Fondamenti cristologici della teologia sponsale
L'immagine nuziale è stata utilizzata dal Concilio Vaticano II per descrivere l'identità e la missione della Chiesa.
In questo contesto la figura di Cristo sposo in relazione alla Chiesa sposa assume un particolare risalto sia perché viene
presentata dopo le altre immagini, quale coronamento delle precedenti (pastore, agricoltore, pietra angolare), sia perché
introduce, quasi ne fosse parte integrante, l'immagine del corpo mistico, considerata dal Concilio l'immagine per
eccellenza. Volendo sviluppare una riflessione sul Cristo sposo può essere utile rileggere questo importante testo conciliare:
"La Chiesa che è chiamata "Gerusalemme che è in alto" e "madre nostra" (Gal 4, 26; cfr Ap 12, 17), viene pure descritta
come immacolata sposa dell'agnello immacolato (cfr Ap 19, 7; 21, 2 e 9; 22, 17), sposa che Cristo "ha amato e per la quale
ha dato se stesso, al fine di renderla santa" (Ef 5, 25-26), che si è associata con patto indissolubile e che incessantemente
"nutre e se ne prende cura" (Ef 5, 29); che, dopo averla purificata, volle a sé congiunta e soggetta nell'amore e nella fedeltà
(cfr Ef 5, 24) e che, infine, ha riempito per sempre di beni celesti, per poter noi capire la carità di Dio e di Cristo verso di
noi, carità che sorpassa ogni conoscenza (cfr Ef 3, 19). E mentre la chiesa compie su questa terra il suo pellegrinaggio
lontana dal Signore (cfr 2Cor 5, 6), è come una esule, che cerca e desidera le cose di lassù, dove Cristo siede alla destra di
Dio, dove la vita della Chiesa è nascosta con Cristo in Dio, lino a che col suo sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col 3,
14)"(Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, n.6).
Già da questo testo e dai suoi riferimenti biblici si può cogliere la rilevanza teologica dell'immagine di Gesù sposo.
Occorre però notare subito che nonostante la significativa collocazione all'interno della Costituzione conciliare sulla Chiesa
questa immagine non ha avuto la stessa fortuna teologica e la stessa incidenza pratica di altre immagini come quella del
pastore, della pietra angolare e dell'agricoltore o vignaiolo. Dal punto di vista teologico, non meno che dal punto di vista
catechistico, omiletico e pastorale, l'immagine nuziale ha sempre rivestito un ruolo secondario più legato alla spiritualità
personale che alla natura ed essenza della Chiesa. Con questa riflessione cercheremo di chiarire alcuni aspetti teologici
riguardanti l'immagine dei Cristo sposo e nello stesso tempo tenteremo di capire quale arricchimento può venire alla ricerca
teologica da una maggiore considerazione della figura del Cristo sposo.
Per sviluppare questa indagine partiamo dalla questione cristologica domandandoci quale apporto offra la figura
dello sposo alla comprensione dell'identità e della missione del Cristo. A partire dal nucleo neotestamentario della
cristologia giovannea cercheremo poi di far emergere le trame di quella sponsalità che segna la rivelazione biblica e da cui
la stessa immagine di Cristo sposo trae significato e valore. Dalla riflessione biblica passeremo poi ad una breve analisi di
alcuni teologi contemporanei che hanno prestato attenzione alla figura del Cristo sposo. Concluderemo infine con un breve
cenno al ruolo particolare assunto dal magistero di Giovanni Paolo Il che ha offerto numerose piste di lettura e di
approfondimento sulla figura del Cristo sposo.
l. Un titolo cristologico da riscoprire
Quando Gesù pone ai discepoli la domanda sulla propria identità, Pietro, illuminato dallo Spirito, risponde: "Tu sei
il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). In questa espressione abbiamo la prima e fondamentale professione di fede
dei discepoli nel Signore. Essi riconoscono in Lui il consacrato e rinviato da Dio, il Messia atteso dal Popolo di Israele e
proclamano la sua divinità riconoscendone la figliolanza divina. A questo riconoscimento dei discepoli fanno eco le
definizioni che Gesù da di sé e in particolare quella di Figlio dell'uomo che si ricollega alle profezie di Daniele (cfr Dn 7,
13-14) da cui il termine è tratto. Questa definizione è attestata da tutti gli evangelisti ed è quella con cui Gesù si presenta
soprattutto quando preannuncia la passione ricollegandosi così anche alla figura del servo sofferente descritta dal profeta
Isaia (Cfr Mt 12, 40; 17,22-23; 20, 18; 26, 2.24.45. 64; Mc 8, 3 1; 9,12; Lc 24, 7; Gv 8, 28,) e quando presenta la sua
manifestazione gloriosa alla destra dei Padre (Cfr Mt 16, 27-28; 19, 28; 24, 27.30. 37; 24, 44; 25, 3 1; 26, 64; Lc 21,36; Gv
1,5 1; 3,13s; 6, 62; 13, 3 1; Atti 7,56).
Se l'espressione Figlio dell'uomo è stata considerata un definizione che Gesù stesso si è dato, e quindi meritevole
di particolare attenzione per affrontare i problemi della cristologia, non altrettanto valore è stato attribuito alla definizione
di Gesù come Sposo (Questa annotazione vaniva già autorevolmente fatta da G. MARTELET nelle 16 tesi Cristologiche in
relazione al matrimonio. Nella quarta tesi afferma: "Benché questo titolo sia ordinariamente trascurato dalla cristologia,
esso deve trovare per noi tutto il suo significato. Allo stesso modo Gesù è la vita, la verità, la luce, la porta, il pastore,
l'Agnello, la vigna, perfino l'uomo, poichè riceve dal Padre "il primato su tutte le cose"(Col 1,18), con la stessa verità e a
buon diritto, è anche lo sposo per eccellenza, vale a dire, "il maestro e il signore", quando si tratta di amare l'altro come la
propria carne", Commissione Teologica Internazionale; Teologia del matrimonio, in "Il Regno documenti" 17(1978), pp.
389-402). Sebbene tale definizione sia stata attribuita a se stesso proprio da Gesù (MC 2, 19; Mt 9,15; Lc 5, 34), sia stata
usata dal Battista (Gv 3,29), sia entrata più volte nei discorsi parabolici (Mt 22, 2; 25, l s; Lc 12, 36) e sia diventata un
motivo di particolare riflessione teologica per Paolo (Ef 5, 21-33), bisogna rilevare che la considerazione cristologica del
titolo di sposo è rimasta incerta e segnata da alcune riserve. Prima di approfondire il significato di questa attribuzione è
necessario soffermarsi su di una visione pregiudiziale, circa l'assunzione da parte di Gesù stesso del termine sposo, che può
essere fatta risalire, come afferma il Feuillet (Nei commenti esegetici della pericope evangelica sul digiuno(cfr. Mc 2, 1822 e parallelli) alcuni autori affermano che si tratta di una espressione parabolica per cui non si può prendere in
considerazione l'espressione di Gesù per definirne l'identità. Si tratterebbe semplicemente di una sottolineatura
dell'atteggiamento con cui i discepoli devono vivere l'evento gioioso della salvezza. Il Feuillet contesta questa
interpretazione riduttiva appoggiandosi anche all'autorità del Lagrange (cfr. Evangile selon S. Matthieu, parigi 1923, p.
183), fa vedere l'insufficienza di questa interpretazione e dimostra la rilevanza cristologica del titolo di sposo; cfr.A.
FEUILLET, La controverse sur le jeune, NTR 100 (1968)119), a J.Jeremias e ad esegeti come C. H. Dodd, E.
Klostermann, S. E. Johnson.
In modo particolare l'autorità del Jeremias ha condizionato non poco l'interpretazione cristologica del termine
sposo nei testi evangelici. La sua spiegazione esegetica dei termini sposo-sposa nel Grande Lessico del Nuovo Testamento
ha decisamente orientato l'interpretazione dell'attributo sposo (soprattutto in riferimento a Mt 9, 15 parr. e Mt 25, 1) più
verso il significato parabolico che allegorico favorendo così la distinzione tra la persona di Gesù la figura dello sposo che
sarebbe utilizzata solo in funzione del messaggio da trasmettere senza possibilità di identificazione specifica 1. Questa
lettura esegetica, spesso assunta senza una revisione critica2 , ha contribuito a limitare e circoscrivere la riflessione
teologica attorno alla dimensione sponsale della persona e della missione del Cristo.
Non mancano comunque voci autorevoli oltre a quella già citata del Feuillet che non condividono l'interpretazione
di Jeremias. Il Sabourin per esempio, nel suo commento al Vangelo di Matteo3 , sottolinea lo stretto collegamento, già
evidenziato da San Girolamo4 , esistente tra Mt 9, 14-17 e Gv 3, 29 in quanto nella redazione di Matteo l'interrogativo sul
digiuno, a differenza degli altri sinottici, è posto solo dai discepoli di Giovanni. Un tale collegamento, non può che
rafforzare l'ipotesi di una reale convinzione di Gesù e delle prime comunità circa H valore teologico della allegoria, o
meglio ancora, della metafora sponsale. Della stessa opinione è lo Schnackenburg che commentando l'evangelista Giovanni
afferma: "L'evangelista e i suoi lettori cristiani devono senz'altro aver inteso la sposa come la comunità messianica. Senza
dubbio, inoltre, la chiesa primitiva ha inteso lo sposo nella breve parabola di Mc 2, 19s e parr. come una diretta allusione al
Messia Gesù. E' facile pensare che metafore e similitudini come quella in Gv 3, 29s abbiano dato origine all'allegoria della
Chiesa sposa di Cristo, che si trova anche in altri testi dei N.T." 5.
