Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
5 Elettromagnetismo, forze magnetiche e fonti di campi magnetici
5.1 – I magneti e i poli magnetici
Lo studio del magnetismo ebbe origine dall’osservazione che certe sostanze
naturali, come la magnetite, erano capaci di attrarre granuli di ferro, ma anche di
attrarre o respingere corpi della stessa sostanza sospesi ad un filo, liberi di ruotare
attorno ad esso.
Queste sostanze costituiscono i così detti “magneti naturali”: il più grande magnete
naturale è la Terra medesima, la cui azione orientatrice sulle bussole è nota fin dai
tempi più antichi.
Oersted fu il primo a scoprire (1820) che quando una corrente elettrica fluisce in
un filo conduttore produce effetti magnetici analoghi a quelli prodotti dalla
magnetite, cioè scoprì che anche la corrente elettrica è capace di modificare
l’orientamento di un ago magnetico posto nelle sue vicinanze, alla stessa maniera
di un magnete naturale: fu questa importante scoperta che consentì di unificare fra
loro le teorie dell’elettricità e del magnetismo, fino ad allora separate.
Sulla base dei fatti sperimentali è dunque possibile affermare che sia lo spazio
attorno ad un magnete sia quello attorno ad un conduttore percorso da corrente è
sede di un unico nuovo campo, il campo magnetico, sorgente di un nuovo tipo di
forze, le forze magnetiche: tutto ciò in perfetta analogia con quanto abbiamo già
detto sui campi elettrici, cioè che lo spazio circostante un insieme di cariche
elettriche stazionarie è sede di un campo elettrico, sorgente di forze elettriche.
Di più, sempre in analogia ai campi elettrici, così come questi sono definiti
quantitativamente mediante il vettore intensità di campo elettrico E e sono
rappresentati graficamente mediante le linee di forza (linee di forza del c.e.),
anche i campi magnetici sono descritti quantitativamente mediante un vettore, il
vettore intensità di c.m, B , e sono rappresentati mediante linee di forza, dette linee
di forza del campo magnetico.
Tutto ciò premesso, passiamo a dare una definizione operativa e quantitativa del
vettore intensità di campo magnetico, B .
Come per i campi elettrici, anche per i campi magnetici si utilizza come corpo di
prova una particella elettrica di carica positiva q0 e di massa sufficientemente
piccola in modo da poter ragionevolmente trascurare la forza peso agente su di
essa.
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Inoltre, si fa in modo che nella regione in cui si muove la carica di prova q 0 non vi
siano altre cariche elettriche tali da poter agire su di essa con una forza di tipo
elettrico: ciò ha come conseguenza che ogni eventuale deviazione della particella
q0 è dovuta solo all’azione del campo magnetico presente nella regione.
L’esperienza mostra, in tal caso, che l’intensità della forza magnetica F m , agente
sulla carica di prova, è in ogni punto del campo magnetico:
1. proporzionale alla carica q0, Fm  q0
2. proporzionale al modulo v della velocità posseduta dalla carica, Fm  v
3. funzione dell’angolo θ che il campo magnetico forma con la direzione della
velocità v . In particolare, poiché la forza agente sulla particella risulta nulla
quando la velocità è parallela alla direzione del campo magnetico ed è
massima quando la velocità è perpendicolare alla direzione del campo
magnetico, si deduce che la forza magnetica è proporzionale al seno di θ,
Fm  sen( ).
Pertanto, riassumendo tali risultati sperimentali, si può affermare che la quantità
Fm
q0 vsen( )
è costante, valore che cambia solo se cambia il campo magnetico.
Dunque, poiché il valore della costante è una caratteristica del campo magnetico
presente nella regione, indipendente sia dalla carica di prova, sia dalla velocità
con la quale essa si muove all’interno del campo magnetico e sia dalla direzione di
moto della particella, si assume tale rapporto come misura dell’intensità del campo
magnetico:
B
Fm
.
qvsen( )
E’ questa la definizione operativa dell’intensità del campo magnetico B, in ogni
punto del campo.
Il vettore B, detto vettore induzione magnetica o, semplicemente, intensità di
campo magnetico, è un vettore avente per definizione:

direzione coincidente con la direzione lungo la quale si dispone una
bussolina magnetica posta nel punto del c.m.

