La figura del “Tutor” in funzione orientativa
di Monica Piolanti
La Riforma Scolastica ha imposto in tutta evidenza l’esigenza di creare un modello
formativo coerente con le istanze della società complessa e dell’incertezza (Morin).
Si tratta di una società che tenta di corrispondere alle esigenze di una democrazia in
costante evoluzione e che viene sottolineando da un lato l’esigenza di rispettare la
diversità, intesa come risorsa, e dall’altro il carattere pluralistico che a questa
diversità fa riferimento e costituisce al contempo la giustificazione per una nuova
società autenticamente democratica.
E’ evidente che in questo caso l’imporsi dei concetti di diversità e di pluralismo può
sconfinare nella incertezza, suscitare ansia, produrre smarrimenti.
Certo era più facile governare quella società dell’omogeneità che il modello
consumistico aveva introdotto.
Se tutti gli uomini sono uguali, basta una sola legge per governarli, rivolta a tutti; ma
se tutti gli uomini vengono considerati “diversi”, originali allora nasce la
frammentazione dei comportamenti e con essa il diffondersi dell’incertezza.
Il risultato di questo modello di democrazia che vuole riconoscere la centralità della
diversità è tuttavia una sorta di inquietudine che oggi si avverte in tutta la società, nei
mille raggruppamenti in cui si esprime nel pluralismo delle istituzioni.
E l’incertezza rimanda alla richiesta di tutoraggio, di consulenze di varia natura, di
richieste di aiuto e di mediazione.
Quando vogliamo capire allora le ragioni dell’introduzione della figura del “Tutor”
nella nuova Riforma Scolastica, la risposta la troveremo nell’analisi sociologica del
nostro modello di civiltà.
Possiamo dire che il termine “Tutor”, di origine latina ma pervenuta a noi attraverso
la mediazione della lingua inglese, è ormai parte integrante della attività formativa
ma con un significato che allude alla azione del proteggere, del custodire, del
prendersi cura di.
Trasferita nell’ambito delle scuole , la funzione tutoriale di guida e di supporto allo
studente, sta ad indicare come fa notare Enrico M. Salati “una strategia di interventi
non solo in senso riparatorio, e neppure solo preventivo , ma un senso evolutivo, vale
a dire come supporto continuativo nello sviluppo della personalità” (E.M. Salati , “Il
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Tutor: ruoli, funzioni e prospettive di una figura formativa”, in Professionalità
Formativa per dirigere, Brescia, La Scuola , 2002, pag. 103).
Quest’opera di sostegno non vale unicamente nell’esercizio della professione
docente, ma anche nella formazione aziendale; e questo spiegherebbe il motivo per
cui il termine “Tutor” ha goduto e gode di ampia fortuna sia nell’ambito scolastico
sia nell’ambito lavorativo assumendo così un ricco valore polissemico.
Si potrebbe in conclusione affermare come fa sempre Enrico M. Salati che “il Tutor è
la persona a cui ci si è affidati per la realizzazione di stage e per l’utilizzo di
metodologie particolari, quale ad esempio la didattica per progetti” (Idem pag. 105).
Volendo connotare questa figura si può dire che nella normativa così come nel
linguaggio pedagogico il “Tutor” è colui che si pone come guida nei processi di
apprendimento, come facilitatore per l’individuo o per il gruppo, nell’acquisizione
delle conoscenze o nello sviluppo positivo delle dinamiche relazionali; una figura di
esperto capace di orientare il soggetto nei suoi percorsi di apprendimento e di
formazione, di agevolare i processi di innovazione e di ricerca, di aiutare nello
svolgimento di attività lavorative.
E proprio in virtù di tutte queste funzioni esiste una certa conflittualità nella
definizione del profilo del “Tutor” e delle competenze che è chiamato ad esplicitare ,
rivolte sia alla conduzione dei gruppi sia ai processi di apprendimento e alla loro
valutazione, alle tecniche e alle strategie di gestione che non escludono e anzi
richiedono da un lato una preparazione culturale di base e dall’altro una preparazione
specifica coerente con il proprio ambito di lavoro.
