APPUNTI DI MORALE FAMILIARE – a.a. 2006-2007
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2. IL MATRIMONIO NELLA SCRITTURA: ASPETTI ETICI
2.1 ANTICO TESTAMENTO
2.1.1 La situazione iniziale dell’esperienza israelitica
Come già ricordava P. Grelot, “ciò che colpisce quando si penetra nel mondo biblico non sono le
modificazioni sociologiche apportate alla situazione del matrimonio… vi è invece una radicale
rottura con il retroterra ideologico e rituale che, nei culti pagani fondava la sacralità del sesso” 1.
Una nuova concezione di Dio, nel popolo di Israele, porta a una diversa concezione dell’uomo e del
valore della sessualità umana, per cui si avrà nel tempo un progressivo approfondimento della
sensibilità morale che esprimerà a livello normativo. Guardano del libro della Genesi ed altre
testimonianze troviamo costumi familiari corrispondenti sostanzialmente ad usi presenti nei popoli
contemporanei vicini a Israele. Vi sono compresi il concubinato (Gn 16,1-2; 22,20-24), la
poligamia (Gn 29,15-30), il divorzio (Gn 21,9-14).
Costumi che via via modificati dalla legislazione mosaica e dalla predicazione profetica e
sapienziale. Quello che vige è un costume patriarcale duro, con un assoluto dominio dell’uomo
sulla donna. Non mancano testimonianze di rapporti affettivi sinceri ed interessi tra sposo e sposa
(Gn 29,20; 1Sam 1,5-8); ma il primato dell’uomo era pressoché totale a livello del diritto e della
morale. In tale contesto occupano un posto prioritario i valori della fecondità della donna, della
discendenza e dell’eredità nella linea maschile. La famiglia tende ad avere la precedenza sul
singolo soggetto.
2.1.2 La legislazione del Pentateuco
La legislazione ebraica, dopo l’esperienza dell’esodo e del Sinai, manifesta una duplice
intenzione. Contenere gli abusi circa l’istituto familiare; e orientare progressivamente il popolo di
Dio verso valori sociali e morali più alti: lo statuto monogamico della famiglia e la difesa della
persona e del ruolo della donna. Israele è chiamato a rispondere in modo adeguato all’alleanza
offerta da Dio. Si possono vedere alcune disposizione del Pentateuco a riguardo.
Al ripudio della donna e al divorzio, pur restando questo un diritto del marito, vengono
poste delle restrizioni e condizioni in favore della donna (Dt 24,1-4).
L’adulterio2: è formalmente proscritto (Es 20,14; Dt 5,18), anche se sono difesi anzitutto i
diritti del marito, la cui moglie abbia avuto relazioni adulterine. La punizione è con la morte (Es
22,15-16; Lv 20,10).
La difesa della donna è codificata, anche se non ha ancora pari diritto con l’uomo. Così un
uomo non può vendere la sua sposa (Dt 21,14); la giovane sedotta deve essere sposata dal seduttore
(Es 22,15); nella famiglia la donna ha un ruolo notevole verso i figli, dai quali va rispettata (Es
20,12; 21,17).
1
P. GRELOT, La coppia umana nella S. Scrittura, Vita e Pensiero, Milano 1968, pag.22;
La fedeltà coniugale era protetta dalla legge. L’adulterio era considerato peccato contro Dio, infedeltà al consorte e
offesa alla proprietà altrui. È condannato insieme all’omicidio e al furto, come atto che reca danno al prossimo. Al
marito la fedeltà coniugale è consigliata, ma la sua infedeltà non viene punita a meno che non pregiudichi il diritto
altrui e abbia per complice una donna sposata; l’infedeltà della moglie, invece, anche con un uomo non sposato, viene
trattata con maggiore durezza.
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Impedimenti matrimoniali tendenti a proteggere l’istituto matrimoniale da abusi della prassi
esistente (coniuge appartenente allo stesso clan): sono vietate le unione tra persone legate da stretta
parentela (Lv 18,6-18).
Il levirato3, ordinato a tendere la successione ereditaria (Gn 38; Dt 25,5-10).
2.1.3 Approfondimenti teologici, nella Genesi e nei libri profetici e sapienziali
Israele risale, per la comprensione di sé e della propria storia, al piano originario di Dio, alla
luce dell’esperienza religiosa che sta facendo sotto l’azione di YHWH.
Teologia delle origini: Gn 1-3
È contenuta nei primi capitoli della Genesi. Vi è un primo abbozzo di teologia che non si limita a
considerare il progetto salvifico di Dio per Israele, ma abbraccia tutta la storia umana, tutti i
drammi e interrogativi irrisolti della vita. E, quindi, il senso della differenza complementare dei
sessi, il mistero dell’amore umano con le sue gioie e i suoi drammi, il prodigio della fecondità, la
realtà del matrimonio e della famiglia.
Vediamo i due testi fondamentali di riferimento:
«Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora
il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del
cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque
modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il
suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e
a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli
tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con
la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora
l'uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall'uomo è stata tolta».
Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i
due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, ma
non ne provavano vergogna.
Questo racconto di Gn 2,18-25, scritto attorno al X sec. a.c., della tradizione jahwista, fa notare
come il primo uomo sia chiamato ad uscire dalla propria solitudine. Si evidenzia in tale brano, la
necessità della relazione interpersonale, che presuppone l’uguaglianza tra uomo e donna, e porta
l’unione fisica e sponsale, unica e indissolubile.
E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini
sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche
e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela e dominate sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».
3
se il marito muore senza figli, un fratello o un parente deve dare discendenza al defunto con la vedova;
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Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra
e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le
bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla
terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio
vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina:
sesto giorno.