verso quello che va dal polo sud (colore blu) al polo nord (colore rosso)
della bussolina magnetica
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
modulo B 
Teoria
Fm
.
qvsen( )
Inoltre, i risultati sperimentali mostrano che:
1. la forza magnetica Fm ha sempre direzione perpendicolare al piano formato da
v e da B ;
2. il verso della forza magnetica Fm è ottenuta con la regola della mano destra: se
poniamo la mano destra nel punto, con il pollice nel verso di moto della carica
positiva e con le dita nel verso del campo magnetico, il palmo della mano
destra indica il verso della forza magnetica;
3. il modulo della forza magnetica è: F m q  v  B  sen( ) .
Tali risultati si possono sintetizzare nell’unica formula data dal seguente prodotto
vettoriale:
Fm  qv  B .
5.2.1 – Forza magnetica su un filo rettilineo percorso da corrente
Abbiamo visto che un campo magnetico esercita una forza trasversale sulle
cariche in moto. Poiché una corrente è costituita da un insieme di cariche
elettriche che si muovono ordinatamente all’interno di un conduttore, sul
conduttore agirà una forza magnetica che sarà la somma vettoriale delle forze
magnetiche agenti su ciascuna carica in moto.
Vogliamo ora calcolare la forza magnetica che agisce su un filo rettilineo percorso
da una corrente di intensità i posta all’interno di un campo magnetico di intensità
B.
Nella fig. a, un filo verticale, non percorso da corrente e fissato ad entrambi gli
estremi, è posto in un campo magnetico uscente dal piano della figura.
Nella fig. b, una corrente fluisce nel conduttore verso l’alto: il filo si incurva verso
destra.
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Nella fig. c, una corrente fluisce nel conduttore verso il basso: il filo si incurva
verso sinistra.
La figura seguente mostra cosa accade all’interno del filo conduttore percorso da
corrente:
Vediamo uno degli elettroni di conduzione che si muove verso il basso con
velocità di deriva vd; la forza magnetica agente su tale elettrone è
Fm  e  vd  B
essendo   90 e sen(90°) = 1, diretta verso destra.
Ci si aspetta quindi che su tutto il filo si eserciti una forza risultante diretta
anch’essa verso destra, in accordo con la fig. b. (Osserviamo che se si inverte o il
verso della corrente o il verso del campo magnetico, la forza sul filo invertirebbe il
suo verso, dirigendosi verso sinistra). Quantifichiamo la forza agente sul filo di
lunghezza L.
Il tempo impiegato da ciascun elettrone per percorrere il tratto di filo L, con velocità
di deriva vd, è
t
L
.
vd
mentre la carica totale che percorre il tratto L di conduttore nel tempo t è
q  i t  i 
L
.
vd
Di conseguenza, la forza magnetica risultante agente sul tratto L di filo è
Fm  q  v d  B  sen (90)  i 
L
 vd  B  i  L  B
vd
(1)
orientata verso destra con direzione perpendicolare al piano formato da L e da B.
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Se il campo magnetico forma un angolo θ con la direzione del filo (o della
corrente), l’intensità della forza magnetica è:
Fm  i  L  B  sen( ) .
(2)
Vettorialmente, indicato con L il vettore avente modulo uguale alla lunghezza del
filo, L, e verso coincidente con il verso della corrente, la forza magnetica è:
Fm  i L B .
(3)
La relazione (2) fornisce un metodo più semplice per calcolare l’intensità di un
campo magnetico, in alternativa alla misura ottenuta misurando la forza magnetica
agente su una particella carica in moto: è più facile misurare la forza magnetica
agente su un filo piuttosto che su una singola carica.
5.2.2 – Forza magnetica su un conduttore qualsiasi: Ia legge di Laplace.
Nel paragrafo precedente si è visto che quando un conduttore rettilineo, percorso
da corrente i, è posto in un campo magnetico, esso è soggetto ad una forza
magnetica:
Fm  iL B
dove:
 i è l’intensità della corrente,
 L è il vettore avente modulo uguale alla lunghezza del filo, direzione e
verso quelli della corrente,
 B è il vettore induzione magnetica, origine della forza magnetica.
Più in generale, quale che sia la forma di un conduttore percorso da corrente,
quando esso è posto in un campo magnetico, è soggetto ad una forza magnetica
la cui espressione è in generale molto complessa.
Per calcolare tale forza magnetica, operiamo come segue: dividiamo il filo
conduttore in tanti “elementini” di circuito, di lunghezza d L i , tanto piccoli da poterli
considerare rettilinei e tali da poter supporre il campo magnetico B i costante in tali
tratti.
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La forza magnetica agente su ciascun tratto di filo, considerato rettilineo, è
dF i  i  d L i  B i
e la forza totale agente sull’intero conduttore è
F m  i  d Li  Bi 
 idL  B  i dL  B
(C )
(I legge di Lapalce)
(C )
5.2.3 – Forze magnetiche su una spira rettangolare percorsa da corrente:
Momento magnetico di una spira.
Una spira rettangolare indeformabile, di dimensioni a e b, è posta in un campo
magnetico di induzione B ed è libera di ruotare attorno ad un asse passante per il
suo baricentro, in modo tale che i lati 1 e 3 siano sempre perpendicolari al vettore
B.
In tale situazione, su ciascun lato percorso da corrente agisce una forza
magnetica
F  i l  B
così che sulla spira agisce un sistema di forze che andiamo a valutare.
Se indichiamo con  l’angolo formato dalla perpendicolare nn’ al piano della spira
e da B, si ha quanto segue:
 sul lato (2) della spira, poiché il vettore l , che ha direzione e verso della
corrente i e modulo b, forma con B l’angolo

