XIII domenica del tempo ordinario 26 giugno 2005 La Parola Prima lettura Dal secondo libro dei Re (2Re 4, 8-11. 14-16) Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. 9 Essa disse al marito: “Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. 10 Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare”. 11 Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò. 14 Eliseo chiese a Ghecazi, suo servo: “Che cosa si può fare per questa donna?”. Il servo disse: “Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio”. 15 Eliseo disse: “Chiamala!”. La chiamò; essa si fermò sulla porta. 16 Allora disse: “L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio”. Parola di Dio. 8 Dal Salmo 88 Canterò per sempre la tua misericordia. Canterò senza fine le grazie del Signore, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli, 3 perché hai detto: “La mia grazia rimane per sempre”: la tua fedeltà è fondata nei cieli. 2 Beato il popolo che ti sa acclamare e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto: 17 esulta tutto il giorno nel tuo nome, nella tua giustizia trova la sua gloria. 16 Perché tu sei il vanto della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra potenza. 19 Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d’Israele. 18 Seconda lettura Dalla lettera di Paolo apostolo ai Romani (Rm 6, 3-4. 8-11) Fratelli, 3 non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 4 Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. 8 Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, 9 sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 10 Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Parola di Dio. 11 Così anche voi Alleluia, alleluia. (1Pt 2, 9) Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa; proclamate le grandezze di Dio che vi ha chiamato dalle tenebre all’ammirabile sua luce. Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 37-42) In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 37 “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di meA; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; 38 chi non prende la sua croceB e non mi segueC, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perdutoD la sua vita per causa mia, la troverà. 40 Chi accoglie voi accoglie meE, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41 Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42 E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepoloF, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”. Parola del Signore. Note del testo Nel testo del vangelo di questa domenica Matteo mette in evidenza che non ci si può illudere di poter perseverare nello statuto di discepolato senza conflittualità e rotture. Il richiamo alla missione storica di Gesù, che ha provocato tensioni violente perfino nell’ambito dei rapporti familiari, serve a togliere l’illusione di una testimonianza tranquilla. Il Messia, secondo la tradizione biblica, è il “principe-re-di-pace”, ma questa speranza messianica di pace viene accolta e attuata da Gesù in forma paradossale, in quanto il suo annuncio di pace fa esplodere le contraddizioni storiche che si riversano con violenza contro di lui. Se i discepoli sono coloro che condividono senza riserve il suo destino, devono mettere in conto la divisione e la conflittualità perfino nei rapporti familiari. L’appartenenza al Cristo è una scelta personale che, in alcuni casi, può mettere in discussione anche i legami più sacri. Nell’esigenza di sequela proposta dal Cristo risuona l’assoluto di Dio che non ammette concorrenti. Non è senza significato che l’evangelista chiuda questa sezione dei discepoli perseguitati e provati con il tema dell’accoglienza, tema che collega il vangelo alla prima lettura. L’accoglienza ricompone quei legami della solidarietà umana che lo stato di persecuzione mette in crisi. Il suo principio ispiratore è ancora cristologico. Gli anelli di questa catena di solidarietà spirituale partono dall’ultimo, il “più piccolo” tra i discepoli e risalgono fino a Colui che sta all’origine della missione storica del Cristo, e per suo mezzo, di ogni missione cristiana: Dio. Si tratta di una solidarietà che è espressione dell’adesione di fede nel Cristo. (A): Nel testo odierno sono presenti tre affermazioni che si concludono sempre così: “Non è degno di me”. Potremmo mettere in parallelo queste tre affermazioni che si concludono nello stesso modo. Per quanto riguarda la prima affermazione bisogna sottolineare che il termine “amore” che viene utilizzato non è quello riservato a Dio. La parola greca filein (amare) non è il termine che nei vangeli sinottici indica l’amore