Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria 5 Elettromagnetismo, forze magnetiche e fonti di campi magnetici 5.1 – I magneti e i poli magnetici Lo studio del magnetismo ebbe origine dall’osservazione che certe sostanze naturali, come la magnetite, erano capaci di attrarre granuli di ferro, ma anche di attrarre o respingere corpi della stessa sostanza sospesi ad un filo, liberi di ruotare attorno ad esso. Queste sostanze costituiscono i così detti “magneti naturali”: il più grande magnete naturale è la Terra medesima, la cui azione orientatrice sulle bussole è nota fin dai tempi più antichi. Oersted fu il primo a scoprire (1820) che quando una corrente elettrica fluisce in un filo conduttore produce effetti magnetici analoghi a quelli prodotti dalla magnetite, cioè scoprì che anche la corrente elettrica è capace di modificare l’orientamento di un ago magnetico posto nelle sue vicinanze, alla stessa maniera di un magnete naturale: fu questa importante scoperta che consentì di unificare fra loro le teorie dell’elettricità e del magnetismo, fino ad allora separate. Sulla base dei fatti sperimentali è dunque possibile affermare che sia lo spazio attorno ad un magnete sia quello attorno ad un conduttore percorso da corrente è sede di un unico nuovo campo, il campo magnetico, sorgente di un nuovo tipo di forze, le forze magnetiche: tutto ciò in perfetta analogia con quanto abbiamo già detto sui campi elettrici, cioè che lo spazio circostante un insieme di cariche elettriche stazionarie è sede di un campo elettrico, sorgente di forze elettriche. Di più, sempre in analogia ai campi elettrici, così come questi sono definiti quantitativamente mediante il vettore intensità di campo elettrico E e sono rappresentati graficamente mediante le linee di forza (linee di forza del c.e.), anche i campi magnetici sono descritti quantitativamente mediante un vettore, il vettore intensità di c.m, B , e sono rappresentati mediante linee di forza, dette linee di forza del campo magnetico. Tutto ciò premesso, passiamo a dare una definizione operativa e quantitativa del vettore intensità di campo magnetico, B . Come per i campi elettrici, anche per i campi magnetici si utilizza come corpo di prova una particella elettrica di carica positiva q0 e di massa sufficientemente piccola in modo da poter ragionevolmente trascurare la forza peso agente su di essa. 1 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Inoltre, si fa in modo che nella regione in cui si muove la carica di prova q 0 non vi siano altre cariche elettriche tali da poter agire su di essa con una forza di tipo elettrico: ciò ha come conseguenza che ogni eventuale deviazione della particella q0 è dovuta solo all’azione del campo magnetico presente nella regione. L’esperienza mostra, in tal caso, che l’intensità della forza magnetica F m , agente sulla carica di prova, è in ogni punto del campo magnetico: 1. proporzionale alla carica q0, Fm q0 2. proporzionale al modulo v della velocità posseduta dalla carica, Fm v 3. funzione dell’angolo θ che il campo magnetico forma con la direzione della velocità v . In particolare, poiché la forza agente sulla particella risulta nulla quando la velocità è parallela alla direzione del campo magnetico ed è massima quando la velocità è perpendicolare alla direzione del campo magnetico, si deduce che la forza magnetica è proporzionale al seno di θ, Fm sen( ). Pertanto, riassumendo tali risultati sperimentali, si può affermare che la quantità Fm q0 vsen( ) è costante, valore che cambia solo se cambia il campo magnetico. Dunque, poiché il valore della costante è una caratteristica del campo magnetico presente nella regione, indipendente sia dalla carica di prova, sia dalla velocità con la quale essa si muove all’interno del campo magnetico e sia dalla direzione di moto della particella, si assume tale rapporto come misura dell’intensità del campo magnetico: B Fm . qvsen( ) E’ questa la definizione operativa dell’intensità del campo magnetico B, in ogni punto del campo. Il vettore B, detto vettore induzione magnetica o, semplicemente, intensità di campo magnetico, è un vettore avente per definizione: direzione coincidente con la direzione lungo la quale si dispone una bussolina magnetica posta nel punto del c.m. verso quello che va dal polo sud (colore blu) al polo nord (colore rosso) della bussolina magnetica 2 Capitolo 5 – Il Magnetismo modulo B Teoria Fm . qvsen( ) Inoltre, i risultati sperimentali mostrano che: 1. la forza magnetica Fm ha sempre direzione perpendicolare al piano formato da v e da B ; 2. il verso della forza magnetica Fm è ottenuta con la regola della mano destra: se poniamo la mano destra nel punto, con il pollice nel verso di moto della carica positiva e con le dita nel verso del campo magnetico, il palmo della mano destra indica il verso della forza magnetica; 3. il modulo della forza magnetica è: F m q v B sen( ) . Tali risultati si possono sintetizzare nell’unica formula data dal seguente prodotto vettoriale: Fm qv B . 5.2.1 – Forza magnetica su un filo rettilineo percorso da corrente Abbiamo visto che un campo magnetico esercita una forza trasversale sulle cariche in moto. Poiché una corrente è costituita da un insieme di cariche elettriche che si muovono ordinatamente all’interno di un conduttore, sul conduttore agirà una forza magnetica che sarà la somma vettoriale delle forze magnetiche agenti su ciascuna carica in moto. Vogliamo ora calcolare la forza magnetica che agisce su un filo rettilineo percorso da una corrente di intensità i posta all’interno di un campo magnetico di intensità B. Nella fig. a, un filo verticale, non percorso da corrente e fissato ad entrambi gli estremi, è posto in un campo magnetico uscente dal piano della figura. Nella fig. b, una corrente fluisce nel conduttore verso l’alto: il filo si incurva verso destra. 