Il testo di Gn 1,26-31, della tradizione sacerdotale (V sec. a.c.), mostra che l’uomo è
immagini di Dio nella dualità di maschio e femmina. La dialogicità di essi, diversi ma di pari
dignità, apre al dono, all’amore, alla fecondità, riproducendo l’immagine di Dio, che è
essenzialmente amore che si dona. La coppia come tale è chiamata alla fecondità secondo il
comando di Dio: benedetti per la trasmissione della vita, che delinea lo sbocco proprio della
sessualità.
Pur accentuando la finalità procreativa, questo testo non esclude la finalità affettiva,
sottolineata dallo jahwista. “Il fatto che Dio ha creato l’uomo a sua immagine, proprio in quanto
maschio e femmina, include necessariamente in sé la forza attrattiva dell’amore”4.
Ma l’esperienza del peccato originale (Gn 3) ferisce profondamente l’unione tra l’uomo e la
donna. Entra nella coppia l’esperienza del disordine, della incomunicabilità, della divisione, della
passionalità, verso un dominio dell’uno sull’altro. Tuttavia Dio non li abbandona: li riveste (Gn
3,21), pone limiti e vincoli che sono doloroso richiamo educativo a custodia contro la tentazione di
altre prevaricazioni. Si apre la prospettiva di una salvezza (3,15).
Messaggio profetico
Alleanza Dio-popolo e matrimonio si illuminano sempre più a vicenda. Il matrimonio, fatto
umano e sociale viene accostato all’esperienza nuova dell’alleanza del Sinai. Sono i profeti, i quali
utilizzano categorie dell’amore e del patto coniugale come fondamento per la comprensione
dell’atteggiamento misericordioso e fedele, pieno di amore, di YHWH nei confronti del suo popolo.
L’immagine sponsale diventa la “grammatica umana” per “sillabare” l’amore fedele di Dio, per
significare la natura dialogica e interpersonale dell’alleanza5. Dio è lo sposo, il fidanzato mentre
Israele è la sposa prediletta, la fidanzata, spesso infedele. Vengono usate tutte le immagini prese
dall’ambiente familiare, compresi i drammi dell’infedeltà o dell’infecondità per esprimere la storia
dei rapporti tra Dio e il suo popolo.
Il tema è affrontato per la prima volta dal profeta Osea. Egli vive nella fede il dramma della
sua esperienza coniugale, avendo sposato Gomer, che si dà alla prostituzione (Os 1,2). La sua
vicenda diventa parabola profetica dell’amore fedele di Dio, che non si arrende all’infedeltà della
‘sposa’ Israele, e progetta un nuovo fidanzamento che non dovrà più essere rotto (Os 2). La
simbologia matrimoniale è poi ripresa da Geremia, con l’ingratitudine dell’adultera (Ger 2,20-25),
e la preferenza di Dio, che riconduce all’intensità del primo amore (Ger 31,21-22).
La riflessione sapienziale
L’aspirazione all’ideale monogamico si fa più frequente e più esplicita nel periodo dopo
l’esilio di Babilonia. I libri sapienziali, a carattere spiccatamente religioso e morale, mettono in
guardia contro il carattere facilmente distruttivo di una sessualità sregolata (Sir 9,2-9); in
particolare ricordando il pericolo rappresentato dalla donna ‘straniera’ o altrui (Pr 2,16-17; 7,5-27).
Viene proposto ed elogiato l’ideale della donna forte e saggia, fedele al matrimonio, capace di
educare i figli (Pr 31,10-31). L’adulterio viene condannato duramente, sia dell’uomo sia della
donna (Sir 23,18-23).
Occupano un posto particolare il Cantico dei Cantici e il libro di Tobia.
4
CIPRIANI S., Matrimonio, in ROSSANO P., RAVASI G., GIRLANDA A., NDTB, Paoline Cinisello Balsamo 1988, pag.
924;
5
cfr. KASPER W., Teologia del matrimonio cristiano, Queriniana, Brescia 1985, pp. 27ss.
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4
Nel Cantico il riferimento è alla bellezza fisica e all’amore erotico di due giovani,
probabilmente nel contesto di una festa nuziale. È una amore pienamente umano, ‘profano’, non
divinizzato; e proprio per questo può essere simbolo dell’amore infinito. L’amore che viene
celebrato è unico (6,8-9), esterno e incrollabile (8,6-7), con i due protagonisti in perfetto di parità e
di appartenenza esclusiva.
In Tobia troviamo i temi della fedeltà e dell’indissolubilità (8,7), della benedizione divina
(9,6), della fecondità, dell’aiuto vicendevole e dell’amore. E nel profeta Malachia il matrimonio
stesso viene presentato come ‘Alleanza’ (2,14-15), mettendo in discussione il ripudio, pur ammesso
dalla legge.
2.1.4 Alcuni temi fondamentali di rilevanza etica
La creazione e l’alleanza danno una particolare configurazione a tutta l’etica d’Israele come
viene espresso in Dt 10,12-16; e quindi anche alla morale coniugale. Anche se solo attraverso un
graduale processo storico, Israele riuscirà a conferire una forma concreta all’ideale nuziale
presentato nel culto di YHWH.
La pedagogia di Dio ha operato una progressiva descralizzazione e demitizzazione della
sessualità e di ciò che da essa dipende. Per cui sessualità e matrimonio si configurano come doni di
Dio all’uomo, realtà fondamentalmente buona, luogo di relazione amorosa tra l’uomo e la donna da
vivere in atteggiamento autenticamente religioso. Il Dio della creazione e della storia ‘santifica’ la
realtà umana del matrimonio in quanto tale, senza la mediazione di miti e di certi riti. L’iniziativa
divina sulla realtà coniugale familiare viene presentata come intervento diretto di creazione, di
benedizione, di provocazione della sua bontà nativa. La struttura del clan, con le sue esigenze, ha
una importanza fondamentale per la concretizzazione dell’etica coniugale dell’AT. Tuttavia la
dimensione elettiva ed affettiva è sempre presente, anche se in modo silenzioso, e non ben
esplicitata. Tale dimensione è effettivamente sentita e vissuta nel rapporto di coppia, e può essere
utilizzata per esprimere l’alleanza tra Dio e il popolo.
