8 C Epifania - salesiani don Bosco

6 gennaio
EPIFANIA DEL SIGNORE
 Is 60,1-6 - La gloria del Signore brilla sopra di te.
 Dal Salmo 71 - Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
 Ef 3,2-3a.5-6 - Tutti i popoli sono chiamati, in Cristo Gesù, a
partecipare alla stessa eredità.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Abbiamo visto la sua stella in
oriente e siamo venuti per adorare il Signore. Alleluia.
 Mt 2,1-12 - Siamo venuti dall’oriente per adorare il re.
“Alzati, rivestiti di luce,
perché viene la tua luce”
La festa dell’Epifania è tutta scintillante di luci e di colori. La stella,
che guidò i Magi dal loro lontano paese d’Oriente verso l’umile casetta
di Betlemme, ne è diventata come il simbolo e l’espressione più
eloquente; la curiosità che questi misteriosi personaggi, ancora
indecifrati, suscitano in Gerusalemme, sia presso la corte di Erode che
presso il popolo, si comunica insensibilmente anche a noi, che con
loro vorremmo metterci in cammino alla ricerca del nato “re dei
Giudei”.
Ma il fascino di questa festa sta tutto nella “luminosità” in cui essa è
avvolta, in questo affaccendarsi di persone che portano a livello di
conoscenza e di coscienza popolare un fatto di cronaca quotidiana,
come è la nascita di un fanciullo in una oscura borgata della Palestina
di circa duemila anni fa, oppure nasce da qualcosa di più profondo
che corrisponde all’anelito incontenibile del cuore umano? È quello
che vorremo ricercare nei testi che la solenne Liturgia di questo
giorno propone alla nostra considerazione.
“Cammineranno i popoli alla tua luce”
E prima di tutto esaminiamo lo stupendo brano, ripreso da Isaia
(60,1-6), in cui un discepolo del grande Profeta preannuncia alla
comunità israelitica che ritorna dall’esilio (v. 4) lo splendore della
futura Gerusalemme, che essi stessi con le loro mani contribuiranno a
ricostruire. Niente da temere: la nuova Gerusalemme sarà più
“gloriosa” di quella antica!
Questa nuova e più grande gloria della città santa è espressa
attraverso la sfolgorante immagine della “luce”: “Alzati, rivestiti di
luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te.
Epifania del Signore - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le
nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te”
(vv. 1-2).
La “gloria” futura di Gerusalemme, però, non deriverà tanto dalla
bellezza della sua nuova struttura architettonica, quanto dal fatto che
su di essa “risplenderà il Signore”: sarà lui la sua “gloria” (v. 2). È
evidente perciò che il Profeta trascende la realtà “materiale” della
città, per esprimere una nuova dimensione spirituale del popolo di
Dio, ricco solo della “gloria” che gli deriverà dall’intimità con il suo
Signore.
In questo senso anche la “luce”, di cui la città futura sarà ammantata,
è una “luce” che viene dall’alto, cioè Dio stesso: “Rivestiti di luce,
perché viene la tua luce”.
È interessante il contrasto che, a un certo punto, il Profeta rileva tra
Gerusalemme piena di luce e le “nazioni” avvolte da fitta nebbia (v.
2). Proprio per questo esse si metteranno in cammino alla ricerca
ansiosa della “luce”, che intravedono da lontano. Lo “splendore” di
Gerusalemme serve loro come richiamo e come orientamento:
“Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo
sorgere” (v. 3).
E tanta sarà la loro gioia per aver trovato finalmente la via della luce,
che porteranno in abbondanza i loro “doni” per esprimere gratitudine
al Signore, che anche a loro ha concesso una nuova “patria”
spirituale: “Le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a
te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di
Madian e di Efa; tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e
proclamando le glorie del Signore” (vv. 5-6). Le “ricchezze del mare”
vengono dall’Occidente con le navi fenicie o greche; le ricchezze
dell’Oriente vengono invece con le carovane attraverso il deserto
siro-arabico: Madian, Efa e Saba sono appunto popoli della penisola
arabica.1
Giudei e gentili “chiamati a formare lo stesso corpo”
Gerusalemme diventa dunque centro di attrazione di tutti i popoli:
l’universalismo della salvezza è qui chiaramente enunciato. Per
questo essa diventa “simbolo” della nuova comunità dei salvati: è la
Gerusalemme “che viene dall’alto”, di cui parla S. Paolo, ed “è la
nostra madre” (Gal 4,26), in contrapposizione a quella terrena. In
rilettura cristiana è evidente il riferimento alla Chiesa, la
Gerusalemme “nuova”, centro di attrazione e di unificazione di tutte
le genti.
