Shakespeare. La sosta nza dell'uomo
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COMUNICATO STAMPA
La multiforme varietà dei caratteri umani, l'essenza della vita stessa e della natura dell'uomo sono delineate
nelle molteplici sfumature delle passioni umane evocate da Shakespeare: le più grette, primordiali e sanguinarie
pulsioni per arrivare alle più illustri e sublimi declinazioni del sentire dell'animo sono incarnate nei personaggi
del suo teatro. In questa mostra, un'accurata selezione di artisti contemporanei viene chiamata ad incarnarle in
una forma visibile, interpretandole secondo i più svariati linguaggi espressivi che li contraddistinguono.
Aidan, Guido Airoldi, Andrea Anselmini, Giorgio Bevignani, Dorothy Bhawl, Max Bi, Massimo Caccia, Severino Del
Bono, Andy Fluon, Enzo Forese, Michael Gambino, Mimmo Iacopino, M'horò, Elena Monzo, Luca Moscariello,
Daniele Papuli, Marco Sudati, Giorgio Tentolini vi accompagneranno in un affascinante percorso attraverso le
tematiche i personaggi che hanno reso famoso il drammaturgo inglese nel mondo.
Nel teatro elisabettiano, il ruolo del drammaturgo era creare nella mente dello spettatore una dimensione altra,
dove dare forma alle figure dell'immaginazione descritte nelle pagine delle sue opere.
E dalla sovrapposizione di centinaia di strati di carta dalla grammatura e dal colore accuratamente selezionati,
sagomati e tagliati a mano, nasce l'occhio del poeta o Occhiopinto di Daniele Papuli caratterizzato dal degradare
l'uno nell'altro dei colori caldi ocra e marrone della terra e delle tonalità fredde dell'azzurro e del blu, a
simboleggiare che l'ispirazione vaga tra cielo e terra senza confini geografici, né culturali, sia nella poesia e
nell'arte drammatica che in quella contemporanea, che ci restituisce, ammantati e stratificati di nuovi significati
e riletture attraverso i secoli, i messaggi che Shakespeare voleva veicolare.
Le tenere fattezze del personaggio femminile Ofelia, abbandonata da Amleto, vengono fatte riaffiorare da
Giorgio Tentolini attraverso la stratificazione delle profondità dei livelli di chiaroscuro incisi in un materiale dalla
consistenza impalpabile come il tulle blu, per rievocare la tragica fine per annegamento della giovane donna;
Andy Fluon la ritrae circondata da motivi decorativi floreali in stile liberty, ma accesi dalle cromie acide e
squaillanti della sua pittura liquida in stile New Pop. Allo stesso modo, Enzo Forese omaggia la semplicità di
un'eroina tragica modesta e innocente come Giulietta in un ritratto dai tratti stilizzati circondato dal gioco
puerile delle lettere del suo nome che la circondano, mentre Severino Del Bono, con la sua Giulietta “bendata”,
vuole rievocare l'inconsapevole spensieratezza dell'amore data dall'inesperienza della gioventù, presto spezzata
dagli eventi tragici che attendono i due amanti nella tragedia Romeo e Giulietta. Il loro amore vive di un'estasi
profonda, vissuta come un gioco goliardico di attori dilettanti che in modo altrettanto puerile e amtoriale
inscenano, di fronte alla celebre balconata veronese, una tentata fuga su un cavallino a dondolo nell'opera di
Marco Sudati, caratterizzata dal tratto semplice e lineare del disego infantile. L'amore espande il suo etere nello
spazio infinito, come le farfalle si espandono partendo dai libri incastonati al centro delle tavole di Michael
Gambino in un pattern effimero e tridimensionale, ricordandoci come si possa viaggiare sulle “ali”
dell'immaginazione attraverso la lettura, in un'atmosfera magica da incantamento che richiama quella del bosco
di Sogno di una notte di mezza estate dove le vicende degli amanti si intrecciano a quelle di fate e spiritelli,
grazie anche ai bagliori luminescenti che, al buio, accendono il fondo delle opere. Ma la farfalla, antico simbolo
di metamorfosi e rinascita ha vita una breve ed effimera come un battito d'ali, come l'uomo, anche se posto al
centro dell'universo dal pensiero umanistico rinascimentale: questo ci ricorda la “vanitas” barocca di Guido
Airoldi dove il teschio viene raffigurato con un collage di un materiale logoro, giunto alla fine del suo ciclo vitale,
come i manifesti circensi strappati dal muro o carte rovinate dall'usura del tempo, rivisitando in modo inedito la
tecnica degli affichisti degli anni '60.
In effetti, nelle opere di Shakespeare, ogni passione si converte nel suo rovescio speculare, dal lirismo più
delicato si passa alle passioni sfrenate e sanguinarie, in un perenne dualismo tra bene e male, amore e odio, vita
e morte, come sembra dirci, l'animazione in realtà aumentata che si cela dietro l'opera di Aidan, dove i risvolti
lirici e sentimentali si Romeo e Giulietta si rovesciano nel loro risvolto drammatico e passionale, come
l'immagine del teschio di Yorick nell'Amleto, andando oltre la dimensione della rappresentazione artistica del
palcoscenico del teatro all'interno della tela. Anche la specularità dell'immagine fotografica proposta da Dorothy
Bhawl riflette su questo perenne dualismo: dove un demone in rosso, metafora del lato passionale che si cela
dentro ognuno di noi, interroga, in una sorta di rituale divinatorio, la morte, rappresentata in senso amletico,
profondamente shakespeariano, in nero, perfettamente simmetrica e nella stessa posizione del demone, mentre
Shakespeare. La sosta nza dell'uomo
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regge il teschio, estruso dal suo corpo. La domanda è sempre la medesima: è il quesito esistenziale dell'Amleto,
anch'esso basato sulla contraddizione di due opposti: “Essere o non essere?”. Nella filosofia del
neoparmenidismo di Emanuele Severino, uno dei massimi filosofi contemporanei, al quale si ispira Giorgio
Bevignani, l'essere è eterno, in contrapposizione assoluta con il “non essere” e il divenire temporale viene
rappresentato dall'apparire successivo dei vari stati dell'essere, come fotogrammi in una pellicola, come avviene
nella deflagrazione atomistica della scultura dell'artista; qui il significato dell'essere dell'uomo nel mondo e la
verità sono dati dal valore metamorfico e cangiante creato dalla reazione dei pigmenti con la luce, dalla solidità
che essa da alla materia pulsante di vita, intrappolata negli strati di silicone emulsionato semitrasparenti che
esistono solo in una consistenza data dalla cortina di luce che ci avvolge e li attraversa.