per Dio e per il prossimo (agapàn). In Matteo ha comunque un significato peggiorativo. Questa parola, alla quale Lc 14,26 ha dato una forma ancora più dura, dimostra che i legami familiari, certamente legittimi, possono diventare ostacolo sul cammino di coloro che vogliono seguire Gesù. Chi, dunque, vive l’amore in una condizione diversa da quella che ha vissuto il Signore, non è degno del Signore. E qual è l’amore nella condizione che ha vissuto il Signore? La condizione è il prendere la croce e seguirlo; dove sequela e croce (c’è un legame profondo tra “prendere la croce” e “seguirlo”) è l’amore secondo Dio. Ogni altro amore, fosse anche l’amore per il padre o la madre, per il figlio o la figlia, rendono indegni di lui. Perché con il Cristo c’è una condizione nuova che si fa strada, che irrompe ed è la condizione di assumere la croce di Cristo come condizione di sequela. D’altra parte Gesù è stato ritenuto degno del Padre proprio perché ciò che lo legava agli uomini non era semplicemente un amore umano, ma un assumere la condizione di Figlio, l’assumere la croce nell’adempimento della volontà del Padre. Questo lo ha reso degno del Padre. Non un amore per gli uomini come lo intendiamo noi, come noi ad esempio viviamo un rapporto filiale o paterno; qui c’è qualcosa di qualitativamente diverso. Quindi l’essere degno di lui passa attraverso un amore degno di Dio. E l’amore degno di Dio è appunto la croce come condizione di sequela. (B): Gesù è il volto umano di Dio. Gesù non rappresenta il Padre imitandolo, ma prestandogli obbedienza da Figlio. Né rivendica i privilegi della divinità, ma assume fino in fondo la condizione dell’umanità: Gesù rappresenta Dio da Crocifisso. Ci è tuttavia difficile accettare questa logica della croce. La morte in croce di Gesù è il modo stesso – l’unico – in cui Dio ci si è disvelato, e si disvela, nella sua prossimità a noi. Il problema della perdita di rilevanza della nostra fede deriva in gran parte dalla perdita della sua stessa identità, quindi dalla incapacità e indisponibilità a identificare la nostra fede con l’Uomo dei dolori e con i crocifissi della storia. (C): Il portare la croce è di centrale importanza per comprendere il concetto di sequela di Gesù. Se la sequela è l’essenza del discepolo, la sequela con la croce ne è il presupposto indispensabile. Sequela è quindi sequela con la croce. Il seguace accoglie la croce come propria. La sequela con la croce conduce alla vita. Questa affermazione paradossale, che deve apparire assurda al non credente, acquista un suo senso nel fatto che Gesù ha percorso la via della croce. L’assurdità di certe croci umane accusa Dio; Dio risponde in Gesù, a cui fa percorrere la via della croce. (D): La sequela di Gesù viene presentata in un secondo livello di richieste: perdersi, a causa di Gesù. Croce pertanto diventa rinuncia ad un personale progetto di esistenza, per una adesione fiduciosa al vangelo di Gesù e al progetto che esso ispira. (E): Il concetto che l’inviato è uguale a colui che lo manda era ben conosciuto nel giudaismo. L’accoglienza ha qui, perciò, un significato più ampio di un semplice gesto di ospitalità: significa attenzione e sottomissione alla parola degli inviati di Gesù. (F): Gesù identifica se stesso con noi. Chi ci accoglie come discepoli sicuramente avrà la ricompensa del profeta o del discepolo. Ci si può chiedere se spesso il rifiuto dei profeti, il rifiuto dei discepoli non sia invece causato da questa non coerenza dei discepoli con il maestro. Gesù lega il suo manifestarsi a noi e addirittura Gesù è presso gli uomini per mezzo di noi. Se viene a mancare questo nostro legame con lui, non ne va solo di noi; se non ci riconosciamo come discepoli o come profeti, se non ci riconosciamo come legati al Cristo, facciamo perdere la ricompensa anche a coloro che ci dovrebbero accogliere come discepoli del Cristo. La nostra infedeltà, il nostro peccato, la nostra poca coerenza sono sempre atteggiamenti che, prima di tutto, privano coloro presso i quali siamo della possibilità della ricompensa che Dio concede loro. Il Cristo, per la sua obbedienza al Padre, è stato, presso gli uomini, ricompensa. Il Cristo, per il suo essere tutt’uno con il Padre, è stato per noi ricompensa e vita eterna. A noi è chiesto di essere presso gli uomini, per la fedeltà al disegno di Dio, ricompensa per gli uomini. A noi è chiesto di far sì che il mondo abbia la ricompensa del profeta, la ricompensa del giusto; perché così è stato per noi in riferimento a Cristo. Il Cristo è stato per noi la ricompensa del profeta e del giusto. Perché? Perché Lui è stato profeta e giusto. Il titolo di