 ,
2
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agisce una forza magnetica

  )  ilB cos( ) ,

di modulo Fm, 2  i  l  B  sen(

direzione coincidente con l’asse della spira,

verso quello di figura (verso il basso)
2
 Analogamente, sul lato (4) della spira , poiché il vettore l , che ha direzione e
verso della corrente i e modulo uguale a b, forma con B un angolo di

ampiezza   , agisce una forza magnetica
2

 di modulo Fm , 4  i    B  sen(   )  ilB cos( )
2

direzione coincidente con l’asse della spira

verso quello di figura (verso l’alto)
Poiché tale coppia di forze ha un momento nullo rispetto all’asse di rotazione,
essendo il braccio della coppia uguale a zero, l’effetto di due tali forze opposte è
solo quello di deformare la spira e, poiché si è supposta la spira indeformabile,
nascono delle forze di reazione tali da annullare gli effetti di F2 e di F4.
 Sui lati (1) e (3) agiscono pure forze di verso opposto, di modulo uguale
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F1  F2  ilBsen (90)  ilB
ma che, come mostra la figura, non hanno la stessa retta d’azione e perciò
costituiscono una coppia di forze di momento non nullo
M = F · br
che tende a far ruotare la spira attorno all’asse di rotazione, nel verso orario per la
situazione fisica considerata.
Il tal caso, essendo la rotazione oraria, il momento di forza avrà la direzione
dell’asse della spira, diretto verso il basso.
Calcoliamo il modulo di tale momento di forza agente sulla spira.
Con riferimento alla figura seguente
si osservi che poiché la normale n alla spira è perpendicolare al lato b della spira e
poiché il campo magnetico B è perpendicolare alla forza magnetica F, l’angolo
formato da n e B è uguale all’angolo formato dal lato b con F:
(bF ) (nB) 
Di conseguenza, il braccio della coppia di forze agenti sui lati 1, 3 è
br = b ·sen(θ)
e il momento torcente ha:

modulo:
M  F  br  F  b  sen()  ilB  b  sen()  iabBsen ()  iBsen () ,
dove A è l’area della spira rettangolare;
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
direzione coincidente con l’asse di rotazione della spira;