Su questo dibattito teologico vale la pena di riportare il pensiero di H. U. Von Balthasar che pur riconoscendo la
difficoltà di arrivare ad una interpretazione univoca sul genere letterario delle pericopi in questione propone una visione più
ampia capace di dare la giusta rilevanza teologica all'applicazione della categoria sponsale: "La questione se il Gesù
sinottico abbia ripreso la metafora della nunzialità già esistente tra Dio e Israele e rabbia poi applicata a se stesso deve
restare aperta. Il tardo giudaismo conosce, in vista del compimento escatologico del patto, l'immagine del banchetto
nuziale, mentre non è documentabile, o lo è soltanto per un tempo molto tardo, l'identificazione del Messia con lo sposo. Si
potrebbe perciò ricondurre a Gesù le allusioni a banchetti di nozze (Mt 25, 1-13; 22, 1-10; Lc 14, 15-24 e anche Mc 2, 19a
parr.) e spiegare invece l'identificazione tra Gesù e lo sposo (che in Matteo diventa il figlio del re) come una riflessione
successiva delle comunità (cosi anche Mc 2, 20 parr.). Si oppone a questa nitida distinzione, però il nesso che lega le parole
dell'istituzione dell'eucaristia alla prospettiva del convito escatologico (Mc 14, 25; cfr Lc 22, 30): tra l'uno e l'altro c'è una
segreta continuità, e perciò le eventuali aggiunte della comunità non potrebbero essere che esemplificazioni di ciò che era
silenziosamente giunto all'espressione nella persona e nei fatti di Gesù. I banchetti che egli praticava con i peccatori, non
erano forse delle ostentate anticipazioni del banchetto escatologico e messianico? E se nelle parabole egli si era
enigmaticamente descritto come la quintessenza dei regno futuro, nessuna difficoltà a pensare che abbia nascostamente
indicato se stesso anche nella metafora dello sposo di Mc 2, 19" 6.
A conclusione di questa veloce analisi del problema si può ritenere che l'attribuzione dell'immagine sponsale non
sia solo una riflessione successiva delle comunità confluita nella redazione dei vangeli. Questo primo rilievo esegeticoteologico se non ci dice ancora nulla sul significato del termine sposo applicato alla persona di Gesù ci permette di avviare
l'approfondimento teologico con la convinzione di innestarci in un filone autentico della teologia biblica e della riflessione
teologica. L'analisi della figura del Cristo sposo non si riduce di conseguenza ad una semplice interpretazione simbolica o
mistica, ma si sviluppa a partire da un nucleo di cristologia neotestamentaria ben individuato. L'immagine sponsale, a cui
Gesù fa riferimento, affonda infatti le sue radici nell'insegnamento profetico dell'Antico Testamento e costituisce uno dei
filoni più fecondi dell'escatologia neotestamentaria. Senza un'adeguata considerazione dell'immagine sponsale la cristologia
verrebbe a perdere una delle categorie di maggiore ricchezza nell'individuazione della singolarità della figura dì Cristo e
della specificità della sua missione.
2. Alle nozze di Cana Gesù rivela la sua idendità di Sposo
Il fatto che Gesù si definisca poche volte come sposo non significa che questa attribuzione sia occasionale e
secondaria, anzi il tenore degli interventi e lo stretto legame con la presentazione della sua missione di salvezza danno a
questi riferimenti un risalto particolare7 . La corrispondenza tra la missione di Gesù e l'analogia sponsale viene messa in
evidenza dall'evangelista Giovanni che oltre a proclamare l'identità sponsale di Gesù per bocca di Giovanni Battista (Cfr
Gv 3, 29), introduce il suo vangelo con la grande allegoria delle nozze di Cana.
La presenza alle nozze di Cana viene registrata solo dall'evangelista Giovanni e viene inserita all'inizio del
vangelo, quasi a voler incorniciare la missione salvifica di Gesù in un grande affresco nuziale 8 . La maggior parte degli
esegeti ornai concorda nell'attribuire adopera redazionale di Giovanni la scelta di presentare la missione di Gesù, dopo
avesse dichiarato l'identità nel prologo, con questo racconto di nozze in cui i fatti narrati hanno un evidente spessore
simbolico9 . E' il primo segno (v. 11) non in ordine cronologico, ma per l'importanza (archè ton semeion). E' il segno
principale, la chiave di lettura di tutti gli altri segni salvifici che Gesù compirà, per questo è in grado di fondare la fede dei
discepoli. I protagonisti delle scena non sono tanto gli sposi, ma Gesù in rapporto a Maria e i discepoli. Gesù appare come
lo sposo. Maria e i discepoli diventano la sposa. Insieme danno avvio alle nozze messianiche e al compimento dell'alleanza
prefigurata nell'Antico Testamento dalla relazione sposale di YAHWE' con il suo popolo. E' finito il vino dell'antico patto,
Cristo ci dona il vino nuovo, dal sapore squisito e con questo "segno archetipico" prefigura il dono eucaristico (cfr Mt 26,
28; Lc 22, 44; Gv 19, 34) e il banchetto finale dell'Agnello (cfr Gv 19, 9).
Il dialogo tra Maria, non a caso definita donna, e Gesù è scarso ma denso di contenuto10 . La risposta di Gesù "Che
ho da fare con te, o donna?" (Gv 2, 4) alla sollecitazione di Maria che faceva notare l'assenza dei vino può indicare la
diversa prospettiva con cui viene letta la situazione e andrebbe meglio tradotta con "che cosa èm questo per me e per te o
donna" ad indicare che coglie la necessità immediata, mentre a Gesù interessa il significato messianico ed escatologico. La
sottolineatura di Gesù "Non è ancora giunta la mia ora" collega questo testo alla consumazione delle nozze nell'ora della
croce quando lo sposo darà la vita per la sposa che sarà redenta dal sangue e dall'acqua del suo costato (cfr 1Gv 5, 6-8). Le
parole di Maria ai servi "fate quello che vi dirà" hanno lo stesso valore del "vieni e seguimi" dei sinottici, ma in questo caso
è già arricchito della mediazione ecclesiale rappresentata dal ruolo materno e sponsale di Maria. Lo stupore del Maestro di
tavola come le 6 giare di pietra per le abluzioni stanno a segnare il passaggio dal regime legalistico della vecchia alleanza a
quello eucaristico della nuova alleanza.
Attraverso questi segni e il loro simbolismo messianico si manifesta la gloria del Cristo e i discepoli possono
credere in lui. A conclusione di una ricca analisi della simbologia del secondo capitolo di Giovanni il battista Lorenzo Zani
afferma: "Quello non fu solo il primo dei miracoli di Gesù, ma fu il segno archetipo, H prototipo dei segni, la chiave
interpretativa che permette di interpretare i vari segni operati da Gesù. A Cana di Galilea incomincia una nuova relazione
fra Gesù e la comunità, qui si istaura il matrimonio fra Gesù e i discepoli e i suoi servi" 11.
3. In Gesù si compie I 'evento sponsale della salvezza
L'episodio delle nozze di Cana conferma e rafforza il significato e il ruolo chiave dell'immagine sponsale per la
cristologia. La figura di Gesù sposo però, per poter emergere in tutta la sua valenza, deve essere letta nella sua globalità e
cioè in rapporto alla rivelazione veterotestamentaria, alla relazione con la Chiesa sposa, alla realtà sacramentale del
matrimonio e infine alla prospettiva escatologica. Sono questi gli ulteriori elementi che ci permettono di cogliere tutta la
novità, la profondità e l'ampiezza dell'analogia sponsale. Come afferma il Galot: "Se si riflette sulla presentazione che Gesù
fa di se stesso come Sposo, bisogna dunque riconoscere che gli appare Sposo in maniera più profonda che non il Dio
dell'Antico Testamento. Il compimento è superiore all'immagine. Nell'antica Alleanza, l'assenza dello sposo era segno della
collera divina; ora questa assenza sarà H segno di un amore più pieno. che prende la via del sacrificio. Da questo punto di
vista, Gesù completa la rivelazione di Dio: mostra un nuovo volto dello Sposo divino. Può farlo grazie all'intervento divino
in una vita umana, che lo conduce al dono di sé nella sofferenza e nella morte" 12.
In primo luogo quindi bisogna verificare come la figura di Gesù sposo si innesta nel filone biblico dell'alleanza
sponsale intrecciata da Dio con il popolo di Israele. Soprattutto i profeti fanno abbondante uso della simbologia e
dell'analogia sponsale che diviene una della immagini privilegiate per rappresentare le diverse situazioni dell'alleanza. Tra i
testi più espressivi c'è il poema di Osea a cui Dio affida il compito di rappresentare con la sua vita, prendendo in moglie
una prostituta, il tradimento di Israele a cui fa riscontro la costante fedeltà di Dio (Cfr Osea 1-3). Il profeta Isaia esalta la
tenerezza e la fedeltà del Dio creatore e sposo (Is 54, 1-10; 61, 10; 62, 4-5). Ezechiele rappresenta la premura di Dio nei
confronti della storia d'Israele cantando le fasi della pubertà, della giovinezza, dell'infatuazione verso gli idoli, dei
tradimenti e della rinnovata fedeltà (Ez 16). Geremia sviluppa l'immagine nuziale in vista della Nuova Alleanza (Gr 16, 9;
25, 10; 33, 11)13. Va anche considerato il ruolo dei Cantico dei Cantici, ritornato oggi all'attenzione degli esegeti e dei
mistici per la sua forte carica simbolica14. Nel fraseggio amoroso dei fidanzati i Padri della Chiesa leggevano il dialogo tra
Cristo, magnifico e perfetto sposo, e la Chiesa15 . In Gesù confluiscono i significati delle immagini sponsali dell'AT e in lui
raggiungono la loro pienezza diventando realtà.
Il compimento dell'evento nuziale tra Dio e il suo popolo si realizza in Cristo a tre livelli: la singolarità delle figura
di Gesù in cui si compie l'unione sponsale tra il divino e Fumano secondo le Profezie dell'AT, l'universalità dell'amore
salvifico offerto a tutti, la consumazione dell'unione nel dono eucaristico e nell'offerta di sé sulla croce. Questi tre aspetti
testimoniano il compimento e il superamento come le nozze preannunziate nell'AT.