giusto ricorrerà anche nel vangelo della passione. In fondo, come mai il Cristo è stato questo presso di noi? “Che farò di quel giusto”, chiede Pilato alla folla. La folla rinuncia alla ricompensa del Padre, che il Padre stesso avrebbe dato per la fedeltà di Gesù. Ricompensa che avrebbe ottenuto nel non rifiutare il giusto, ma anzi nell’accoglierlo. Allora, per la nostra fedeltà al nostro essere giusti, al nostro essere fedeli alla Parola, in quanto popolo profetico, dovremmo essere presso gli uomini questa ricompensa del Padre. Se viene meno questa coerenza, allora siamo causa di perdita della ricompensa di Dio presso il mondo. Prefazio suggerito: “Abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debolezza; in lui nuovo Adamo hai redento l’umanità decaduta, e con la sua morte ci hai reso partecipi della vita immortale” (prefazio del tempo ordinario, III). Padri della chiesa Tu che rinunci a ciò che si vede, non chiedere come è la ricchezza che riceverai in cambio della tua “povertà” [=le povere cose che ci è chiesto di lasciare], ma, al posto di questo, applicati ad abbandonare questa “povertà” e a correre per acquistare quella ricchezza. Com’è essa e a cosa somiglia? Paolo non ti spiega com’è ma che essa non ha paragone; non come essa è grande, bensì che essa non ha misura: Ciò che occhio non vide e orecchio mai ha udito e ciò che mai entrò in cuore di uomo, è ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano (1 Cor 2,9) (Filosseno di Mabbûg, Omelia 9). Cristo non comanda di non amare [genitori e parenti] in senso assoluto, perché ciò sarebbe del tutto ingiusto, ma se i genitori e i parenti esigessero per sé un amore più grande di quello che nutriamo per lui. Questo amore non ordinato, infatti, perderebbe sia colui che ama, sia coloro che sono amati così. Gesù parla in tal modo per rendere al tempo stesso i figli più forti, quando è in causa l’amore di Dio, e i genitori, che volessero ostacolarli, più miti e ragionevoli (Giovanni Crisostomo, Commento al vangelo di Matteo). Altri autori cristiani La pace di Gesù Cristo è la croce. Ma la croce è la spada di Dio in terra. Essa divide… Chi parla così dell’amore paterno e materno, dell’amore per il figlio o la figlia, se non il distruttore di ogni vita oppure il creatore di una vita ‘nuova’? Chi può arrogare a sé solo l’amore e il sacrificio degli uomini, se non il nemico degli uomini oppure invece il salvatore degli uomini? Chi porterà la spada nelle case se non il demonio o il Cristo, il principe della pace! L’amore di Dio per gli uomini e l’amore degli uomini per i solo simili sono molto diversi. L’amore di Dio si chiama croce e obbedienza, ma, proprio in queste, vita e resurrezione. Chi perderà la sua vita per amore mio, la troverà. Questa la promessa di colui che ha potere sulla morte, del Figlio di Dio che va incontro alla croce e alla resurrezione e prende con sé i suoi seguaci (D. Bonhoeffer, Sequela p. 193). Siamo una comunità (Chiesa) marcata dal segno del sangue dell’Agnello... La nostra comunità cristiana è segnata, per lo stesso motivo del popolo (algerino ndr), con questo sangue versato ingiustamente dagli assassini e molto sovente offerto con coraggio dalle vittime innocenti. E poi c’è il sangue di Cristo che dà la vita e ci offre la comunione della vita eterna. Il calice, nel quale il dono ci è dato per vivere in te, con te, attraverso te. In ogni eucaristia noi celebriamo la vita: vittoria del Vivente di fronte agli assassini. Questa celebrazione sfocia su un servizio di carità esercitato da ciascuno secondo il dono della fede: ‘Prendersi cura di ogni vita, e della vita di tutti’, sì, questo è un impegno vissuto nel dispensario, alla porta, in cucina o in giardino. Questo servizio si pone in una fedeltà all’amore così sperimentato: non si può dimenticare e partire senza tradire ciò che rimane una grazia di vicinanza, di amicizia, di verità. Comunità che vive - risolutamente per la vita. Malgrado e attraverso i segni di invecchiamento, sento che siamo viventi ed esercitanti ciascuno la nostra libertà di vivere fino a morire. Sento che siamo piuttosto in procinto di nascere e mi par che lo sforzo particolare debba esser fatto fianco a fianco della vicinanza, della disponibilità, dell’attesa.: la cosa più bella ci può arrivare nel cuore del peggio. Comunità di fronte al Male, facciamo l’esperienza che qualche cosa ci resiste: qualcuno in mezzo a noi fa fronte: offre viso di pace e mani aperte... Comunità combattente, sì: disarmata e affermante uno spazio vero, vissuto, di pace fraterna, dove la preghiera di Gesù risorto ha luogo: fare posto alla pace (Fr. Christophe, Il soffio