verso dall’alto verso il basso, poiché la coppia di forze induce una
rotazione oraria sulla spira.
L’espressione del momento torcente agente
M  i  A  B  sen( ) ,
dimostrata nel caso di una spira rettangolare, è valida per ogni spira di forma
qualsiasi.
In tale formula:
 i rappresenta l’intensità di corrente che attraversa la spira,
 A rappresenta l’area della spira,
 B è l’intensità del campo magnetico,
  rappresenta l’angolo formato dal campo magnetico con la normale alla
spira.
Per  = 0° oppure  = 180°, il momento M = 0 e la spira è in equilibrio
rotazionale: in particolare per  = 0°, la spira è in posizione di equilibrio stabile,
mentre per  = 180° la spira è in posizione di equilibrio instabile.
Nel primo caso, spostando la spira dalla posizione di equilibrio la spira ritorna nella
posizione iniziale; nel secondo caso, spostando la spira dalla posizione di
equilibrio, essa se ne allontana senza ritornarvi.
Conclusione
“Tutte le volte che una spira, libera di ruotare attorno ad un asse, è soggetta ad un
momento magnetico M non nullo, essa subisce una rotazione attorno all’asse” :
tale effetto rotazionale causato dal campo magnetico è alla base di molti strumenti
di misura (amperometri, voltmetri).
Osservazione - Nel caso in cui il circuito è composto da N spire uguali, ciascuna di
area A ,
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il momento totale agente sulle N spire è:
Mtot = N·i·A·B·sen(θ).
5.2.4 – Il magnetone di Bohr
Se analizziamo l’espressione del momento torcente agente su una spira percorsa
da corrente elettrica
M  i  A  B  sen( )
si vede che tale momento dipende, oltre che dall’intensità B del campo magnetico,
anche da proprietà intrinseche alla spira, ovvero dalla superficie A della spira e
dall’intensità i della corrente che l’attraversa.
Questa osservazione suggerisce l’opportunità di introdurre un nuovo vettore m ,
detto momento magnetico della spira, avente:
 modulo m = i·A
 direzione perpendicolare al piano della spira (= direzione della normale, n)
 verso ottenuto con la regola della mano destra: ponendo la mano destra con le
dita nel verso della corrente, il pollice fornisce il verso di m .
Come conseguenza di tale definizione, il momento torcente di una spira può
essere espresso come prodotto vettoriale del momento magnetico e del campo
magnetico:
M  mB
In particolare, tenuto conto “ogni elettrone, poiché dotato di un moto di rivoluzione
attorno al nucleo, rappresenta una microcorrente elettronica di intensità i =
e
, in
T
una spira ideale di raggio pari alla distanza dell’elettrone dal nucleo ”, detta A
l’area dell’orbita, si ha che l’elettrone si comporta come una spira di momento
magnetico  avente direzione perpendicolare al piano dell’orbita e modulo
  i A 
e
 A.
T
Tale momento  dicesi momento magnetico orbitale dell’elettrone.
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
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Di più, sappiamo che al variare della distanza dell’elettrone dal nucleo varia il
raggio dell’orbita e di conseguenza, variando l’area dell’orbita, varia pure il
momento magnetico orbitale di ciascun elettrone dell’atomo. Inoltre, la meccanica
quantistica prevede che la distanza alla quale può trovarsi un elettrone nell’atomo
non è arbitraria ma “quantizzata” e ciò ha come conseguenza che il momento
magnetico orbitale degli elettroni di un atomo può assumere solo i multipli interi di
una unità fondamentale, detta MAGNETONE DI BOHR, corrispondente al
momento magnetico orbitale dell’elettrone che ruota sulla prima orbita che ha
raggio r0  0.53  10 10 m :
0 
e
Cm 2
J  m2
  r02   0  9.27  10 24
.
 9.27  10 24
T
s
Weber
Infine, osserviamo che poiché ogni elettrone possiede anche un moto di rotazione
su se stesso e ciò comporta che ogni elettrone possiede un ulteriore momento
angolare intrinseco, detto spin, al quale è associato un momento magnetico  S ,
detto momento magnetico intrinseco, di intensità pari al magnetone di Bohr
(  S   0 ).
Dunque, ogni elettrone, all’interno di un atomo, possiede un momento magnetico
risultante
 ris   O   S ,
somma del momento orbitale e del momento intrinseco, così che quando
l’elettrone si trova in un campo magnetico B esso è soggetto ad un momento di
forza torcente
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   ris  B .
5.2.5 – Il moto di una carica elettrica in un campo magnetico uniforme
Nella figura seguente è rappresentato il moto di una carica elettrica negativa
iniettata, con velocità v , perpendicolarmente ad un campo magnetico uniforme B
entrante nel piano del foglio:
Sulla carica agisce una forza magnetica
Fm  qv  B
avente:
 modulo F = q·v·B;
 direzione perpendicolare al piano formato da v e da B , perciò giacente nel
piano del foglio;
 verso dato dalla regola della mano destra.
Poiché la forza magnetica è in ogni punto perpendicolare alla velocità, ciò ha
come conseguenza che la carica si muoverà all’interno del campo magnetico, nel
piano del foglio, descrivendo un’orbita circolare con velocità costante: calcoliamo il
raggio dell’orbita, il periodo del moto circolare uniforme e la frequenza.
Poiché la forza magnetica deflettente è una forza centripeta, deve risultare:
Fm  Fc  qvB 
mv 2
mv 1
()
R
R
qB
È questa l’espressione del raggio orbitale quando una carica q entra in un campo
magnetico con una velocità v perpendicolare al vettore induzione B .
Più in generale, quando una particella entra in campo magnetico B con un angolo
θ, la forza magnetica agente sulla carica è
F = q·v·B·sen(θ)
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
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e la traiettoria descritta dalla particella è un’orbita elicoidale di raggio :
R
mv
. (2)
q  B  sen( )
In tal caso, la componente perpendicolare al campo magnetico determina un moto
circolare mentre la componente della velocità parallela al campo magnetico
determina la traslazione dell’orbita: il risultato complessivo dell’azione della forza
magnetica è la causa del moto elicoidale.
La precedente relazione (2) consente di calcolare di calcolare la densità di carica
della particella (rapporto fra carica e massa):
q
v
.

m R  B  sen( )
In particolare, se  = 90°, è:
q
v

.
m RB
Tale rapporto è caratteristico per ogni particella e ha perciò consentito di verificare
che le particelle emesse da un filamento metallico, a causa del riscaldamento
prodotto dal passaggio di una intensa corrente (effetto termoionico), sono elettroni:
è questa una conferma che le particelle libere di muoversi in un metallo sono
elettroni.
Infine, applicando le relazioni caratteristiche del moto circolare uniforme, nel caso
di cariche elettriche che entrano con velocità v perpendicolare al campo
magnetico, si ha:

v 

v 

2R
2R q
2 qB
2   m
T

 BR 

T 
q
T
m
T
m
qB
RB
m
La frequenza di rotazione è:
f 
qB
.
2   m
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Tale ultima relazione mostra che la frequenza di rotazione di una particella carica,
iniettata all’interno di un campo magnetico, non dipende dalla velocità v:
le particelle più veloci descrivono orbite di raggio maggiore di quello delle
particelle più lente, ma tutte hanno la stessa frequenza e impiegano lo stesso
tempo T per compiere un giro completo, a parità di carica specifica e di intensità
del campo magnetico.
La frequenza uguale delle particelle, aventi stesso
q
m
in un campo magnetico B,
è detta frequenza di ciclotrone, proprietà che è alla base del principio di
funzionamento del ciclotrone.
5.2.6 Il ciclotrone e il sincrotrone
Il primo ciclotrone fu fatto funzionare da Ernest Lawrence, nel 1932. Il ciclotrone è
un acceleratore di particelle cariche, ioni, ad esempio protoni o deutoni (nuclei di
deuterio, isotopo pesante dell’idrogeno, formati da 1p e 1n), che sono accelerati e
portati ad alte energie, usati come proiettili per bombardare bersagli posti lungo la
loro traiettoria. Il risultato della collisione è la produzione di particelle che studiate
forniscono informazioni sulla struttura della materia.
La figura precedente è una vista dall’alto del ciclotrone, che si trova in una camera
a vuoto. Il ciclotrone è costituito da due mezzi dischi cavi di rame, detti “Di” per la
loro forma, collegati con un oscillatore elettrico, che è un dispositivo capace di
stabilire una differenza di potenziale fra le due “Di”, ma con le polarità che si
alternano con la stessa frequenza alla quale i protoni o i deutoni ruotano al loro
interno.
Nel centro del ciclotrone è situata una sorgente ‘S’ di ioni, ad esempio molecole di
deuterio, che vengono bombardate con elettroni veloci, dotati di energia dell’ordine
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
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100 eV 1, sufficiente a creare, per urto, ioni positivi di deuterio, detti deutoni. Tali
ioni liberi, fuoriescono dalla sorgente attraverso un piccolo foro e si rendono
disponibili per essere accelerati da un campo elettrico opportuno, generato da un
oscillatore elettrico che fornisce una non molto elevata differenza di potenziale per
accelerare le particelle, per cui, se si vuole che esse raggiungano una elevata
energia è necessario che tali particelle attraversino più volte la zona in cui è
applicata tale differenza di potenziale.
Ad esempio, se l’energia acquistata da uno ione è, in ogni passaggio, di 10 +5 eV e
si vuole che esso acquisti un’energia finale di 10+7 eV, occorrono 100 passaggi e
50 giri, prima di fuoriuscire dall’acceleratore.
Il ciclotrone è immerso in un campo magnetico B, di direzione perpendicolare al
ciclotrone e intensità pari a 1.6 weber/m 2, creato da un grande elettromagnete: il
compito del campo magnetico è solo quello di curvare la traiettoria degli ioni, che
possono così passare più e più volte attraverso la zona acceleratrice del
ciclotrone, descrivendo orbite di raggio sempre maggiore corrispondenti a velocità
crescenti nel tempo.
La zona di accelerazione è quella compresa fra le due “Di”, esternamente alle due
“Di”, in cui agisce il campo elettrico creato dall’alternatore: il campo elettrico non
ha alcun effetto sulle particelle quando queste si trovano all’interno delle due
armature cave, a causa dell’effetto schermo creato dalle due “Di”.
Il ciclotrone è posto in una camera a vuoto, in cui la pressione è di circa 10-6
mmHg, perché altrimenti gli ioni perderebbero costantemente energia urtando
contro le molecole dell’aria.
Vediamo in dettaglio come funziona il ciclotrone.
A tal fine, supponiamo che un deutone, uscendo dalla sorgente ‘S’, trovi la ‘Di’
opposta a potenziale negativo: esso sarà allora accelerato verso di essa, entrando
al suo interno, dove sarà schermato da ogni ulteriore effetto elettrico, trovandosi in
una gabbia metallica (gabbia di Faraday).
Al contrario, lo ione non è schermato dagli effetti del campo magnetico, per cui
sotto l’azione della forza magnetica descrive un’orbita circolare di raggio
R
1
mv
qB
1 eV = 1.610-19 J
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
che dipendente dalla velocità v.
Dopo un tempo pari a T/2, lo ione esce la prima volta dalla prima “Di” e, nell’ipotesi
fondamentale che il potenziale acceleratore abbia cambiato segno nello stesso
intervallo di tempo, si trova di fronte nuovamente una “Di” a potenziale negativo.
Di conseguenza, il deutone viene nuovamente accelerato nella zona fra le due
“Di”, ed entra nella seconda “Di” con una velocità maggiore, descrivendo una
seconda orbita di raggio maggiore.
Il processo si ripete finché lo ione non raggiunge il bordo esterno del ciclotrone,
dove un deflettore elettrico lo costringe ad uscire dal dispositivo lungo una certa
direzione.
In tutto questo processo è fondamentale che la frequenza di rotazione della
particella, f , sia uguale alla frequenza, f 0 , con la quale l’oscillatore alterna la
differenza di potenziale.
La condizione
f  fo
è detta condizione di risonanza.
Dunque, perché l’acceleratore funzioni, la frequenza dell’oscillatore deve essere
fo  f 
qB
(frequenza di risonanza).
2   m
Da quanto detto in precedenza, si è indotti a credere che si debba scegliere
l’oscillatore in funzione del campo magnetico e della particella da accelerare in
modo che risulti soddisfatta la precedente condizione di risonanza.
In pratica, si opera in modo opposto: una volta scelto lo ione che si intende
accelerare, di densità di carica q/m, si preferisce dapprima fissare l’oscillatore
avente una data frequenza f o e poi si accorda il ciclotrone facendo variare il c.m. B
in modo che sia soddisfatta la relazione di risonanza
fo 
qB
.
2   m
Poiché l’energia cinetica acquistata dalla particelle
v
qBR
1
1 qBR 2 q 2  B 2  R 2
 Ec  mv 2  m(
) 
m
2
2
m
2m
dipende dal raggio delle due “Di”, è per questo che si sono costruiti acceleratori di
raggio e diametro sempre più grande.
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Esistono tuttavia dei limiti per i valori di energia che si possono ottenere con il
ciclotrone, perché quando la velocità della particella diventa elevata, prossima a
quella della luce (c = 300.000 km/s), non viene più soddisfatta la condizione di
risonanza fra l’oscillatore e il moto della particella accelerata.
Alle alte velocità, la massa inerziale della particella non è più costante ma
aumenta secondo la nota relazione di A. Einstein
m
m0
v2
1 2
c
,
dove:
 m0 è la massa inerziale della particella a riposo;
 v è la velocità della particella;
 c è la velocità della luce;
 m è la massa inerziale attuale della particella, alla velocità v.
Di conseguenza, poiché all’aumentare della velocità, aumenta la massa inerziale
dello ione e con essa
particella,
diminuisce il valore della frequenza di rotazione della
qB
, non viene più rispettata la condizione di risonanza.
2   m
Un modo per mantenere la condizione di risonanza fra oscillatore e moto della
particella è quello di ridurre la frequenza dell’oscillatore in modo che in ogni istante
risulti
fo  m 
qB
.
2
I ciclotroni che utilizzano questa tecnica per annullare gli effetti relativistici della
velocità sulla massa e perciò sulla frequenza e sulla condizione di risonanza, si
dicono sincro-ciclotroni.
Un secondo problema, legato all’utilizzo del ciclotrone come macchina
acceleratrice, è rappresentato dalle dimensioni del magnete.
Infatti, per un protone da 30 BeV (1 Bev= 10 10 eV) in un campo magnetico di
15000 Gauss (1 Gauss = 10-4 T), il raggio del ciclotrone e del magnete dovrebbe
risultare:
R
2  m0  E c

