L'ospite televisivo
Dopo aver esaminato, nel precedente articolo di questa rubrica, come le istituzioni mediatiche coltivino la
propria credibilità presso il pubblico, prendiamo ora in considerazione l'altra faccia della medaglia: la
credibilità di chi è “ospite” in spazi concessi da un medium, in particolare quello televisivo. In altre parole,
da un lato parliamo di come un soggetto che usufruisce di un medium per comunicare si rende credibile
al suo pubblico, dall'altro di come la televisione possa decidere della credibilità di un suo “ospite” .
Il discorso non può che concentrarsi sulla comunicazione politica, prestando particolare attenzione alle
strategie messe in campo dall'uomo politico avvezzo all'uso dei mezzi di comunicazione di massa. Ma allo
stesso tempo è abbastanza evidente a tutti che i media sono in grado di aiutare o boicottare i tentativi
del politico di mettere in campo proprie strategie comunicative.
Le diverse fasi storiche che il sistema radiotelevisivo italiano ha attraversato, sono state tutte
caratterizzate da una sorta di “occupazione” da parte della politica. La Rai in particolare non si è mai a
tutt'oggi liberata totalmente dalla pratica della lottizzazione, inaugurata dalla riforma del '75 (legge n.
103) che spostò il controllo dell'azienda dal governo al parlamento. Almeno a noi italiani infatti non è
affatto estraneo quel fenomeno per cui in televisione i politici vedono marcatamente favorita od
ostacolata la propria comunicazione politica, a seconda del canale televisivo, del conduttore o della
testata con cui hanno a che fare di volta in volta. In un sistema dove vige un vero pluralismo
infocomunicativo e dove l'etica professionale del giornalismo è solida, un politico “non gioca mai in casa”
quando è ospite in una trasmissione tv. Nel nostro paese purtroppo le cose non sono mai andate così.
Il politico che usa i media ed in particolare la televisione deve prestare un'attenzione quasi maniacale alla
propria immagine. In particolare deve badare non solo ai contenuti che esprimerà, ma anche alla
comunicazione non verbale: il tono di voce deve essere alto e sicuro, ma non arrogante; bisogna evitare
pause, esitazioni; la fronte deve essere tenuta eretta, lo sguardo puntato nella telecamera. Questi
accorgimenti contribuiscono a dare un senso di sicurezza e sincerità, mentre una postura rinunciataria e
difensiva, la testa incassata nelle spalle, le pause del discorso, le cadute di tono, sono percepite come
segni di insicurezza.
Ma è molto importante anche il contesto ambientale nel quale la figura dell'ospite televisivo, soprattutto
quando è un uomo politico che vuole fare centro nelle menti del pubblico, si viene e a collocare. Lo
scenario o meglio la “scenografia” vera e propria in cui si collocano i politici quando lanciano un
messaggio mediatico è oggi attentamente studiata da esperti che offrono al politico stesso la loro
professionalità in questo campo. Ma l'autorità politica che deve apparire in televisione non ha però
sempre la possibilità di gestire al 100% l'ambientazione nella quale sarà collocata e avrà la possibilità di
esprimersi. È vero piuttosto il contrario: nella maggior parte dei casi la credibilità del politico è messa a
rischio, in conferenze stampa o dibattiti televisivi dove la possibilità di gestire la situazione comunicativa
è limitata ed il pericolo di incappare in qualche incidente o gaffe è alta. È qui che entra in campo la
manipolazione messa in atto dal mezzo di comunicazione, che si affianca e si sovrappone a quella del
politico: la televisione in particolare è un'arena dove spesso segretari di partito, ministri e sottosegretari,
prima ancora di confrontarsi con i loro avversari, come accade nei talk show riservati all'attualità politica,
devono confrontarsi con un conduttore ed un impianto generale del talk organizzati per favorire una parte
a scapito di un'altra.
Quando vediamo un conduttore che interrompe continuamente un politico, o che fa precedere l'intervento
di un ospite da un filmato in cui l'ospite stesso è messo alla berlina, siamo di fronte a fenomeni di
faziosità piuttosto evidenti. Ma in televisione assistiamo a tecniche di manipolazione molto più subdole e
sofisticate della semplice presenza in studio di un conduttore più o meno compiacente verso una parte
politica. Capita sempre più spesso che un ministro o il responsabile economico di un partito si trovino a
dividere gli spazi di una trasmissione con soggetti come le soubrette, i vincitori di reality show o gli
sportivi, i quali non possiedono la cultura e le conoscenze adatte a rendere il dibattito approfondito e
costringono tutti a tenere basso il livello del discorso . Con la scusa di essere democratici e di avvicinare
la politica alla gente, è probabile che nella scelta degli ospiti in studio venga attuata questa strategia
proprio perché si vuole evitare che la discussione sia troppo approfondita , a scapito della completezza
dell'informazione e a tutela di interessi forti.
Porta a Porta di Bruno Vespa è una delle trasmissioni che più di ogni altra ci sentiamo di segnalare come
specializzata nell'uso di questa tecnica.
I politici non si rendono conto che continuando ad andare ospiti in queste trasmissioni, se è vero che da
un lato non vengono mai sottoposti a domande che preferiscono non ricevere, dall'altro lato vengono
privati sempre più della loro credibilità, e portati, agli occhi del pubblico, sullo stesso livello della gente di
spettacolo, grazie ad una scenografia ed un'organizzazione generale della trasmissione che non possono
controllare. Naturalmente questo discorso non vale se oltre ad essere degli uomini politici, si è anche
proprietari di tre reti televisive, se si lasciano andare gli altri a parlare con le attricette nei talk show, e se
ci si presenta sul piccolo schermo solo in contesti totalmente controllati e compiacenti…
Nel prossimo appuntamento con la “grammatica della manipolazione” cambieremo argomento, e
parleremo di cosa accade quando tutti i media suonano la stessa musica: gli “effetti di consonanza”.
Paolo Jormi Bianchi
I contenuti di questa rubrica, con ulteriori aggiunte e riflessioni, sono ispirati da “Il problema della
manipolazione: peccato originale dei media?” di Guido Gili, Editore Franco Angeli, 2001