La riflessione profetica sul rapporto tra YHWH e Israele manifesta un altro aspetto
dell’azione di Dio sulla realtà del matrimonio: è la ‘proposta’ della fedeltà nella prova. I profeti
indicano nello sposo divino il trionfo della virtù della gelosia (quineah), della misericordia (hesed),
della fedeltà ostinata (emunah). L’attenzione è all’alleanza tra Dio e popolo, ma il matrimonio
viene coinvolto, illuminato, permettendo di approfondire tutto il valore etico, spirituale dell’AT,
un’importante simbolica che, a sua volta, valorizza gli elementi relazionali che la costituiscono:
amore, fedeltà, alleanza, tenerezza.
Non solo la coppia primordiale è benedetta da Dio, ma pure la fecondità è considerata una
benedizione divina ed invocata come tale (Gn 24,60). Così i figli sono considerati dono di Dio per
la discendenza di Israele e per le singole famiglie. Vi è una trama di relazioni, vive e personale,
‘orizzontali’ e ‘verticali’ che uniscono tra loro i membri della famiglia. Perciò, insieme alla
relazione ‘principe’, quella di coppia, come gli altri rapporti acquistano nuove prospettive
teologiche e etiche. Il padre diventa guida, maestro, lampada per i passi del figlio, divenendo eco
della Guida suprema, che è Dio. La relazione padre-figlio è intensa, gioiosa, esaltante per il padre;
senza però dimenticare la possibilità di delusioni e del doloroso ricorso a una ‘frequente correzione
dei figli’. Il figlio cercherà l’amore e il rispetto verso i genitori, con gioia reciproca. È quasi un atto
di culto che espia i peccati. Un figlio può anche disonorare un padre; così come un figlio può
sentirsi abbandonato dai genitori, ma Dio lo raccoglie. Intimo e delicato è il legame tra madre e
figlio che assume caratteri assai sofferti quando entrano silenzi e fratture laceranti.
Il peccato del primo uomo è stato il peccato e l’ambizione della coppia umana. Gli effetti si
ripercuotono nella vita della coppia stessa con squilibri e tensioni che provocheranno poi una storia
sempre più drammatica. La sessualità resta segnata da una profonda ambivalenza ed apertura al
rapporto con l’altro (Dio, il prossimo), può diventare rivelazione del rifiuto dell’uomo di
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riconoscersi creature e, quindi, di essere luogo e mezzo di violenza, che riduce l’uomo alle sue
pulsioni, strumentalizza il corpo e fa dell’altro un oggetto. Al progetto primitivo monogamico, si
oppone la poligamia che appare con Lamech discendente di Caino (Gn 4,19-24). Effetto e causa di
peccato vengono anche considerati i matrimoni misti. Il significato è che la fedeltà a Dio ha la
priorità rispetto al legame coniugale, se questo allontana dalla fede.
La famiglia israelitica risulta aperta a relazioni molteplici, con altri nuclei familiari e con
tutta la comunità. Si affaccia sul mondo, sul popolo, sulle necessità degli altri. Vi è la coscienza che
si deve allargare la famiglia per includere i poveri e gli orfani.
Il messaggio dei profeti fa intravedere un’alternativa alle coppie umane di fronte
all’esperienza negativa: l’amore redime la colpa, il nucleo famigliare non viene irreparabilmente
infranto dal peccato. Vi è una nuova luce che illumina il dramma del tradimento, con la possibilità
di una riconciliazione continua da vivere nell’esperienza coniugale. Superando i limiti reciproci,
fragilità e ‘durezze di cuore’.
La vita della famiglia viene considerata come un primo ambito di santificazione, con forme
di culto domestico. Il matrimonio si configura come segno e strumento di redenzione, come al di là
dei limiti etnici e religiosi; come possiamo vedere nell’inserimento della storia della salvezza di
donne non israelite. Il matrimonio di Tobia e Sara si presenta tutto sotto il segno dell’iniziativa di
Dio. E Tobia è causa di salvezza per Sara.
2.2 NUOVO TESTAMENTO
La venuta di Cristo nella pienezza dei tempi, realizza il ‘sì’ definitivo di Dio all’uomo, e
tutta la realtà umana assunta in Cristo diventa espressione e strumento di salvezza. Matrimonio e
famiglia vengono coinvolti in questa redenzione-divinizzazione. L’opera redentrice di Cristo
diventa anche nei loro confronti dono-impegno affidato all’uomo e alla donna.
2.2.1 Il Vangelo
Il valore del matrimonio è pacifico. Gesù dà una visione globale positiva della sessualità
umana e del matrimonio. Partecipa a delle nozze come ospite, gioisce alla presenza dei bambini,
vive una profonda amicizia con Lazzaro e le sue sorelle, Marta e Maria (Gv 11,1-44); conosce il
dramma di un padre che si vede abbandonato da un figlio per seguire le vie del male come nella
parabola del figliol prodigo (Lc 15,11-32).
È trasferito a Gesù l’appellativo di sposo dato dai profeti a YHWH; e vi sono parabole che
presentano il Regno di Dio come un pranzo di nozze. In questa ottica si può vedere l’episodio delle
nozze di Cana: il regno messianico inaugurato da Gesù è rappresentato sotto l’immagine
tradizionale di nozze-banchetto nuziale. Le nozze della comunione tra Dio e l’umanità saranno
definitive e compiute alla piena manifestazione dell’evento Gesù. l’escatologia sarà sempre
presente nel matrimonio umano: tensione che lo caratterizza e lo rinvia continuamente ad un ‘oltre’.
Indissolubilità del matrimonio.