q2  B2
2  (1.67  10 27 kg)  (30  1.6  10 19  1010 J )
 70m .
(1.6  10 19 C ) 2  (1.5  10 4  10 4 T ) 2
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Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Un magnete di queste dimensioni, che consentirebbe di ottenere velocità prossime
a quella della luce, avrebbe un costo proibitivo.
Per ridurre tali costi, si usano dispositivi in cui è possibile far variare ciclicamente
sia l’intensità del c.m. B sia la frequenza f 0 dell’oscillatore in modo che non solo
sia rispettata la condizione di risonanza ma anche che il raggio dell’orbita rimanga
costante durante tutto il processo di accelerazione: questi dispositivi sono detti
sincrotroni.
Le due variabili f o e B d un sincrotrone soddisfano contemporaneamente alle due
condizioni:
fo  m 
qB
(condizione di risonanza) e v  o  Ro  2  f o  Ro .
2
5.2.7 Una conseguenza della forza magnetica: l’effetto Hall.
Il verso della forza magnetica che agisce su una carica elettrica non è sufficiente
per determinare il segno dei portatori di carica di un conduttore perché qualunque
sia il segno della carica, il verso della forza magnetica, ottenuto con la regola della
mano destra, è sempre lo stesso.
Nel 1879, il fisico danese E.H. Hall ideò un esperimento che consentì di
determinare il segno dei portatori di carica nei metallici: l’esperimento ha
permesso di stabilire, in modo inequivocabile, che nei metalli sono solo le cariche
negative (elettroni di valenza o di conduzione) che si muovono.
Nella figura seguente è disegnata una striscia di rame percorsa da una corrente di
intensità i, che, secondo la convenzione usata, ha il verso secondo cui si
muoverebbero eventuali cariche positive, presenti nel conduttore.
Se poniamo la striscia metallica in un campo magnetico perpendicolare al piano
della striscia, entrante nel piano della striscia, su ciascun portatore di carica agisce
una forza magnetica
Fm  q  v  B
avente:
 direzione perpendicolare al piano formato da v e B, quindi contenuta nel
piano della striscia;
 verso ottenuto con la regola della mano destra, perciò rivolta da sinistra a
destra;
 modulo Fm = q·v·B·sen(90°)=q·v·B
18
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Per effetto di tale forza, i portatori di carica, positivi o negativi che siano,
tenderanno a spostarsi verso destra, nella direzione orientata della forza, creando
in tal modo una differenza di potenziale fra le due facce opposte, detta differenza
di potenziale di Hall.
È proprio tale differenza di potenziale che consente di stabilire il segno delle
cariche di conduzione, ovvero della cariche che sono libere di muoversi nei
conduttori.
Infatti, se i portatori di carica sono positivi, il punto A deve trovarsi a potenziale
maggiore rispetto a B, al contrario, se i portatori di carica sono negativi, il punto A
dovrà trovarsi a un potenziale minore rispetto a B:
L’esperienza mostra in modo inequivocabile che il punto A è a potenziale elettrico
minore rispetto a B e ciò è una prova che i portatori di carica dei conduttori
metallici sono particelle aventi carica elettrica negativa.
CONSEGUENZE
Se indichiamo con vd la velocità di deriva degli elettroni di conduzione, ciascuno di
essi sarà deviato verso il bordo destro della lastra metallica per effetto dell’azione
della forza magnetica
F m  e  vd  B .
Il numero degli elettroni che arrivano sul bordo destro non è illimitato, perché, a
causa dell’accumulo di cariche negative, si crea un campo elettrico trasversale
E H , detto campo elettrico di Hall, che agisce in modo da opporsi allo spostamento
trasversale degli elettroni di conduzione: quando E H avrà assunto un’intensità
19
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
elevata, esso sarà tale da impedire ogni ulteriore accumulo di carica in eccesso
sulla faccia A della lastra.
Il campo elettrico di Hall è legato alla differenza di potenziale di Hall dalla ben nota
relazione che lega ogni campo elettrico alla differenza di potenziale elettrica:
EH  
V  V B VB  V A
V
,
 A