3 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Nella fig. c, una corrente fluisce nel conduttore verso il basso: il filo si incurva verso sinistra. La figura seguente mostra cosa accade all’interno del filo conduttore percorso da corrente: Vediamo uno degli elettroni di conduzione che si muove verso il basso con velocità di deriva vd; la forza magnetica agente su tale elettrone è Fm e vd B essendo 90 e sen(90°) = 1, diretta verso destra. Ci si aspetta quindi che su tutto il filo si eserciti una forza risultante diretta anch’essa verso destra, in accordo con la fig. b. (Osserviamo che se si inverte o il verso della corrente o il verso del campo magnetico, la forza sul filo invertirebbe il suo verso, dirigendosi verso sinistra). Quantifichiamo la forza agente sul filo di lunghezza L. Il tempo impiegato da ciascun elettrone per percorrere il tratto di filo L, con velocità di deriva vd, è t L . vd mentre la carica totale che percorre il tratto L di conduttore nel tempo t è q i t i L . vd Di conseguenza, la forza magnetica risultante agente sul tratto L di filo è Fm q v d B sen (90) i L vd B i L B vd (1) orientata verso destra con direzione perpendicolare al piano formato da L e da B. 4 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Se il campo magnetico forma un angolo θ con la direzione del filo (o della corrente), l’intensità della forza magnetica è: Fm i L B sen( ) . (2) Vettorialmente, indicato con L il vettore avente modulo uguale alla lunghezza del filo, L, e verso coincidente con il verso della corrente, la forza magnetica è: Fm i L B . (3) La relazione (2) fornisce un metodo più semplice per calcolare l’intensità di un campo magnetico, in alternativa alla misura ottenuta misurando la forza magnetica agente su una particella carica in moto: è più facile misurare la forza magnetica agente su un filo piuttosto che su una singola carica. 5.2.2 – Forza magnetica su un conduttore qualsiasi: Ia legge di Laplace. Nel paragrafo precedente si è visto che quando un conduttore rettilineo, percorso da corrente i, è posto in un campo magnetico, esso è soggetto ad una forza magnetica: Fm iL B dove: i è l’intensità della corrente, L è il vettore avente modulo uguale alla lunghezza del filo, direzione e verso quelli della corrente, B è il vettore induzione magnetica, origine della forza magnetica. Più in generale, quale che sia la forma di un conduttore percorso da corrente, quando esso è posto in un campo magnetico, è soggetto ad una forza magnetica la cui espressione è in generale molto complessa. Per calcolare tale forza magnetica, operiamo come segue: dividiamo il filo conduttore in tanti “elementini” di circuito, di lunghezza d L i , tanto piccoli da poterli considerare rettilinei e tali da poter supporre il campo magnetico B i costante in tali tratti. 5 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria La forza magnetica agente su ciascun tratto di filo, considerato rettilineo, è dF i i d L i B i e la forza totale agente sull’intero conduttore è F m i d Li Bi idL B i dL B (C ) (I legge di Lapalce) (C ) 5.2.3 – Forze magnetiche su una spira rettangolare percorsa da corrente: Momento magnetico di una spira. Una spira rettangolare indeformabile, di dimensioni a e b, è posta in un campo magnetico di induzione B ed è libera di ruotare attorno ad un asse passante per il suo baricentro, in modo tale che i lati 1 e 3 siano sempre perpendicolari al vettore B. In tale situazione, su ciascun lato percorso da corrente agisce una forza magnetica F i l B così che sulla spira agisce un sistema di forze che andiamo a valutare. Se indichiamo con l’angolo formato dalla perpendicolare nn’ al piano della spira e da B, si ha quanto segue: sul lato (2) della spira, poiché il vettore l , che ha direzione e verso della corrente i e modulo b, forma con B l’angolo , 2 6 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria agisce una forza magnetica ) ilB cos( ) , di modulo Fm, 2 i l B sen( direzione coincidente con l’asse della spira, verso quello di figura (verso il basso) 2 Analogamente, sul lato (4) della spira , poiché il vettore l , che ha direzione e verso della corrente i e modulo uguale a b, forma con B un angolo di ampiezza , agisce una forza magnetica 2 di modulo Fm , 4 i B sen( ) ilB cos( ) 2 direzione coincidente con l’asse della spira verso quello di figura (verso l’alto) Poiché tale coppia di forze ha un momento nullo rispetto all’asse di rotazione, essendo il braccio della coppia uguale a zero, l’effetto di due tali forze opposte è solo quello di deformare la spira e, poiché si è supposta la spira indeformabile, nascono delle forze di reazione tali da annullare gli effetti di F2 e di F4. Sui lati (1) e (3) agiscono pure forze di verso opposto, di modulo uguale 7 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria F1 F2 ilBsen (90) ilB ma che, come mostra la figura, non hanno la stessa retta d’azione e perciò costituiscono una coppia di forze di momento non nullo M = F · br che tende a far ruotare la spira attorno all’asse di rotazione, nel verso orario per la situazione fisica considerata. Il tal caso, essendo la rotazione oraria, il momento di forza avrà la direzione dell’asse della spira, diretto verso il basso. Calcoliamo il modulo di tale momento di forza agente sulla spira. Con riferimento alla figura seguente si osservi che poiché la normale n alla spira è perpendicolare al lato b della spira e poiché il campo magnetico B è perpendicolare alla forza magnetica F, l’angolo formato da n e B è uguale all’angolo formato dal lato b con F: (bF ) (nB) Di conseguenza, il braccio della coppia di forze agenti sui lati 1, 3 è br = b ·sen(θ) e il momento torcente ha: modulo: M F br F b sen() ilB b sen() iabBsen () iBsen () , dove A è l’area della spira rettangolare; 8 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria direzione coincidente con l’asse di rotazione della spira; verso dall’alto verso il basso, poiché la coppia di forze induce una rotazione