamoso, inizia il pH fisiologico, abbiamo un epitelio mucinoso, dopodiché l’endometrio vero e proprio che è tubulare. La malformazione dovuta a DES = DiEtilStilbestrolo. È un estrogeno di sintesi che si usava in passato come competitore specifico dell’estrogeno, che aveva, essendo sintetico, una affinità molto maggiore dell’estrogeno per il recettore, nei test di spiazzamento per valutare la densità dei recettori per l’estrogeno. Ma durante l’ontogenesi provocava in un enorme numero di casi questa malformazione. È una riduzione della porzione rivestita da epitelio squamoso e invece un enorme aumento della superficie rivestita da epitelio ghiandolare di tipo endocervicale, con spianamento del fornice tra cervice e vagina molto importante. Per cui: il fornice vaginale è spianato e la esocervice è sostituita da una cervice ricoperta unicamente da una mucosa di tipo ghiandolare. Questo tipo di alterazione è una condizione predisponente, oltre che invalidante dal punto di vista della fertilità, alla insorgenza di adenocarcinomi di questa regione. Per cui questa metaplasia ghiandolare endocervicale che si osserva in questo fornice vaginale spianato, appiattito, si associa molto frequentemente all’insorgenza di adenocarcinomi in questa regione. A prescindere da tutte le altre patologie mal formative come utero bicorne bicolle e così via, ricordiamo questa condizione perché predispone anche alla genesi di adenocarcinomi. L’epitelio squamoso è non cheratinizzante pluristratificato. C’è una certa disposizione ordinata di nuclei: a mano a mano che le cellule arrivano sullo strato più superficiale perdono il nucleo, anche se questi possono essere osservati fino al rivestimento ultimo. Se la perdita di nucleo fosse più abbondante avremmo una corneizzazione. Altre immagini (che non ho trovato… arisorry). In alto a sinistra: prototipo di metaplasia piatta superficiale. Il rivestimento muciparo endocervicale è interrotto da una propaggine del normale epitelio squamoso di destra che tende a rivestire il canale endocervicale. Quindi: in superficie la metaplasia piatta, in sottomucosa l’epitelizzazione ghiandolare. PID = Pelvic Inflammatory Disease Stiamo parlando della cervice: questa può costituire una porta d’ingresso di infezioni ascendenti, che possono raggiungere la pelvi: l’apertura dell’apparato genitale fa in modo che in caso di infezione questa possa risalire fino agli organi pelvici. Spesso e volentieri, questa PID è subdola, cronica, tendente alla cronicizzazione pura, e che provoca un malfunzionamento degli organi pelvici. Parliamo dell’HPV. È un virus a DNA in grado di integrarsi nelle cellule ospiti provocando una modifica della struttura genica. I vari ceppi si distinguono in base alla capacità patogena. HPV è sicuramente un virus importante per quel che riguarda l’associazione fra infezione e presenza di alterazioni maturative severe nella genesi del cancro di tutta una serie di distretti dell’organismo rivestiti da mucose. Possiamo dire che l’HPV è la causa di questi cancri? La microbiologia ha criteri propri per fare affermazioni di questo tipo. È più corretto dire che c’è una stretta associazione, ma il rapporto eziologico non è ancora perfettamente chiarito. Si comincia però a pensare seriamente che questo virus abbia un ruolo fondamentale nelle alterazioni che portano poi alla cancerizzazione. A noi interessa nella struttura del virus le proteine E6 ed E7. Questa porzione del genoma è quella potenzialmente oncogenica e quindi la meglio studiata. Queste proteine sono in grado di interagire con gli oncogeni soppressori come p53, pRb, quelle che regolano in modo soppressivo la proliferazione cellulare. Ma quando alteriamo la struttura di queste proteine, la capacità proliferativa cellulare diventa sregolata e su questa si innestano spesso e volentieri alterazioni maturative e cancerizzazione. Che cosa accade quando HPV entra? E6 ed E7 si legano a Rb, e ci sono alterazioni della crescita significative. Schema: serve a capire che la capacità proliferativa dell’HPV può essere favorita enormemente dalla presenza di lesioni dell’epitelio cervicale: traumi, microulcere. E a provocare queste possono essere state altre lesioni