Gesù richiama in modo preciso l’unità e l’indissolubilità del matrimonio. Questo
insegnamento si trova in modo esplicito nei Sinottici (Mt 5,31-32; 19,3-9; Mc 10,2-12; Lc 16,18) e
in 1Cor 7,10-11.
Matteo riporta due volte l’intervento di Gesù contro la prassi giudaica; il secondo riflette la
controversia tra la scuola rabbinica di Shammai, più restrittiva (il ripudio solo per adulterio della
donna) e quella di Hillel più permissiva (ripudio lecito per qualsiasi causa). Gesù rinvia al prototipo
originale del racconto della creazione; per cui la coppia deve tendere alla sua norma primitiva
conforme al piano fondamentale del Creatore.
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Gesù rinvia al prototipo originale del racconto della creazione; per cui la coppia deve
tendere alla norma primitiva conforme al piano fondamentale del Creatore (Mt 19,4-5) “Così che i
due non sono più due ma una carne sola. Quello che Dio ha unito l’uomo non lo separi”. Gesù si
oppone alla legge antica di Dt 24,1 che concedeva il divorzio per la durezza di cuore. Occorre
ricercare la perfezione, ad imitazione della perfezione di Dio: è cominciato il tempo nuovo del
cuore nuovo, di carne (cfr. Ez 36,26-27). Supera il legalismo esistente e condanna il divorzio, per
chè con il passaggio ad altrenozze, diventa adulterio sia per l’uomo che per la donna (Mc 10,1112).
Non ci si deve fermare però a una posizione intransigente: la misericordia è presente e
operante nel regno di Dio, ricordando sempre che Gesù non è venuto a chiamare i giusti ma i
peccatori (Gv 8,1-11).
Le clausole matteane (Mt 5,31 e 19,9)
Matteo, al contrario degli altri sinottici e di Paolo, sembra prevedere una eccezione alla
legge della indissolubilità e questa è data dalla porneia. Gli esegeti sembrano essere concordi nel
considerare questi incisi come aggiunte di Matteo, di un caso particolare che si verifica nella
comunità giudeo-cristiana alla quale Matteo indirizza il suo vangelo. Ma che cosa è porneia?
 Unioni irregolari e illegittime (matrimoni incestuosi di Lv 18,1-18);
 Separazione nel caso di adulterio o di vita irrimediabilmente dissoluta, con perdita del
significato autentico della vita in comune; non è previsto il secondo matrimonio;
La tradizione cattolica non ha mai interpretato le clausole di Matteo come eccezioni
all’indissolubilità del matrimonio rato e consumato. Diversa è invece la tradizione delle Chiese
orientali (mai comunque condannata dalla Chiesa cattolica).
2.2.2 San Paolo
Sono due i testi fondamentali dell’epistolario paolino che riguardano la morale familiare e il
valore del matrimonio cristiano:
1Cor 7
Pur esaltando la verginità che allarga all’amore e orienta all’eschaton, Paolo riafferma la
dignità del matrimonio, ricordando i diritti e i doveri, fra cui quello della fedeltà e della
indissolubilità. Si tratta di sposarsi nel Signore (v.39). I coniugi hanno gli stessi diritti e doveri e
devono sentirsi parte l’uno dell’altro, come un solo essere.
Viene ribadita la condanna del divorzio: unica soluzione, davanti a casi drammatici, è la
separazione, solo temporanea, sempre aperta a una possibile futura riconciliazione (v.11)6.
Viene affermato il cosiddetto privilegio paolino per il quale, nell’ipotesi del matrimonio con
un pagano, quando la parte pagana non consenta più di convivere con la parte cristiana, ci può
essere la separazione: l’iniziativa deve partire dal coniuge non cristiano (vv.15-16); ci può essere
un matrimonio successivo. Questo evidenzia come la fede sia un fatto determinante nel
matrimonio.
Ef 5,21-33
Si tratta del testo nel quale spesso si sottolinea il ruolo subordinato della donna al marito.
Paolo in realtà ci offre una teologia ancor più profonda del matrimonio. L’immagine biblica della
‘sola carne’ domina tutto questo brano accostando le due alleanze (Sinai ed escatologica) e le due
coppie (Cristo-chiesa e uomo donna) in reciproca dipendenza. Al contrario del percorso fatto dai
profeti (ascendente), l’Apostolo compie un cammino dall’alto verso il basso, dall’amore di Cristo
per la chiesa all’amore dell’uomo per la donna. Il discorso sul matrimonio si svolge sotto la
6
È questo brano biblico che fa da sfondo ai canoni 1151 e ss. del Codice di diritto canonico circa la separazione con
permanenza del vincolo;
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prospettiva dell’amore: l’essere sottomessi non è schiavitù, ma dipendenza nell’amore (v.33). Ma il
riferimento al legame Cristo-chiesa non significa guardare a un modello, perché Cristo ‘afferra e
purifica il matrimonio, per elevarlo a immagine efficace del suo rapporto con la chiesa e tutta
l’umanità’. Per questo il matrimonio cristiano si immerge nel mistero stesso di Dio (v.32). Il
matrimonio si apre ad orizzonti più ampi nella dimensione della ecclesialità, servendo alla
edificazione e alla crescita della Chiesa.
L’amore coniugale è visto nella dimensione dell’agape, un amore riferito a quello che Dio
ha rivelato in Cristo. L’agape diventa il senso nuovo e la norma di vita del cristiano, e quindi della
sua vita coniugale e familiare (vv. 25-33), riassumendo tutti gli imperativi morali riguardanti la vita
di coppia e della famiglia.