oraria sulla spira. L’espressione del momento torcente agente M i A B sen( ) , dimostrata nel caso di una spira rettangolare, è valida per ogni spira di forma qualsiasi. In tale formula: i rappresenta l’intensità di corrente che attraversa la spira, A rappresenta l’area della spira, B è l’intensità del campo magnetico, rappresenta l’angolo formato dal campo magnetico con la normale alla spira. Per = 0° oppure = 180°, il momento M = 0 e la spira è in equilibrio rotazionale: in particolare per = 0°, la spira è in posizione di equilibrio stabile, mentre per = 180° la spira è in posizione di equilibrio instabile. Nel primo caso, spostando la spira dalla posizione di equilibrio la spira ritorna nella posizione iniziale; nel secondo caso, spostando la spira dalla posizione di equilibrio, essa se ne allontana senza ritornarvi. Conclusione “Tutte le volte che una spira, libera di ruotare attorno ad un asse, è soggetta ad un momento magnetico M non nullo, essa subisce una rotazione attorno all’asse” : tale effetto rotazionale causato dal campo magnetico è alla base di molti strumenti di misura (amperometri, voltmetri). Osservazione - Nel caso in cui il circuito è composto da N spire uguali, ciascuna di area A , 9 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria il momento totale agente sulle N spire è: Mtot = N·i·A·B·sen(θ). 5.2.4 – Il magnetone di Bohr Se analizziamo l’espressione del momento torcente agente su una spira percorsa da corrente elettrica M i A B sen( ) si vede che tale momento dipende, oltre che dall’intensità B del campo magnetico, anche da proprietà intrinseche alla spira, ovvero dalla superficie A della spira e dall’intensità i della corrente che l’attraversa. Questa osservazione suggerisce l’opportunità di introdurre un nuovo vettore m , detto momento magnetico della spira, avente: modulo m = i·A direzione perpendicolare al piano della spira (= direzione della normale, n) verso ottenuto con la regola della mano destra: ponendo la mano destra con le dita nel verso della corrente, il pollice fornisce il verso di m . Come conseguenza di tale definizione, il momento torcente di una spira può essere espresso come prodotto vettoriale del momento magnetico e del campo magnetico: M mB In particolare, tenuto conto “ogni elettrone, poiché dotato di un moto di rivoluzione attorno al nucleo, rappresenta una microcorrente elettronica di intensità i = e , in T una spira ideale di raggio pari alla distanza dell’elettrone dal nucleo ”, detta A l’area dell’orbita, si ha che l’elettrone si comporta come una spira di momento magnetico avente direzione perpendicolare al piano dell’orbita e modulo i A e A. T Tale momento dicesi momento magnetico orbitale dell’elettrone. 10 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Di più, sappiamo che al variare della distanza dell’elettrone dal nucleo varia il raggio dell’orbita e di conseguenza, variando l’area dell’orbita, varia pure il momento magnetico orbitale di ciascun elettrone dell’atomo. Inoltre, la meccanica quantistica prevede che la distanza alla quale può trovarsi un elettrone nell’atomo non è arbitraria ma “quantizzata” e ciò ha come conseguenza che il momento magnetico orbitale degli elettroni di un atomo può assumere solo i multipli interi di una unità fondamentale, detta MAGNETONE DI BOHR, corrispondente al momento magnetico orbitale dell’elettrone che ruota sulla prima orbita che ha raggio r0 0.53 10 10 m : 0 e Cm 2 J m2 r02 0 9.27 10 24 . 9.27 10 24 T s Weber Infine, osserviamo che poiché ogni elettrone possiede anche un moto di rotazione su se stesso e ciò comporta che ogni elettrone possiede un ulteriore momento angolare intrinseco, detto spin, al quale è associato un momento magnetico S , detto momento magnetico intrinseco, di intensità pari al magnetone di Bohr ( S 0 ). Dunque, ogni elettrone, all’interno di un atomo, possiede un momento magnetico risultante ris O S , somma del momento orbitale e del momento intrinseco, così che quando l’elettrone si trova in un campo magnetico B esso è soggetto ad un momento di forza torcente 11 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria ris B . 5.2.5 – Il moto di una carica elettrica in un campo magnetico uniforme Nella figura seguente è rappresentato il moto di una carica elettrica negativa iniettata, con velocità v , perpendicolarmente ad un campo magnetico uniforme B entrante nel piano del foglio: Sulla carica agisce una forza magnetica Fm qv B avente: modulo F = q·v·B; direzione perpendicolare al piano formato da v e da B , perciò giacente nel piano del foglio; verso dato dalla regola della mano destra. Poiché la forza magnetica è in ogni punto perpendicolare alla velocità, ciò ha come conseguenza che la carica si muoverà all’interno del campo magnetico, nel piano del foglio, descrivendo un’orbita circolare con velocità costante: calcoliamo il raggio dell’orbita, il periodo del moto circolare uniforme e la frequenza. Poiché la forza magnetica deflettente è una forza centripeta, deve risultare: Fm Fc qvB mv 2 mv 1 () R R qB È questa l’espressione del raggio orbitale quando una carica q entra in un campo magnetico con una velocità v perpendicolare al vettore induzione B . Più in generale, quando una particella entra in campo magnetico B con un angolo θ, la forza magnetica agente sulla carica è F = q·v·B·sen(θ) 12 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria e la traiettoria descritta dalla particella è un’orbita elicoidale di raggio : R mv . (2) q B sen( ) In tal caso, la componente perpendicolare al campo magnetico determina un moto circolare mentre la componente della velocità parallela al campo magnetico determina la traslazione dell’orbita: il risultato complessivo dell’azione della forza magnetica è la causa del moto elicoidale. La precedente relazione (2) consente di calcolare di calcolare la densità di carica della particella (rapporto fra carica e massa): q v . m R B sen( ) In particolare, se = 90°, è: q v . m RB Tale rapporto è caratteristico per ogni particella e ha perciò consentito di verificare che le particelle emesse da un filamento metallico, a causa del riscaldamento prodotto dal passaggio di una intensa corrente (effetto termoionico), sono elettroni: è questa una conferma che le particelle libere di muoversi in un metallo sono elettroni. Infine, applicando le relazioni caratteristiche del moto circolare uniforme, nel caso di cariche elettriche che entrano con velocità v perpendicolare al campo magnetico, si ha: v v 2R 2R q 2 qB 2 m T BR T q T m T m qB RB m La frequenza di rotazione è: f qB . 