Proprio nella Chiesa infatti si realizza quel “mistero” di cui ci parla S.
Paolo nella seconda lettura (Ef 3,2-3a.5-6) e che a lui è stato in modo
particolare “affidato” perché lo annunziasse al mondo: “che i gentili
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Cf Is 45,14; Gn 25,1-4.
Epifania del Signore - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità
(con i Giudei), a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della
promessa per mezzo del Vangelo” (v. 6). Tale “mistero” di salvezza
non era stato “manifestato agli uomini delle precedenti generazioni
come al presente è stato rivelato ai suoi santi Apostoli e Profeti per
mezzo dello Spirito” (v. 5): Dio osserva le giuste scadenze del tempo
per attuare il suo progetto salvifico.
L’“epifania” di Cristo nella Chiesa
Alla luce delle precedenti considerazioni si può dedurre che per la
Liturgia la festa odierna è la “epifania”, cioè la grande “rivelazione”
della Chiesa come luogo di salvezza per tutte le genti, come “segno”
della presenza di Cristo in mezzo a lei. O meglio, è per mezzo della
Chiesa che oggi Cristo si “epifanizza” al mondo, per offrire a tutti la
sua salvezza e ricondurre tutti all’unità. È quanto ha affermato il
Concilio Vaticano II, quando ha detto che la Chiesa “è in Cristo come
un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e
dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, n. 1). La
“epifania” di Cristo continua dunque nella Chiesa.
Se questo è vero, c’è da domandarsi come la Chiesa oggi, e ciascuno
di noi in essa, riusciamo a essere “epifania” del Cristo. È un esame di
coscienza che coinvolge tutti i credenti, dal più grande al più piccolo,
e che affido alla buona volontà dei lettori.
Tanto più che, oggi più che mai, gli uomini chiedono alla Chiesa di
“rivelare” loro e di “testimoniare” il Cristo presente in lei. Bellissimo
questo testo del grande scienziato e teologo P. Teilhard de Chardin (†
1955): “Alza la testa, Gerusalemme. Guarda la folla immensa di quelli
che costruiscono e di quelli che cercano. Nei laboratori, negli studi,
nei deserti, nelle officine, nell’enorme crogiuolo sociale, li vedi tutti
questi uomini che faticano? Ebbene, tutto ciò che per mezzo loro
fermenta di arte, di scienza, di pensiero, tutto è per te. Orsù, apri le
tue braccia, il tuo cuore e accogli, come il tuo Signore Gesù, il flusso,
l’ondata della linfa umana. Accoglila questa linfa perché senza il suo
battesimo tu languisci, senza desiderio, come un fiore senz’acqua; e
salvala, poiché senza il tuo sole essa si disperderà follemente in steli
infecondi”.
Cristo “si manifesta” o “si occulta”
secondo le disposizioni del cuore
Se è vero che oggi celebriamo l’epifania della Chiesa come
“sacramento di salvezza”, rimane sempre vero, però, che alla sua
origine sta la “rivelazione” di Cristo come Salvatore universale: lo
strumento non può far dimenticare l’Autore! E a Cristo ci rimanda
soprattutto il brano odierno del Vangelo, che ci descrive la venuta dei
Magi ed è narrato dal solo S. Matteo (2,1-12).
Epifania del Signore - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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Non ci dilungheremo su tutti i problemi, soprattutto di carattere
storico e letterario, che il testo presenta. È indubbio che esso è
influenzato da racconti di nascite prodigiose nell’Antico Testamento,
oltre che dal brano sopra ricordato di Isaia, là dove si parla dei doni
di “oro e incenso” offerti dai popoli che vengono a Gerusalemme (cf
Mt 2,11), e dal quarto oracolo di Balaam che parla di una “stella che
spunta da Giacobbe” (Nm 24,17).