2.2.3 Alcuni punti per la riflessione etica
Riferimento a Cristo e alla Chiesa
Il matrimonio tra due cristiani è compreso e vissuto all’interno dell’unità tra Cristo e la
Chiesa. La loro unione diventa simbolo e partecipazione di grazia all’amore di Cristo per la sua
Chiesa: in tale amore gli sposi trovano il modello e l’ideale altissimo della loro comunione di vita,
ma anche la sorgente inesauribile di grazia per l’esistenza e la crescita del matrimonio. Ne deriva
l’impegno di esprimere nella loro vita di coppia e di famiglia il mistero dell’amore di Cristo che ha
dato se stesso, fino al sacrificio sulla croce. Il matrimonio entra così nell’ambito della vocazione
cristiana, cioè appare come un carisma, come un dono dello Spirito Santo destinato all’edificazione
della Chiesa (1Cor 7).
Dignità del matrimonio e della famiglia
Con l’AT si conferma che il matrimonio è una realtà pienamente umana, sperimentata ora
nel Signore e riportata alla sua primitiva originalità, secondo il progetto voluto da Dio. L’amore
viene redento e liberato dal peccato: ne scaturisce una rivalutazione di tutte le sue dimensioni,
quella sessuale compresa.
La salvezza ha una dimensione domestica, e la casa diventa esperienza di fede annunciata e
vissuta; in essa si celebra il mistero della Parola e dell’Eucaristia (At 20,7). Si delinea una
prospettiva analogica tra la famiglia cristiana e il nuovo popolo di Dio, la Chiesa7.
Unità e indissolubilità
Il richiamo alla monogamia e alla comunione indissolubile è chiaro e perentorio,
condannando il divorzio e l’adulterio, senza compromessi o riduzioni su un piano casistico. Tra i
due sposi si ha un rapporto così profondo ed esclusivo che li fa davvero una sola carne.
L’amore umano è modellato sul Cristo, un sì fedele, nel dono totale e definitivo di sé, che
aiuta a capire e a superare anche i momenti di prova, di delusioni o anche di infedeltà nella vita
coniugale.
Dimensione escatologica
L’escatologia anima il matrimonio cristiano. Il matrimonio non solo ha un limite,
rimandando alla pienezza, ma ha già in sé un valore che rimane: la presenza dell’amore di Cristo.
Emerge così il significato della verginità e del celibato per il Regno, che tengono viva nella Chiesa
la coscienza del mistero del matrimonio, difendendolo da ogni riduzione. Matrimonio e verginità
devono essere considerati nella loro reciproca correlazione: gli sposati e i vergini si aiuteranno nella
fedeltà alla propria vocazione.
7
LG 11 e il riferimento alla chiesa domestica;
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8
3. IL MATRIMONIO CRISTIANO NEI PARADIGMI MORALI
Benché sia difficile operare una separazione degli aspetti circa il matrimonio, ci interessa
iniziare dalla trattazione che il matrimonio ha avuto nella riflessione teologico morale 8. Senza voler
fare una storia completa della teologia morale del matrimonio, ci interessa ricordare i principali
paradigmi teologico-morali che sono stati utilizzati per scoprire ed esporre il significato cristiano
del matrimonio. In sintesi si possono indicare 4 modelli (o paradigmi) per scoprire la normativa
morale del matrimonio che danno luogo ad altrettante metodologie teologico-morali.
3.1 PARADIGMA PARENETICO: IL MATRIMONIO, AMBITO DELLA VOCAZIONE
CRISTIANA (ETÀ PATRISTICA)
Un modo di trattare il matrimonio dal punto di vista morale è di considerarlo come un
ambito della vita reale nel quale si devono verificare e porre alla prova gli atteggiamenti morali
cristiani. Si tratta, in fondo, di una metodologia parenetica. Se dovessimo indicare un periodo come
rappresentativo di questo modo di intendere la morale del matrimonio, faremmo riferimento
esplicito al periodo patristico. Per la preoccupazione parenetico-pastorale dei Padri, non interessa
tanto ‘matrimonio’, quanto la ‘vita cristiana’ nel matrimonio e nella famiglia. Ricordiamo, a questo
proposito la dottrina di Clemente Alessandrino, che nelle sue opere espone una vera e propria
mistica familiare e matrimoniale partendo dalla vocazione cristiana.
La preoccupazione che la Chiesa ebbe fin dagli inizi, relativamente al matrimonio dei
battezzati, non fu di carattere giuridico o liturgico-sacramentale, ma con finalità pareneticopastorale. Prescindendo dal contenuto di questo tipo di etica matrimoniale, è tuttavia opportuno
ammettere l’importanza e persino la validità di questa forma di indurre o dedurre la normatività
morale del matrimonio tra cristiani, a partire dalla prospettiva prevalentemente esistenziale e non
ontologica.
Nelle discussioni attuali sull’indissolubilità o sul divorzio, sarebbe interessante ricordare la
metodologia patristica per arricchire la metodologia che si è imposta a partire dal medioevo. E.
Schillebeeckx ricorda questa differenza nel modo seguente:
“La concezione patristica sull’indissolubilità del matrimonio non è identica a
quella elaborata nei secoli XII-XIII. La differenza che le separa si può
riassumere, nell’essenziale, in questo modo. Per la patristica, il matrimonio è
un ‘sacramentum’, nel senso antico di impegno, di giuramento di fedeltà, non
può essere sciolto. Si tratta di un obbligo personale. La vita coniugale deve
essere vissuta in modo tale che questo legame non si rompa mai.
L’indissolubilità è così un compito personale da compiere. Nel secolo XII e nel
XIII soprattutto, si va sviluppando una concezione nuova di sacramentum che
sottolinea, in primo luogo, l’idea di partecipazione ontologica all’unione
indefettibile di Cristo e della Chiesa. Infatti, il matrimonio giunge ad essere
per la scolastica unione che è impossibile sciogliere. C’è un legame oggettivo
che, una volta posto, sfugge al potere dell’uomo. Le due concezioni, inperativo
etico e legame ontologico, non si escludono, ma si attraggono l’una all’altra.
La patristica e la scolastica mostrano il loro modo di vedere la Scrittura.”