Il primo aspetto è posto in evidenza da Gesù stesso e da Giovanni Battista quando si menziona lo sposo
indipendentemente dalla sposa ponendo in evidenza il compimento in Cristo dei tempi messianici (cfr Mc 2, 19-20; Gv
3,29). "Il titolo di sposo, - afferma il Galot -, senza menzione della sposa, acquista un significato più totale. Suggerisce il
fatto che tutta l'unione matrimoniale si effettua nella persona di Gesù. Si trova qui l'equivalente dell'identificazione con
l'alleanza ... Negli oracoli profetici, il nome di sposo era stato dato a colui che avrebbe restaurato Israele; perciò
attribuendosi questo titolo, Gesù lascia intendere che egli realizza ciò che era stato detto dell'azione divina" 16. Altro
elemento significativo del compimento sponsale è l'universalità dell'unione, matrimoniale. Non è più solo il popolo eletto a
beneficiare della promessa di unione nuziale, ma tutta l'umanità viene abbracciata dallo sposo come risulta dalle parabole
degli invitati a nozze (cfr Mt 22, 9-10; Lc 14, 16s). Non si tratta più solo delle nozze tra YAHWE' il popolo di Israele, ma
tra Dio e l'umanità o tutti coloro che indosseranno la veste nuziale (cfr Mt 22, 11-14)17. Il terzo elemento che segnala il
compimento in Cristo delle profezie sponsali è dato dallo stretto collegamento tra la sua identità sponsale, il dono
dell'eucaristia che sancisce la definitiva unione familiare con i discepoli e il Mistero Pasquale in cui si realizza la
rigenerazione della sposa. L'unione sponsale è originata e sostenuta infatti da Cristo stesso. E' a partire da Lui e in lui che si
realizza l'unione sponsale: "Cristo ha amato la Chiesa - afferma S. Paolo -, e ha dato se stesso per lei, per renderla santa,
purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa
tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata" (Ef 5, 25-27).
Il secondo aspetto caratteristico della sponsalità di Cristo è messo in luce dal rapporto con l'umanità e la Chiesa.
Come emerge già dai testi evangelici il soggetto principale dell'evento nuziale è Gesù, ma la sua sponsalità chiama in causa
anche la sposa. Con l'incarnazione della seconda persona della Trinità in Gesù di Nazaret, la natura umana e quella divina
sono ormai indissolubilmente congiunte18. Il presupposto della novità sponsale che si realizza con Cristo si edifica
sull'essere una sola carne dell'umano e del divino in Cristo. Nell'incarnazione l'umano e il divino si congiungono dando vita
alla forma più alta e paradossale di nuzialità: "Questo è avvenuto - afferma sant'Agostino -, nel grembo verginale, dove la
creatura umana si è sposata con Lui" 19. Il concepimento nuziale ad opera dello Spirito Santo da ragione della generazione
umana di Gesù da parte di Maria ( Cfr Lc 1, 26-38) e della generazione della Chiesa da parte di Gesù sulla croce. Il tema
della generazione della Chiesa sposa che scaturisce dal costato del Cristo sposo nel momento supremo dell'emissione dello
Spirito sulla Croce viene spiegato dai Padri della Chiesa in parallelo con l'origine di Eva creata da Dio con la costola tratta
dal cuore di Adamo nel momento del sonno estatico20. Il raffronto del rapporto tra Cristo (nuovo Adamo) e la Chiesa
(Maria - nuova Eva), con quello tra Adamo ed Eva (cfr Rm 5, 12-21; ]Cor 15, 22.45s) è uno degli aspetti teologici più
interessanti per capire le radici e l'estensione della sponsalità tra Cristo e la Chiesa. "Un tale accostamento porta a pensare
la Chiesa come realtà uscita dal Costato di Cristo nella sua totale kenosi sulla croce. Eva è la parte più intima di Adamo, la
sua stessa identità umana che gli si pone innanzi come suo completamente, così come la Chiesa che deriva in tutto dal
Cristo, gli si pone innanzi come suo prolungamento e compimento" 21. Il significato ultimo di questa reciprocità sponsale tra
Cristo e la Chiesa, resa possibile dall'iniziativa gratuita e primaria di Dio22, diviene manifesto proprio sotto la croce quando
Gesù affida la Madre (donna-chiesa) al discepolo prediletto e il discepolo alla Madre-Chiesa (Gv 19, 25-27). Nell'evento
della Croce Balthasar coglie la consumazione dell'amplesso nuziale e si fa interpreta della gioia che ne scaturisce: "E dalla
croce s'alza il canto di vittoria per ramata, e poiché io, Spirito e amore a un tempo, sono dunque il campo stesso di battaglia
tra Dio e il mondo, in me la battaglia è eternamente vinta e il nostro vincolo minacciato di sciogliersi le nostre nozze di
sangue, le nozze rosse dell'agnello già ora e già qui sono il talamo candido dell'amore divino" 23. La nuzialità che fa della
Chiesa il completamento e il prolungamento dell'essere e della missione del Cristo 24 definisce la correlazione tra i due
soggetti, ma stabilisce anche una unità indissolubile per cui non si può più parlare della Chiesa senza il suo sposo e
Signore, né dei Cristo senza implicare la Chiesa come viene espresso, oltre che dall'immagine sponsale, anche
dall'immagine che potremmo considerare parallela e integrativa del capo e del corpo (Cfr Atti 5, 31; Ef 1, 22; 4, 15-16 5,
23; Col 2, 19) . Anche sotto questo aspetto la riflessione di Sant'Agostino risulta particolarmente illuminante: "Tutta la
Chiesa infatti è sposa di Cristo e il suo principio e primizia è la carne di Cristo; là c'è la sposa unita nella carne allo sposo ...
a questa carne è unita la Chiesa, e ne sorge il Cristo totale, Capo e corpo"25.
Il terzo passaggio della nostra riflessione ci porta a costatare come questa ampia riflessione teologica, incentrata
sulla figura di Gesù sposo e sul suo rapporto nuziale con la Chiesa, confluisca quasi naturalmente all'interno della
correlazione tra il maschile e il femminile e divenga il fondamento biblico-teologico del matrimonio26. Per lungo tempo ci
si è interrogati nella Chiesa sulla possibilità o meno di iscrivere il matrimonio tra i sacramenti. Una delle difficoltà veniva
dal fatto che Gesù, a differenza degli altri segni sacramentali, sembrava non aver operato nulla di specifico nei confronti del
matrimonio. Con il Concilio di Trento la Chiesa ha definitivamente inserito il matrimonio tra i sette sacramenti ed ha aperto
la feconda fase di confronto e di ricerca teologica sulle componenti specifiche delle nozze cristiane: essenza del sacramento
(materia e forma per usare le espressioni classiche), ministri, effetti di grazia etc... Oggi è ormai chiaro, e risulta ancor più
comprovato da tutta la riflessione svolta fino ad ora in questa ricerca, che il matrimonio come sacramento non si fonda su di
un intervento specifico di Gesù, ma trae significato da tutta la vicenda sponsale del Cristo nei confronti della sua comunità..
L'amore dell'uomo e della donna che si uniscono in matrimonio diventa così segno efficace della relazione tra Cristo e la
Chiesa, tanto che San Paolo descrive il rapporto tra il marito e la moglie come una tipica espressione della sequela e cioè
della scelta di essere sottomessi a Cristo "Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo" (Ef 5, 21). Prosegue la sua
riflessione individuando nell'atteggiamento dell'uno nei confronti dell'altro la tipologia del rapporto che intercorre tra Cristo
e la Chiesa (Ef 5, 22-30). E' questo innesto della reciprocità coniugale nella relazione Cristo-Chiesa che fa della coppia
cristiana una "immagine trasparente e quindi "sacramentale" della grande parabola nuziale che collega le nozze primordiali
a quelle escatologiche: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una
carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!" (Ef 5, 31-32). Il collegamento operato da
Paolo tra la condizione creaturale prefigurata da Adamo ed Eva e la realtà salvifica realizzata da Cristo e dalla sua unione
sponsale con la Chiesa, filmo del sacramento del matrimonio un elemento essenziale della storia della salvezza a partire
dalla creazione fino al compimento della storia: dal riconoscimento iniziale di Adamo ed Eva (cfr Gn 2, 18-25) allo
splendore della sposa che scende dal Cielo (Ap 21, 2-7). E' questo parabola teologica che accompagna la rivelazione
dell'amore di Dio, dall'inizio alla fine, che Gesù richiama come fondamento sacramentale quando parla ai farisei
denunciando la loro durezza di cuore e ricordando il significato originario del matrimonio: "Ed egli rispose: "Non avete
letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha
congiunto, l'uomo non lo separi". Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla
via?". Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da
principio non fu così"" (Mt 19, 4-8). Cristo è venuto a svelare con la sua fedeltà incondizionata, con la sua donazione
totale, con la fecondità della sua dedizione amorosa il significato originario del matrimonio che, sebbene fosse stato
affidato fin dall'inizio ad Adamo e Eva era andato smarrito con il peccato. Cristo rende espliciti e porta a compimento nella
vita degli sposi cristiani ciò che è iscritto fin dal principio nel cuore dell'uomo, ma che il peccato ha reso indecifrabile e che
solo la grazia può restaurare e manifestare. Anche tra il sacramento e la missione sponsale del Cristo c'è una reciprocità. Se
il matrimonio cristiano ha la sua radice in Cristo sposo della Chiesa, questa verità teologica viene continuamente
riproposta, illuminata e approfondita da ogni esperienza sacramentale. Agli sposi è affidato il compito di testimoniare la
sponsalità di Cristo e della Chiesa e di dame ragione agli uomini di oggi che spesso hanno perso di vista il senso e il destino
sponsale dell'esistenza umana27.
