L’OSSERVAZIONE I diversi tipi di osservazione L’osservazione diretta L’osservazione naturalistica L’approccio etnografico L’approccio etologico L’osservazione indiretta L’osservazione partecipante e non partecipante L'OSSERVAZIONE L'osservazione è un procedimento selettivo e si differenzia dal semplice guardare o vedere perchè lo sguardo dell'osservatore è guidato dalle ipotesi che egli ha formulato e mira ad ottenere le informazioni rilevanti nel modo più accurato ed efficace. Di conseguenza l'osservazione non è di per sè obiettiva, nel senso di permettere una registrazione diretta e fedele della realtà, anzi è costantemente esposta al rischio della soggettività, della parzialità, e agli errori o distorsioni che ne derivano. L'osservazione diventa obiettiva soltanto nella misura in cui viene condotta secondo procedure controllate, cioè sistematiche, ripetibili e comunicabili. D'altra parte, almeno per quanto riguarda lo studio sul comportamento umano, l'assunto dell'obiettività dell'osservazione deve fare i conti con la difficoltà di stabilire i confini netti e precisi tra chi osserva e chi è osservato. Anche se nell'osservazione controllata osservatore e osservato non coincidono mai, come accade invece nell'introspezione e in alcuni usi dell'osservazione in ambito clinico, rimane tuttavia il problema che l'oggetto dell'osservazione non può essere considerato indipendente da chi lo osserva, nel senso che l'atto di osservare può modificare o alterare in modo incontrollabile il comportamento dell'osservato per il semplice fatto che egli sa di essere osservato. A seconda del contesto teorico in cui viene svolta l'osservazione, questo problema può dimostrarsi più o meno importantie. In uno studio etologico ad esempio, l'obiettività, la non intrusività, il distacco tra osservatore e osservato/i deve essere garantita, in un'intervista piagetiana l'osservatore è più coinvolto e interviene nel contesto dello studio ponendo domande al bambino osservato; negli studi etnografici l'osservatore deve partecipare, entrare a far parte del gruppo osservato e così via. Un altro problema riguarda il cosa osservare. Anche in questo caso l'obiettivo dell'osservazione viene determinato dal paradigma teorico di riferimento adottato, oltre che dalla formulazione di ipotesi specifiche che operazionalizzano un determinato fenomeno o problema di ricerca. In funzione del paradigma teorico cui si fa riferimento è possibile distinguere metodiche di osservazione diverse. Ciò significa che non esiste un metodo d'osservazione valido in assoluto ma esistono obiettivi di ricerca diversi cui corrispondono di volta in volta metodi più o meno appropriati. Lo stesso discorso si applica alla scelta tra metodi di osservazione e metodi sperimentali, rispetto alla quale non si può evidentemente parlare di superiorità dei primi sui secondi o viceversa. Un terzo problema legato all'osservazione riguarda il "come osservare". L' osservazione infatti, deve essere svolta eliminando contemporaneamente le possibilità di errore che potrebbero inficiare la validità , attendibilità delle osservazioni condotte , che sono legate ai soggetti della ricerca agli osservatori o ricercatori e alle tecniche di registrazione e codifica dei dati scelti dal ricercatore. Inoltre, a seconda del grado di controllo che il ricercatore sceglie di esercitare sulle condizioni in cui si svolge l'osservazione (la situazione, i soggetti e il loro comportamento), le diverse metodiche si possono collocare lungo un continuum che va dal grado minimo (osservazione naturalistica) al grado massimo di controllo (osservazione in laboratorio). L'ultimo problema che si pone in questo campo riguarda il quando osservare, cioè la durata delle osservazioni e la loro frequenza. Ancora una volta la risposta non è unica, ma dipende dalla natura e dagli obiettivi della ricerca, purché si rispetti la regola che i dati ottenuti siano rappresentativi del fenomeno studiato. I DIVERSI TIPI DI OSSERVAZIONE Vi sono diversi tipi di osservazione, e diversi modi per caratterizzarli. Si possono suddividere i diversi tipi di osservazione a seconda dell'ambiente in cui si svolge lo studio (ambiente naturale o quello artificiale del laboratorio) e ancora a seconda di come e in che misura il ricercatore decida di strutturare o meno l'ambiente in cui svolge l'osservazione. Nel caso in cui si voglia modificare l'ambiente, l'osservatore si limita semplicemente ad osservare e registrare ciò che avviene nel modo più completo possibile; nel caso in cui decida di strutturare l'ambiente registrerà soltanto specifici comportamenti predefiniti oppure le risposte fornite dai soggetti osservati a determinate modificazioni da lui introdotte nella situazione. In altri termini, possiamo avere studi sul campo, cioè condotti nei diversi ambienti di vita quotidiana: famiglia, scuola, asili nido, ecc.) che prevedono o meno una strutturazione da parte del ricercatore; e studi condotti in un ambiente artificiale in altre parole, osservazioni condotte in laboratorio. La scelta dell'ambiente naturale però non impedisce all’osservatore di imporre delle restrizioni sia sulla situazione che sul comportamento osservato, restrizioni che possono alterare profondamente la naturalità dell'ambiente. Allo stesso modo la validità ecologica