2 m 13 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Tale ultima relazione mostra che la frequenza di rotazione di una particella carica, iniettata all’interno di un campo magnetico, non dipende dalla velocità v: le particelle più veloci descrivono orbite di raggio maggiore di quello delle particelle più lente, ma tutte hanno la stessa frequenza e impiegano lo stesso tempo T per compiere un giro completo, a parità di carica specifica e di intensità del campo magnetico. La frequenza uguale delle particelle, aventi stesso q m in un campo magnetico B, è detta frequenza di ciclotrone, proprietà che è alla base del principio di funzionamento del ciclotrone. 5.2.6 Il ciclotrone e il sincrotrone Il primo ciclotrone fu fatto funzionare da Ernest Lawrence, nel 1932. Il ciclotrone è un acceleratore di particelle cariche, ioni, ad esempio protoni o deutoni (nuclei di deuterio, isotopo pesante dell’idrogeno, formati da 1p e 1n), che sono accelerati e portati ad alte energie, usati come proiettili per bombardare bersagli posti lungo la loro traiettoria. Il risultato della collisione è la produzione di particelle che studiate forniscono informazioni sulla struttura della materia. La figura precedente è una vista dall’alto del ciclotrone, che si trova in una camera a vuoto. Il ciclotrone è costituito da due mezzi dischi cavi di rame, detti “Di” per la loro forma, collegati con un oscillatore elettrico, che è un dispositivo capace di stabilire una differenza di potenziale fra le due “Di”, ma con le polarità che si alternano con la stessa frequenza alla quale i protoni o i deutoni ruotano al loro interno. Nel centro del ciclotrone è situata una sorgente ‘S’ di ioni, ad esempio molecole di deuterio, che vengono bombardate con elettroni veloci, dotati di energia dell’ordine 14 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria 100 eV 1, sufficiente a creare, per urto, ioni positivi di deuterio, detti deutoni. Tali ioni liberi, fuoriescono dalla sorgente attraverso un piccolo foro e si rendono disponibili per essere accelerati da un campo elettrico opportuno, generato da un oscillatore elettrico che fornisce una non molto elevata differenza di potenziale per accelerare le particelle, per cui, se si vuole che esse raggiungano una elevata energia è necessario che tali particelle attraversino più volte la zona in cui è applicata tale differenza di potenziale. Ad esempio, se l’energia acquistata da uno ione è, in ogni passaggio, di 10 +5 eV e si vuole che esso acquisti un’energia finale di 10+7 eV, occorrono 100 passaggi e 50 giri, prima di fuoriuscire dall’acceleratore. Il ciclotrone è immerso in un campo magnetico B, di direzione perpendicolare al ciclotrone e intensità pari a 1.6 weber/m 2, creato da un grande elettromagnete: il compito del campo magnetico è solo quello di curvare la traiettoria degli ioni, che possono così passare più e più volte attraverso la zona acceleratrice del ciclotrone, descrivendo orbite di raggio sempre maggiore corrispondenti a velocità crescenti nel tempo. La zona di accelerazione è quella compresa fra le due “Di”, esternamente alle due “Di”, in cui agisce il campo elettrico creato dall’alternatore: il campo elettrico non ha alcun effetto sulle particelle quando queste si trovano all’interno delle due armature cave, a causa dell’effetto schermo creato dalle due “Di”. Il ciclotrone è posto in una camera a vuoto, in cui la pressione è di circa 10-6 mmHg, perché altrimenti gli ioni perderebbero costantemente energia urtando contro le molecole dell’aria. Vediamo in dettaglio come funziona il ciclotrone. A tal fine, supponiamo che un deutone, uscendo dalla sorgente ‘S’, trovi la ‘Di’ opposta a potenziale negativo: esso sarà allora accelerato verso di essa, entrando al suo interno, dove sarà schermato da ogni ulteriore effetto elettrico, trovandosi in una gabbia metallica (gabbia di Faraday). Al contrario, lo ione non è schermato dagli effetti del campo magnetico, per cui sotto l’azione della forza magnetica descrive un’orbita circolare di raggio R 1 mv qB 1 eV = 1.610-19 J 15 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria che dipendente dalla velocità v. Dopo un tempo pari a T/2, lo ione esce la prima volta dalla prima “Di” e, nell’ipotesi fondamentale che il potenziale acceleratore abbia cambiato segno nello stesso intervallo di tempo, si trova di fronte nuovamente una “Di” a potenziale negativo. Di conseguenza, il deutone viene nuovamente accelerato nella zona fra le due “Di”, ed entra nella seconda “Di” con una velocità maggiore, descrivendo una seconda orbita di raggio maggiore. Il processo si ripete finché lo ione non raggiunge il bordo esterno del ciclotrone, dove un deflettore elettrico lo costringe ad uscire dal dispositivo lungo una certa direzione. In tutto questo processo è fondamentale che la frequenza di rotazione della particella, f , sia uguale alla frequenza, f 0 , con la quale l’oscillatore alterna la differenza di potenziale. La condizione f fo è detta condizione di risonanza. Dunque, perché l’acceleratore funzioni, la frequenza dell’oscillatore deve essere fo f qB (frequenza di risonanza). 