Dunque ciò che si richiede al “Tutor”, sia esso di Scuola o di Azienda , resta
comunque una professionalità di alto livello con competenze acquisite mediante
percorsi formativi specifici.
La varia normativa sulla funzione tutoriale si differenzia dunque a seconda che si
tratti di un “Tutor” che agisce nella scuola o nella formazione aziendale, o nella
formazione continua.
Se restringiamo il discorso all’ambito scolastico, possiamo dire che a far luce sulla
figura del Tutor hanno contribuito in maniera evidente la Legge n. 53/’03 e la
normativa secondaria ad essa collegata così ad esempio a partire dalla Scuola
dell’Infanzia , nelle Raccomandazioni per l’applicazione delle Indicazioni Nazionali
(I nuovi Orientamenti di questo segmento scolastico), i compiti del docente Tutor
sono così indicati:
-guida, stimola ed esercita i bambini che gli sono affidati;
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-li sostiene dal punto di vista affettivo, li consiglia e li orienta nella risoluzione dei
loro problemi e nella corretta esecuzione dei loro impegni;
-li abitua ad identificare i loro punti di forza e di debolezza imparando a conoscere
meglio se stessi;
-definisce con i bambini il Piano Personalizzato delle Attività Educative;
-ricerca con i colleghi e con i bambini le strategie metodologiche e didattiche più
efficaci nei confronti di coloro che presentano difficoltà di apprendimento e di
comportamento;
-ascolta, rassicura, infonde fiducia, aiuta a contenere le emozioni , stimola la
partecipazione dei bambini e delle loro famiglie orientandoli a risolvere quanto essi
avvertono come problema;
-responsabilizza e abilita a prendere decisioni personali sia i bambini che le loro
famiglie migliorando attraverso il colloquio educativo gli atteggiamenti di entrambi;
-infine compila ed aggiorna mediante il coinvolgimento dei bambini e delle famiglie,
il porfolio delle competenze individuali.
Nella Scuola Primaria i compiti del docente “Tutor” si ampliano.
Ne sono testimonianza le Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati,
dove il Tutor è impegnato ad:
-assicurare nel gruppo-classe una presenza oscillante
insegnamento frontale;
fra le 18 e 21 ore di
-a svolgere il coordinamento fra i docenti del team di classe;
-a coordinare i percorsi formativi degli alunni;
-a facilitare e a potenziare le relazioni interpersonali ed educative;
-a curare i rapporti con le famiglie;
-a favorire in tutti i modi la continuità educativa e didattica;
-a coordinare le programmazioni dei responsabili di laboratorio;
-a far conoscere ad alunni e a famiglie le competenze da strutturare entro il primo
anno ed entro i due bienni didattici;
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-infine dovrà procedere alla compilazione del portfolio delle competenze individuali
dell’allievo in sinergia con gli insegnanti del team e con la famiglia.
Non è difficile comprendere che quella del “Tutor” è una importante azione di
orientamento e di accompagnamento di ogni allievo sostenendone la motivazione e
l’apprendimento, valorizzandone le potenzialità, facilitandone l’impegno e via
dicendo.
E’ evidente che questa azione di tutoring sarà resa possibile solo da una adeguata e
aggiornata professionalità che non si limiti a padroneggiare i saperi ma contempli
altresì competenze psicopedagogiche, relazionali, organizzative e gestionali.
Soprattutto il “Tutor” nella Scuola Primaria viene ad assumere un ruolo che non ha
riscontro in nessun altro grado di scuola.