non è affatto garantita dalla semplice scelta di condurre l'osservazione nell'ambiente naturale piuttosto che in laboratorio. Intendendo per validità ecologica quando l'ambiente di cui i soggetti fanno esperienza ha proprio le caratteristiche che l’osservatore suppone o assume; possiamo concludere che anche la ricerca condotta in laboratorio può essere ecologicamente valida purché l’osservatore consideri il laboratorio come un contesto particolare e si assicuri che la definizione, che il soggetto dà alla situazione sperimentale corrisponda a quella che egli assume tale situazione abbia. L'osservazione in definitiva può essere quindi diretta o naturalistica quando appunto il ricercatore esercita un grado minimo di controllo sul proprio oggetto di studio; indiretta e condotta in condizioni controllate, quando il ricercatore impone un grado medio o massimo di controllo sul proprio oggetto di studio, partecipante o non partecipante a seconda della misura in cui l'osservatore interviene nel contesto osservato. L'OSSERVAZIONE DIRETTA L'osservazione è diretta quando il suo impiego non richiede la presenza di strumenti o dispositivi che si frappongono tra l'osservatore e l'osservato, e si svolge senza una dilazione temporale , ossia osservazione e registrazione dei dati sono effettuate contemporaneamente. Ciò vuol dire che si devono escludere sia l'uso di test e di interviste, sia la descrizione retrospettiva dei fenomeni sottoposti a studio. Il poter eliminare gli intervalli di tempo tra lo svolgimento dell'osservazione e la registrazione dei dati riduce i casi in cui possono essere commessi degli errori, dovuti alla deformazione dei fatti sia per il ricorso alla memoria, sia per l'influenza di fattori personali da parte dell'osservatore. L'osservazione diretta richiede un'organizzazione complessa tra l'osservazione vera e propria , le tecniche di registrazione e l'analisi di qualunque evento che possa accadere in un determinato tempo e contesto ambientale (campo o laboratorio). E' essenziale, per chi voglia usare nelle sue ricerche l'osservazione diretta utilizzare delle tecniche obiettive per la registrazione dei dati. Una tecnica che risponde a questo requisito è la check-list. Questa metodica attualmente è usata in modo elettivo nelle ricerche che analizzano lo sviluppo delle relazioni dei bambini nei primi anni di vita, periodo in cui, a causa della scarsa capacità di comunicazione verbale, è impossibile avvalersi di tecniche indirette (test, questionari), come nel caso degli adulti. Tuttavia lo studio di un determinato comportamento infantile richiede alla base dell'osservazione una precisa scelta teorica. Ad esempio la relazione madre-bambino può essere analizzata in maniera diversa a seconda che la metodologia segua l'approccio etologico o quello psicoanalitico. I diversi approcci quindi, pur utilizzando lo stesso metodo si differenziano non solo per le ipotesi (che potrebbero anche coincidere) ma anche per la scelta delle tecniche di registrazione e di elaborazione delle informazioni raccolte. I ricercatori possono decidere di osservare tutto ciò che il bambino fa in un certo periodo di tempo, oppure di selezionare un aspetto del comportamento. Con la prima scelta, l'osservazione assume un aspetto descrittivo/diaristico e la registrazione della sequenza comportamentale riguarda tutto ciò che avviene in quel determinato ambiente e secondo la durata prestabilita. I dati raccolti sono successivamente o interpretati o analizzati a livello quantitativo statistico. Con la seconda scelta l'osservazione, al contrario, diviene più selettiva e rapida, poichè si deve soffermare solo su un comportamento. Questo, isolato all'interno di una sequenza complessa, viene registrato con la campionatura a tempo. In questo modo l'osservatore, dopo aver selezionato dalla sequenza comportamentale del soggetto un evento specifico, si limita ad analizzare solo quello, osservandolo all'interno di intervalli uniformi di tempo (ad esempio 5 minuti) uniformemente distribuiti nel tempo (ad esempio 2 volte al giorno), scegliendo i luoghi (ad esempio una scuola) e il numero degli intervalli di tempo (ad esempio tre mesi) affinchè siano rappresentativi del fenomeno da studiare. Inoltre l'osservazione diretta viene detta naturalistica quando l'osservatore evita in ogni modo di influenzare il comportamento che è interessato a studiare e di proiettare su di esso le proprie idee e preconcezioni (Camaioni 1990). L'OSSERVAZIONE NATURALISTICA L'osservazione naturalistica viene adottata per lo studio dei fenomeni e comportamenti che si presentano allo stato naturale, cioè in situazioni di vita reale. All'interno dello svolgersi di queste, uno o più osservatori registrano tutto ciò che avviene avendo cura di evitare che stimolazioni di disturbo possano interferire o alterare la comparsa spontanea di un certo comportamento. Secondo Miller (1977), l'osservazione naturalistica non è assolutamente una metodologia ingenua, ateorica e asperimentale poichè può integrarsi con l'osservazione svolta in laboratorio, in una sorta di circolarità metodologica. Infatti per Miller: 1. il ruolo dell'osservazione naturalistica è studiare la natura per sè; 2. l'osservazione naturalistica è un punto di partenza per descrivere fenomeni suscettibili di esserre analizzati in laboratorio; 3. l'osservazione naturalistica è necessaria per verificare o falsificare risultati ottenuti in laboratorio. 