Per questo capitolo facciamo riferimento a VIDAL M., Morale dell’amore e della sessualità, Cittadella Editrice, Assisi
1995, pp. 430-443; MILLAS J., Penitenza, Matrimonio, Ordine, Unzione degli infermi, Pont. Univ. Gregoriana, Roma
1994 pp.160-187;
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Ma quale era il rapporto tra matrimonio e verginità? Una particolarità del cristianesimo, fu
la valutazione positiva della verginità e il suo grande sviluppo: così facendo, però, si rischiava di
sottovalutare il matrimonio. Sant’Agostino tenta di dare una risposta nel De bono coniugali (401),
in cui tenta di mostrare il valore del matrimonio, mantenendo la superiore valutazione morale della
verginità.
Per Agostino il matrimonio è qualcosa di buono; è stato istituito e benedetto da Dio fin dalle
origini del mondo, poi elevato da Cristo a rappresentazione della sua unione con la Chiesa (Ef 5).
Ora, valutare positivamente il matrimonio non significa sminuire il valore della verginità, ma è
piuttosto elogio che la pone al di sopra di uno stato che è anche buono in sé. Il valore del
matrimonio proviene dai ‘tre beni’ che appartengono al matrimonio, dottrina questa che diverrà
classica; i tre beni sono:
 Fides: designa la mutua fedeltà degli sposi nell’amore e nella reciproca condiscendenza con la
quale l’istinto sessuale è ordinato. La fedeltà richiede la castità coniugale che esclude ogni
adulterio.
 Proles: designa la generazione dei figli e la loro educazione.
 Sacramentum: designa il valore del matrimonio come simbolo dell’unione tra Cristo e la Chiesa
e implica l’unità e soprattutto l’indissolubilità del matrimonio.
Prima di Agostino, il matrimonio si fondava essenzialmente sulla procreazione.
3.2 PARADIGMA ONTOLOGICO-SACRAMENTALE: IL MATRIMONIO, REALTÀ
SACRAMENTALE (TEOLOGIA MEDIOEVALE)
I secoli XI-XII e soprattutto XIII, costituiscono un periodo decisivo nella comprensione
teologica del matrimonio. Er ragioni più socio-culturali che dogmatiche, nell’XI sec. la Chiesa
acquista un’autorità esclusiva sul matrimonio. D’altra parte, a partire dalla seconda metà del secolo
XII, ha luogo l’accettazione universale e la fissazione teologica del carattere sacramentale del
matrimonio. Questa importante precisazione suppose un processo lento nella scoperta della
sacramentalità, a partire soprattutto dalla liturgia matrimoniale e dalla riflessione teologica sui
termini ‘mysterium’, ‘sacramentum’ e ‘signum’.
Il riconoscimento della sacramentalità del matrimonio trasse con sé e provocò un
riordinamento in tuta la trattazione teologica, giuridica-pastorale del matrimonio. Basta ricordare le
dispute dottrinali intorno all’elemento costitutivo del matrimonio.
Anche la dimensione etica del matrimonio riceve una svolta orientamento nuovo di grande
importanza. Benché prosegua una morale concreta di taglio negativo di ciò che riguarda il vissuto
della sessualità intraconiugale, come punto di arriva della morale si colloca la sacramentalità.
Nasce così una metodologia di taglio ontologico di fronte a una considerazione morale di tipo
parenetico. Il tema giuridico morale dell’indissolubilità e altri aspetti della vita coniugale ricevono
un nuovo orientamento.
Al momento presente non si può dimenticare questa metodologia ontologico-sacramentale.
Tuttavia deve essere sfumata e integrata attraverso altre prospettive ugualmente valide.
3.3 PARADIGMA GIURIDICO MORALE: IL MATRIMONIO ISTITUZIONE DELLA FEDE
(POST-TRIDENTINA)
A chiunque esamini la storia della dottrina cristiana sul diritto del matrimonio, è molto
facile constatare l’importanza avuta dal diritto ecclesiastico nella teoria e nella prassi
dell’istituzione coniugale. Soprattutto a partire dal Concilio di Trento (DS 1799 ss.), nel quale si
giunge alla fine del processo di assorbimento della realtà umana del matrimonio da parte della
dimensione cristiana, si impone e prevale una metodologia prevalentemente giuridco-canonica, al
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servizio della quale si colloca la riflessione teologica. Il matrimonio è visto come una ‘istituzione
della fede’, e in quanto tale sottoposto completamente alla regolamentazione ecclesiastica.
Se la teologia postridentina del matrimonio è consistita fondamentalmente in una
sistemazione del diritto, la morale matrimoniale ha trovato la normatività fondamentale nella realtà
del matrimonio-contratto. Pertanto, si sono posti in evidenza i temi del debito coniugale, dei fini del
contratto, ecc.
Un tipo di metodologia morale nella quale prevalga una considerazione eccessivamente
giuridica del matrimonio è molto discutibile.
3.4 PARADIGMA GIUSNATURALISTA: IL MATRIMONIO, REALTÀ NATURALE
(NEOSCOLASTICA)
Nella morale matrimoniale dei due ultimi secoli, somma importanza ha avuto il ricorso al
concetto della ‘natura’ del matrimonio. Tanto l’insegnamento del magistero pontificio quanto la
riflessione teologica hanno cercato di trovare la normatività etica dei coniugi nella struttura naturale
del matrimonio.
Una morale impostata sul concetto di ‘natura umana’, ha conosciuto una profonda revisione.
Gli inganni di una morale ‘naturalista’ si pongono in evidenza in modo privilegiato nella morale
matrimoniale. La definizione del matrimonio, l’affermazione che la proprietà dell’indissolubilità e
della monogamia appartengono alla natura del matrimonio (sono di diritto naturale), la
gerarchizzazione dei fini del matrimonio in primari e secondari, l’insistenza sulla dimensione
procreativa, la valutazione dei metodi di regolazione della natalità: questi e altri aspetti dell’etica
matrimoniale degli ultimi secoli sono stati trattati e risolti a partire da un concetto di natura, ridotto
esclusivamente a biologia. La teologia morale del matrimonio negli ultimi secoli è stata debitrice di
una metafisica astratta e acculturale. L’ontologia neoscolastica della ‘natura umana’ ha dato luogo a
una morale basata sulla cosiddetta ‘legge naturale’, un ordine astratto, universale e immutabile. Le
sintesi morali sul matrimonio non risultano libere dagli inganni contenuti in questa concezione
fondamentale della morale.
