Chiesa toscana e Statuto regionale
Il testo integrale del documento elaborato dalla Commissione per lo Statuto regionale
della Conferenza episcopale Toscana (Cet), consegnato in occasione dell'audizione sulla
bozza di Statuto regionale presso il Consiglio regionale della Toscana, giovedì 9 ottobre.
PREMESSA
Lo Statuto regionale rappresenta uno strumento significativo della nuova esperienza
costituzionale italiana, cui è stato assegnato un ruolo speciale di coesione sociale, quasi
«costitutivo» della comunità territoriale.
La Conferenza Episcopale Regionale ha inteso partecipare all'ampia consultazione indetta
dal Consiglio Regionale nominando un'apposita Commissione incaricata di presentare le
considerazioni dei Vescovi e il sentire delle comunità ecclesiali. Essa intende così
ottemperare ad un preciso dovere dei credenti e offrire alla società civile e alle sue
Istituzioni il loro specifico contributo al bene comune.
La Commissione ha preso in esame la bozza predisposta in sede di Consiglio regionale,
al fine di esporre osservazioni e proposte al legislatore, nel rispetto delle competenze
proprie dell'Istituzione civile e di quella ecclesiale.
Il richiamo ai principi di carattere generale e le valutazioni e osservazioni con essi coerenti
intendono aiutare l'azione prudente e responsabile del Consiglio regionale in vista di
scelte sagge ed efficaci per il bene della società toscana.
Prima di affrontare alcuni temi specifici contenuti nello Statuto, tenendo conto dei segnali
di disagio spirituale e sociale emergenti (senza peraltro ignorare le risorse positive e i
motivi di speranza), la commissione auspica che la stagione di riforma e di applicazione
dello Statuto favorisca:
• l'impegno per una maggiore coesione etica e civile della società toscana, valorizzandone
anzitutto le risorse morali, religiose e culturali;
• l'individuazione di forme organizzative capaci di garantire e promuovere i diritti di tutti, a
partire dai soggetti più deboli;
• il rilancio della politica come cura dell'interesse generale e servizio "autorevole" alla
persona e alla comunità, così da far crescere la fiducia, la partecipazione e il senso della
cittadinanza.
L'attenzione alla persona nella sua globalità
L'attuale formulazione del Preambolo della bozza di Statuto, pur richiamando aspetti
significativi dell'identità regionale, non valorizza adeguatamente l'umanesimo che
contraddistingue la società toscana, e che è stato qualificato dal senso della persona
umana vista nella interezza delle sue dimensioni. È necessario che sia anche esplicitato il
molo "alto" della dimensione religiosa e spirituale, considerato invece dalla bozza di
Statuto solo in senso negativo, ovvero come possibile fattore di discriminazione sociale (si
veda l'attuale formulazione dell'alt. 4). È impossibile infatti ricostruire l'identità della
Toscana nel corso della storia ignorando l'esperienza religiosa e specificamente cristiana,
chiaro e fondamentale aspetto della nostra cultura e della nostra società.
Il principio di solidarietà
Sia la dottrina sociale della Chiesa che la migliore riflessione etico-sociale contemporanea
sottolineano l'esigenza di non separare la dimensione dei diritti da quella dei doveri. In
una visione integrale della persona umana l'autorealizzazione e l'oblatività sono
inscindibili. È questo il nucleo della solidarietà, la quale "è la determinazione ferma e
perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno,
perché tutti siamo veramente responsabili di tutti" (Giovanni Paolo II, Sollecitudo Rei
Socialis, n. 38).
Diversi passaggi della bozza si richiamano indirettamente al principio di solidarietà; ma
sarebbe più opportuno che lo Statuto ne esplicitasse meglio la portata di principio
fondamentale, al pari degli altri principi di "libertà, giustizia, uguaglianza, rispetto della
dignità personale e dei diritti umani" (cfr. art. 3.2 della bozza).
Ad avviso della Commissione bisogna sottolineare ancora di più il ruolo promozionale
della solidarietà, che reclama in particolare un'attenzione specifica ai bisogni delle
persone e delle fasce più deboli e meno tutelate, nel rispetto dei diritti umani ma anche dei
diritti sociali, materia in cui la Regione ha competenze e responsabilità specifiche.