4. l'osservazione naturalistica permette di usare il campo come un laboratorio naturale per verificare ipotesi o concetti teorici con tecniche osservative o con manipolazioni sperimentali. In conclusione l'osservazione naturalistica è una tra le tante metodologie che può essere utilizzata proficuamente per studiare ad esempio, il comportamento infantile, l'interazione tra coetanei o il rapporto genitori-figli. L'osservazione naturalistica può essere condotta secondo due approcci: l'approccio etnografico e l'approccio etologico. 1.3.1 - L'approccio etnografico L'osservazione naturalistica, secondo l'approccio etnografico, non presenta le difficoltà legate all'influenza dell'osservatore sul comportamento osservato, poichè l'osservatore è partecipante. Il ricercatore cioè, una volta individuato l'ambiente nel quale dovrà essere eseguita la ricerca, trascorre un periodo di familiarizzazione con gli abitanti del luogo, per farsi accettare dagli stessi, onde poter interagire e ricevere informazioni il più possibile spontanee. Si parte dall'assunto che, in un ambiente naturale è difficile per l'osservatore rimanere nascosto; d'altro canto, la sua presenza palese può mettere in disagio i soggetti inducendoli a tenere un comportamento diverso da quello che avrebbero tenuto se non fossero stati osservati. Se l'osservatore non partecipa non è semplice giustificare la sua presenza, la quale può di conseguenza influenzare il comportamento dei partecipanti effettivi e trasformare l'ambiente da naturale a innautrale. Questa metodica che prevede il maggior coinvolgimento dell'osservatore nei confronti dei soggetti che vengono osservati, consiste in una raccolta di informazioni o da parte di un membro del gruppo o da parte di un osservatore esterno accettato o inserito nel gruppo. La registrazione dei dati è differita nel tempo non potendo il ricercatore avvalersi della registrazione magnetofonica e nemmeno di questionari (Canestrari, 1984). L'applicazione di questo metodo prevede, di conseguenza, il ricorso alla tecnica del protocollo quotidiano, che consiste nella compilazione pressochè quotidiana di un "diario" o degli eventi significativi riscontrati nelle interazioni attivate durante il giorno, con particolare riferimento alle opinioni espresse, alle trame di comportamento manifestatasi in corrispondenza di una determinata situazione sociale, ecc. Alla fine del processo, spetta poi all’osservatore descrivere un quadro coerente dei processi socio-psicologici osservati, avanzando ipotesi interpretative atte a rendere più plausibili i comportamenti osservati. Questa tecnica è stata usata per analizzare situazioni relazionali e sociali, vita di gruppi più o meno strutturati e comunità, mentre per alcune difficoltà metodologiche, non ha trovato una larga utilizzazione in psicologia dell'età evolutiva. E' indispensabile che l'adulto osservatore si conquisti la familiarità da parte del gruppo che intende osservare. Ma non è facile conciliare una partecipazione autentica alla vita del gruppo con il distacco necessario per l'osservazione oggettiva dei fatti e, a seconda del suo reale grado di coinvolgimento, l'osservatore può sperimentare una serie di reazioni simili a quella dei membri del gruppo. La partecipazione emozionale è infatti inversamente proporzionale alla obiettività, ossia il fine primo del ricercatore. L'approccio etologico Questo approccio invece, pone massima importanza all'obiettività dell'osservatore che quindi non deve partecipare al setting osservativo, ma anzi deve fare in modo che la sua presenza non influenzi (per quanto è possibile) il comportamento dei soggetti osservati. Si ispira alla teoria dell'evoluzione biologica di Darwin e al lavoro piorienistico di etologi animali come Konrad Lorenz e Niko Tinbergen e ritiene essenziale sia osservare il comportamento nell'ambiente naturale (o ambiente di adattamento evoluzionistico) in cui si manifesta spontaneamente, sia descriverlo in dettaglio nel modo più obiettivo e completo possibile. Questa descrizione dettagliata e obiettiva (etogramma) serve sia per non sovraimporre l'interpretazione dell'osservatore alla descrizione del comportamento osservato, sia per rispondere a domande circa il significato, in senso evoluzionistico della funzione adattiva del comportamento in questione. L’osservatore avvalendosi di un approccio etolologico analizza quattro aspetti di ogni comportamento; la causa interna (neurofisiologica, genetica) o esterna (ambiente) che mette in atto il comportamento nel momento dell'osservazione; le tappe di sviluppo e l'apprendimento di un soggetto adulto (ontogenesi); l'utilità appunto di ogni comportamento ai fini della sopravvivenza (funzione); e come la specie sia riuscita a risolvere i suoi problemi di sopravvivenza (filogenesi). Ciò che caratterizza l'etologia, a differenza di altri approcci, non è solamente l'importanza attribuita all'osservazione diretta nell'ambiente naturale, ma soprattutto il fatto che essa possa rappresentare un pre-requisito alla sperimentazione; cioè l'osservazione produce ipotesi che la sperimentazione poi deve verificare (mentre gli altri approcci generalmente partono