Per quanto riguarda infine la funzione tutoriale nella Scuola Secondaria di I o di II
grado bisogna riconoscere che tra le varie funzioni che essa è chiamata a svolgere ci
sono anche quelle di:
A) informare gli allievi circa il profilo educativo-culturale e professionale che
ciascuno personalmente dovrà conseguire al termine del I o del II Ciclo;
B) informare gli allievi circa gli orari e i programmi di lavoro all’interno della classe
e nei laboratori perché possano essere opportunamente seguiti nel rispetto del
Piano dell’Offerta Formativa e delle opportunità che le “reti di scuole” e il
territorio mettono a disposizione; far comprendere agli allievi e alle loro famiglie
ciò che i primi dovranno conoscere e praticare nel segmento scolastico
frequentato;
C) aiutare gli allievi a trasformare le conoscenze e le abilità previste dalle
Indicazioni Nazionali in autentiche competenze;
D) elaborare insieme con gli alunni il Piano di Studi Personalizzato evidenziando
l’identità di ciascuno e individuando i contenuti del proprio percorso formativo;
E) infine aiutare gli allievi a tradurre sul piano operativo l’istanza di una
integrazione delle conoscenze e delle dimensioni delle loro personalità.
In definitiva il “Tutor” nella Scuola Secondaria ha la funzione di sostegno affettivo,
di consigliere orientatore, di guida e di aiutante nel momento in cui è necessario
potenziare le proprie prestazioni, infondere fiducia, responsabilizzarsi, prendere
decisioni personali in modo tale che ciascuno identifichi i propri punti di forza e di
debolezza, e magari sia indotto a dialogare con la propria famiglia per essere
facilitato nella conquista del proprio successo formativo.
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E’ anche vero però che esiste un comune denominatore che assimila i vari tutor,
siano essi operatori di scuola oppure tutor aziendali, web-tutor, tutor di rete, tutor di
classe, tutor personali, tutor di stage e della formazione.
Afferma a questo riguardo Mariella Spinosi: “Il tutor… è quell’operatore che agisce
in vari contesti per facilitare le dinamiche individuali o di gruppo; si pone come
guida per il processo di apprendimento, di orientamento nel percorso formativo, come
assistente individuale o di gruppi, come agevolatore dei rapporti con nuovi oggetti
formativi o i nuovi percorsi.
Il termine, che rimanda ad antiche funzioni di mentore, è oggi meno guida affettiva e
più guida pragmatica… e sostiene il soggetto o il gruppo di cui è responsabile,
riducendo le possibilità di dispersione ed errore”. (Tutor. Voci della Scuola 2003, a
cura di Cerini e di Spinosi Edizioni Tecnodid, pag. 342/343).
Se poi passiamo dalla funzione tutoriale alle molteplici identità dei compiti del
“Tutor”, allora diviene indispensabile identificare nell’attitudine ad orientare verso le
scelte tutte le tipologie di “Tutor”.
Se ci soffermiamo a descrivere la figura del “Tutor” scolastico dovremo riconoscere
che esso è un insegnante del Consiglio di Classe incline ad ascoltare le problematiche
degli alunni, che ha seguito corsi di formazione volti a stimolare le proprie
competenze relazionali, a conoscere le problematiche dei soggetti nel vario sviluppo
che attraversano.
Il tal senso il “Tutor” diventa per l’intero gruppo classe il facilitatore dei processi
d’apprendimento e di miglioramento
dell’efficacia
didattica
dei docenti
contribuendo in tal modo a limitare il triste fenomeno della Dispersione Scolastica.
Infatti il “Tutor Scolastico” si fa carico di accogliere gli studenti che approdano alle
prime classi di ogni segmento, di seguirli nella strutturazione di un personale
metodo di lavoro, di accompagnarli lungo il percorso dell’apprendimento
favorendone l’autostima, di favorire la costruzione di un clima relazionale che faciliti
l’apprendimento stesso diventando così una sorta di speciale garante utile soprattutto
per gli studenti più deboli che vengono così da lui motivati e supportati evitando
quello che è il fenomeno più deleterio: l’imporsi della sfiducia che sarebbe di per sé
un momento disorientante .
Tuttavia proprio riguardo alla figura del “Tutor scolastico” si è imposta una antitesi
che vede due opposti schieramenti: quello dei sostenitori e quello dei denigratori.
Se da un lato i documenti della Riforma Moratti sono decisamente favorevoli alla
introduzione sistematica di questa nuova figura a livello di ogni segmento scolastico,
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i Sindacati della Scuola, le Associazioni Professionali degli Insegnanti e persino
alcuni partiti politici vedono nell’introduzione del “tutor” molto spesso un pericolo
perché a loro giudizio introdurrebbe una sorta di gerarchizzazione tra i docenti che
nuocerebbe al tradizionale principio dell’uguaglianza delle loro funzioni.