Si auspica altresì un esplicito riferimento all'accoglienza solidale e all'integrazione degli
immigrati extracomunitari, dei profughi e di coloro che richiedono asilo.
Il principio di sussidiarietà
La bozza di Statuto richiama in più punti il principio di sussidiarietà, senza togliere tuttavia
la confusione che ne contraddistingue i momenti applicativi, acuita dalla mancanza di una
definizione univoca. Sussidiarietà significa primariamente il sostegno (subsidium) di cui
ciascuna persona e ogni componente sociale necessita per conseguire il proprio bene
particolare e al tempo stesso contribuire al bene comune. La sussidiarietà si pone quindi
come scopo e come limite dell'azione delle componenti sociali e delle Istituzioni pubbliche.
Tutto questo alla luce del binomio inscindibile solidarietà/sussidiarietà.
Perciò la Commissione auspica una formulazione che consideri la sussidiarietà quale
strumento di coesione sociale fra Istituzioni pubbliche, aggregazioni sociali e singoli
cittadini, tutti ugualmente chiamati secondo la loro specificità e nel proprio ordine a
collaborare per la valorizzazione della persona e lo sviluppo solidale della società.
Le integrazioni presentate da vari proponenti avanzano l'ipotesi (modulata in due diverse
formule: C.R.E.L - Consiglio Regionale Economia e Lavoro, e C.RA.S. - Consiglio
Regionale delle Autonomie Sociali) di una sede istituzionale di rappresentanza delle
molteplici forme ed espressioni della società civile, di cui la nostra Regione è ricca. È
bene che tale "luogo" di partecipazione e proposta venga costituito e rappresenti davvero
un momento di sintesi e raccordo, che sia più significativo e coesivo della serie di tavoli,
commissioni e consulte attualmente esistenti, collegato ai rispettivi comparti delle
Istituzioni regionali e territoriali.
La dinamica sussidiaria può anche favorire l'incontro istituzionale fra i diversi soggetti della
comunità regionale. A questo proposito si ricordi che le Confessioni religiose riconosciute
dallo Stato e le loro articolazioni sono "autonomie costituzionali". Esse perciò possono
vantare un molo specifico di intervento, connesso all'applicazione dei principi di
pluralismo, libertà, autonomia e, appunto, sussidiarietà.
Lo Statuto potrebbe validamente prendere in considerazione questa dimensione
partecipativa delle Istituzioni religiose alle scelte regionali, riconoscendone sia il ruolo
sociale che quello istituzionale (si vedano in proposito le intese tra la Regione Toscana e
la CET in materia di assistenza religiosa nelle strutture sanitarie come pure in materia di
tutela e valorizzazione dei beni artistici e culturali). Non si tratta qui di definire un modello,
ma di ribadire un'offerta di partecipazione e di collaborazione.
Il tema della famiglia
La bozza di Statuto presenta in tema di famiglia due formulazioni alternative, oltre a una
serie di ulteriori modifiche avanzate da più proponenti.
La Commissione della CET chiede che la famiglia, fondata sul matrimonio, sia
adeguatamente valorizzata, sostenuta e favorita dalle Istituzioni di ogni ordine e grado sul
piano giuridico, sociale ed economico, m quanto primaria esperienza della socialità
umana, luogo naturale per la procreazione e l’educazione dei figli, espressione privilegiata
(e da privilegiare) della continuità della vita nonché della solidarietà tra generazioni, e
perciò primo e fondamentale contributo alla società.
Riguardo ad altre forme di convivenza non fondate sul matrimonio, cui si riferisce l'attuale
formulazione della bozza di Statuto, la Commissione ritiene quanto segue.
- Tali convivenze, esprimendo una tipologia molto varia, non hanno nei fatti natura
omogenea: (altro, ad esempio, è l'unione tra un uomo e una donna, tanto più se hanno
figli, altro è l'unione di persone omosessuale): ciò rende logicamente impossibile una loro
disciplina unitaria. L'eventuale regolamentazione di alcune fra di esse non può comunque
essere contenuta nella stessa disposizione concernente la famiglia, perché ciò starebbe a
significare una volontà di assimilazione assolutamente inaccettabile.
