PIN = Prostatic Intraepithelial Neoplasia - Digilander

Anatomia Patologica
Prof. Carbone
12.XI.07
12:30-14:30
Il prof ha commentato diverse immagini. Prima di riportare le sue parole c’è in corsivo il titolo della
diapositiva che sta commentando. Le diapositive sono presenti nella sua pagina sul sito della cattolica; la
password è “leggimi”.
Possiamo distinguere, sia nella prostata che nella mammella, diverse componenti:
- un epitelio nobile, secretorio, funzionale, che va incontro a trasformazione neoplastica;
- connettivo.
E a che cosa servirà lo studio morfologico e immunofenotipico della ghiandola? A cogliere
queste alterazioni che sono sempre sia citologiche che architetturali. Queste ci fanno capire
che sta succedendo qualcosa di “displastico”. Termine che dà idea della alterazione della
crescita.
Se dunque abbiamo imparato a distinguere segni citologici o nucleari di displasia, che cosa
possiamo dire dal punto di vista strutturale? Abbiamo già accennato a marcatori specifici della
mammella; di corona mio-epiteliale, cioè il canestro di cellule appiattite a funzione contrattile
che è ai bordi degli acini e dei dotti della ghiandola mammaria. Ora noi studiando questi
marcatori morfologici, di struttura, capiamo anche la composizione e il grado di maturità di un
tessuto.
-
PSA
AR
CK 34-beta-E12 (HMW)
Ki67
S-100
Che cosa sono?
- PSA = Prostatic Specific Antigen. È un marcatore di tipo anche istogenetico. Facendo
un test immunoistochimico e basandoci sul riconoscimento antigene-anticorpo per il
PSA riconosciamo la istogenicità di un tessuto: cioè il tessuto prostatico. È sensibile e
specifico. Individua l’epitelio nobile, secretorio, tipico della ghiandola prostatica. Ha
poche controindicazioni.
A livello serico ovviamente si usa anche per il follow-up dopo resezione. Con meno
efficacia si può usare per lo screening.
AR = Androgen Receptor. È un recettore nucleare, tipico della ghiandola prostatica, che
notoriamente è androgeno-dipendente.
- CK 34-beta-E12 HMW: proteina strutturale.
- Ki67 marcatore di proliferazione
- S100: marcatore presente nei tessuti a derivazione nervosa periferica.
I primi tre possono essere usati per identificare e studiare la distribuzione dell’epitelio della
prostata, vuoi quello funzionale (PSA+ e AR+), vuoi quella stromale (cellule basali o di riserva,
CK34+).
-
Esempio: immagine iperplasia a cellule basali. Abbiamo una proliferazione di elementi. In uno
sfondato ghiandolare della prostata riconosciamo un lume bordato da un epitelio più basofilo
degli altri lumi. Sono cellule monomorfe quasi a formare corone attorno all’epitelio luminare.
Sono plausibilmente cellule basali.
Questo è ovviamente un criterio di tipo morfologico: per caratterizzare dal punto di vista
immunofenotipico usiamo la CK34. Si vede ovviamente meglio nei processi neoplastici, che
sono clonali. Come in tutti i processi immunoistochimici, il colore è marrone bruciato.
Si vede anche bene come invece l’epitelio luminale sia negativo per CK34.
Il PSA invece è speculare: positivo per l’epitelio luminale e negativo nella zona di iperplasia
delle cellule basali.
Ki67: anche in un contesto di tipo iperplastico, anche se non neoplastico, possiamo studiare la
frazione proliferante della lesione e la sua distribuzione. Nonostante sia una lesione
sicuramente iperplastica, l’attività proliferativa è bassa. E allora l’attività proliferativa è lieve,
moderata: non preoccupante. Perché una iperplasia a cellule basali è una lesione benigna, non
maligna. Le uniche piccole aree di aumentata positività a Ki67 è infatti nell’epitelio luminale.
Come combinare questi marcatori?
Microfotografia di carcinoma prostatico (immagine: Carcinoma prostatico infiltrazione perineurale).