Soprattutto l’introduzione del “Tutor” potrebbe significare introduzione della delega
dei compiti che dovrebbero essere assolti da tutti i docenti; oltre al pericolo di mettere
in crisi il principio dell’autonomia delle istituzioni scolastiche perché vincolerebbe, in
maniera esuberante fino ad esautorarla, l’autonomia organizzativa e didattica delle
singole scuole.
La novità della figura del “Tutor” introdotta dalla Riforma Moratti, identificabile in
un docente che condivide con gli altri colleghi, sia pure come “primus inter pares”,
sta nel dovere di seguire dall’inizio alla conclusione di ogni segmento scolastico gli
allievi che fanno parte della classe, anche se è vero che egli è chiamato
obbligatoriamente ad occuparsi dei singoli studenti con funzioni di assoluta
responsabilità.
In questi ultimi anni la figura del “Tutor” ha conosciuto una notevole diffusione
anche nel mondo del Lavoro e dell’Azienda.
Infatti nei Servizi per l’Impiego il “Tutor” appare come quell’operatore che “esegue
il monitoraggio del percorso formativo dei giovani provvedendo anche a contattare le
famiglie o ad attivare altri servizi di intervento sociale ove ritenuto necessario”.
(ISFOL, Manuale per il Tutor dell’Obbligo Formativo, I libri del Fondo Sociale
Europeo, Roma, 2003).
In sostanza il “Tutor” anche in questo caso svolge funzioni di diagnosi, sostegno e
sviluppo personale, ma anche di orientamento sociale e professionale.
Con un ruolo in parte diverso il “Tutor” si ritrova anche in molte Aziende con lo
scopo di seguire gli apprendisti, praticando
nei loro confronti l’apprendistato
cognitivo ed operativo.
Le Imprese che ne prevedono la figura sono in genere quelle medio-grandi, anche se
è vero che da qualche tempo stanno procedendo alla sua istituzionalizzazione anche
le Aziende medio-piccole e piccole.
Nell’Artigianato, vale a dire in una piccola Azienda sono infatti gli stessi
imprenditori che finiscono con l’assumere nei confronti dell’apprendista ruolo ed
attenzioni da “tutor”; e questo serve come occasione al principiante per imparare in
modo approfondito e creativo le tecniche di lavoro.
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Ma il “Tutor Aziendale” è figura che serve, nell’applicazione della Riforma
Scolastica anche alle scuole che saranno interessate ad organizzare e ad assicurare il
raccordo tra l’apprendimento scolastico e la formazione esterna (Stage).
Afferma a questo riguardo Mariella Spinosi: “Il rapporto tra lavoro e scuola
costituisce oggi l’elemento portante di tutti i sistemi formativi: è un modo nuovo di
concepire l’educazione in cui gli aspetti formali ed esperienziali si combinano in un
unico progetto di sviluppo”. (Spinosi, opera citata, pag. 349).
In questo caso il ruolo di “Tutor” diventa punto di riferimento e di supporto
nell’affrontare e risolvere i problemi che riguardano il piano della crescita personale,
dei rapporti sociali e delle prestazioni professionali, assolvendo in tal modo una
integrale funzione orientativa.
E se è vero che il rapporto Scuola-Lavoro non si esaurisce nella realizzazione di uno
o più stage, è altrettanto vero che essi costituiscono un modo di conoscere
direttamente il mondo del lavoro, stante il fatto che tali stage possono avere per
legge (D.M. 142/’98) la durata anche di sei mesi rinnovabili fino ad un anno.
In questo progetto di rapporto Scuola e Lavoro assume una grande importanza il
momento dell’inserimento.
Se lo studente-apprendista non avesse una guida nel momento dell’approccio al
lavoro stesso correrebbe il rischio di disorientarsi.