x
d
d
essendo d la distanza fra A e B.
Evidentemente, si raggiunge l’equilibrio elettrostatico quando la forza magnetica
che agisce su ciascun portatore di carica è equilibrata dalla forza elettrica
generata dal campo elettrico di Hall, ovvero quando la forza di Lorentz agente
sugli elettroni è nulla:
e  E H  e  vd  B  0 .
Da tale relazione segue che:
e  E H  e  v d  B E H  vd  B  E H  vd  B  sen( ) .
L’ultima relazione fornisce un ulteriore metodo per calcolare:
1. la velocità di deriva degli elettroni
vd 
EH
, dove α è l’angolo formato da i e B;
B  sen ( )
2. il numero n di elettroni per unità di volume. Ricordando che
vd 
i
i
i  B  sen( )
 E H  v d Bsen ( ) 
Bsen ( )  n 
,
n Ae
nAe
A  EH  e
dove le quantità a secondo membro sono tutte facilmente misurabili. (Si ricordi
che EH = V/d).
5.3 Teorema di Gauss - Teorema di Ampere
Approfondiamo ora lo studio dei fenomeni magnetici introducendo due importanti
concetti: il flusso e la circuitazione del vettore induzione magnetica B . Entrambi
questi due concetti sono stati già definiti per il campo elettrico, ma per il campo
magnetico essi presentano proprietà diverse.
Cominciamo dapprima a definire il flusso del campo magnetico attraverso una
qualunque superficie S. Analogamente a quanto già detto per i campi elettrici, il
flusso del campo magnetico B attraverso una superficie S è definito ponendo
 S ( B)   B i  S i   Bi  S i  cos(i )
20
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
dove con S i si è indicato il vettore avente la direzione perpendicolare all’elemento
i di superficie in cui si è suddivisa la superficie S e intensità uguale all’area della
superficie elementare considerata e con B i il vettore induzione costante nei punti
della superficie Si.
L’unità di misura del flusso del campo magnetico è il Weber (Wb), che nel sistema
SI equivale al tesla per m2 :
1 Wb = 1 T·m2.
Poiché le linee di forza di ogni campo magnetico sono linee chiuse, il numero di linee
entranti in una superficie chiusa, posta nel campo magnetico, è sempre uguale al numero
delle linee uscenti da essa. Questa semplice osservazione ci permette di enunciare il
seguente teorema di Gauss per i campi magnetici:
Il flusso del campo magnetico attraverso una qualunque superficie chiusa è
sempre nullo.
In formule:
 SC ( B)  0 .
Tale teorema costituisce la prima importante differenza fra campo elettrico e
campo magnetico.
Introduciamo ora un altro importante concetto per i campi magnetici: il concetto di
circuitazione. Nei paragrafi precedenti si è già affrontato il problema di calcolare la
forza magnetica agente sia su una carica in moto (la forza di Lorentz) sia su una
corrente elettrica (la legge di Laplace).
Ora vogliamo affrontare il problema inverso, cioè calcolare il campo magnetico
prodotto da correnti elettriche.
La scoperta che le correnti elettriche producono campi e forze magnetiche fu fatta
per primo dal fisico danese Oersted, nel 1820.
Nella figura seguente, che rappresenta un filo conduttore circondato da un certo
numero di magnetini, è illustrata una modifica dell’esperimento di Oersted:
Quando nel filo conduttore non circola corrente, tutti i magnetini risultano allineati
con il campo magnetico terrestre; al contrario quando nel conduttore fluisce una
21
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
corrente elettrica di intensità i, i magnetini si orientano secondo linee ben definite
(linee di campo) rappresentate da circonferenze concentriche con il filo
conduttore. Le linee di forza di un campo magnetico si possono visualizzare anche
utilizzando una sottile limatura di ferro, formata da sottili aghi di ferro, che, sotto
l’azione del campo magnetico, si magnetizzano comportandosi come minuscole
bussole.
Ampere per primo, utilizzando circuiti di forma qualsiasi, attraversati da corrente di
intensità pure qualsiasi, trovò la relazione quantitativa esistente fra corrente e
campo magnetico da essa prodotto.
Perché tale relazione possa essere espressa in modo semplice, è necessario
introdurre il concetto di circuitazione del campo magnetico B lungo una linea
chiusa e orientata  .
A tal fine, dopo aver orientato in modo arbitrario, ad esempio in senso antiorario,
la linea chiusa  , suddividiamo la linea in un numero arbitrario n di elementini d  i
così piccoli da poterli ragionevolmente considerare rettilinei e tali che in ciascuno
di essi si possa ritenere il campo magnetico costante e uguale a B i .
Ciò fatto, si definisce circuitazione di B lungo  la somma dei prodotti scalari di
ciascun   i per il corrispondente B i , per n   , cioè:
n
n
C ( B)  lim ( B i  d  i )  lim(  Bi d i  cos i )   B  d 
n
i 1
n
i 1
( )
Un caso particolare è rappresentato dalla circuitazione del campo magnetico
prodotto da un conduttore rettilineo, percorso da una corrente di intensità i, lungo
una linea chiusa, costituita da una circonferenza avente il centro sul filo conduttore
e situata in un piano perpendicolare al conduttore medesimo.
22
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Sussiste il seguente fondamentale teorema che ha validità del tutto generale,
indipendente sia dall’intensità della corrente che genera il campo magnetico sia
dalla forma del conduttore attraversato dalla corrente. Esso afferma che:
La circuitazione del campo magnetico, prodotto da un sistema di correnti
elettriche, lungo un qualsiasi percorso chiuso è proporzionale alla somma
algebrica delle sole correnti concatenate dalla linea chiusa, cioè:
C ( B)    iconc
(TEOREMA DI AMPERE)
dove i è la somma algebrica delle correnti concatenate e µ è una costante di
proporzionalità che dipende dal mezzo che riempie lo spazio dove ha sede il
campo magnetico, detta permeabilità magnetica del mezzo.
Se il mezzo è il vuoto o l’aria, la permeabilità magnetica si indica con μ 0 e vale
4    10 7
Wb
.
Am
Dunque, per il vuoto, il teorema di Ampere diventa:
C ( B)   B  d   0  (i1  i2  ...  in )