Un corpo tondeggiante è un cordone nervoso: e infatti il carcinoma della prostata tende
all’infiltrazione perineurale, inquadrando il nervo.
Dal punto di vista morfologico non esistono dunque problemi diagnostici. Ma questo tipo di
indagine può essere utile per considerare la distribuzione di questi marcatori, soprattutto quelli
interessanti l’epitelio carcinomatoso.
S-100: caratterizza la natura nervosa della struttura tondeggiante visibile al centro. Il tessuto
nervoso è S-100 positivo, e allora si vede bene come la conferma di quanto considerato già a
livello morfologico.
PSA: marca chiaramente l’epitelio luminale, quindi anche se non sapessimo che è un campione
prostatico lo sapremmo ora. E si vede anche l’intensità tipicamente neoplastica dei lumi delle
ghiandole.
AR: non si apprezza bene la positività nucleare ma vediamo un certo tipo di segnale presente
nelle ghiandole neoplastiche.
Dunque, l’infiltrazione perineurale è documentata sia a livello morfologico sia con i vari
marcatori.
PIN = Prostatic Intraepithelial Neoplasia
Sono terminologie sempre più adottate proprio perché si considerano sempre le fasi della
trasformazione come un continuum graduale di trasformazioni che vanno dal normale al
carcinomatoso. In questo raggio di alterazioni si inserisce la terminologia “IN” che abbiamo già
considerato nella mammella (MIN), nell’utero (CIN), ma in ogni caso dobbiamo acquisire la
mentalità per cui questo tipo di terminologia è usato in tutti gli organi. Anche nella patologia
proliferativa neoplastica della vulva (VIN), della vagina (VaIN). Vedremo dunque che è un tipo
di terminologia oggi grandemente applicato, ma soprattutto nella prostata e nella cervice.
PIN: lo schema originale fu proposto da Bostwick nell’87. è una gradazione di tutta una serie di
alterazioni che sono sempre citoarchitetturali, mai esclusivamente citologiche o architetturali.
Confinano a un estremo con il carcinoma in situ.
Questo tipo di terminologia ci ricorda bene la terminologia della displasia; in realtà, come
vedremo, sono terminologie in parte sovrapponibili: una di tipo lieve è basso grado, una severa
ad alto grado.
Tradizionalmente, anche il PIN è graduato su una scala di tre valori: per cui avremo sempre un
PIN 1, un PIN 2 e un PIN 3.
Allora parliamo nel dettaglio: abbiamo accennato ad alterazioni iperplastiche: a ridosso della
cancerogenesi e delle fasi precancerose, abbiamo una diversificazione morfologica di queste
alterazioni citologiche e architetturali. Così, anche nel carcinoma della prostata, nel PIN ci sono
alterazioni morfologiche diverse.
- tufting pattern: aspetto a gettoni che proiettano nel lume. Dovuto a pluristratificazione
di nuclei con aggettarsi di stantuffi / propaggini nel lume, senza la formazione di setti o
papille.
- La sua evoluzione è la forma micropapillare: la struttura diventa più complessa. E la
complessità è uno dei parametri che sono ben studiati a livello morfologico.
- Nel procedere ulteriormente le micro papille possono fondersi: pattern cribriforme. Con
la formazione di lumi secondari.
Ricordiamo che la crescita complessa indica che si è andati oltre la forma fondamentale a
punto esclamativo: cellula luminale – cellula basale.
Come nel carcinoma della mammella, nelle sue fasi precancerose si ha una forma flat, dove le
alterazioni citologiche sono talmente ben rappresentate da essere inequivocabili, ma non esiste
una estroflessione di tipo tufting o papilla o cribratura. È un carcinoma di tipo piatto. E allora ci
sono PIN che sono piatti. Qui, chiaramente, lo studio del dettaglio citologico emerge in tutta la
sua importanza.
Alterazioni immunofenotipiche nel PIN:
- complessità architetturale
- alterazioni citologiche
- immunofenotipo.