Per questo la funzione del “tutor” in questa fase dell’accoglienza nel mondo del
lavoro, è quella di consegnare all’allievo-apprendista le prime informazioni
sull’Azienda, sui suoi addetti, sull’organizzazione del lavoro nel reparto o
nell’ufficio.
Oltre a ciò gli apprendisti verranno orientati a comprendere i compiti loro affidati, gli
stili di comportamento e gli aspetti del Contratto che li riguardano.
In questo primo inserimento nel mondo del lavoro la tecnica più utilizzata è quella di
porre l’apprendista accanto ad un esperto.
Il “Tutor” in questo caso ha compiti di osservazione, supervisione e di controllo.
In altri casi l’esecuzione di un compito da parte dell’allievo- apprendista , presuppone
conoscenze e abilità particolari.
E allora diviene necessario mettere in atto azioni di aiuto oggi identificabili
nell’azione “coaking”.
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Mariella Spinosi precisa che in questo caso il “Tutor” diventa colui che si mette nei
panni dell’apprendista illustrandogli i passaggi logici ed operativi di quel compito,
individuando le difficoltà che si possono incontrare e gli errori che si possono
compiere.
Le fasi salienti del “coaking” a cui il “Tutor” dovrà corrispondere con azioni
differenziate riguardano rispettivamente il momento prima di affrontare il compito, in
cui il “tutor” si limita a spiegare le caratteristiche e le probabili difficoltà di quel
compito; il momento che all’esecuzione del compito in cui il tutor ribadisce o
evidenzia le anomalie impreviste suggerendo ipotesi di soluzione; e infine il
momento seguente l’esecuzione del compito che consiste in una riflessione sulle
procedure utilizzate, sulle difficoltà incontrate, sui risultati conseguiti e su ipotesi di
miglioramento delle future prestazioni.
Poiché le principali novità della Riforma Scolastica sono quelle sopra-indicate (Tutor
Scolastico, Tutor Aziendale) si omette l’approfondimento delle varie figure di tutor,
anche se è vero che , a seguito della rivoluzione informatica e della prima
alfabetizzazione di essa introdotta nella scuola occorrerebbe approfondire anche il
ruolo del “Tutor” nell’ aiutare gli operatori scolastici ad utilizzare proficuamente la
comunicazione “on line”.
In questi casi è evidente l’importanza dei Coordinatori di Rete, vale a dire di quelle
figure tutoriali che hanno il compito di supportare l’azione degli altri operatori.
Non ci si nasconde anche solo dagli esempi sopra-riportati, la necessità del ruolo e
della figura del Tutor ; e questo perché la nostra società, in ogni sua manifestazione è
divenuta così complessa, che non è pensabile che nella scuola e nella transizione al
mondo del lavoro possa venire a mancare questa figura , che costituisce a nostro
giudizio uno dei momenti più connotativi dell’attuale Sistema di Istruzione e
Formazione , la cui valenza pedagogica non serve solo a contrastare i fenomeni di
disorientamento che colpiscono una alta percentuale di allievi, ma è altrettanto
determinante nell’orientare le persone contrastando in tal modo significativamente
fenomeni come quelli della dispersione scolastica.
In tal senso si potrebbe dire che la funzione tutoriale è qualcosa che connota la nostra
società dell’incertezza, consentendole proprio di uscire dal tunnel della dispersione e
di ritrovare un positivo “orizzonte di senso” per l’esercizio delle proprie azioni e delle
proprie scelte.
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Bibliografia
1.E.M. Salati, “Il Tutor: ruoli, funzioni e prospettive di una figura formativa”, in
Professionalità Formativa per dirigere, Brescia , La Scuola, 2002;
2.Cerini e Spinosi “Voci della Scuola 2003”, Edizioni Tecnodid;
3.ISFOL, “Manuale per il Tutor dell’Obbligo Formativo”, I Libri del Fondo Sociale
Europeo, Roma 2003;
4.Serena Baldassarre “Qualità e Progetto Formativo”, Franco Angeli, 2003;
5.Giuliano Trevisiol “Il Tutor dei Processi Formativi”, Franco Angeli, 2002.
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