3.5 BILANCIO
L’immagine etica che la teologia morale ha proiettato sulla realtà del matrimonio dipende
dalla comprensione che dell’istituzione matrimoniale si è avuta in ogni epoca. Di conseguenza,
esiste una grande diversità di sfumature a seconda dei diversi periodi della riflessione teologicomorale. A partire dalla dottrina agostiniana dei beni del matrimonio sino all’esposizione di un
manuale di morale in uso fino ad alcuni anni fa, passando per la riflessione della teologia
medioevale, per le sintesi postridentina, per la casistica di S.Alfonso de’Liguori e per il magistero
dei pontefici del sec. XIX e XX come Leone XIII, Pio XI, Pio XII e Paolo VI, si pongono in rilievo
un complesso di valori etici che costituiscono il contenuto fondamentale di una morale del
matrimonio. Questi possono essere così sintetizzati:
1. Le due grandi proprietà essenziali del matrimonio trasformate in imperativi etici: monogami e
indissolubilità;
2. Insistenza sulla finalità procreativa e sul modo di realizzarla;
3. Valutazione della convivenza coniugale con particolare riferimento ai comportamenti sessuali;
4. La fedeltà coniugale come esigenza positiva e l’adulterio come sua negazione;
5. Il vincolare in coscienza degli orientamenti canonici.
APPUNTI DI MORALE FAMILIARE – a.a. 2006-2007
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4. SINTESI TEOLOGICA ATTUALE
4.1 CAMBIO DI PARADIGMA: IL MATRIMONIO CRISTIANO A PARTIRE DALLA
PROSPETTIVA PERSONALISTA
I mutamenti operati nel mondo attuale e le nuove impostazioni della teologia morale
obbligano a reimpostare il fondamento metodologico-normaivo sul quale appoggia tutto l’edificio
dell’etica matrimoniale cristiana.
Questa reimpostazione fu iniziata parecchi anni fa da alcuni teologi di orientamento
marcatamente personalista, che non ebbe pieno accoglimento da parte del S. Uffizio (Doms nel
1944). Negli anni precedenti al Vaticano II non mancarono nemmeno studi sul matrimonio in
generale su alcuni punti concreti (come per esempio il tema della paternità responsabile), che resero
possibile la preparazione del capitolo della GS dedicato al problema della famiglia (nn.47-52). È
opportuno ricordare i nomi di Haring, Reuss e Janssens come suoi grandi ispiratori.
Benchè l’ambiguità del capitolo della GS dedicato al matrimonio e alla famiglia sia evidente
per la presenza di due teologie alquanto contradittorie, non c’è dubbio che il Vaticano II, ha
segnato, o almeno, accettato in questo tema un nuovo orientamento. Tale impostazione di
rinnovamento è stata favorita: indirettamente dalla crisi provocata intorno all’enciclica Humanae
Vitae; direttamente dal Sinodo dei Vescovi del 1980 dedicato al tema della famiglia e dalla
pubblicazione dell’Esortazione apostolica Familiaris Consortium di Giovanni Paolo II (1981).
Il paradigma teologico morale sorto dal rinnovamento del Vaticano II può essere
denominato ‘personalista’. La comprensione personalista del matrimonio è la base di ogni etica
coniugale. L’amore di coniugalità di trasforma nel supremo indicativo (dono) e nel supremo
imperativo (compito) del matrimonio. In questo modo viene superata la vecchia impostazione
dell’etica matrimoniale attraverso le esigenze emanate dai cosiddetti ‘fini’ del matrimonio. Questa
visione ottimista dell’amore coniugale come asse dell’etica matrimoniale non terrà conto degli
spuri residui di pessimismo davanti alla sessualità ed eviterà certe forme di ascetismo e di
restrizione dell’intimità coniugale che sarebbero continuazione con tendenze neoplatoniche e
manichee davanti alla realtà dell’amore coniugale. In GS 49 è esaltata la bontà dell’amore
coniugale: “proprio perché atto eminentemente umano essendo diretto da persona a persona con
un sentimento che nasce dalle volontà, quell’amore abbraccia il bene di tutta la persona e perciò
ha la possibilità di arricchire di particolare dignità i sentimenti dell’animo e le loro manifestazioni
fisiche e nobilitarle come elementi e segni speciali dell’amicizia coniugale.”
Tutta la vita coniugale si deve spandere attraverso questo nucleo essenziale della amicizia
coniugale. I valori e gli atteggiamenti di questa amicizia coniugale sono i valori e gli atteggiamenti
dell’etica matrimoniale. L’affetto, la fedeltà, il carattere definitivo e totalizzante della donazione
sono istanze e qualità dinamiche dell’unica realtà coniugale. L’etica cristiana del matrimonio deve
proporle non come imperativi provenienti dal matrimonio come contratto (diritto del debito
coniugale, la fedeltà come obbligo proveniente dal contratto, l’indissolubilità come un’esigenza
degli scopi del contratto matrimoniale), ma come realizzazioni dinamiche dalla carità coniugale.
Dall’altra parte tali valori devono essere proposti non in senso statico ma dinamico: sono mete alle
quali è necessario tendere continuamente.
Con l’impostazione teorica e pastorale dell’esigenza primordiale del matrimonio a formare
un’intimità-comunità di vita e di amore, l’etica umanistica e cristiana dà una risposta significativa
ed efficace al mondo di oggi: che è possibile continuare a crescere ed accettare l’altro in forme di
profonda accoglienza e di donazione. In questo modo il matrimonio conferisce all’umanità una
serie di valori di cui questa ha molto bisogno.