Imagine: PIN Discontinuous basal cell layer
Nella colorazione di tipo CK34 in cui cerchiamo di mettere in evidenza lo strato basale delle
cellule che nella ghiandola normale è
- ben rappresentato
- ha distribuzione continua e uniforme
qui è estremamente irregolare, in particolare discontinuo; a causa della disordinata espansione
dell’epitelio nobile, secretorio. Fino ad essere in alcuni punti completamente assente per lunghi
tratti.
Questo indica una alterazione strutturale che magari con le colorazioni tradizionali non è
visibile ma è messo in risalto dal’immunoistochimica.
È emerso dunque che il PIN ad alto grado, soprattutto per quello che noi possiamo osservare in
ago biopsie prostatiche o in prelievi da TUR, costituisce un campanello d’allarme, un fattore
“morfoprognostico” molto importante. Perché si associa dal punto di vista statistico ad una
frequenza maggiore di carcinoma della prostata in un altro punto della ghiandola. È allora una
cartina al tornasole che ci indica qual è lo stato di maturazione dell’intera ghiandola prostatica.
Quando vediamo un’alterazione PIN 3 in un piccolo campione prostatico dobbiamo allertarci
perché nel 30-40% dei casi possiamo avere un’alterazione in un altro punto. È questo il
maggior significato dello studio immunofenotipico delle alterazioni maturative intraghiandolari
a livello della prostata.
Esempio di PIN piuttosto pericoloso (Immagine: PIN scritto in un riquadro giallo).
- ingombro di cellule
- struttura luminale complessa con fusioni papillari,
- dettaglio citologico con chiarificazione nuclei = cromatina dispersa, rinforzo membrana
nucleare importante, presenza di nucleoli.
Se guardiamo la periferia, la presenza di nuclei basali, che sono anche piuttosto colorati
rispetto all’epitelio luminale per cui sono evidenziabili in base alla basofilia della cromatina,
abbiamo anche una compromissione del trofismo degli elementi basali, con riduzione
significativa.
Mettendo tutto assieme: PIN alto grado.
Mancano forse le mitosi, le necrosi parcellari, le severe atipie nucleari per poter parlare di CIS.
Ma a questo punto la differenza è estremamente sottile.
Qual è il rapporto fra PIN e carcinoma? È molto stretto. Se facciamo mappe di megabiopsie
prostatiche, possiamo vedere che aree carcinomatose sono state individuate in certe aree,
aree di cancro con il loro Gleason complesso o doppio (ovvero la sommatoria delle aree meno
differenziate con le aree meglio differenziate), e al contrario abbiamo aree che invece hanno
fatto intravedere solo alterazioni di tipo PIN. E quindi PIN 1, PIN 2; PIN 4 non esiste e va
identificato come CIS. Ma la distribuzione è abbastanza varia: estese aree di PIN alto grado
stanno ad indicare che c’è una frequenza di associazione con CIS molto stringente. Per cui la
presenza di PIN alto grado ci deve imporre di studiare meglio il caso.
Patologia non neoplastica del testicolo
M
-
ritenzione
criptorchidismo
ectopia
Queste sono alterazioni di tipo mal formativo che, a prescindere dalla mobilità dell’organo, si
associano con aumentata incidenza a neoplasie testicolari. Vanno ricordate anche nella loro
potenzialità.
D/R
-
atrofia
idrocele
ernia
spermatocele
I
-
-
orchiti aspecifiche
o Clamydia trachomatis
o Neisseria gonorrhoeae
o Escherichia coli
o Pseudomonas
Orchiti specifiche
o Parotitica: è di tipo siero linfocitario: rigonfiamento dell’albuginea con accumulo
di siero e linfociti nel tessuto testicolare.
o Tubercolare (orchi-epididimite), la cui attuale recrudescenza è dovuta ai flussi
migratori. Quasi invariabilmente associata anche a infiammazione/infezione
tubercolare di reni e ureteri, dunque quasi sempre discendente. E ovviamente è
accompagnata dalla caratteristica necrosi caseosa.
o Sifilitica
V
- varicocele
- torsione appendice
- torsione testicolare (infarto)
- ematocele
Sono molto importanti e soprattutto in età giovanile hanno un significativo potenziale di
generare infertilità.