del dono pp. 158-9). […]Dal momento che noi pure siamo stati battezzati nello stesso battesimo in cui è stato battezzato Gesù, cioè nella sua morte (cf. Rm 6,3) effettiva, non apparente, nella misura in cui tutto il nostro essere è stato realmente immerso in questa sua morte, nella misura, quindi, della nostra morte, l’amore increato, eterno, personale diventa l’amore con cui noi amiamo. La persona dello Spirito Santo ci genera, ci modella, suscita in noi il modo di vita del Figlio, ci proietta all’interno dell’atto di amore con cui il Figlio ama il Padre e con cui il Padre ama tutta l’umanità, tutti gli uomini fatti figli nel Cristo. Pensare di poter amare al di fuori di un incessante atto di morte è un assurdo: Vuol dire confondere l’amore vitalistico e spontaneo dell’umanità naturale con un amore che è la carità eterna, lo stesso Spirito Santo. L’amore naturale, anche nel migliore dei casi, è sempre equivoco, perché molto ripiegato su di sé. Un’altra cosa da dire è che noi non possiamo pensare di cominciare con questa carità eterna, perché questo non è il principio, ma il termine; e tutta la nostra vita deve progressivamente camminare, procedere verso questo termine. Inoltre, come questo amore eterno ha toccato l’intera umanità al momento della morte del Signore, così sarà anche per noi. L’amore ci invaderà in pienezza solo nel momento in cui questo fuoco divino, che è lo Spirito Santo, consumerà in noi l’olocausto, cioè nell’atto terminale della nostra esistenza, quell’atto che noi chiamiamo morte (Giuseppe Dossetti, L’identità del Cristiano, EDB, p. 176). Passi biblici paralleli v.37 La parola che Matteo usa con il significato di “amare” non è quella che indica l’amore per Dio e per il prossimo, ma il termine che con significato peggiorativo viene utilizzato anche in Mt 6,5: Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. e Mt 23,6: (Gli scribi e i farisei) amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe. Lc 14,26-27: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Lc 2,34: Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione Mt 10,34-36: Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Mt 15,4: Dio ha detto: Onora il padre e la madre e inoltre: Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte. Mt 19,16-19: Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?”. Egli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ed egli chiese: “Quali?”. Gesù rispose “ Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso”. v. 38 Sap 5,1-5: Allora il giusto starà con grande fiducia di fronte a quanti lo hanno oppresso e a quanti han disprezzato le sue sofferenze. Costoro vedendolo saran presi da terribile spavento, saran presi da stupore per la sua salvezza inattesa. Pentiti, diranno fra di loro, gemendo nello spirito tormentato: “Ecco colui che noi una volta abbiamo deriso e che stolti abbiam preso a bersaglio del nostro scherno; giudicammo la sua vita una pazzia e la sua morte disonorevole. Perché ora è considerato tra i figli di Dio e condivide la sorte dei santi? 1Cor 1,18: La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. 1 Cor 1,22-25: E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Gal 3,13: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno Gal 6,12-14: Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Eb 13,13: Usciamo dunque anche noi dall’accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. Eb 11,24-26: Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava infatti alla ricompensa. Lc 22,42: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. v.39 Is 53,10-12: Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori. Mc 8,35-38: Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo… Lc 14,27: Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. Lc 17,33: Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà. Gv 12,24-26: In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Gv 15,13: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Gal 2,20: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. v.40 Gv 12,44: Gesù allora gridò a gran voce: “Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato. Gal 4,13-14: Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; e quella che nella mia carne era per voi una prova non l’avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. v.42 Mt 25,40: Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. 1 Re 17,9-24: “Alzati, và in Zarepta di Sidòne e ivi stabilisciti. Ecco io ho dato ordine a una vedova di là per il tuo cibo”. Egli si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva la legna. La chiamò e le disse: “Prendimi un pò d’acqua …