da una teoria che si deve verificare con l'osservazione e con gli esperimenti). L'osservazione etologica permette di evidenziare una relazione causale tra due fenomeni e condurre quindi ad un'ipotesi. L'etologia nel presentare una descrizione in chiave biologica della natura e della frequenza di un comportamento individuale vuole dimostrare la funzione adattativa di un comportamento; vuole fare emergere la relazione tra quel comportamento e quel determinato ambiente e provare a esaltare i meccanismi causali che lo hanno provocato. L'etologia ha posto gli esseri umani in un contesto più ampio ed ha proposto idee nuove e stimolanti sulle cause del comportamento umano sottolineandone sia l'influenza biologica sia il punto di vista evolutivo. Inoltre l'importanza della ricerca sullo sviluppo animale, soprattutto dei Primati, sta nel fatto che gli etologi ricercano aspetti del comportamento animale comparabili con quelli del comportamento umano. Infatti, pur salvaguardando la tipicità dell'uomo e della sua specie, produttori di codici altamente elaborati ed astratti, occorre riconoscere che l'analisi dei comportamenti sviluppatisi in specie diverse dalla nostra produce una buona messe di indicazioni per la ricerca sui comportamenti umani. Le strutture del gruppo sociale, l'allevamento della prole, il reticolo delle comunicazioni interindividuali , offrono precedenti che non si possono ignorare nello studio dei primati non umani. Possiamo dire con sicurezza che un lattante umano e un lattante umano di Macaca rhesus non hanno bisogno di nessuna esperienza personale per sapere che il corpo della madre o di chi ne fa le veci è caldo, morbido e rassicurante, e non esiste condizionamento possibile che li possa convincere del contrario.(Genta 1985) Nelle specie di primati non umani possiamo rintracciare quindi, pur nell'assenza di un uso costante di linguaggio simbolico, gli elementi di base che costituiscono pietre miliari nello studio del comportamento umano. In sintesi la teoria etologica, da un interesse prettamente rivolto alle specie animali, si è pian piano rivolto all'uomo, prestando le sue conoscenze, teorie, concetti e soprattutto metodi per lo studio del comportamento umano che spesso ha mostrato analogie sorprendenti con quello delle altre specie. Il metodo etologico (osservazione diretta e non partecipante, etogramma, descrizione, sperimentazione eventuale in laboratorio) prestato allo studio psicologico del comportamento umano, permette di studiare l'uomo focalizzando il proprio interesse su comportamenti con base biologica significativi dal punto di vista evoluzionistico come l'attaccamento fra il bambino e la figura materna, la responsività degli adulti nei confronti dei bambini piccoli, l'interazione fra coetanei, la soluzione di problemi, le espressioni facciali, i movimenti del corpo, e così via. Un particolare esempio di comparazione tra comportamento umano e animale è stato svolto da J. Gregor Fetterman e Leon R. Dreifus insieme ad D. Alan Stubbs (1996). Questi studiosi hanno cercato di confrontare la capacità di inferire regole di durata di presentazione di stimoli diversi tra soggetti umani e colombi. Fetterman ha addestrato i colombi in due versioni del compito del confronto della durata di presentazione di due stimoli; in una versione la scelta esatta, cioè lo stimolo che rimaneva presente più a lungo, e che dipendeva quindi dalla durata diversa tra i due stimoli, veniva rinforzata; nell'altra il rinforzo era dato se si indovinava se la durata di presentazione era diversa o uguale Esperimenti simili negli uomini (ma adeguati all'intelligenza umana) hanno dimostrato che evidentemente sia i colombi che gli umani hanno difficoltà a dare giudizi qualitativi di uguaglianza-differenza quando la dimensione sottostante al confronto (la durata in questo caso) costituisce un continuum quantitativo. Fetterman, Dreyfus e Stubbs inoltre individuano nell'interesse scientifico attuale un'esteso apprezzamento del contributo dei fattori specie specifici per l'apprendimento e per gli aspetti cognitivi animali comparabili con i processi percettivi e cognitivi umani, aspetto questo ampiamente criticato in passato. Gli autori credono però, che i confronti tra gli uomini e le altre specie presentino un problema particolare: le tendenze antropocentriche che possono influenzare il nostro pensiero sui metodi e sui risultati. Ad esempio, i colombi ed altri animali, apprendono subito a distinguere tra gruppi di fotografie o disegni lineari, in quanto i raggruppamenti sono basati su qualche tratto ben definito come la presenza o l'assenza di un essere umano, ma non possono estrarre le stesse informazioni dalle foto come gli uomini. Infatti i colombi sono relativamente insensibili a distorsione delle figure come inversioni che scombussolano le discriminazioni di scimmie e umani. Queste differenze devono essere tenute presenti se si vuole effettuare un confronto uomo animale che sia effetivamente valido. L'interesse maggiore resta comunque per gli psicologi il comportamento umano, e questo spiega la grande messe di studi etologici umani svolti in questi ultimi decenni che spesso prediligono come soggetti di studio i bambini specie nella fase prescolastica. Il concetto etologico di naturalità dell'ambiente