È impossibile cogliere la sostanza dell'esistenza umana se non distogliendoci dai parametri razionali con i quali
percepiamo la realtà, come ha fatto Amleto. Un castello di speculazioni filosofiche, metaforicamente
rappresentato dall'ingabbiatura dietro alla quale Max Bi rinchiude uno sconsolato Shakespeare, con il teschio di
Yorick in mano, blocca Amleto nella sua inazione. Lo scetticismo per cui ogni visione della realtà è relativa perché
percepita da un signolo individuo. La complessità del pensiero di Amleto è ben rappresentata dall'opera di
Mimmo Iacopino dove le frasi estrapolate dall'opera e impresse su strisce di tela si intersecano in trame
geometriche tridimensionali dallo sviluppo enigmatico. La verità sta nella “terra di mezzo”, nella chiave esoterica
che il demone porge alla morte nell'opera di Dorothy Bhawl, posta esattamente al centro della scena, racchiusa
in una sfera che simboleggia quanto sia difficile raggiungere la completezza nella vita. Ce lo dimostra l'opera di
Luca Moscariello dove l'assemblamento di molteplici simbologie, tratte dal Mercante di Venezia, ci fanno capire
come ogni personaggio sia legato ad un vincolo che si interpone tra lui e il raggiungimento della felicità. Ogni
oggetto che si affastella sulla scena è simbolo di uno degli aspetti che nella vita lottano per affermarsi, come
avviene sul proscenio teatrale delle sue tavole: il bene e il male, la giustizia e il sentimento. Il male esiste dagli
albori dell'umanità, così come il tradimento, esso è insitio nella natura dell'uomo, fin dal biblico fratricidio di
Caino e Abele. Ce lo ricorda Massimo Caccia che traduce, nell'ironica scenetta della volpe e dell'agnello che si
trovano vis à vis in una situazione surreale, una delle metafore dell'esistenza umana tratte dall'Enrico VI: “La
volpe non latra quando vuol rubare l'agnello”. Nel dramma storico, i cospiratori di corte che tramano per
spodestare il re cercano di offuscare il suo giudizio, facendogli notare che, sotto un aspetto apparentemente
benevolente, si celano intenti malvagi, ma solo per far ricadere la colpa sul loro rivale, il potente Duca di
Gloucester. Anche sotto la coltre scillante del patchwork di materiali eterogenei dalla provenienza cosmpolita di
cui Elena Monzo ricopre le sue donne, si cela un lato oscuro, una vacuità che si intuisce dagli occhi vuoti e dai
tratti sfrangiati. Anche dietro le vesti sontuose e regali delle regine e delle duchesse, le “dark ladies”
shakespeariane si cela un animo maligno, come in Lady Macbeth, oppure la Duchessa di Gloucester, Eleanor,
dell'Enrico VI, così come la regina Gertrude e Re Lear.
Alla fine della rappresentazione teatrale, la dimensione magica creata dal drammturgo si disperde, come sembra
ricordarci lo scenografo Andrea Anselmini. Nella sua opera ripropone la mano del drammaturgo, realizzata con
listelli di legno di quercia, lo stesso materiale del quale era composto il Globe, teatro elisabettiano burciato nel
1613, dove è andata in scena l'ultima opera drammaturgica di Shakespeare, La Tempesta, suo testamento
artistico. Con la metafora della mano del drammaturgo, dove è il pollice ad essere bruciato, Anselmini allude al
gesto simbolico della rinunica al palcoscenico di Shakespeare, uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi,
che getta la penna del poeta, così come Prospero, il mago, alla fine della Tempesta, getta la sua bacchetta
magica, rinunciando all'universo di magie e illusioni che aveva creato. M'horò, invece, rievoca la pianta circolare
dello storico teatro elisabettiano plasmando in una sucperficie radiante in alluminio la caratteristica apertura
centrale, che permetteva alla luce naturale di penetrare sulla scena. L'artista lascia intravedere la struttura
interna a graticcio, simile a quella di travi di legno di quercia del Globe, costruito, nel 1599, dalla compagnia
teatrale alla quale Shakespeare apparteneva, The Lord Chamberlain's Men, sulle rive del Tamigi.
Ma se il fuoco da una parte consuma il legno, dall'altra viene utilizzato come tecnica per conservarlo. E così si
ritorna alle contraddizioni che si animano nello spirito dell'uomo, le sue passioni che si agitano nella sua mente,
sempre dilagnata tra il bene e il male, l'essere e il non essere, la vita e la morte. I messaggi che, tramite le parole
di Shakespeare, sono giunti fino a noi, a 400 anni di distanza dalla sua morte, stratificati della complessità dei
significati conferitegli dalle varie riletture, per essere riletti dalla sensibilità degli artisti contemporanei.
Shakespeare. La sosta nza dell'uomo
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Galleria Colossi Arte Contemporanea
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