La quarta prospettiva a cui ci apre la sponsalità di Cristo è la dimensione escatologica. Nei brani evangelici in cui
si fa uso del titolo di Sposo (Mc 2, 19-20; Gv 3, 29; Mt 22, 2; 25, 1-13; Lc 12, 36) si è sempre di fronte ad una chiara
prospettiva escatologica. Anche San Paolo fa riferimento alla prospettiva escatologica delle nozze (2Cor 11, 2). Diventa poi
un tema dominante nell'Apocalisse (Ap 19, 6-9; 21, 21, 2-7.9; 22, 17). Il discorso potrebbe diventare molto ampio. In
questo momento ci interessa solo evidenziare alcuni aspetti più significativi per cogliere qualche altro elemento teologico
della figura di Gesù come sposo. Dalle parole di Gesù ai farisei e ai discepoli di Giovanni: "Possono forse digiunare gli
invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni
in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno" (Mc 2, 19-20). In questo testo si ha da una parte la conferma che lo
sposo e già in mezzo ai suoi amici per cui occorre far festa e godere dei beni messianici, ma dall'altra si annuncia
l'allontanamento dello sposo e il tempo del digiuno nell'attesa del suo ritorno. Il tema dell'allontanamento si ricollega al
distacco di Dio dalla sua sposa descritto da Isaia (cfr 54, 7-8) e può prefigurare sia H lutto che accompagna la
consumazione sacrificale delle nozze, sia il discorso del Cristo che va a preparare un posto nel grembo del Padre. Cristo ha
portato a compimento l'attesa antica ed ha svelato il volto dello sposo realizzando l'unione sponsale con la Chiesa, ma
questa è ancora una tappa verso l'avvento del regno quando anche il segno nuziale lascerà il posto al banchetto eterno,
quando vedremo il volto del Padre e goderemo senza fine della sua amorosa presenza. Per questo le parabole del Regno pur
affermando le nozze già realizzate con l'avvento di Cristo, richiamano all'attesa vigilante della parusia.
Nella stessa linea può essere letto il testo giovanneo che descrive la figura di Giovanni Battista come amico dello
sposo28. L'evangelista fa riferimento alla formula giudaica del matrimonio che distingueva nettamente l'atto del
fidanzamento ufficiale (gli 'erusin o quiddushin = consacrare, santificare) dall'introduzione solenne della sposa che
avveniva dopo un po' di tempo (circa un anno) che costituita la festività delle nozze (i nissu'in). La testimonianza di
Giovanni Battista è quella dell'amico che accompagna la sposa e partecipa all'esclamazione di gioia dello sposo che recita
la solenne preghiera di benedizione29. La coscienza di Giovanni battista diventa la coscienza della Chiesa e la
consapevolezza di ogni credente di trovare in Cristo il compimento dell'antico fidanzamento: "Ti fidanzerò con me per
sempre, ti fidanzerò con me nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella felicità e
tu conoscerai il Signore" (Osea 2, 21-22). "In questa luce la testimonianza, che il Battista fa di Gesù come sposo, è
decisamente l'affermazione culminante dello sviluppo tematico che l'autore del quarto Vangelo ha iniziato a Cana e che
conclude in 3, 29. Con essa il Precursore afferma la superiorità di Gesù, ne giustifica la novità nella dottrina e nella prassi,
convinto che è giunto il tempo delle nozze messianiche" 30. Anche San Paolo ricorrendo alle usanze giudaiche manifesta la
sua premura per l'integrità della sposa e si preoccupa di ricordare H suo impegno di garante nei confronti dello sposo per il
tempo del fidanzamento: "lo provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a m unico sposo, per
presentarvi quale vergine casta a Cristo" (2Cor 11, 2). La comunità di Corinto è una comunità già ufficialmente sposata a
Cristo (Quiddushin), che cammina verso il compimento degli sponsali (Nissu'in). La Chiesa vive "nella gioia tra i due
tempi, tra il Quíddushin e il Nissu'in; essa è già stata sposata da Cristo, è unita a lui e nessuno potrà staccarla dall'amore del
suo Signore e vive di conseguenza nella storia in una dimensione di fiduciosa attesa della consumazione definitiva delle
nozze"31.
Ma la prospettiva delle nozze escatologiche trova la sua massima espressione nel libro dell'Apocalisse dove è
ancora più chiaro che la Chiesa vive nel clima della sponsalità instaurato dall'Agnello, ma resta ancora in attesa della
nuzialità perfetta e definitiva che si realizzerà solo al termine della storia della salvezza quando avranno luogo le nozze
gloriose dell'Agnello. Possiamo contemplare i preparativi della fidanzata e sposa: "Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa
dell'Agnello" (Ap 21, 9) e già pregustiamo la gioia della festa senza fine: "Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui
gloria, perché son giunte le nozze dell'Agnello; la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente" (Ap
19, 7-8) e la Chiesa, Nuova Gerusalemme, "scende dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap
21, 2). La comunità dei credenti partecipa intimamente a questo evento nuziale e ancora immersa nel tempo dell'attesa
rivolge con lo Spirito la sua appassionata invocazione "Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!. E chi ascolta ripeta: Vieni!"
(Ap 22, 17). In questo incontro ultimo si realizza anche la vera beatitudine come l'angelo insegna a Giovanni: "Allora
l'angelo mi disse: Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello!" (Ap 19, 9). Il banchetto appare come la
super immagine escatologica a cui la sposa prende parte, ormai purificata e trasfigurata dall'amplesso pasquale, per essere
pura trasparenza dell'amore e pieno compiacimento dello Sposo nel giorno del Ieros gamos tra Cristo e l'umanità redenta 32.
4. La sponsalità di Cristo nella teologia contemporanea
Nella riflessione teologica più recente la figura di Gesù sposo non riscontra approfondimenti significativi. Ma
questo dato non deve trarci in inganno. Infatti, se è evidente la mancanza di studi specifici o di riflessioni sull'immagine
sponsale di Gesù, esiste comunque un filone poco conosciuto di indagine teologica in cui la figura di Gesù Sposo viene
inserita nel quadro più ampio della riflessione trinitaria, soteriologica ed ecclesiologica. In questo quadro teologico
l'identità sponsale di Gesù acquista un ruolo centrale perché diventa il perno di congiunzione tra la realtà trinitaria, il
mistero della creazione, la redenzione e la glorificazione dell'essere umano. Il discorso si fa complesso e rischia di
allargarsi oltre lo specifico della nostra ricerca per questo ci limiteremo a tre autori che nella nostra epoca hanno preso in
considerazione questa tematica. Partiremo dallo Scheeben che per primo nel secolo scorso ha tentato il recupero e
l'approfondimento di temi già familiari ai Padri della Chiesa, vedremo poi come il tema sponsale sia al centro della
riflessione di von Balthasar e infine concluderemo con alcune riflessioni del Martelet sintetizzate nelle 16 tesi cristologiche.
Lo Scheeben inserisce l'evento salvifico dell'incorporazione a Cristo e dell'appartenenza alla sua Chiesa nel quadro
sponsale dell'incarnazione e della comunione eucaristica. Per lo Scheeben è importante "considerare l'incorporazione di
tutte le membra della Chiesa in Cristo come un misterioso sposalizio con l'Uomo-Dio. Cristo con l'Incarnazione ha assunto
la natura nostra, per sposarsi, in essa, a noi. L'incarnazione in sé è già tale cosa, che dai SS. Padri viene rappresentata come
uno sposalizio col genere umano, in quantoché in essa si trova virtualmente tutto ciò che porta all'unione perfetta dei Figlio
di Dio con gli uomini. Ma il rapporto d'unione, che ha in essa il suo fondamento, si attua solamente nella Chiesa. L'uomo
con la fede deve stringersi al suo Sposo divino, il quale suggellerà nel battesimo il suo patto con lui come per mezzo
dell'anello nuziale. L'uno e l'altro però avviene unicamente perché l'uomo e l'Uomo-Dio, mediante una reale comunione
della carne e del sangue, possono fondersi in una carne sola nell'Eucaristia, onde l'uomo sia fecondato nel modo più
perfetto con la virtù della grazia del suo Capo. Ogni anima, quindi, entrando nella Chiesa diviene vera sposa del Figlio di
Dio; tanto che questi, per bocca dell'Apostolo, non solo paragona la sua unione con la Chiesa e con le sue membra e il suo
amore per essa all'unione matrimoniale, ma la propone come esempio e modello di questa. Tale unità peraltro, è un mistero
meraviglioso e ineffabile che sorpassa di troppo ogni concetto dell'uomo naturale. Pertanto, se la Chiesa in tutte le sue
membra è il Corpo e la Sposa di Cristo, è naturale che la virtù del suo Capo e lo Spirito del suo Sposo divino domini in essa
da signore"33.