- In ogni modo, si ritiene necessario che l'eventuale presa in considerazione da parte delle
Istituzioni di alcune fra tali forme di convivenza sia vincolata a imprescindibili e simultanee
condizioni:
a) che tali convivenze abbiano il carattere di un impegno stabile e che l'estensione di
misure di favore nei loro confronti sia accompagnata dalla previsione di corrispondenti
doveri atti a favorire l'assunzione di responsabilità interpersonale e sociale;
b) che le unioni tra persone omosessuali non siano omologate ne alla famiglia fondata sul
matrimonio ne ad altre forme di convivenza;
c) che infine la considerazione verso queste forme di unione e convivenza non risulti
penalizzante nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio.
La trasparenza dei processi decisionali
È importante che nelle scelte organizzative demandate allo Statuto venga adeguatamente
valorizzato il principio della trasparenza dei processi decisionali, sia al fine di consentire ai
cittadini di conoscere le ragioni che comportano l'assunzione di determinate soluzioni, sia
per far valere eventualmente le proprie opinioni, sia infine per esercitare
consapevolmente, da parte dei politici e degli amministratori, le responsabilità connesse al
vincolo di rappresentanza.
In primo luogo tutto ciò ha rilievo in ordine alla definizione della responsabilità dei
rappresentanti, intesa come chiara precisazione del loro vincolo politico verso gli elettori e
in generale verso i cittadini; ma tocca anche a profilo della trasparenza nel rapporto tra
politica e amministrazione, in termini di separazione di sfere di competenza e di
responsabilità tra i due livelli e più in generale di trasparenza della gestione amministrativa
affidata ai dirigenti e ai funzionari pubblici.
In tale contesto risulta apprezzabile l'attenzione ai profili della qualità della normazione, da
cui dipende fortemente la conoscibilità e la reale conoscenza delle norme giuridiche. Al
tempo stesso si sottolinea l'importanza, sempre in ordine alla trasparenza e "pubblicità"
dell'azione di governo, della previsione di regole inerenti l'informazione istituzionale.
La partecipazione di tutti alle scelte politiche e l'equilibrio tra i poteri
Affinché sia adeguatamente sviluppato un sistema democratico coerente ed effettivo
occorre che siano individuati strumenti capaci di favorire la partecipazione dei soggetti
della società toscana, singoli e associati, all'elaborazione delle scene che riguardano tutti,
e ciò sia sul piano della sussidiarietà che su quello della partecipazione politica. In
proposito gli ambiti propri sono, m sintesi, i seguenti: gli istituti di partecipazione, rispetto
ai quali la qualità delle procedure delle regole applicative determina l'effettiva utilizzabilità
e l'efficacia dei singoli strumenti; il sistema elettorale le forme di organizzazione della
società civile finalizzate alla determinazione dell’indirizzo politico regionale.
Per lo sviluppo omogeneo e coerente del sistema regionale e delle sue varie componenti
occorre garantire l'equilibrio tra i poteri. Ciò vale per i diversi organi chiamati a svolgere le
funzioni fondamentali, per le parti politiche, per la Regione e per le altre Istituzioni di
governo territoriale. In particolare sembra necessario la regolazione dei rapporti tra
Presidente/Giunta e Consiglio; tra maggioranza e opposizione, tra Regione ed Enti locali.
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Offrendo queste ultime considerazioni di più specifico carattere politico-giuridico la
Commissione invita a coglierne la ragione profonda, ossia il senso della persona e della
comunità proprio dell’umanesimo di ispirazione cristiana- Al tempo stesso ricorda, con la
Centesimus Annus di Giovanni Paolo II (n. 46), che “un'autentica democrazia è possibile
solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana”.
Essa esige “l'educazione e la formazione delle singole persone ai veri ideali" e insieme "la
creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità” . Mettendo in guardia da
atteggiamenti sia di agnosticismo e relativismo scettico sia di fondamentalismo ideologico
o religioso, Giovanni Paolo II è convinto che “in un mondo senza verità la libertà perde la
sua consistenza e l'uomo è esposto alla violenza delle passioni e a condizionamenti aperti
o occulti”.