2 m Da quanto detto in precedenza, si è indotti a credere che si debba scegliere l’oscillatore in funzione del campo magnetico e della particella da accelerare in modo che risulti soddisfatta la precedente condizione di risonanza. In pratica, si opera in modo opposto: una volta scelto lo ione che si intende accelerare, di densità di carica q/m, si preferisce dapprima fissare l’oscillatore avente una data frequenza f o e poi si accorda il ciclotrone facendo variare il c.m. B in modo che sia soddisfatta la relazione di risonanza fo qB . 2 m Poiché l’energia cinetica acquistata dalla particelle v qBR 1 1 qBR 2 q 2 B 2 R 2 Ec mv 2 m( ) m 2 2 m 2m dipende dal raggio delle due “Di”, è per questo che si sono costruiti acceleratori di raggio e diametro sempre più grande. 16 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Esistono tuttavia dei limiti per i valori di energia che si possono ottenere con il ciclotrone, perché quando la velocità della particella diventa elevata, prossima a quella della luce (c = 300.000 km/s), non viene più soddisfatta la condizione di risonanza fra l’oscillatore e il moto della particella accelerata. Alle alte velocità, la massa inerziale della particella non è più costante ma aumenta secondo la nota relazione di A. Einstein m m0 v2 1 2 c , dove: m0 è la massa inerziale della particella a riposo; v è la velocità della particella; c è la velocità della luce; m è la massa inerziale attuale della particella, alla velocità v. Di conseguenza, poiché all’aumentare della velocità, aumenta la massa inerziale dello ione e con essa particella, diminuisce il valore della frequenza di rotazione della qB , non viene più rispettata la condizione di risonanza. 2 m Un modo per mantenere la condizione di risonanza fra oscillatore e moto della particella è quello di ridurre la frequenza dell’oscillatore in modo che in ogni istante risulti fo m qB . 2 I ciclotroni che utilizzano questa tecnica per annullare gli effetti relativistici della velocità sulla massa e perciò sulla frequenza e sulla condizione di risonanza, si dicono sincro-ciclotroni. Un secondo problema, legato all’utilizzo del ciclotrone come macchina acceleratrice, è rappresentato dalle dimensioni del magnete. Infatti, per un protone da 30 BeV (1 Bev= 10 10 eV) in un campo magnetico di 15000 Gauss (1 Gauss = 10-4 T), il raggio del ciclotrone e del magnete dovrebbe risultare: R 2 m0 E c q2 B2 2 (1.67 10 27 kg) (30 1.6 10 19 1010 J ) 70m . (1.6 10 19 C ) 2 (1.5 10 4 10 4 T ) 2 17 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Un magnete di queste dimensioni, che consentirebbe di ottenere velocità prossime a quella della luce, avrebbe un costo proibitivo. Per ridurre tali costi, si usano dispositivi in cui è possibile far variare ciclicamente sia l’intensità del c.m. B sia la frequenza f 0 dell’oscillatore in modo che non solo sia rispettata la condizione di risonanza ma anche che il raggio dell’orbita rimanga costante durante tutto il processo di accelerazione: questi dispositivi sono detti sincrotroni. Le due variabili f o e B d un sincrotrone soddisfano contemporaneamente alle due condizioni: fo m qB (condizione di risonanza) e v o Ro 2 f o Ro . 2 5.2.7 Una conseguenza della forza magnetica: l’effetto Hall. Il verso della forza magnetica che agisce su una carica elettrica non è sufficiente per determinare il segno dei portatori di carica di un conduttore perché qualunque sia il segno della carica, il verso della forza magnetica, ottenuto con la regola della mano destra, è sempre lo stesso. Nel 1879, il fisico danese E.H. Hall ideò un esperimento che consentì di determinare il segno dei portatori di carica nei metallici: l’esperimento ha permesso di stabilire, in modo inequivocabile, che nei metalli sono solo le cariche negative (elettroni di valenza o di conduzione) che si muovono. Nella figura seguente è disegnata una striscia di rame percorsa da una corrente di intensità i, che, secondo la convenzione usata, ha il verso secondo cui si muoverebbero eventuali cariche positive, presenti nel conduttore. Se poniamo la striscia metallica in un campo magnetico perpendicolare al piano della striscia, entrante nel piano della striscia, su ciascun portatore di carica agisce una forza magnetica Fm q v B avente: direzione perpendicolare al piano formato da v e B, quindi contenuta nel piano della striscia; verso ottenuto con la regola della mano destra, perciò rivolta da sinistra a destra; modulo Fm = q·v·B·sen(90°)=q·v·B 18 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Per effetto di tale forza, i portatori di carica, positivi o negativi che siano, tenderanno a spostarsi verso destra, nella direzione orientata della forza, creando in tal modo una differenza di potenziale fra le due facce opposte, detta differenza di potenziale di Hall. È proprio tale differenza di potenziale che consente di stabilire il segno delle cariche di conduzione, ovvero della cariche che sono libere di muoversi nei conduttori. Infatti, se i portatori di carica sono positivi, il punto A deve trovarsi a potenziale maggiore rispetto a B, al contrario, se i portatori di carica sono negativi, il punto A dovrà trovarsi a un potenziale minore rispetto a B: L’esperienza mostra in modo inequivocabile che il punto A è a potenziale elettrico minore rispetto a B e ciò è una prova che i portatori di carica dei conduttori metallici sono particelle aventi carica elettrica negativa. CONSEGUENZE Se indichiamo con vd la velocità di deriva degli elettroni di conduzione, ciascuno di essi sarà deviato verso il bordo destro della lastra metallica per effetto dell’azione della forza magnetica F m e vd B . Il numero degli elettroni che arrivano sul bordo destro non è illimitato, perché, a causa dell’accumulo di cariche negative, si crea un campo elettrico trasversale E H , detto campo elettrico di Hall, che agisce in modo da opporsi allo spostamento trasversale degli elettroni di conduzione: quando E H avrà assunto un’intensità 19 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria elevata, esso sarà tale