Al di là di certi elementi storici, indubbiamente presenti nel nostro
brano e che danno fondamento al suo significato teologico, a noi interessa in questo momento soprattutto il significato religioso dell’episodio.
A nostro parere esso si può articolare nelle seguenti considerazioni:
1) S. Matteo, che nel primo capitolo aveva come rinchiuso Cristo
nell’ambito del popolo eletto (si pensi solo alla sua “genealogia”),
adesso ne allarga le prospettive. “Il suo popolo”, che Gesù è venuto a
“salvare dai suoi peccati” (1,21), non è solo Israele, ma l’umanità
intera. I Magi che vengono “da Oriente”, qualunque fosse il loro paese
(la Persia, l’Arabia, la Mesopotamia, ecc.) e qualunque fosse la loro
professione (sacerdoti persiani, astrologi, ecc.), stanno a
rappresentare il mondo dei pagani che va alla ricerca di Cristo. Essi
rappresentano perciò tutti noi. Il mandato “missionario”, con cui si
chiude il Vangelo di Matteo, è già anticipato nell’episodio dei Magi:
“Andate dunque e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (28,19). Cristo è il
“dono” di Dio a tutti gli uomini e a tutti i tempi.
Ed è un “dono” che si rinnova sempre, perché è immenso e
inesauribile. Perciò anche per noi, che abbiamo creduto, la “epifania”
del Signore Gesù deve rinnovarsi ad ogni momento della nostra vita,
nel senso di un impegno sempre più profondo del nostro credere, e
non solo nell’attesa della “epifania” ultima, a cui fa riferimento
l’orazione iniziale: “O Dio, che in questo giorno, con la guida della
stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche
noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la
grandezza della tua gloria”.
2) Cristo, donandosi agli uomini, offre a loro anche il modo e i mezzi
per farsi trovare: la stella ai Magi, la testimonianza della Scrittura ai
“sacerdoti” e agli “scribi” di Gerusalemme, interpellati appositamente
da Erode per sapere da loro “il luogo in cui doveva nascere il Messia”
(v. 4). Né toglie alcunché alla nostra affermazione la discussione che
si potrebbe fare circa la natura della stella: si tratta di una stella
reale, o puramente simbolica per esprimere la “luce” della fede che
Dio fa esplodere nel cuore degli uomini?
Quello che importa è che la “luce”, o la “sollecitazione” della fede,
vengano accolte con cuore umile e disponibile. Non giovò a Erode e ai
sacerdoti la testimonianza, pur grandiosa ed eloquente, della
Scrittura, che preannunziava in Betlemme il luogo della nascita del
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Salvatore (cf Mic 5,1), perché non erano disposti a ricevere il Messia.
Giovò, invece, ai Magi un “segno” vago ed incerto, perché avevano il
cuore docile agli influssi della grazia. Così non fu loro difficile scoprire
e “adorare” nell’umile fanciullo di Betlemme il “re” che essi
cercavano: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua
madre, e prostratisi lo adorarono” (v. 11).
3) Collegata con questa, un’altra considerazione: i diversi
atteggiamenti dei protagonisti di tutta la scena profilano in anticipo la
futura sorte del Messia. All’annuncio inaspettato della nascita del
Messia, “il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme” (v. 3),
e già progetta in cuor suo di sopprimerlo (vv. 7-8); i Magi invece
seguono docilmente la stella, affrontando le incognite di un lungo
viaggio, e quando la “rivedono”, dopo che era scomparsa dai loro
sguardi in Gerusalemme, “provarono una grandissima gioia” (v. 10).
Il dramma del rigetto di Cristo da parte dei “suoi” e la sua
soppressione violenta mediante il supplizio della Croce sono qui
anticipati con “allusioni” abbastanza trasparenti per ogni lettore
diligente del Vangelo.
In tal modo l’episodio dei Magi diventa provocatorio e “discriminante”
anche per noi. Si tratta di ricercare con sincerità il personaggio, in cui
i nostri attuali sentimenti permettono di “riconoscerci”! È così che
l’epifania, cioè la “rivelazione” o, come nel caso di Erode,
“l’occultamento” di Cristo, diventano un mistero di tutti i giorni.
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