Fine prima parte. Il prof non voleva far pausa nel timore che i suoi unici due uditori (ovvero io e Luca
Valerio) fuggissimo via per non più tornare (visto che tutti gli altri erano andati a seguire il trial di
Patrono); da noi rassicurato ha fatto una breve pausa per poi cambiare argomento.
CERVICE
Immagine degli organi femminili visti posteriormente. Riassume perfettamente l’anatomia. In
un colpo d’occhio ci sono tutte le strutture, non ultime le grosse strutture legamentose e molto
resistenti: il legamento utero-ovarico, importante per tenere ancorato l’ovaio al corpo
dell’utero, in maniera che queste fimbrie non vaghino chissà dove ma abbiano sempre l’ovaio a
portata di mano. E questo ci fa vedere un poco nella normalità qual è la struttura degli organi
cervici.
Inquadrato nel quadrato verde: è la cervice, con il fornice vaginale, in cui sporge il muso di
tinca. È la cervice che guarda all’esterno.
(l’immagine descritta non l’ho trovata sulle diapositive prese dal sito… sorry)
A un certo punto noi dovremo concentrarci su questa cervice. L’inizio del canale cervicale
conduce alla cavità uterina.
La cervice è rivestita da un epitelio squamoso nella porzione esterna o esocervice, molto simile
all’epitelio della parete vaginale; la cervice ha una parete propria costituita da muscolo, che ha
una sua contrattilità e autonomia; poi abbiamo la endocervice; che è una struttura
assolutamente di tipo ghiandolare. Naturalmente, procedendo nel canale cervicale; attraverso
l’ostio uterino interno. Ora, che cos’è importante di tutto questo? È importante ricordare che
nella funzione la cervice tende ad andare incontro a una situazione definita di ectropion o
eversione = protrusione della mucosa endocervicale verso la vagina. Questo perché a un certo
punto si sfianca, con l’aumentare dell’età, con l’attività sessuale, le gravidanze, il collo
dell’utero; si appiattisce; la mucosa ghiandolare scivola aprendosi sulla vagina; e il risultato
dell’ectropion/eversione sarà la metaplasia squamosa, per un motivo estremamente semplice:
la mucosa ghiandolare è abituata a vivere in pH fisiologico (7-7.5). Invece, con l’eversione
all’esterno abbiamo un pH acido. Questo cambiamento provoca una metaplasia. Questa
metaplasia è importante perché un certo tipo di agenti patogeni, anche di tipo infettivo,
parassitano prevalentemente l’epitelio squamoso. E quando abbiamo allora una metaplasia di
destinazione d’uso di una ghiandola che diventa squamosa abbiamo un aumento della
vulnerabilità a tali patogeni. Per cui il meccanismo fondamentale della metaplasia cervicale in
qualche modo aumenta il rischio di infezione ed esposizione a fenomeni di trasformazione
neoplastica.
Malformazioni della cervice
È importante ricordare quella della diapositiva (bianco e nero con scritto Normal DES). A sinistra la
situazione normale: dopo il fornice e l’inizio del canale cervicale, con epitelio squamoso, inizia il
pH fisiologico, abbiamo un epitelio mucinoso, dopodiché l’endometrio vero e proprio che è
tubulare.
La malformazione dovuta a DES = DiEtilStilbestrolo. È un estrogeno di sintesi che si usava in
passato come competitore specifico dell’estrogeno, che aveva, essendo sintetico, una affinità
molto maggiore dell’estrogeno per il recettore, nei test di spiazzamento per valutare la densità
dei recettori per l’estrogeno.
Ma durante l’ontogenesi provocava in un enorme numero di casi questa malformazione. È una
riduzione della porzione rivestita da epitelio squamoso e invece un enorme aumento della
superficie rivestita da epitelio ghiandolare di tipo endocervicale, con spianamento del fornice
tra cervice e vagina molto importante. Per cui: il fornice vaginale è spianato e la esocervice è
sostituita da una cervice ricoperta unicamente da una mucosa di tipo ghiandolare.