da impedire ogni ulteriore accumulo di carica in eccesso sulla faccia A della lastra. Il campo elettrico di Hall è legato alla differenza di potenziale di Hall dalla ben nota relazione che lega ogni campo elettrico alla differenza di potenziale elettrica: EH V V B VB V A V , A x d d essendo d la distanza fra A e B. Evidentemente, si raggiunge l’equilibrio elettrostatico quando la forza magnetica che agisce su ciascun portatore di carica è equilibrata dalla forza elettrica generata dal campo elettrico di Hall, ovvero quando la forza di Lorentz agente sugli elettroni è nulla: e E H e vd B 0 . Da tale relazione segue che: e E H e v d B E H vd B E H vd B sen( ) . L’ultima relazione fornisce un ulteriore metodo per calcolare: 1. la velocità di deriva degli elettroni vd EH , dove α è l’angolo formato da i e B; B sen ( ) 2. il numero n di elettroni per unità di volume. Ricordando che vd i i i B sen( ) E H v d Bsen ( ) Bsen ( ) n , n Ae nAe A EH e dove le quantità a secondo membro sono tutte facilmente misurabili. (Si ricordi che EH = V/d). 5.3 Teorema di Gauss - Teorema di Ampere Approfondiamo ora lo studio dei fenomeni magnetici introducendo due importanti concetti: il flusso e la circuitazione del vettore induzione magnetica B . Entrambi questi due concetti sono stati già definiti per il campo elettrico, ma per il campo magnetico essi presentano proprietà diverse. Cominciamo dapprima a definire il flusso del campo magnetico attraverso una qualunque superficie S. Analogamente a quanto già detto per i campi elettrici, il flusso del campo magnetico B attraverso una superficie S è definito ponendo S ( B) B i S i Bi S i cos(i ) 20 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria dove con S i si è indicato il vettore avente la direzione perpendicolare all’elemento i di superficie in cui si è suddivisa la superficie S e intensità uguale all’area della superficie elementare considerata e con B i il vettore induzione costante nei punti della superficie Si. L’unità di misura del flusso del campo magnetico è il Weber (Wb), che nel sistema SI equivale al tesla per m2 : 1 Wb = 1 T·m2. Poiché le linee di forza di ogni campo magnetico sono linee chiuse, il numero di linee entranti in una superficie chiusa, posta nel campo magnetico, è sempre uguale al numero delle linee uscenti da essa. Questa semplice osservazione ci permette di enunciare il seguente teorema di Gauss per i campi magnetici: Il flusso del campo magnetico attraverso una qualunque superficie chiusa è sempre nullo. In formule: SC ( B) 0 . Tale teorema costituisce la prima importante differenza fra campo elettrico e campo magnetico. Introduciamo ora un altro importante concetto per i campi magnetici: il concetto di circuitazione. Nei paragrafi precedenti si è già affrontato il problema di calcolare la forza magnetica agente sia su una carica in moto (la forza di Lorentz) sia su una corrente elettrica (la legge di Laplace). Ora vogliamo affrontare il problema inverso, cioè calcolare il campo magnetico prodotto da correnti elettriche. La scoperta che le correnti elettriche producono campi e forze magnetiche fu fatta per primo dal fisico danese Oersted, nel 1820. Nella figura seguente, che rappresenta un filo conduttore circondato da un certo numero di magnetini, è illustrata una modifica dell’esperimento di Oersted: Quando nel filo conduttore non circola corrente, tutti i magnetini risultano allineati con il campo magnetico terrestre; al contrario quando nel conduttore fluisce una 21 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria corrente elettrica di intensità i, i magnetini si orientano secondo linee ben definite (linee di campo) rappresentate da circonferenze concentriche con il filo conduttore. Le linee di forza di un campo magnetico si possono visualizzare anche utilizzando una sottile limatura di ferro, formata da sottili aghi di ferro, che, sotto l’azione del campo magnetico, si magnetizzano comportandosi come minuscole bussole. Ampere per primo, utilizzando circuiti di forma qualsiasi, attraversati da corrente di intensità pure qualsiasi, trovò la relazione quantitativa esistente fra corrente e campo magnetico da essa prodotto. Perché tale relazione possa essere espressa in modo semplice, è necessario introdurre il concetto di circuitazione del campo magnetico B lungo una linea chiusa e orientata . A tal fine, dopo aver orientato in modo arbitrario, ad esempio in senso antiorario, la linea chiusa , suddividiamo la linea in un numero arbitrario n di elementini d i così piccoli da poterli ragionevolmente considerare rettilinei e tali che in ciascuno di essi si possa ritenere il campo magnetico costante e uguale a B i . Ciò fatto, si definisce circuitazione di B lungo la somma dei prodotti scalari di ciascun i per il corrispondente B i , per n , cioè: n n C ( B) lim ( B i d i ) lim( Bi d i cos i ) B d n i 1 n i 1 ( ) Un caso particolare è rappresentato dalla circuitazione del campo magnetico prodotto da un conduttore rettilineo, percorso da una corrente di intensità i, lungo una linea chiusa, costituita da una circonferenza avente il centro sul filo conduttore e situata in un piano perpendicolare al conduttore medesimo. 