In questo passo ci viene offerta una mirabile sintesi della relazione sponsale tra Cristo e i credenti alla luce
dell'incarnazione e dell'eucaristia. Sebbene la sintesi sia chiara ed efficace, sostanzialmente vengono riproposti temi già
conosciuti e accolti nella tradizione della Chiesa. La vera originalità dello Scheeben e la novità della sua riflessione emerge
invece in un'appendice alla trattazione del mistero trinitario quando sviluppa il parallelo tra le relazioni umane all'interno
della realtà familiare e le relazioni intratrinitarie. Il punto di appoggio per lo sviluppo di questa analogia è il tema paolino e
poi patristico della correlazione tra Adamo e Cristo, Eva e la Chiesa. Il discorso dello Scheeben è ricco di suggestioni e di
spunti difficili da sintetizzare in poche righe. Riportiamo solo alcuni passaggi più significativi ai fini della nostra
riflessione. Per spiegare le processioni divine e in modo particolare la generazione della seconda persona e la spiratone
dello Spirito, il nostro autore ricorre all'analogia con l'ordine creato, convinto che esista "un'immagine imitativa della
seconda produzione divina, immagine che, parte con paralleli, parte con antitesi, mette questa in chiarissima luce sotto
molti aspetti ... " 34. Offre quindi questa spiegazione: "Dio, togliendo Eva da una costa di Adamo, volle far sì che la natura
umana, nei rappresentanti dell'unità del genere, padre, madre e figlio, procedesse da un principio solo, come la natura
divina dal Padre passa nel Figlio, e dal Padre e dal Figlio nello Spirito Santo. Egli volle che l'unità dei genere, nell'umanità,
rappresentasse una copia più fedele che fosse possibile dell'unità di natura delle persone divine. Come in Dio il Figlio
procede soltanto dal Padre e lo Spirito Santo viene ad essere come il frutto, la corona e il suggello della loro unità; così,
nell'umanità, la donna per prima doveva provenire dall'uomo soltanto, e il figlio doveva formare il frutto e la corona
dell'unione dell'uomo con la donna" 35. A questa riflessione trinitaria, poi ampiamente spiegata in tutte le sue implicanze di
somiglianza e dissomiglianza, fa seguito l'applicazione cristologica in cui risalta la dimensione sponsale dei rapporto
Cristo-Chiesa: "I santi Padri sull'esempio dell'Apostolo, considerano Cristo come il nuovo e vero Adamo, di cui il primo
non era che un'immagine; e insegnano che la Sposa di Cristo, la Chiesa, nuova Eva, scaturì in modo simile dalla costa del
nuovo Adamo, come la prima Eva era uscita dalla costa dei primo Adamo, essendo che l'elemento vitale divino, che
costituisce la Chiesa come Sposa di Cristo, è stato preso dal fianco del nuovo Adamo, immerso nel sonno della morte per
amore. Questo principio vitale non è altro che lo Spirito Santo, il quale, come ha la sua esistenza dalla divinità del Figlio di
Dio, così anche per mezzo dell'umanità e dall'umanità di esso entra nella Chiesa per fecondarla con la virtù del Figlio di
Dio: e il torrente di sangue che scorre dal suo cuore sulla Chiesa e nella Chiesa, purificandola e vivificandola, è il veicolo e,
al tempo stesso, il simbolo della temporale e quindi inoltre della eterna effusione dello Spirito Santo" 36.
Questo typos teologico sviluppato sulla corrispondenza di significati tra lo scaturire di Eva dal costato di Adamo e
della Chiesa dal costato del Cristo addormentato sulla Croce, verrà ripreso e approfondito in diversi contesti da von
Balthasar nella sua monumentale opera37. Anche questo secondo autore ritiene importante lo stato originario di Adamo ed
Eva sia in ordine alla rivelazione delle relazioni trinitarie, in quanto si riflettono e quindi manifestano se stesse nella
creazione del genere umano, sia in ordine al piano della salvezza che può essere considerato anche come restaurazione e
compimento della condizione originaria delle prime creature umane non ancora private, a causa del peccato, della
comunione con Dio. Il grande teologo svizzero analizza il tema da svariati punti di vista che qui possono essere richiamati
solo per sommi capi 38. Balthasar pone alla base della sua filosofia e della sua teologia una "meta-antropologia"39 attraverso
cui assume in tutta la sua drammaticità la condizione umana per individuarne l'essenza più profonda e l'identità ultima che
sconfina nel mistero dell'amore di Dio. In questo senso gli va riconosciuto il grande merito di aver sempre coniugato
strettamente il mistero dell'uomo con quello di Dio, individuando nella "universale-singolarità" di Cristo, vero Dio e vero
uomo, il punto di incontro, allo stesso tempo storico e sovrastorico, tra la manifestazione di Dio e il destino dell'uomo.
Tra gli aspetti più caratteristici della sua riflessione teologica possiamo segnalare la grande rilevanza data al
mistero trinitario indagato, per la prima volta nella storia della teologia 40, ricorrendo alla categoria sponsale e alla stessa
polarità sessuale. Balthasar utilizza l'esemplarità teologica dello scaturire di Eva dal cuore di Adamo, non solo nella
prospettiva cristologica, ma anche in quella trinitaria: "Lo scaturire di Eva dall'unico, vivente corpo di Adamo, è divenuta
un'immediata immagine fisica del sorgere dell'eterno consustanziale Figlio dalla sostanza del Padre. Il prelevamento della
costola è per Adamo una grazia che lo eleva infinitamente: la grazia di poter partecipare all'autodonazione del Padre al
Figlio; il Padre per così dire si priva della propria divinità per donarla al suo eternamente consustanziale Figlio. E' la ferita
dell'amore che Dio imprime in lui per introdurlo nel mistero dell'amore divino, che consiste in pura autodonazione senza
limite"41. Questa lettura analogica, nuova ed originale, spinge poi Balthasar ad utilizzare le categorie del maschile e del
femminile per definire anche le processioni e le missioni tra le tre persone divine la cui unità si manifesta nel dono
reciproco. "L'unità divina del fare e del lasciar fare (di cui si è dimostrata l'equipollenza nell'amore) si traduce
mondanamente nella duplicità dei sessi. Trinitariamente il Padre appare certo, in quanto generante non originato,
primariamente (super-)maschile; il Figlio, in quanto colui che si lascia avvenire, a tutta prima (super-)femminile, ma poi, in
quanto attivamente espirante con il Padre, di nuovo come (super-)maschile; lo Spirito come (super-)femminile. E mentre il
Padre, come già indicato, si lascia nel suo generare ed espirare con-determinare da sempre dai procedenti da lui, c'è perfino
in lui un che di (super-)femminile, senza che per questo venga intaccato il suo primato nell'origine. Ma proprio l'elemento
trinitario in Dio vieta una proiezione del mondano-sessuale nella divinità (come avviene in molte religioni e nelle syzygie
gnostiche); ci si deve accontentare di vedere la sempre nuova reciprocità del fare e del lasciar fare (che è per sua parte una
forma di attività e di fecondità) come l'origine immisurata di quanto verrà tradotto nel mondo della vita creata come forma
e possibilità dell'amore e della sua fecondità sul piano sessuale" 42.
A partire da questa analogia tra la creazione di Adamo ed Eva e le processioni trinitarie Balthasar sviluppa la
teologia dello stato originario per cui alla copia originaria (Urbild) delle relazioni trinitarie fa riscontro la copia derivata
(Abbìld) delle relazioni umane. Il rapporto tra le due realtà, umana e divina, è garantito dal Figlio per mezzo del quale sono
state fatte tutte le cose e che verrà a restaurare la somiglianza con Dio perduta dall'uomo a causa del peccato. Il mistero
dell'incarnazione realizza così ciò che la creazione prefigurava e cioè la vocazione alla piena comunione tra Dio e l'uomo,
mentre l'evento pasquale sancisce la nuova ed eterna alleanza tra il creatore e la creatura, tra Cristo e la Chiesa, tra lo sposo
e la sposa. Balthasar analizza in diversi testi questo incontro sponsale tra il redentore e la Chiesa 43 , ma le espressioni più
dense di significato le troviamo negli inni poetici a Cristo cuore del mondo: "A te, mia Chiesa, ho affidato questa fonte. Da
te, che sei il Mio corpo, dal tuo fianco aperto flotta fuori, a ristoro dei popoli. Come tu stessa, nuova Eva, balzasti dal mio
sonno, lo vita divina, erompo fuor di te. Le tue mani mi compartiscono come pane del mondo... Tu sei scaturita dal mio
cuore, ed lo ho posato sul tuo cuore. Nelle doglie t'ho generata sulla croce e tu fino alla fine del mondo mi porterai tra i
dolori, come la donna in travaglio... Tu stessa sei il cuore santo dei popoli, santo in virtù mia, ma tale che da uno il mondo
per me, rinviando le onde del mio sangue attraverso il corpo della storia. In te matura la mia redenzione, lo stesso cresco
fino a raggiungere la pienezza della mia forma, finché uno nella dualità con te, nel vincolo della carne duplice, nell'unità di
te, mia sposa e mio corpo, lo ponga ai piedi del Padre il Regno che noi siamo. Il vincolo del nostro amore è senso del
mondo. Tutto vi si consuma e si compie. Poiché il significato del cosmo è amore" 44.
La figura di Cristo sposo assume nella teologia di Balthasar un ruolo centrale e non c'è passaggio della sua
riflessione sul mistero della Chiesa che non faccia riferimento alla relazione sponsale con Cristo. Possiamo concludere
questa velocissima analisi dell'impostazione teologica di Balthasar con uno dei tanti testi sul rapporto tra Cristo Sposo e la
Chiesa sposa in cui si vede che il riferimento non è solo simbolico, ma profondamente radicato nella struttura sessuata della
realtà umana: "In questo tema bisogna evitare ogni rigida definizione; infatti la sposa stessa è prolungamento e un prodotto
della vitalità di Cristo e la sua fecondazione mediante l'istituzione è soltanto una garanzia per la durevole trasmissione della
vita a partire da Cristo. In altri termini e ricordando cose già dette: se l'emergere della sposa dallo sposo ha per modello
previo l'emergere supralapsarico di Eva da Adamo, così la fecondazione della sposa mediante lo sposo ha per modello il
rapporto sessuale infralapsarico. Tutte e due i rapporti hanno una partecipazione simbolicamente prefigurativa alla
relazione che ha qui valore, il che può essere senz'altro riconosciuto nella dedizione sia eventualistica che sacramentaleistituzionale del corpo eucaristico di Cristo alla sposa Chiesa (che al tempo stesso emerge da questo corpo)" 45.