di tipo infettivo, come quella erpetica, che con la microvescicolazione espone strati inferiori dell’epitelio che non posseggono le difese dello strato superficiale. Gli epiteli più profondi sono infatti i più suscettibili all’infezione anche perché sono quelli che più attivamente proliferano. Vediamo allora che la combinazione di diversi tipi di infezione può senz’altro aumentare significativamente le possibilità di contagio e infezione da parte di HPV. Contagio di tipo sessuale provoca infezione da HPV: il virus entra nella cellula; prima ancora di integrarsi provoca la sintesi di una proteina particolare che dà un aspetto particolare alla cellule, un aspetto chiaro, ad alone perinucleare. Questo aspetto, provocato dalla distruzione del citoscheletro della cellula (e le cellule epiteliali sono ricche di citoscheletro), con queste citocheratine che fanno da impalcatura, manda in lisi le citocheratine e provoca un caratteristico aspetto bianco, ad alone intorno al nucleo che è la coilocitosi: alterazione morfologica patognomonica dell’infezione da HPV a livello epiteliale. Aspetto citologico della coilocitosi: aspetto molto chiaro, rigonfio, spugnoso attorno al nucleo. È una lesione da ricercare e segnalare. In altri casi, quando il citoscheletro è praticamente distrutto, il nucleo diventa inosservabile. A livello istologico, la presenza di HPV compare sotto due forme: l’alterazione strutturale in forma di condiloma acuminato; l’alterazione citologica con l’aspetto di coilocitosi evidenziabile a livello istologico. Per cui nel campione istologico riconosciamo lesioni patognomoniche che sono condiloma acuminato, estroflessioni papillomatose con aspetto di corno, presenza di coilocitosi a livello perinucleare o citologico. Molto importante è lo studio della morfologia nucleare associata a coilocitosi. Questo studio comparato della associazione coilocitosi-alterazione nucleare ci dà idea di quanto sia grave la displasia in quel tessuto: maggiori le alterazioni citologiche associate a coilocitosi, maggiore il grado di displasie, anche se vedremo che le displasie le graduiamo anche sulla base di alterazioni strutturali, oltre che citologiche. Ma non esiste vera coilocitosi se non c’è almeno una blanda displasia a livello nucleare: sempre e comunque, la coilocitosi da HPV si associa a un grado almeno lieve di tipo nucleare. Dunque, ripercorriamo la sequenza: l’epitelio è everso, va incontro a metaplasia che può maturare (se non viene colpita da HPV) e diventa matura (epitelio squamoso normale). Ma se è colpita da HPV ci sono alterazioni maturative di grado variabile fino a CIN e carcinoma. È molto importante tipizzare e cercare di capire con quale ceppo di HPV noi abbiamo a che fare. Si può fare una tipizzazione di tipo genetico, sulla base di un campione, con PCR; si possono caratterizzare i ceppi di HPV presenti nel campione cervicale; e si possono ottenere mappe genetiche del campione cervicale. Ovviamente lavorando a livello morfologico ci si basa innanzitutto su questo. Nella storia dell’infezione, esistono anche casi in cui all’infezione si associa una grossa resistenza, per cui non c’è una malattia infettiva sviluppata: nella grande maggioranza dei casi si ha una genesi di vera e propria malattia infettiva: si va incontro a delle cosiddette squamous intraepithelial lesions che in un terzo abbondante dei casi vanno in remissione, in altri non provocano alterazioni (si instaurano meccanismi riparativi anche immunitari), mentre nel 25% di casi circa c’è una progressione che può essere verso la cancerizzazione. Con questo schema noi possiamo capire il fattore tempo in questo tipo di infezione, che incide innanzitutto sulla propagazione del contagio (esistono periodi finestra in cui non c’è ancora la lesione ma si può propagare il contagio!!!); e inoltre, questi fenomeni per manifestarsi hanno bisogno di un certo periodo di tempo, che comunque può essere variabile. Abbiamo accennato al SIL: come graduiamo le alterazioni maturative che vediamo a livello cervicale? Usiamo terminologie un po’ sovrapposte e confusionarie. Parliamo delle cose che conosciamo meglio: la terminologia CIN è ancora ben usata; graduiamo su tre