Questo tipo di alterazione è una condizione predisponente, oltre che invalidante dal punto di
vista della fertilità, alla insorgenza di adenocarcinomi di questa regione. Per cui questa
metaplasia ghiandolare endocervicale che si osserva in questo fornice vaginale spianato,
appiattito, si associa molto frequentemente all’insorgenza di adenocarcinomi in questa regione.
A prescindere da tutte le altre patologie mal formative come utero bicorne bicolle e così via,
ricordiamo questa condizione perché predispone anche alla genesi di adenocarcinomi.
L’epitelio squamoso è non cheratinizzante pluristratificato. C’è una certa disposizione ordinata
di nuclei: a mano a mano che le cellule arrivano sullo strato più superficiale perdono il nucleo,
anche se questi possono essere osservati fino al rivestimento ultimo. Se la perdita di nucleo
fosse più abbondante avremmo una corneizzazione.
Altre immagini (che non ho trovato… arisorry). In alto a sinistra: prototipo di metaplasia piatta
superficiale. Il rivestimento muciparo endocervicale è interrotto da una propaggine del normale
epitelio squamoso di destra che tende a rivestire il canale endocervicale. Quindi: in superficie
la metaplasia piatta, in sottomucosa l’epitelizzazione ghiandolare.
PID = Pelvic Inflammatory Disease
Stiamo parlando della cervice: questa può costituire una porta d’ingresso di infezioni
ascendenti, che possono raggiungere la pelvi: l’apertura dell’apparato genitale fa in modo che
in caso di infezione questa possa risalire fino agli organi pelvici. Spesso e volentieri, questa PID
è subdola, cronica, tendente alla cronicizzazione pura, e che provoca un malfunzionamento
degli organi pelvici.
Parliamo dell’HPV. È un virus a DNA in grado di integrarsi nelle cellule ospiti provocando una
modifica della struttura genica. I vari ceppi si distinguono in base alla capacità patogena.
HPV è sicuramente un virus importante per quel che riguarda l’associazione fra infezione e
presenza di alterazioni maturative severe nella genesi del cancro di tutta una serie di distretti
dell’organismo rivestiti da mucose. Possiamo dire che l’HPV è la causa di questi cancri? La
microbiologia ha criteri propri per fare affermazioni di questo tipo. È più corretto dire che c’è
una stretta associazione, ma il rapporto eziologico non è ancora perfettamente chiarito. Si
comincia però a pensare seriamente che questo virus abbia un ruolo fondamentale nelle
alterazioni che portano poi alla cancerizzazione.
A noi interessa nella struttura del virus le proteine E6 ed E7. Questa porzione del genoma è
quella potenzialmente oncogenica e quindi la meglio studiata. Queste proteine sono in grado di
interagire con gli oncogeni soppressori come p53, pRb, quelle che regolano in modo
soppressivo la proliferazione cellulare. Ma quando alteriamo la struttura di queste proteine, la
capacità proliferativa cellulare diventa sregolata e su questa si innestano spesso e volentieri
alterazioni maturative e cancerizzazione. Che cosa accade quando HPV entra? E6 ed E7 si
legano a Rb, e ci sono alterazioni della crescita significative.
Schema: serve a capire che la capacità proliferativa dell’HPV può essere favorita enormemente
dalla presenza di lesioni dell’epitelio cervicale: traumi, microulcere. E a provocare queste
possono essere state altre lesioni di tipo infettivo, come quella erpetica, che con la
microvescicolazione espone strati inferiori dell’epitelio che non posseggono le difese dello
strato superficiale. Gli epiteli più profondi sono infatti i più suscettibili all’infezione anche
perché sono quelli che più attivamente proliferano. Vediamo allora che la combinazione di
diversi tipi di infezione può senz’altro aumentare significativamente le possibilità di contagio e
infezione da parte di HPV.
Contagio di tipo sessuale provoca infezione da HPV: il virus entra nella cellula; prima ancora di
integrarsi provoca la sintesi di una proteina particolare che dà un aspetto particolare alla
cellule, un aspetto chiaro, ad alone perinucleare. Questo aspetto, provocato dalla distruzione
del citoscheletro della cellula (e le cellule epiteliali sono ricche di citoscheletro), con queste
citocheratine che fanno da impalcatura, manda in lisi le citocheratine e provoca un
caratteristico aspetto bianco, ad alone intorno al nucleo che è la coilocitosi: alterazione
morfologica patognomonica dell’infezione da HPV a livello epiteliale.