Da ultimo è necessario segnalare le sedici tesi cristologiche del Martelet in riferimento al matrimonio che
assumono un certo rilievo per i contenuti e per l'autorevole contesto in cui sono state formulate 46. Nelle sedici tesi viene
dimostrata la sacramentalità del matrimonio a partire dall'inserimento del patto coniugale nella sacramentalità della Chiesa
in cui, a partire dall'incarnazione, si realizza il mistero sponsale dell'unione di Cristo con il corpo ecclesiale. "La chiesasacramento - si afferma nella prima tesi -, partecipa anche al mistero che si può chiamare coniugale: Cristo è legato ad essa
con un amore che fa della Chiesa la sposa di Cristo, nella forza di un solo Spirito e nell'unità di un solo corpo"47. Se
l'unione sposale dei Cristo con la Chiesa offre lo sfondo sacramentale al matrimonio, dall'altra parte il matrimonio diventa
segno per eccellenza del legame tra Dio e il suo popolo, tra Cristo e la Chiesa come affermato da San Paolo (Cfr Ef 5, 2232). Il Martelet a questo punto richiama la centralità e il significato del titolo di Sposo e lo pone come fondamento della
teologia del matrimonio: "Perciò la cristologia del matrimonio si deve iniziare da questo titolo di sposo e dal mistero che
esso richiama"48. Per capire la funzione e il ruolo sponsale di Cristo nei confronti della Chiesa anche il Martelet propone il
parallelo tipologico con la figura dei progenitori e sottolinea l'assoluta novità del passaggio dal primo Adamo al nuovo
Adamo, ma nello stesso tempo riafferma che sarebbe restata incomprensibile razione sposale del nuovo Adamo se non
fosse esistito il primo: "Adamo non è comprensibile senza Cristo, ma anche Cristo, a sua volta, non è comprensibile senza
Adamo, vale a dire senza l'umanità intera - come anche senza tutto ciò che è umano - la cui apparizione è salutata nella
Genesi come voluta da Dio in modo assolutamente particolare... Con Cristo appare nel mondo lo sposo per eccellenza che
può, in quanto "secondo" e "ultimo" Adamo, salvare e ristabilire la vera coniugalità che Dio non cessa di volere per il bene
del "primo""48. Solo l'amore di Cristo sposo può ritessere le trame del disegno sponsale che l'uomo ferito dal peccato può
solo desiderare, ma che non è più in grado di realizzare con i suoi mezzi. All'uomo segnato dal peccato sfugge che cosa sia
l'amore, "da allora l'amore che rimane fedele, la coniugalità che "la durezza dei nostri cuori riduce a sogno impossibile,
ritrova in Gesù uno stato che solo lui, in quanto ultimo Adamo e sposo per eccellenza, ha il potere di comunicargli
nuovamente"49. Da questa assoluta novità che scaturisce dall'incontro sacramentale con Cristo sposo, derivano anche le
caratteristiche del matrimonio cristiano fedele, indissolubile e fecondo. Sono caratteristiche che rivelano il radicamento
nella fede di un'esperienza d'amore che viene purificata, elevata e consacrata con il sacramento. I coniugi cristiani si
trovano così a vivere ed incarnare il mistero stesso della Chiesa: "Nel cuore della Chiesa, gli sposi attestano che
s'impegnano nella vita coniugale attendendo da Cristo la forza di attuare questa forma di amore che, senza di lui, è esposta
al pericolo. In questa maniera, il mistero caratteristico di Cristo come sposo della Chiesa, s'irradia e può irradiarsi sulle
coppie che gli sono consacrate" 50. Da questa impostazione incentrata sulla novità assoluta della relazione sponsale con
Cristo, in cui i coniugi sono inseriti tramite la mediazione sacramentale della Chiesa, risultano anche con maggiore
chiarezza il ruolo dei coniugi come ministri e le proprietà del matrimonio cristiano necessariamente unico, fedele e
indissolubile 51.
5. La figura di Gesù sposo nell'insegnamento magisteriale di Giovanni Paolo Il
Abbiamo già visto all'inizio della nostra ricerca come il Concilio Vaticano II nella Lumen gentium assuma il tema
del Cristo sposo per definire il particolare legame che lo unisce alla Chiesa. Nel descrivere poi la Chiesa come corpo
mistico la stessa costituzione dogmatica ritorna sul tema della sponsalità: "Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, e si
è reso esempio del marito che ama la sua moglie come il suo proprio corpo (cfr. Ef 5, 25-28); la Chiesa poi è soggetta al
suo Capo"52. La figura di Cristo sposo ritorna poi nella Gaudium et spes quando si approfondisce il tema del matrimonio
nella società contemporanea: "Come un tempo Dio venne incontro al suo popolo con un patto di amore e di fedeltà, così ora
il salvatore degli uomini e sposo della Chiesa viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio"53.
Nei testi conciliari viene recuperata a tradizione patristica e si ricorre all'uso classico della teologia coniugale secondo
l'insegnamento paolino.
Un passo avanti nell'approfondimento del tema si registra con la Familiaris consortio dove, approfondendo la
teologia del matrimonio, il Papa riserva una particolare attenzione alla figura del Cristo sposo: "La comunione tra Dio e gli
uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità,
unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del principio e, liberando l'uomo
dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva
nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se
stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa". Il matrimonio in quanto sacramento è rappresentazione reale dell'unione che
esiste tra Cristo e la Chiesa e l'unica carne degli sposi "rappresenta il mistero dell'incarnazione del Cristo e il suo mistero di
Alleanza"54. È da sottolineare l'estensione del significato sponsale anche all'incarnazione. L'unione della natura umana con
quella divina avvenuta con Incarnazione della seconda persona della Trinità viene rappresentata come evento sponsale.
Diventano così due i poli di riferimento dell'incontro sponsale: da una parte con l'incarnazione si realizza l'assunzione o
meglio l'incorporazione della condizione umana alla vita del Cristo, dall'altra con il Mistero Pasquale si realizza la
definitiva rigenerazione dell'umanità che assume l'immagine della sposa consacrata all'amore dello sposo.
Su questi temi il Papa ritornerà a più riprese nei cicli di catechesi dedicati all'amore umano. In queste riflessioni è
da sottolineare come la figura di Cristo sposo venga sottratto all'esclusivo riferimento alla problematico matrimoniale per
diventare il paradigma della sponsalità che fa da sfondo ad ogni stato di vita e in modo tutto particolare al dono della
verginità. "In quella chiamata alla continenza per il regno dei Cieli, prima gli stessi discepoli e poi tutta la viva Tradizione
della Chiesa scopriranno presto l'amore che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa, Sposo delle anime, alle
quali Egli ha donato se stesso sino alla fine, nel mistero della sua Pasqua e dell'Eucaristia. In tal modo la continenza per il
regno dei Cieli, la scelta della verginità o dei celibato per tutta la vita, è divenuta nell'esperienza dei discepoli e dei seguaci
di Cristo ratto di una risposta particolare dell'amore dello Sposo Divino, e perciò ha acquisito il significato di un atto di
amore sponsale: cioè di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo particolare l'amore sponsale del
Redentore; una donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore" 55. Non mancano poi ulteriori
approfondimenti della teologia paolina del matrimonio che il Santo Padre riprende e sviluppa in diversi discorsi56.
La figura di Cristo sposo, soprattutto in rapporto alla sponsalità della Chiesa, viene ripreso e approfondito dal
Santo Padre anche nelle catechesi sul credo: "Sul terreno preparato dai profeti, il Nuovo Testamento presenta Gesù Cristo
come Sposo per il nuovo Popolo di Dio: è lui quel redentore, il Santo di Israele previsto e annunciato da lontano; è in lui
che si sono compiute le profezie: il Cristo sposo" 57. Due catechesi sono inoltre dedicate alla figura della Chiesa come sposa.
La presentazione che ne viene fatta è organica e ricca di spunti teologici 58.
Il punto più alto di sintesi della riflessione teologica e magisteriale sulla sponsalità del Cristo e della Chiesa, ma
anche in riferimento al cristiano nei diversi stati di vita, è stato raggiunto nella Mulieris dignitatem(MD). Il Papa spiega il
significato dell'amore sponsale ricorrendo costantemente all'analogia che sussiste tra la comunione intratrinitaria e la
chiamata alla comunione interpersonale, tra l'unione di Cristo con la chiesa e il legame sacramentale dell'uomo e della
donna nel matrimonio. Analogia significa che tra due realtà si riconosce una profonda somiglianza nella permanente
dissomiglianza 59. La riflessione sulla sponsalità viene sviluppata in questo documento a partire dai presupposti
antropologici. Se tutta l'antropologia cristiana si riassume nel concetto di persona esistente per se stessa e finalizzata al
dono di sé, la categoria dell'amore sponsale ne diviene pane integrante e diventa il presupposto per ogni specifico
orientamento vocazionale: "Già il libro della Genesi permette di scorgere - afferma il Papa - come in un primo abbozzo,
questo carattere sponsale della relazione tra le persone, sul cui terreno si svilupperà a sua volta la verità sulla maternità,
nonché quella sulla verginità, come due dimensioni particolari della vocazione della donna alla luce della rivelazione
divina. Queste due dimensioni troveranno la loro più alta espressione all'avvento della pienezza del tempo (cfr Gal 4, 4)
nella figura della doma di Nazaret: madre-vergine" (MD n. 7).
Le due dimensioni della vocazione della donna, ma potremmo dire in generale la stessa cosa per l'uomo, trovano la
loro radice e la sorgente ispiratrice nell'amore sponsale nel quale fin dall'inizio l'uomo e la donna sono stati posti da Dio.
Alla base di ogni scelta/risposta vocazionale deve esserci una forte esperienza dell'amore sponsale che lega le creatura al
Creatore. Lo sfondo sponsale come donazione generosa e totale di sé deve trasparire sempre sia nella scelta della maternità
come in quella della verginità60. Il mistero dell'amore sponsale iscritto nel cuore dell'uomo trova la sua "misura definitiva"
in Cristo e nel suo rapporto con la chiesa sposa: "La misura del vero amore sponsale trova la sua sorgente più profonda in
Cristo, che è lo sposo della Chiesa, sua sposa" (MD n. 24). Nel legame con la Chiesa, secondo la descrizione paolina del
"grande mistero", Cristo ci ha offerto il vero paradigma per ogni forma, materna o verginale, di amore sponsale (cfr MD nn.
23. 25). Questo paradigma ha il suo fulcro nell'evento della croce e continua a manifestarsi nella vita della Chiesa
attraverso l'Eucaristia: "Il dono sincero, contenuto nel sacrificio della croce, fa risaltare in modo definitivo il senso sponsale
dell'amore di Dio. Cristo è lo sposo della chiesa, come redentore del mondo. L'Eucaristia è il sacramento della nostra
redenzione. E' il sacramento dello sposo, della sposa. L'Eucaristia rende presente e in modo sacramentale realizza di nuovo
l'atto redentore di Cristo, che crea la Chiesa suo corpo. Con questo corpo Cristo è unito come lo sposo con la sposa" (MD n.