gradi, dando significato di CIN 1 alle lesioni minimamente alterate e CIN 3 quelle con severa alterazione maturativa nel campione citologico o istologico. Ma possiamo anche aggiungere una terminologia un poco più recente che ha cercato di abbattere l’eterna ambiguità del CIN di grado intermedio. Questo sistema di gradazione su tre livelli ha sicuramente lo scopo di indicarci molto bene e molto facilmente quali siano i casi con miglior grado di differenziazione e quelli con peggior grado, ma ci lascia sempre molto in dubbio per i gradi intermedi. Ed è la terminologia SIL che cerca di abbattere questo tipo di ambiguità distinguendo semplicemente casi a basso grado e casi ad alto grado di rischio di progressione. Low-SIL e High-SIL sono dunque due situazioni senza ambiguità di centro. Low-SIL è una squamous intraepithelial lesion che va dal condiloma alla displasia moderata che ha un rischio molto basso: comprendendo la displasia moderata o moderata severa indica le alterazioni con rischio di progressione elevato. Questa terminologia la troveremo usata soprattutto a livello di indagini citologiche, mentre per le istologiche troviamo ancora CIN 1, CIN 2, CIN3. Abbiamo parlato di caratterizzazione genetica delle infezioni da HPV. Va da sé considerare che lesioni low-SIL siano associate a ceppi poco patogeni, quelle high-SIL associate a infezione con ceppi molto patogeni. Quali sono questi ceppi? Ordine di scoperta è quello numerico: 6, 11: quasi invariabilmente associati a low-SIL; 16, 18, 31: quasi invariabilmente associati a high-SIL; e a persistenza o progressione della malattia. Qual è il significato? Ceppo Regressione Persistenza Progressione 6 50% 50% 0% 11 60% 26% 13% 16 18% 36% 46% 18 18% 55% 55% Parliamo ora di tumori maligni della cervice (la questione considerata finora è infettivoinfiammatoria). Consideriamo l’origine istogenetica: 1. Esocervice Vuoi quelli dell’epitelio cervicale o impiantati su metaplasia cervicale, sono quelli associati a infezione da HPV. E quindi tutto il capitolo dei CIN, dei SIL. Poi una progressione ulteriore: cancerizzazione con microinfiltrazione; forma clinica di carcinoma cervicale MIC = MicroInvasive Carcinoma. 2. Melanoma Piuttosto raro. 3. Endocervicali a) Adenocarcinoma endocervicale (qualli sporadici e quelli associati a esposizione in utero a DES). b) Sarcomi (leiomioS, AdenoS, S stromale) 4. Metastatici - prevalentemente per estensione di tumori endometriali, rettali, vaginali. Che cosa vuol dire a livello istologico, schematicamente, distinguere fra i vari CIN? E come integrarli alla terminologia SIL? Displasia molto lieve: solo strati profondi Displasia lieve: terzo inferiore Displasia moderata: fino a terzo intermedio Displasia grave: fino a terzo superiore (tutto salvo le prime file) CIS: tutto l’epitelio. Se le lesioni interessano solo gli strati superficiali avremo più probabilità di vedere lesioni colposcopiche. Dunque lo schema di gradazione in base alla profondità sta a indicare - la gravità delle alterazioni stesse - la possibilità a essere rivelata da indagini cliniche e citologiche. Epidemiologia del cancro della cervice: - 20,000 nuovi casi per anno - 7600 morti per anno - 3.5% di tutte le morti femminili per anno - 50 milioni di PAP test in US / anno - 3.5 milioni (7% dei PAP test) hanno diagnosi di una anomalia citologica che richiede ulteriori stadi di valutazione. Incidenza e mortalità sono inferiori nei Paesi più sviluppati. Fattori di rischio: - 3 o più partner nell’arco della vita - primo rapporto sessuale prima dei 18 e così via (il prof minimizza: tutte cose che voi conoscete). Che cosa possiamo fare: - PAP test - Visualizzare con sistema di navigazione patologica - Presenza del virus e di ceppi particolari all’interno delle sezioni istologiche, per studiare la distribuzione della presenza di HPV nella sezione istologica. Il segnale nero indica ibridizzazione positiva. Morfologicamente: - alterazioni citologiche - alterazioni strutturali La capacità prognostica della diagnosi di CIN 3 è identica a quella di minor grado di un ceppo ad alta pericolosità. Un grazie enorme a Luca Valerio Un ringraziamento (su gentile richiesta) a Gabriella Piero Catenazzi