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4.2 IL CONTENUTO BASILARE DELLA TEOLOGIA MATRIMONIALE
La coscienza cristiana e la riflessione teologica sono andate maturando il messaggio che la
Sacra Scrittura offre circa il matrimonio. A partire dal Vaticano II la visione cristiana del
matrimonio ha assunto un orientamento chiaramente personalista e al tempo stesso ha posto in
maggior rilievo la sua dimensione religiosa e comunitaria. Ecco gli aspetti fondamentali di una
sintesi teologica del matrimonio:
4.2.1 Il matrimonio è una realtà personale e allo stesso tempo sociale
Dice O’Callaghan che il passo più ricco di promesse per la teologia sacramentale del
matrimonio fu lo spostamento di accento dal matrimonio-contratto al matrimonio-istituzione. Nel
matrimonio c’è un’intima comunità di vita e d’amore coniugale stabilita dal patto coniugale. Ha
una dimensione di donazione e realizzazione interpresonale, e un’altra dimensione comunitaria, che
libera il matrimonio da ogni tentazione di restare ridotto all’ambito puramente privato.
Ciò che costituisce il matrimonio è l’amore personale dei coniugi (quanto più personale,
tanto meglio), ma in quanto è accettato e orientato dalla comunità. “E ogni tentativo di fondare li
matrimonio, o le sue caratteristiche cristiane di indissolubilità e di unità, a partire solo dall’amore
personale senza fare riferimento al carattere sociale e giuridico dell’uomo, è destinato al
fallimento” (J. Ratzinger).
4.2.2 Il matrimonio è una realtà sacramentale
Il matrimonio ha una dimensione storica, ma allo stesso tempo comporta per il vissuto e la
comprensione dei cristiani la dimensione religioso sacramentale. “Dire che il matrimonio tra
cristiani è sacramento, significa che l’ordine creazionale del rapporto uomo-donna, concretizzato
nel matrimonio non è qualcosa di neutrale, né solo mondano, ma è assunto nel mistero
dell’alleanza di Dio con il suo popolo… Il sacramento non è qualcosa che è unito al matrimonio,
ma è il matrimonio stesso. Per colui che lo vive nella fede e nella misura in cui lo vive, il
matrimonio è sacramento” (J. Ratzinger).
4.2.3 Il matrimonio è un progetto etico
Il matrimonio è un modo di realizzare l’esistenza personale e di compiere la propria
vocazione dentro la storia della salvezza. Ciò significa che il matrimonio è uno stato, e che il
matrimonio ha delle istanze etiche.
Il contenuto morale del matrimonio deve nascere dalle strutture scoperte nella sua realtà e
deve concretarsi nell’ideale al quale i coniugi devono tendere. Nella visione cristiana si segnalano
in maniera prevalente i seguenti aspetti morali:
 Unità e indissolubilità: “Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due
persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano
l’indissolubile unità”9;
 La castità come forma di umanizzazione della sessualità e dell’amore tra i coniugi10;
 La fecondità come dinamismo dell’amore interpersonale: “La vera pratica dell’amore
coniugale e tutta la struttura familiare che ne nasce, senza posporre gli altri fini del
matrimonio, a questo tendono, che i coniugi con fortezza d’animo siano disposti a
cooperare con l’amore del Creatore e Salvatore che attraverso di loro continuamente
dilata e arricchisce la sua famiglia”11
9
GS 48;
GS 49;
11
GS 50;
10
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4.3 ALCUNE AFFERMAZIONI SULL’OPZIONE CRISTIANA PER IL MATRIMONIO
In conclusione: cosa significa sposarsi nel e per il cristiano? Cosa significa sposarsi nella o
per la Chiesa? Dietro queste domande si nascondono grossi dilemmi per la coscienza: il significato
del matrimonio ecclesiale in rapporto all’istituzione civile; rapporto tra matrimonio ecclesiale con
fede e/o battesimo; azione pastorale verso i divorziati che vogliono risposarsi civilmente. A queste
domande si può rispondere solo se partiamo dal contenuto essenziale che l’opzione di fede
introduce o svela nella realtà del matrimonio. Queste sono alcune proposizioni in cui questa
opzione cristiana ed ecclesiale nella realtà del matrimonio può essere riassunta:
1. Per il cristiano il matrimonio non è una realtà semplice, ma complessa. Questa complessità si
può tradurre con l’affermazione che la coppia è per il credente allo stesso tempo una ‘realtà
terrena’ e un ‘mistero di salvezza’.
2. Per quello che riguarda la realtà terrena del matrimonio, l’opzione cristiana non propone
positivamente nessun progetto di istituzione intramondana. Tuttavia, mediante la sua forza
critica e utopica, la fede può squalificare negativamente come inautentici alcuni progetti
socioculturali di matrimonio.
3. Benché l’opzione cristiana non abbia, come propria e specifica, una forma concreta di
intendere e vivere la realtà terrena del matrimonio, la fede riorienta la comunità cristiana per
discernere i valori fondamentali dell’istituzione matrimoniale.
4. L’apporto specifico dell’opzione cristiana in relazione al matrimonio si situa nell’ordine
dell’intenzionalità fondamentale. Questa nuova dimensione della fede cristiana si esprime in
linguaggio teologico affermando la sacramentalità del matrimonio tra i cristiani.
5. La dimensione cristiana del matrimonio deve configurarsi nella comunità cristiana con un
minimo di istituzione ecclesiale e con un massimo di mistica.
6. Sebbene per il non credente la realtà terrena del matrimonio abbia consistenza per se stessa,
nell’opzione cristiana non può esserci separazione, ma integrazione, tra la realtà terrena e la
dimensione di fede nella maniera di comprendere e di vivere il matrimonio.