Aspetto citologico della coilocitosi: aspetto molto chiaro, rigonfio, spugnoso attorno al nucleo. È
una lesione da ricercare e segnalare.
In altri casi, quando il citoscheletro è praticamente distrutto, il nucleo diventa inosservabile.
A livello istologico, la presenza di HPV compare sotto due forme: l’alterazione strutturale in
forma di condiloma acuminato; l’alterazione citologica con l’aspetto di coilocitosi evidenziabile a
livello istologico. Per cui nel campione istologico riconosciamo lesioni patognomoniche che sono
condiloma acuminato, estroflessioni papillomatose con aspetto di corno, presenza di coilocitosi
a livello perinucleare o citologico. Molto importante è lo studio della morfologia nucleare
associata a coilocitosi. Questo studio comparato della associazione coilocitosi-alterazione
nucleare ci dà idea di quanto sia grave la displasia in quel tessuto: maggiori le alterazioni
citologiche associate a coilocitosi, maggiore il grado di displasie, anche se vedremo che le
displasie le graduiamo anche sulla base di alterazioni strutturali, oltre che citologiche. Ma non
esiste vera coilocitosi se non c’è almeno una blanda displasia a livello nucleare: sempre e
comunque, la coilocitosi da HPV si associa a un grado almeno lieve di tipo nucleare.
Dunque, ripercorriamo la sequenza: l’epitelio è everso, va incontro a metaplasia che può
maturare (se non viene colpita da HPV) e diventa matura (epitelio squamoso normale). Ma se
è colpita da HPV ci sono alterazioni maturative di grado variabile fino a CIN e carcinoma.
È molto importante tipizzare e cercare di capire con quale ceppo di HPV noi abbiamo a che fare.
Si può fare una tipizzazione di tipo genetico, sulla base di un campione, con PCR; si possono
caratterizzare i ceppi di HPV presenti nel campione cervicale; e si possono ottenere mappe
genetiche del campione cervicale. Ovviamente lavorando a livello morfologico ci si basa
innanzitutto su questo.
Nella storia dell’infezione, esistono anche casi in cui all’infezione si associa una grossa
resistenza, per cui non c’è una malattia infettiva sviluppata: nella grande maggioranza dei casi
si ha una genesi di vera e propria malattia infettiva: si va incontro a delle cosiddette squamous
intraepithelial lesions che in un terzo abbondante dei casi vanno in remissione, in altri non
provocano alterazioni (si instaurano meccanismi riparativi anche immunitari), mentre nel 25%
di casi circa c’è una progressione che può essere verso la cancerizzazione. Con questo schema
noi possiamo capire il fattore tempo in questo tipo di infezione, che incide innanzitutto sulla
propagazione del contagio (esistono periodi finestra in cui non c’è ancora la lesione ma si può
propagare il contagio!!!); e inoltre, questi fenomeni per manifestarsi hanno bisogno di un certo
periodo di tempo, che comunque può essere variabile.
Abbiamo accennato al SIL: come graduiamo le alterazioni maturative che vediamo a livello
cervicale? Usiamo terminologie un po’ sovrapposte e confusionarie. Parliamo delle cose che
conosciamo meglio: la terminologia CIN è ancora ben usata; graduiamo su tre gradi, dando
significato di CIN 1 alle lesioni minimamente alterate e CIN 3 quelle con severa alterazione
maturativa nel campione citologico o istologico.
Ma possiamo anche aggiungere una terminologia un poco più recente che ha cercato di
abbattere l’eterna ambiguità del CIN di grado intermedio. Questo sistema di gradazione su tre
livelli ha sicuramente lo scopo di indicarci molto bene e molto facilmente quali siano i casi con
miglior grado di differenziazione e quelli con peggior grado, ma ci lascia sempre molto in
dubbio per i gradi intermedi. Ed è la terminologia SIL che cerca di abbattere questo tipo di
ambiguità distinguendo semplicemente casi a basso grado e casi ad alto grado di rischio di
progressione.