26).
Infine, se l'amore sponsale come carattere fondamentale dell'antropologia cristiana tocca la dignità e la vocazione
di ogni uomo e di ogni donna, il Papa nella sua riflessione dedicata in modo particolare alla donna, si sofferma sulla sua
originale posizione e sul suo particolare "ruolo profetico": "L'analogia dello sposo e della sposa parla dell'amore con cui
ogni uomo è amato da Dio in Cristo, ogni uomo e ogni donna. Tuttavia, nel contesto dell'analogia biblica e in base alla
logica interiore del testo, è proprio la donna colei che manifesta a tutti questa verità: la sposa. Questa caratteristica profetica
della donna nella sua femminilità trova la più alta espressione nella vergine Madre di Dio" (MD 29).
A conclusione di questa veloce lettura dei testi del magistero di Giovanni Paolo II accenniamo solo al particolare
rilievo dato alla figura del Cristo sposo nell'esortazione apostolica Pastores dabo vobis. La figura di Gesù Sposo viene
presentata come modello della carità e dell'amore che i pastori devono nutrire nei confronti della chiesa e di ogni suo
membro. Il sacerdote "è chiamato, pertanto, nella sua vita spirituale a rivivere l'amore di Cristo sposo nei riguardi della
Chiesa sposa. La sua vita dev'essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere
testimone dell'amore sponsale di Cristo, di essere quindi capace di amare la gente con cuore nuovo grande e puro, con
autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele, e insieme con una specie di "gelosia divina" (cfr 2Cor 11,
2), con una tenerezza che si riveste persino di sfumature dell'affetto materno, capace di farsi carico dei "dolori dei parto"
finché "Cristo non sia formato" nei suoi fedeli" 61.
6. Conclusione
Dalla breve ricognizione biblica e teologica sulla figura del Cristo sposo emerge con chiarezza la necessità di
prestare una maggiore attenzione a questo titolo cristologico. L'utilizzo neotestamentario dell'analogia e la rilevanza
teologica della tematica nuziale nel contesto più ampio di tutta la rivelazione biblica confermano quanto per Gesù stesso sia
stato importante il riferimento alla simbologia sponsale. Ma Gesù non trae solo spunto da tale simbologia, la assume come
ambito efficace per manifestare il significato e il valore della sua missione di salvezza. Gesù non si comporta come uno
sposo, ma è a tutti gli effetti, in forza dell'incarnazione, lo sposo per eccellenza dell'umanità e dal suo amore totale e
incondizionato, manifestato con il dono della sua vita sulla Croce, scaturisce la Chiesa sua sposa, con cui finito il tempo del
fidanzamento, celebrerà le nozze eterne nella casa del Padre.
Sebbene la figura di Cristo sposo rimandi all'evento delle nozze, la stessa presenza alle nozze di Cana, come tutta
la riflessione teologica sviluppata in questo studio, dimostrano che è riduttivo l'utilizzo di questa immagine solo in
riferimento al sacramento del matrimonio. Anche la grande analogia paolina non deve trarci in inganno. Il grande mistero è
il rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa. Per l'intima connessione con questo mistero l'unione matrimoniale dell'uomo e
della donna assume il valore di vocazione alla sequela e alla testimonianza dell'amore sponsale del Cristo. Ma, come fa
notare il Santo Padre, la relazione sponsale con Cristo è da far risalire all'incorporazione battesimale per cui ogni esistenza
cristiana è contrassegnata da questo legame e quindi ogni vocazione, coniugale o verginale che sia, ha come presupposto e
come condizione di sussistenza l'unione sponsale con il risorto.
La figura di Cristo sposo può inoltre diventare un riferimento importante per la ricerca teologica sia per quel che
concerne la cristologia in quanto tale sia per i problemi riguardanti l'ecclesiologia, dove una maggiore attenzione allo
stretto legame esistente tra le due immagini del Cristo capo in rapporto al corpo e del Cristo sposo in rapporto alla sposa
potrebbero far comprendere meglio la natura comunionale e gerarchica della Chiesa. La rilevanza dell'immagine di Cristo
come sposo rivendica quindi una maggiore attenzione nei confronti della teologia sponsale, senza della quale la stessa
categoria biblica dell'alleanza mancherebbe del suo contenuto più forte e tipicamente cristiano, come del resto anche
l'Eucaristia, il Mistero Pasquale e l'attesa della Parusia, senza un chiaro riferimento ai temi della sponsalità resterebbero
privi dell'elemento più intimo e vivificante.
Note
1. Cfr. J. JEREMIAS, art.numfe, numfios in GLNT, VII, Brescia 1971, 1439-1458. Nell'interpretazione di
Jeremias l'espressione "nessun digiuno finché lo sposo è con loro" (Mc 2,19 e par.), significherebbe "durante la
celebrazione delle nozze" per cui Gesù vorrebbe semplicemente mettere in evidenza, in forma parabolica, "che già ora i
discepoli son presi dalla gioia dell'imminente tempo della salvezza e sono in possesso dei doni salvifici che questo tempo
comporta (ibid., 145 1)". Anche la parabola delle dieci vergini non avrebbe alcun significato allegorico-sponsale:
"Abbiamo quindi anche in Mt 25, 1-13 una parabola - afferma ancora Jeremias -, non un'allegoria. Non si parla di Cristo
sposo celeste e del ritardo della parusia, ma della repentinità con cui la catastrofe finale irromperà sugli uomini e del
giudizio che colpirà gli impreparato (ibid, 1453)". Il noto esegeta conclude poi l'articolo affermando: "Si deve assumere,
benché non si possa rigorosamente dimostrare, che l'applicazione al Soter dell'immagine del numfios, molto diffusa
nell'ellenismo (specialmente nella gnosi) e derivata dal mito, abbia influito sull'allegoria neotestamentaria di Cristonumfios che s'incontra per la prima volta in Paolo" (ibid, 1457).
2. Appellandosi a Jeremias alcuni esegeti danno per scontata l'interpretazione parabolica dei testi evangelici. E' la
posizione fatta propria da BARBAGLIO che commentando 2Cor 11, 2 afferma: "Sulla bocca di Gesù infatti, è vero, sono
risuonate due parabole incentrate nell'immagine sponsale, ma sembra di dover escludere qualsiasi significato allegoricomessianico", G. BARBAGLIO, L'allegoria sponsale in 2Cor 11, 2, in Lo sposo e la sposa, n. 13 di Parola, Spirito e Vita
(1986/1), p.145.
3. L. SABOURIN S. J., Il vangelo di Matteo, Vol. Il, Roma 1977, pp. 546-550.
4. Commentando Matteo 9,15 S:GIROLAMO afferma:"Sponsus Christus, Sponsa Ecclesia este…Quando vero
transierint nuptiae, et passionis ac ressurrectionis tempus advenerit, tunc sponsi filii jejunabunt", PL 26,58.
5.R. SCHNACKENBURG, The Gospel according to St. John, Vol. 1, p. 417 citato da L. SABOURINS. J., Il
vangelo di Matteo, cit., p. 548.
6. H.U. VON BALTHASAR, Gloria, Vol VII, Nuovo patto, Milano 1975, pp. 423-424.
7. Un'interessante, anche se sintetica, ricognizione biblica e patristica sulla figura di Gesù sposo viene fatta da A.
GENTILI, Se non diventerete come donne , Milano 1987, pp. 122-128. "Sembra che tutta la pastorale neotestamentaria,
impregnata di sponsalità, consista nei gioiosi e laboriosi preparativi di un lungo, appassionato fidanzamento, che si esprime
nella veglia amorosa delle vergini prudenti (Mt 25, Iss) e nell'incessante invocazione della comunità, la sposa, che sotto
razione dello Spirito dice "Vieni" (Ap 22, 17)", cfr., p. 125.
8. Per un approfondimento esegetico cfr. E. TOGNOCCHI, Le nozze di Cana. Nuova alleanza nuziale tra Dio e
l'umanità, Assisi 1991.
9. Cfr I.DE LA POTTERIE, S.J., Le nozze messianiche e il matrimonio cristiano, in Lo sposo e la sposa, n. 13 di
Parola, Spirito e Vita(1986/1), pp. 87-104. L'autore introduce l'analisi esegetica con due citazioni che mettono in evidenza
il significato sponsale del testo giovanneo e che richiamano l'interpretazione tipologica e simbolica già abituale presso i
Padri della Chiesa. La prima è dei teologo svedese H. Sahlin (1950): "Alle nozze di Cana in fondo, è Gesù stesso che è lo
sposo; la sposa è Sion, rappresentata dalla Madre di Gesù, ma d'altra parte anche dai suoi discepoli. Il miracolo del vino
raffigura teologicamente le nozze messianiche, che si identificano con la grande festività della pasqua o con il tempo della
salvezza". La seconda è del filosofo e teologo E. Przywara (1954) che afferma: "nel segno delle nozze di Cana in Galilea,
viene compendiata la totalità del segno delle nozze dei Regno di Dio". "Il segno di Cana - commenta De La Potterie diventa cioè una Chiave di lettura per tutto il quarto Vangelo", cfr. ibid., pp. 87.88.
10. Per il rapporto tra Gesù e Maria, cfr ID., Maria nel mistero dell'alleanza , Genova 1988.
11. L. ZANI, Lo Spirito e la sposa dicono vieni, Trento 1992, p. 40.
12. J. GALOT S.J., Chi sei tu o Cristo?, Firenze 1977, pp. 110-111.
13. Cfr G. RAVASI, Il rapporto uomo-donna simbolo dell'alleanza nei profeti, in Lo sposo e la sposa, n. 13 di
Parola, Spirito e Vita (1986/1), pp. 41-56; L. ALONSO SCHOKEL, Simboli matrimoniali nell'AT, in L'antropologia
biblica, Napoli 1981, pp. 365-387; L. ZANI, Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni cit., pp. 5-24.