dell'osservazione, fa si che si individuino negli asili nido, nelle case, o nelle scuole gli habitat naturali preferiti dagli etologi umani. Ad esempio, Grazia Attili e Patrizia Vermigli (1994) hanno scelto come habitat naturale, per studiare i modelli di attaccamento tra bambini e adulti, la casa di 42 bambini di otto anni mentre intergivano con le loro madri durante una situazione di gioco libero. Le interazioni madri-bambino sono state videoregistrate e codificate tramite una codificazione etologica manuale. I risultati hanno rivelato differenze nel rapporto madrebambino che sembrano esserre maggiormente in relazione con i modelli operanti utilizzati dalle madri. La casa è stata scelta come ambiente ideale anche da Fernando Carvajal, Jaime Jglesias e Angela Loeches dell'Università autonoma di Madrid (1994) in un interessantissimo studio sul sorriso durante l'interazione madre-neonato in neonati normali e in neonati down. I neonati di età compresa tra i 3 e i 13 mesi (15 normali e 15 down) e le loro madri sono stati anch'essi viedeoregistrati a casa. Dopo un episodio di 10 minuti di una naturale interazione faccia a faccia, seguiva un minuto in cui le madri mantenevano silenziosamente una faccia impassibile. I risultati hanno indicato che tutti i neonati e le loro mamme erano capaci di coordinare i loro comportamenti. Da una parte il sorriso del neonato precedeva l'inizio del sorriso della madre, dall'altra quando il comportamento materno cambiava, il sorriso nei neonati down seguiva uno schema simile a quello dei neonati normali. Si enfatizza in questo studio quindi, la funzione comunicativa del sorriso durante le intrazioni faccia a faccia, prestando supporto all'universalità dell'espressioni facciali. L'etologia umana però non si occupa soltanto di bambini. Esistono infatti studi che prendono in considerazioni problemi legati a soggetti di età diversa come nello studio di Klaus Atzwanger e Alain Schmitt (1994) che hanno condotto uno studio sui pedoni trovando correlazioni positive tra la posizione sociale degli uomini e la cammianta veloce (uomini di alto rango camminavano più velocemnte di quelli di basso rango), ma non hanno trovato questa relazione significativa per le donne, la cui andatura è risultata indipendente dalla posizione sociale. Così anche nello studio di Margaret O' Kane Brunhofer e Carol Cronin Weisfeld dell'Università di Detroit (1994) si è focalizzata l'attenzione sulla soddisfazione coniugale in coppie con giovani figli adulti. Le studiose hanno considerato che, verificandosi nella società moderna un affollamento del nido familiare da parte di figli che in tempi passati alla stessa età normalmente andavano via di casa, poteva verificarsi un comportamento atipico nelle coppie di genitori. Tipicamente le coppie guardano alla fase del nido vuoto aspettando maggiori opportunità per rinnovare la loro relazione e libertà per esplorare interessi mutuali ed individuali. La presenza di giovani figli adulti in casa impedisce ai coniugi di concentrarsi sulla loro relazione e su se stessi provocando un decremento di soddisfazione coniugale rispetto alle coppie a nido vuoto. Bisogna dire comunque che anche l'etologia umana, al pari di quella animale, prevede la possibilità di condurre la ricerca con il metodo classico, cioè in un ambiente naturale, oppure in laboratorio. Angela Costabile (1995) ci offre validi esempi delle due metodologie. Come esempio di studio etologico in ambiente naturale presenta lo studio di bambini in una scuola materna, sul comportamento aggressivo. Dopo aver scelto l'etogramma di riferimento e la tecnica di registrazione dei dati, vengono eseguite le osservazioni condotte da almeno due osservatori indipendenti che hanno effettuato un training preliminare. Tale addestramento è utile perchè siano osservati gli stessi comportamenti e perchè si abbia una concordanza accettabile tra gli osservatori. Il training prevede che due sperimentatori nello stesso tempo, ma in modo indipendente, effettuino alcune sedute di osservazione guidati da un catalogo già determinato (l'etogramma). Alla fine delle sessioni, con l'uso di un test statistico si calcola la concordanza tra i due sperimentatori (agreement). Se tale indice è intorno a 0.80, la concordanza tra i due è accettabile ed ha inzio la ricerca vera e propria. Questa consiste nel fare in modo che gli osservatori rimangano soli con i soggetti da osservare. L'osservatore deve rimanere in una posizione anche spazialmente marginale rispetto alle attività del gruppo. In ogni caso, ai tentativi di coinvolgimento da parte dei bambini , l'osservatore tenterà di non rispondere e di scoraggiarli. Durante i primi giorni l'osservatore tenterà di rendere la sua presenza familiare ai bambini, in modo che non susciti più molto interesse, e inoltre nel periodo iniziale imparerà a identificare i bambini del campione. Si iniziano le osservazioni quindi, che si svolgeranno sempre ad una stessa ora della giornata. Dopo il completamento del ciclo di osservazioni previste per ogni bambino, si passa alla elaborazione dei dati che porteranno alla verifica o falsificazione delle ipotesi di partenza. Come esempio di studio etologico condotto in laboratorio viene presentata invece una sperimentazione riguardante una interazione madre-bambino ed in particolare