22 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Sussiste il seguente fondamentale teorema che ha validità del tutto generale, indipendente sia dall’intensità della corrente che genera il campo magnetico sia dalla forma del conduttore attraversato dalla corrente. Esso afferma che: La circuitazione del campo magnetico, prodotto da un sistema di correnti elettriche, lungo un qualsiasi percorso chiuso è proporzionale alla somma algebrica delle sole correnti concatenate dalla linea chiusa, cioè: C ( B) iconc (TEOREMA DI AMPERE) dove i è la somma algebrica delle correnti concatenate e µ è una costante di proporzionalità che dipende dal mezzo che riempie lo spazio dove ha sede il campo magnetico, detta permeabilità magnetica del mezzo. Se il mezzo è il vuoto o l’aria, la permeabilità magnetica si indica con μ 0 e vale 4 10 7 Wb . Am Dunque, per il vuoto, il teorema di Ampere diventa: C ( B) B d 0 (i1 i2 ... in ) dove i1, i2, …, in sono soltanto le correnti concatenate dalla linea chiusa (interne alla l.c.) e alle quali è stato attribuito un segno + o -, arbitrariamente: ad esempio si 23 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria considerano positive le correnti che vanno verso l’alto, negative quelle che hanno verso opposto. Tale equazione rappresenta una delle quattro equazioni fondamentali dell’elettromagnetismo classico, le equazioni di Maxwell, nel caso particolare in cui il campo elettrico o è nullo o è stazionario (costante nel tempo): tale equazione va modificata se il campo elettrico è variabile nel tempo. Nota - Le equazioni di Maxwell sono un eccellente sintesi delle leggi dell’elettromagnetismo classico, mediante le quali si possono spiegare tutti i fenomeni elettromagnetici osservati. Le 4 leggi di Maxwell sono: I° teorema di Gauss o teorema del flusso del campo elettrico: ( E ) E d S Q i (S ) II° teorema di Gauss o teorema del flusso del campo magnetico: ( B) B d S 0 (S ) Teorema della circuitazione di Ampere- Maxwell: C ( B) B d l 0 I i 0 0 d E dt Legge di induzione di Faraday: C ( E ) E d l d B dt . Il teorema di Ampere è importante perché consente di calcolare l’espressione dell’intensità di campi magnetici particolari (filo rettilineo di lunghezza indefinita, spira circolare e bobina percorsi da corrente), mentre la direzione e il verso si ottengono applicando volta per volta regole specifiche per il caso considerato (regola della mano destra, regola del cavatappi, ecc..). 5.3.1 Applicazioni del teorema di Ampere (I) Campo magnetico prodotto da una corrente rettilinea, di lunghezza indefinita LEGGE di BIOT e SAVART Oersted aveva scoperto sperimentalmente che una corrente genera nello spazio circostante un campo magnetico. Due fisici francesi, Jean Baptiste Biot e Felix Savart, cercarono di determinare sperimentalmente l’intensità di questo campo in situazione diverse. Nel caso di una corrente rettilinea come quella 24 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria dell’esperimento di Oersted, essi trovarono che il campo magnetico intorno al filo ha in ogni punto P: direzione coincidente con la tangente alla linea di campo passante per il punto (in questo caso, le linee di campo sono circonferenza concentriche aventi il centro sul filo conduttore); verso ottenuto con la regola della mano destra: se poniamo la mano destra nel punto, con il palmo che guarda al filo conduttore e con il pollice nel verso della corrente, le dita forniscono il verso del c.m. B. Intensità B 0 i , dove i è l’intensità della corrente e d è la distanza del 2 d punto dal filo. Tale ultima relazione si può dimostrare applicando il teorema della circuitazione di Ampere. A tal fine, consideriamo come linea orientata chiusa la circonferenza avente il centro in O e passante per P. Osservato che l’intensità del campo sarà uguale in ogni punto della circonferenza, avendo questi punti la stessa distanza dal filo conduttore, per il teorema di Ampere si ha: C ( ) ( B) 0 i dove i, corrente che fluisce nel conduttore, è l’unica corrente concatenata con . Se esplicitiamo tale uguaglianza si ha: () n ( B) 0 i B i d i 0 i B1 d 1 cos(1 ) B2 d 2 cos(2 ) .. Bn d n cos(n ) i 1 0 i (poiché B è costante e ciascun i 0 ) Bd 1 Bd 2 .. Bd n 0 i B(dl1 d 2 ... d n ) 0 i B B 2R 0 i B 0i . 2R (II) Campo magnetico prodotto da un solenoide Un solenoide (o bobina) è un lungo filo avvolto a forma di elica, avente un passo molto piccolo e lunghezza molto maggiore del diametro (solenoide ideale). Un osservatore, posto in un punto molto vicino ad una spira, non vede la curvatura del filo e considera il conduttore come rettilineo, così che per esso le linee di induzione magnetica sono circonferenze concentriche con centro sulla spira. 25 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Il campo magnetico creato dal solenoide si può pensare come la somma vettoriale dei campi magnetici prodotti dalle singole spire. Preliminarmente osserviamo che il campo magnetico risultante è nullo sia nei punti che si trovano fra una spira e la successiva della superficie laterale del solenoide (vedi regola della mano destra) sia nei punti esterni al solenoide . Se P è un punto esterno al solenoide, il c.m. creato dalla parte superiore delle spire è diretto verso sinistra mentre quello creato dalla parte inferiore delle spire è diretto verso destra con i moduli che si possono considerare tanto più approssimativamente uguali quanto più è piccolo il diametro del solenoide (r1 r2). Diversamente risulta nei punti interni al solenoide: se il solenoide ha lunghezza molto maggiore del diametro (lunghezza indefinita), come conseguenza dell’elevata simmetria del dispositivo si crea, al suo interno, un campo magnetico uniforme (costante), avente direzione parallela all’asse del solenoide e verso che si ottiene con la regola della mano destra. Calcoliamo l’intensità del campo B nei punti interni. A tal fine, applichiamo il teorema di Ampere lungo la linea chiusa (abcd), disposta come in figura, avente i lati (ab) e (cd) paralleli e i lati (ad) e (bc) perpendicolari all’asse del solenoide: 26 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Scriviamo l’integrale curvilineo della circuitazione come somma di quattro integrali, uno per ciascun lato del rettangolo, ottenendo. C ( ) ( B) B d B d B d B d B d () ( ab ) ( ab) B cos(0)d ( bc ) ( bc) ( cd ) B cos(90) d ( da) ( cd ) B cos(180)d ( da ) B cos( 90) d = (osservato che nei punti esterni al solenoide è B= 0 e che cos90°= cos(-90°)=0) ( ab ) B cos(0)d B d B h , dove h è la lunghezza del lato (ab). ab Dunque: C ( ) ( B) B d B h . () Ora calcoliamo la corrente concatenata dalla linea chiusa considerata. Se indichiamo