14. Tra i Commenti più recenti cfr G. GARBINI, Cantico dei Cantici, Brescia 1992; G. RAVASI, Il cantico dei
Cantici, Bologna 1992.
15. Scrive Origene all'inizio dei suo Commento al Cantico: "Questo epitalamio, cioè carme nuziale, mi sembra che
sia stato scritto da Salomone a mò di azione drammatica, ed egli lo ha cantato a guisa di sposa promessa che va a nozze e
che arde di amore celeste per il suo sposo, che è il Verbo di Dio. Infatti lo ha amato, sia anima che è stata fatta a sua
immagine, sia la Chiesa. E questo libro ci insegna anche quali parole ha usato questo magnifico e perfetto sposo
rivolgendosi a colei che a Lui era unita, sia anima, sia Chiesa", ORIGENE, Commento al Cantico dei Cantici, (Tr. it. a cura
di M. Simonetti) ROMA 1976, p. 33.
16. J.GALOT S.J., Chi sei tu, o Cristo? 21 cit., p. 108.
17. Una interessante lettura esegetica, teologica e pastorale delle Parabole sul terna delle Nozze è stata presentata
in un recente dossier a cura di AA.VV., Gli invitati alle nozze, in Vita Pastorale, 7 (1993) pp. 114-148.
18. E' nella liturgia, più che nella teologia, che si è affermata fin dai ù primi secoli la consapevolezza che
l'incarnazione è un evento tipicamente sponsale. Si recita infatti nell'antifona al Benedictus della solennità dell'Epifania:
"oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume giordano, si unisce a Cristo suo Sposo, accorrono i magi alle nozze regali e
l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia".
19. SANT'AGOSTINO, Confessioni, 4,12,19.
20. Commenta ancora Sant'Agostino: "Quando si addormentò sulla croce Cristo fungeva da simbolo, anzi
adempiva quanto era stato prefigurato in Adamo. Mentre Adamo dormiva, gli fu sottratta una costola e ci si formò Eva.
Così il Signore. Mentre dormiva sulla croce, gli fu trapassato il fianco dalla lancia e ne scaturirono i sacramenti con i quali
s'è costituita la Chiesa. Anche la Chiesa Infatti, sposa del Signore, trae origine dal suo fianco, come Eva era stata presa dal
fianco. E come questa fu tratta dal fianco dell'uomo addormentato, così anche la Chiesa non ebbe altra origine che il fianco
di Cristo", Id., Enarrationes in Psalmos, 126, 7: PL 37, 1672. Questa riflessione è stata assunta anche come verità della
fede nel Concilio di Vienne (1311-1312), cfr., Enchiridion symbolorum, 480.
21. E' questa una delle prospettive che si aprono dalla riflessione sul mistero sponsale consumato sul talamo della
croce. Per un approfondimento di tutta la tematica rimando al mio studio C. GIULIODORI, Intelligenza teologica del
maschie e del femminile, Roma 1991, in particolare le pp. 113-188. La citazione qui riportata è a p. 176.
22. La gratuità e l'iniziativa unilaterale di Dio vengono giustamente sottolineate da von Balthasar: "La sua
ausiliatrice sgorga come in Adamo dal suo costato, ma con la essenziale differenza che Cristo come Figlio di Dio rimane
superiore ad ogni necessità integrativa - la maternità e la nuzialità di Maria dipendono dalla pura e libera risoluzione di
salvezza del Dio trinitario - e che la donna emerge dall'uomo addormentato sulla croce (l'Immacolata: Ef 5, 27) non tanto
come un dono per la sua necessità ma come un fruffo della sua pienezza", H. U. voN BALTHMAR, Teodrammatica, vol.
III., Milano 1983, p. 312.
23. ID., Il cuore del mondo, Brescia 1964, pp. 173-174.
24. Per una panoramica delle ricerche in campo ecclesiologico sul tema della sponsalità cfr. C. MILITELLO, Per
una ecclesiologia sponsale, in Ricerche teologiche, 1 (1990), pp. 121-141.
25. SANT'AGOSTINO, In Ep. Joh. Tr. 2,2 e 1,2.
26. Nelle tesi cristologiche sul matrimonio Martelet insiste sulla necessità di fondare la sacramentalità del
matrimonio sul titolo di sposo: "La cristologia del matrimonio si deve iniziare da questo titolo di sposo e dal mistero che
esso richiama. In questo campo, come in ogni altro, "nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si
trova, che è Gesù Cristo" (1Cor 3, 11). Ad ogni modo, il fatto che Cristo è certamente lo sposo per eccellenza, non va
separato dall'altro che è il "secondo" (1Cor 15, 47) e "l'ultimo Adamo" (ibid. 15, 45)", op. cit., tesi n. 4.
27. In questa prospettiva si muove il lavoro di P. SCABINI, Cristo nella vita della famiglia, Cuneo 1992, in
particolare le pp. 59-70.
28. Cfr R. INFANTE, L'amico dello sposo, figura del ministero di Giovanni Battista nel quarto vangelo, in
RivBib, 31 (1983), pp. 3-19-, ID., Immagine nuziale e tensione escatologica nel Nuovo Testamento. Note a 2Cor 11, 2 e Ef
5, 25-27, in RivBib, 33 (1985).
p>29. Per le usanze giudaiche Cfr A. TOSATO, Il matrimonio nel giudaismo antico e nel Nuovo Testamento,
Roma 1976.
30. G. ZEVINI, Gesù lo sposo della comunità messianica (Gv 3, 29), in Lo sposo e la sposa, n. 13 di Parola,
Spirito e Vita (1986/1), p. 111
31. R. INFANTE, Immagine nuziale e tensione escatologica nel Nuovo Testamento. Note a 2cor 11, 2 e Ef 5, 2527, in RivBib, 33 (1985), p. 61.
32. Per l'influenza di questa immagine sulla teologia paolina e giovannea Cfr H. SCHLIER, Lettera agli Efesini,
excursus su Ieros gamos, Brescia 19732, pp. 418-476.
33. M. J. SCHEEBEN, I misteri del cristianesimo(1865), tr.it. Brescia 1949, pp. 399-400.
34. IBID., P. 139.
35. IBID., P. 140.
36. IBID., Pp. 141-142.
37. Del resto Balthasar dichiara apertamente la sua ammirazione per l'impostazione teologica della Scheeben "per
il quale - afferma il teologo svizzero -, tutto, fino agli elementi più formali, si riconduce perennemente alla struttura delle
nozze e dei connubio ... ", cfr. H.U. VON BALTHAZAR, Verbum Caro, Brescia 1968, p. 222.
38. Per un'analisi più dettagliata della tematica può essere utile la lettura del mio studio sull'utilizzo delle categorie
dei maschile e del femminile in Balthasar ed Evdokimov. Cfr. C. Giuliodori, Intelligenza teologica del maschile e del
femminile, op. cit., in particolare le pp. 113-188.
39. H.U. VON BALTHASAR, Uno sguardo d'insieme sul mio pensiero, in Communio, 105 (maggio/giugno
1989), p. 41.
40. Quello di Balthasar può essere considerato il primo tentativo di sviluppo sistematico del tema anche se degli
abbozzi erano stati già tentati in precedenza. Occorre infatti tener presente che anche Sant'Agostino si era interrogato sulla
possibilità di paragonare le relazioni sussistenti tra le divine Persone della SS. Trinità con le relazioni familiari. Ma egli
stesso solleverà subito delle riserve sulla possibilità di sviluppare una tale analogia. Cfr S. AGOSTINO, De Trinitate,
12,5,5 - 13,2 I.
41. H.U. VON BALTHMAR, Gli stati di vita del Cristiano(1977), Milano 1985, pp. 198-199.
42. ID., Teodrammatica, vol. V (1983), Milano 1986, p. 78.
43. In modo particolare può essere riletto il capitolo dei suoi saggi dedicato alla realtà della Chiesa: Id., Chi è la
Chiesa, in Sponsa Verbi(1961) , Brescia 1972, pp. 139-187.
44. ID., Il cuore del mondo(1945), Brescia 1964, pp. 17Ss.
45. ID., Teoalrammatica, vol. III (1978), Milano 1983, p. 327.
46. Le tesi fanno da preambolo al testo della Commissione Teologica Internazionale sulla teologia matrimonio, op.
cit.
47. ID., tesi n. 1.
48. ID., tesi n. 4.
49. ID., tesi n. 5.
50. ID., tesi n. 6.
51. ID., tesi n. 7.
52. ID., tesi nn. 8-16.
53. CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium , n. 7
54. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo Gaudium et spes, n. 48.
55. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, n. 13.
56. GIOVANNI PAOLO II, Catechesi sull'amore umano, discorso del 21-4-1982, n. 9.
57. GIOVANNI PAOLO II, Catechesi sull'amore umano, discorsi del 18-8-1982; 25-8-1982; 1-9-1982; 15121982.
58. GIOVANNI PAOLO II, Catechesi sul credo, discorso del 11 - 12-1991.
59. GIOVANNI PAOLO II, Catechesi sul credo, discorsi del 18-12-1991 e dell'8-1-1992.
60. Il Papa definisce l'analogia, secondo l'affermazione del Concilio Lateranense IV (DS 806), come relazione in
cui pur nella somiglianza tra il Creatore e la creatura deve essere riconosciuta la sempre maggiore dissomiglianza:
"L'analogia, infatti, implica insieme una somiglianza, lasciando un margine adeguato di non-somiglianza" (MD n. 25).
61. "L'amore sponsale comporta sempre una singolare disponibilità ad essere riversato su quanti si trovano nel
raggio della sua azione. Nel matrimonio questa disponibilità, pur essendo aperta a tutti, consiste in particolare nell'amore
che i genitori donano ai figli. Nella verginità questa disponibilità è aperta a tutti gli uomini, abbracciati dall'amore di Cristo
sposo" (MD n.20).
62. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale, Pastores dabo vobis, n. 23
don Claudio Giuliodori
direttore Ufficio Comunicazioni Sociali CEI
Relazione