la capacità che hanno i bambini di pochi mesi di decodificare l'espressività facciale sul volto della madre. Le fasi della ricerca sono simili a quelli sul campo. Si parte dalla ipotesi teorica che i bambini a due mesi di vita siano in grado di comprendere la intenzionalità comunicativa della madre e di rispondere in modo appropriato. La raccolta dati è eseguita con la telecamera che viene sistemata in laboratorio al di là di uno specchio unidirezionale. Le sessioni di osservazione sono di circa 3 minuti per ogni coppia madre bambino posti l'uno di fronte all'altro in situazione di comunicazione face-to-face. Il bambino è seduto su un sediolino che gli lascia libertà di movimento ed è ripreso dalla telecamera in primo piano, mentre la madre è riflessa in uno specchio posto alle spalle del bambino. Nella prima fase della videoregistrazione della durata di un minuto, si chiede alla madre di interagire con il bambino nel modo più spontaneo possibile come avviene nella vita quotidiana. Ad un segnale dello sperimentatore la madre immobilizza il viso, tiene lo sguardo fisso sul bambino senza parlargli e sorridergli. Dopo un minuto ad un altro segnale la madre riprende la comunicazione spontanea per un ulteriore minuto. I dati così raccolti vengono rivisti con l'ausilio di un video registratore e con l'uso di una moviola molto sofisticata , che consente di decodificare l' interazione secondo dopo secondo. Il catalogo comportamentale prevede di osservare alcuni comportamenti nella madre ed altri nel bambino. Per concludere sottolieamo il fatto che l'importanza dell'approccio etologico e dell'osservazione diretta in generale sembra aumentare nell'ambito della psicologia, anche se spesso l'osservazione diretta sembra più soddisfacente per gli obiettivi del ricercatore, quando viene utilizzata insieme a metodi di osservazione indiretta. Vedremo nel prossimo paragrafo in che consistono questi metodi. L'OSSERVAZIONE INDIRETTA L'osservazione si dice indiretta quando utilizza strumenti come questionari o interviste che si frappongono tra l'osservatore e l'osservato. Lo scopo di questi strumenti è soprattutto quello di raccogliere opinioni, idee ed esperienze circa il mondo e il comportamento dei soggetti. In età evolutiva le interviste e i questionari possono essere utilizzati sia per interrogare i bambini sulle proprie idee, conoscenze, motivazioni, sia per interrogare gli adulti (genitori-educatori) sul comportamento, le capacità dei bambini, con cui sono in diretto contatto. In entrambi gli usi, l'intervista e il questionario si possono affiancare ad una tecnica di osservazione diretta del comportamento dei soggetti appartenenti allo stesso campione (metodo misto), e spesso questa scelta è assai consigliabile. La prima riflessione da fare sui questionari e le interviste riguarda una serie di regole relative alla loro somministrazione e alla costruzione della struttura delle domande e delle risposte. E' evidente che gli adulti e i bambini reagiscono in maniera diversa ai questionari e alle interviste. Sia la costruzione che la somministrazione di questi strumenti devono quindi tenere in gran conto alcune variabili come il tipo di linguaggio (orale o scritto), la competenza a formulare concetti, i fattori di personalità e i problemi motivazionali dei soggetti. Cominciamo col considerare i problemi collegati alla somministrazione di interviste e questionari agli adulti. E' evidente che gli adulti possono esprimere giudizi e interpretazioni soggettive, e dunque imprecise, incomplete o distorte. Tali distorsioni sono spesso involontarie, ma possono anche derivare dal desiderio di conformarsi alle aspettative del ricercatore o dalla volontà di apparire come genitori/educatori competenti. Occorre inoltre considerare che i giudizi di valutazione forniti dagli adulti circa le capacità e i comportamenti tipici del bambino nei diversi stadi di sviluppo vanno soggetti ad errori che comportano in particolare una sottovalutazione delle capacità del bambino in età prescolare e una sopravvalutazione delle stesse capacità in età scolare. Soltanto l'esperienza diretta e la familiarità con bambini reali di una certa età consente all'adulto di fornire valutazioni più adeguate e più fedeli. Ne consegue che è fondamentale intervistare genitori e insegnanti sulle capacità attuali del bambino piuttosto che sulle sue capacità pregresse. Il questionario può essere a risposte strutturate, a risposte aperte, oppure a risposte chiuse. Il primo prevede possibilità di risposta predefinite dal ricercatore, di solito attraverso uno studio preliminare delle diverse categorie di risposta. Un esempio di questionario a risposte strutturate è l' ATRS (Scala Abbreviata Di Valutazione Per Insegnanti), una scala di valutazione che può essere compilata dagli insegnanti. Questi devono assegnare ad ogni voce: 0 punti alle risposte "per niente", 1 punto alle "risposte un po'", 2 punti alle risposte "abbastanza" e 3 punti alle risposte "moltissimo". La scelta di porre domande ad alternativa prefissata comporta i seguenti vantaggi: a) le risposte sono standardizzate; b) le risposte si possono facilmente analizzare e codificare (la siglatura di codifica è spesso presente già nel questionario); c) le risposte sono abbastanza complete (nel senso che il ricercatore ha previsto tutte le modalità di risposta appropriate o criteriali) e si minimizza la possibilità di ottenere risposte irrilevanti (del tipo "non so", "non ricordo" ecc.).