Low-SIL e High-SIL sono dunque due situazioni senza ambiguità di centro. Low-SIL è una
squamous intraepithelial lesion che va dal condiloma alla displasia moderata che ha un rischio
molto basso: comprendendo la displasia moderata o moderata severa indica le alterazioni con
rischio di progressione elevato. Questa terminologia la troveremo usata soprattutto a livello di
indagini citologiche, mentre per le istologiche troviamo ancora CIN 1, CIN 2, CIN3.
Abbiamo parlato di caratterizzazione genetica delle infezioni da HPV. Va da sé considerare che
lesioni low-SIL siano associate a ceppi poco patogeni, quelle high-SIL associate a infezione con
ceppi molto patogeni.
Quali sono questi ceppi?
Ordine di scoperta è quello numerico:
6, 11: quasi invariabilmente associati a low-SIL;
16, 18, 31: quasi invariabilmente associati a high-SIL; e a persistenza o progressione della
malattia.
Qual è il significato?
Ceppo
Regressione
Persistenza
Progressione
6
50%
50%
0%
11
60%
26%
13%
16
18%
36%
46%
18
18%
55%
55%
Parliamo ora di tumori maligni della cervice (la questione considerata finora è infettivoinfiammatoria).
Consideriamo l’origine istogenetica:
1. Esocervice
Vuoi quelli dell’epitelio cervicale o impiantati su metaplasia cervicale, sono quelli associati a
infezione da HPV. E quindi tutto il capitolo dei CIN, dei SIL. Poi una progressione ulteriore:
cancerizzazione con microinfiltrazione; forma clinica di carcinoma cervicale MIC =
MicroInvasive Carcinoma.
2. Melanoma
Piuttosto raro.
3. Endocervicali
a) Adenocarcinoma endocervicale (qualli sporadici e quelli associati a esposizione in utero
a DES).
b) Sarcomi (leiomioS, AdenoS, S stromale)
4. Metastatici
- prevalentemente per estensione di tumori endometriali, rettali, vaginali.
Che cosa vuol dire a livello istologico, schematicamente, distinguere fra i vari CIN? E come
integrarli alla terminologia SIL?
Displasia molto lieve: solo strati profondi
Displasia lieve: terzo inferiore
Displasia moderata: fino a terzo intermedio
Displasia grave: fino a terzo superiore (tutto salvo le prime file)
CIS: tutto l’epitelio.
Se le lesioni interessano solo gli strati superficiali avremo più probabilità di vedere lesioni
colposcopiche.
Dunque lo schema di gradazione in base alla profondità sta a indicare
- la gravità delle alterazioni stesse
- la possibilità a essere rivelata da indagini cliniche e citologiche.
Epidemiologia del cancro della cervice:
- 20,000 nuovi casi per anno
- 7600 morti per anno
- 3.5% di tutte le morti femminili per anno
- 50 milioni di PAP test in US / anno
- 3.5 milioni (7% dei PAP test) hanno diagnosi di una anomalia citologica che richiede
ulteriori stadi di valutazione.
Incidenza e mortalità sono inferiori nei Paesi più sviluppati.
Fattori di rischio:
- 3 o più partner nell’arco della vita
- primo rapporto sessuale prima dei 18
e così via (il prof minimizza: tutte cose che voi conoscete).
Che cosa possiamo fare:
- PAP test
- Visualizzare con sistema di navigazione patologica
- Presenza del virus e di ceppi particolari all’interno delle sezioni istologiche, per studiare
la distribuzione della presenza di HPV nella sezione istologica. Il segnale nero indica
ibridizzazione positiva.
Morfologicamente:
- alterazioni citologiche
- alterazioni strutturali
La capacità prognostica della diagnosi di CIN 3 è identica a quella di minor grado di un ceppo
ad alta pericolosità.
Un grazie enorme a Luca Valerio
Un ringraziamento (su gentile richiesta) a Gabriella
Piero Catenazzi