con L la lunghezza totale del solenoide e con N il numero totale di spire, il numero di pire per unità di lunghezza è n N L così che il numero di spire concatenate dal tratto di lunghezza h è N N h L e la corrente totale concatenata dal circuito chiuso è iconc N hi . L Per il teorema di Ampere si ha allora: C( ) ( B) 0 iconc B h 0 N i Nhi . B 0 L L E’ questa l’espressione dell’intensità del campo magnetico nei punti interni ad solenoide ideale, cioè lungo e sottile, ma essa è valida anche per i solenoidi reali per i punti molto vicini all’asse del solenoide. La relazione precedente mostra che: 1) l’intensità B del campo è proporzionale alla densità di spire (N/L) e all’intensità di corrente. Solenoidi diversi aventi uguale densità di spire, attraversati da 27 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria uguale intensità di corrente generano campi magnetici uniformi di uguale intensità. 2) L’intensità di B non dipende dal raggio delle spire. (III) Campo magnetico prodotto da una spira circolare, di raggio R, nei punti dell’asse. La legge di Biot-Savart è stata enunciata e dimostrata nel caso di una corrente rettilinea: essa è però un caso particolare di una legge più generale, valida per i conduttori di forma qualsiasi. Se indichiamo con ds un elemento di circuito percorso da una corrente di intensità i, il campo magnetico dB in un punto P è: dB 0 i ds sen( ) 4 r 2 dove r è il raggio vettore che unisce dl al punto P e è l’angolo formato da d s ed dr : È questa la legge generale di Biot e Savart . Un’applicazione è il calcolo del campo magnetico prodotto da una spira circolare nei punti dell’asse della spira. Il campo magnetico prodotto da una spira circolare non gode di sufficiente simmetria perché si possa applicare il teorema di Ampere: se però ci limitiamo ai punti dell’asse della spira, utilizzando la legge di Biot e Savart possiamo ricavare l’espressione di B in ogni punto dell’asse in funzione della distanza z dal centro della spira. Si dimostra che l’intensità del campo magnetico è: B 0 i R 2 3 2( R 2 z 2 ) 2 dove: R è il raggio della spira 28 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Z è la distanza del punto in questione dal centro della spira i è l’intensità di corrente che circola nella spira. La direzione di B è coincidente con la direzione dell’asse, il verso è ottenuto con la regola della mano destra: ponendo la mano destra intorno alla spira, con le dita nel verso della corrente, il pollice fornisce il verso del campo magnetico. Dimostriamo la relazione anzidetta. La figura seguente mostra una spira circolare di raggio R percorsa da una corrente i. Consideriamo un punto P sull’asse della spira a distanza z dal suo piano e applichiamo la legge di Biot-Savart ad un elemento d di corrente situato sul lato sinistra della spira. Il vettore d per questo elemento di circuito è diretto perpendicolarmente alla pagina ed ha verso uscente. L’angolo θ formato dal vettore r e da d è 90°; il piano formato da questi due vettori è perpendicolare al piano della figura e contiene sia r sia d . Per la legge di Biot-Savart, il campo magnetico dB prodotto da questo elemento di circuito è perpendicolare a questo piano e quindi giace nel piano della figura, perpendicolarmente al vettore r , come mostrato in figura: Scomponiamo dB in due componenti: dB// , lungo l’asse della spira, e dB┴ perpendicolare all’asse della spira. Per la simmetria della spira rispetto all’asse, il vettore somma di tutte le componenti del campo magnetico perpendicolari all’asse vale zero e il campo magnetico risultante è dovuto solo alla somma vettoriale delle componenti parallele all’asse: BP dB dB// . Ora osserviamo che per la legge di Biot-Savart è: dB 0 i d sen(90) i d cos( ) dB// dB cos( ) 0 2 4 r 4 r 2 29 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria Se esprimiamo r ed α mediante z: r R 2 z 2 R cos( ) r R R z2 2 si ha: dB// 0 i d 0 iR R 1 2 d 2 3 2 2 4 R z R z 2 2 2 4 ( R z ) e quindi: BP dB dB// 0 iR 4 ( R z ) 2 2 3 2 d 0 iR 4 ( R z ) 2 2 3 2 0 iR 2 (2R) 2( R z ) 2 2 3 2 . 5.4.1 - L’interazione magnetica fra correnti rettilinee parallele Due fili infinitamente lunghi e paralleli percorsi da correnti interagiscono fra loro, esercitando reciprocamente, l’uno sull’altro, una forza magnetica. La figura seguente mostra due fili separati da una distanza d e percorsi dalle correnti ia e ib: Analizziamo le forze che vengono esercitate da questi fili l’uno nei confronti dell’altro. Cerchiamo prima la forza esercitata su b da parte del filo a. La corrente i a produce un campo magnetico Ba che determina una forza magnetica sulla corrente i b. Per trovare questa forza ci occorrono il modulo e la direzione orientata di Ba. 1) Il modulo di Ba è dato dalla I legge di Biot e Savart: Ba 0 ia ; 2d 30 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria 2) la direzione orientata di Ba si ottiene con la regola della mano destra: se poniamo il pollice nel verso di ia, con il palmo che guarda ad a, le dita danno la direzione di Ba. In questo caso, Ba è diretto perpendicolarmente al piano formato dalle due correnti, entrante nello stesso piano. Conseguentemente, la forza magnetica che agisce su b, ha: 1) direzione perpendicolare ai due fili, nel piano delle correnti; 2) verso attrattivo se le correnti hanno lo stesso verso, verso repulsivo se le correnti hanno verso opposto; 3) modulo F 0 L ia ib , dove L è la lunghezza comune dei due fili conduttori. 2 d Per il principio di azione e reazione, b eserciterà su a una forza di uguale intensità e direzione opposta. La forza che agisce fra correnti rettilinee e parallele, ha permesso di definire l’ampere: L’ampere è l’intensità di corrente costante che deve fluire in due fili, lunghi 1 m e posti alla distanza di 1 m, tale che la forza magnetica fra essi sia pari a 2·10-7 N. 31 Capitolo 5 – Il Magnetismo Teoria 5.5 Proprietà magnetiche della materia e ciclo di isteresi. 32