(Sasso) Quando non si conoscono a priori le possibili modalità di risposta, oppure quando tali modalità sono troppo numerose per poterle elencare tutte in un questionario, o infine quando le domande riguardano argomenti piuttosto complessi che richiedono risposte dettagliate e articolate, è ovviamente opportuno utilizzare domande aperte. Le domande aperte sono anche particolarmente utili nelle ricerche preliminari, nelle quali il ricercatore non sa ancora quali sono le caratteristiche rilevanti del fenomeno che intende studiare e ha bisogno di una descrizione particolareggiata delle possibili alternative. Oltre a questi vantaggi, le domande aperte comportano alcuni svantaggi: possono portare alla raccolta di informazioni irrilevanti o inutili; richiedono per lo più una migliore capacità di esprimersi verbalmente o per iscritto e dunque un livello di istruzione più elevato di quello richiesto dalle domande chiuse; la codifica è piuttosto laboriosa e può richiedere decisioni soggettive che portano ad un più basso livello di attendibilità dei risultati. Quando sono i bambini stessi ad essere interrogati attraverso l'intervista o il questionario, sorgono alcuni problemi più specifici. Innanzitutto occorre accertarsi che gli intervistati posseggano una buona capacità di comprensione e produzione del linguaggio orale o scritto. Ciò significa che non è possibile utilizzare tali strumenti con bambini di età inferiore ai tre-quattro anni quando la modalità di presentazione è orale, mentre se è richiesta la lettura e comprensione del linguaggio scritto occorre partire dai sette-otto anni di età. Inoltre è preferibile utilizzare risposte chiuse (si/no; vero/falso) o strutturate con i bambini piccoli, in quanto richiedono la comprensione del linguaggio piuttosto che la capacità di produrlo fluentemente, capacità notoriamente più tardiva. Un altro aspetto da considerare è quello motivazionale. I bambini e gli adolescenti si possono rifiutare di essere intervistati o , pur sottoponendosi all'intervista possono resistere a comunicare i propri sentimenti, opinioni, esperienze o atteggiamenti. E' importante di conseguenza motivare i soggetti, o facendo leva sulla loro curiosità e sul loro interesse, oppure ottenendo l'attiva collaborazione degli adulti, ad esempio degli insegnanti, nel caso in cui le interviste siano effettuate all'interno della scuola e richiedano che gli allievi si allontanino momentaneamente dalla classe. 1) Anche le interviste possono essere di vari tipi. Ne elenchiamo alcune con specifiche caratteristiche: a) intervista strutturata a risposte aperte o chiuse o strutturate che costituiscono diverse modalità di risposte a domande prestabilite; 2) Interviste semistrutturate la cui differenza con quelle strutturate consiste nella presenza di sottodomande che l'intervistatore può o no proporre; 3) Intervista direttiva con risposte aperte che differisce da quella strutturata per il fatto che le domande, anche se sono già pronte in anticipo, possono essere poste nell'ordine che crede l'intervistatore; 4) L'intervista focalizzata, quando si deve indagare solo su un'area specifica senza avere già a disposizione delle domande; 5) Intervista in profondità quando il ricercatore mira invece a scoprire aree psicologiche più profonde. Al polo opposto troviamo l'intervista non strutturata, ossia una relazione comunicativa tra osservatore e soggetto priva di un argomento specifico e pertanto libera da restrizioni (colloquio clinico).(Sasso) Sia che si tratti di intervista strutturata, semistrutturata o non strutturata, si crea una situazione interpersonale che deve essere prevista accuratamente dal ricercatore. Nel primo caso l'intervistatore è legato alla formulazione delle domande riportate nel modulo di intervista. Nel secondo caso l'intervistatore è tenuto a rivolgere un certo numero di domande specifiche sulle questioni più importanti ma per il resto può rivolgere altre domande a sua discrezione al fine di ottenere chiarimenti ulteriori o informazioni impreviste e tuttavia interessanti. Nel terzo caso, l'intevistatore può adattare la situazione di intervista nel modo che ritiene più opportuno, avendo di mira esclusivamente l'instaurazione di un buon contatto interpersonale e la rassicurazione costante dell'intervistato (Canestrari 1984). Nell'intervista in genere le domande devono essere formulate nel modo più piano e colloquiale possibile, ricorrendo ad eufemismi per contrassegnare situazioni e concetti scabrosi, o comunque attinenti alla sfera più intima della personalità e dell'ideologia degli intervistati. In linea di massima si può dire che i metodi di osservazione indiretta permettono di acquisire rapidamente informazioni su stati di cose o situazioni, che si suppongono ben strutturati e preesistenti all'intervento del ricercatore. Comunque sia che si tratti di questionari, sia che si tratti di interviste, si sviluppa sempre un'interazione sociale con ruoli altamente specifici e differenziali per l'intervistatore e l'intervistato, così come per l'esaminatore e l'esaminato nel caso del questionario. In quest'interazione si attivano resistenze e si potenziano motivazioni. Nei risultati sono presenti quindi, gli effetti di distorsione indotti dalla situazione interpersonale, anche se è difficile valutarne la portata. Risultati più attendibili si ottengono se si evita di esprimere approvazione o disapprovazione nel corso dell'intervista, mantenendo un atteggiamento di vivo interesse, ma nel contempo sufficientemente avalutativo. Un'altra cautela molto importante consiste nell'effettuare la registrazione magnetofonica dei dati che emergono progressivamente, in modo da fugare i sospetti dell'intervistato ed evitare di interrompere il flusso ideativo. In un secondo tempo, l'intervistatore deve ricavare dal dialogo le informazioni essenziali e trascriverle sugli appositi fogli di notazione, durante il cosiddetto spoglio dei dati. I questionari comunque rispetto alle interviste offrono garanzie di maggiore standardizzazione delle procedure d' inchiesta, in quanto gli stampati sono identici, consentono maggiore economia di costi e una più larga estendibilità a campioni molti consistenti. D'altra parte le interviste presentano margini di incertezza più ridotti circa l'attendibilità delle conclusioni, data la cura maggiore prestata per accertare se le risposte degli intervistati coincidono veramente con le loro opinioni e aspettative e dato il controllo direttamente esercitato sulla costanza della motivazione a collaborare fornendo risposte meditate.(Canestrari 1984). Nell'intervista cioè l'osservatore è abbastanza coinvolto in un rapporto interpersonale con l'intervistato. L'esser coinvolto con il soggetto osservato, o l'intervenire nel constesto rappresentano un'altro aspetto secondo il quale si può considerare l'osservazione, cioè partecipante o non/partecipante. L'OSSERVAZIONE PARTECIPANTE E NON PARTECIPANTE L'osservazione partecipante si può definire una metodica che prevede il maggior coinvolgimento dell'osservatore nei confronti dei soggetti che vengono osservati. Di solito un membro del gruppo o un'osservatore esterno inserito o per lo meno accettato nel gruppo raccoglie le informazioni. Questa tecnica è molto usata per indagare quindi situazioni relazionali e sociali, mentre non è utilizzata frequentemente per indagare il comportamento di bambini piccoli. Secondo Camaioni (1990) infatti, esiste l'impossibilità di una sua applicazione quando siamo in presenza di infanti e bambini in età preverbale, mentre per quelli più grandi dai tre ai cinque anni, può essere utilizzata. E' indispensabile però che l'adulto osservatore si conquisti la familiarità da parte del gruppo che intende osservare. Come afferma Calonghi (1977) non è facile conciliare una partecipazione autentica alla vita del gruppo con il distacco necessario per l'osservazione oggettiva dei fatti e, a seconda del suo reale grado di coinvolgimento, l'osservatore può sperimentare una serie di reazioni simili a quelle dei membri del gruppo. Per quanto riguarda l'osservazione partecipante in famiglia ricordiamo l'osservazione diaristica compiuta da una persona che si occupa del bambino e che annota il modo di procedere dello sviluppo del piccolo. Nonostante ciò offra la possibilità di una descrizione esaustiva, a causa dell'alto impatto emotivo la ricerca è poco garantita oggettivamente. Nel caso in cui l'osservazione partecipante venga supportata da una registrazione video dell'interazione genitore-bambino nell'ambiente naturale, esiste inoltre, secondo Benigni (1985), la tendenza dei genitori a mettere il bambino in posa fotografica, inficiando l'eventuale rilevazione di interazioni faccia a faccia. L'osservazione partecipante è utilizzata normalmente dall'approccio etnografico, ma anche dall'epistemologia genetica, in alcuni particolari setting psicoanalitici, e un'osservazione semipartecipante si riscontra in tecniche di osservazione indiretta come questionari e interviste. L'osservazione non partecipante, che abbiamo già incontrato parlando dell' approccio etologico, è quella in cui l'osservatore usa lo specchio unidirezionale o in alternativa la familiarizzazione con i soggetti. Quest'ultima opzione consiste nell'entrare in contatto con i soggetti da osservare e iniziare la vera e propria osservazione dei comportamenti solo quando la presenza dell'osservatore non è più presa in considerazione e non può dunque influire sulla spontaneità delle interazioni all'interno del gruppo (osservatoretappezzeria). Il diventare parte della tappezzeria, affinchè l'osservatore possa essere ignorato dai soggetti, comporta una serie di difficoltà che a volte si cerca di superare mediante il ricorso all'uso della telecamera o del registratore audio. Gli approcci che utilizzano l'osservazione non partecipante sono l'etologia, il metodo sperimentale utilizzato dal comportamentismo, l'approccio psicoanalitico "classico". In alcune situazioni operative l'osservatore assume ora il ruolo di partecipante, ora il ruolo di osservatore-tappezzeria. Possiamo intendere questo processo come un'interazione reciproca tra conoscenza e azione e parlare quindi di "action research". La logica che poggia dietro questa pratica di ricerca-intervento considera come superata l'impostazione neopositivista che concede una cieca fiducia nelle possibilità di verifica da parte di un'osservatore indipendente.