dove i1, i2, …, in sono soltanto le correnti concatenate dalla linea chiusa (interne
alla l.c.) e alle quali è stato attribuito un segno + o -, arbitrariamente: ad esempio si
23
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
considerano positive le correnti che vanno verso l’alto, negative quelle che hanno
verso opposto.
Tale
equazione
rappresenta
una
delle
quattro
equazioni
fondamentali
dell’elettromagnetismo classico, le equazioni di Maxwell, nel caso particolare in cui
il campo elettrico o è nullo o è stazionario (costante nel tempo): tale equazione va
modificata se il campo elettrico è variabile nel tempo.
Nota - Le equazioni di Maxwell sono un eccellente sintesi delle leggi
dell’elettromagnetismo classico, mediante le quali si possono spiegare tutti i
fenomeni elettromagnetici osservati.
Le 4 leggi di Maxwell sono:
I° teorema di Gauss o teorema del flusso del campo elettrico:
( E )   E  d S 
Q
i

(S )
II° teorema di Gauss o teorema del flusso del campo magnetico:
( B)   B  d S  0
(S )
Teorema della circuitazione di Ampere- Maxwell:
C  ( B)   B  d l   0   I i   0   0 

d E
dt
Legge di induzione di Faraday:
C ( E )   E  d l  

d B
dt
.
Il teorema di Ampere è importante perché consente di calcolare l’espressione
dell’intensità di campi magnetici particolari (filo rettilineo di lunghezza indefinita,
spira circolare e bobina percorsi da corrente), mentre la direzione e il verso si
ottengono applicando volta per volta regole specifiche per il caso considerato
(regola della mano destra, regola del cavatappi, ecc..).
5.3.1 Applicazioni del teorema di Ampere
(I) Campo magnetico prodotto da una corrente rettilinea, di lunghezza indefinita
LEGGE di BIOT e SAVART
Oersted aveva scoperto sperimentalmente che una corrente genera nello spazio
circostante un campo magnetico. Due fisici francesi, Jean Baptiste Biot e Felix
Savart, cercarono di determinare sperimentalmente l’intensità di questo campo in
situazione
diverse.
Nel
caso
di
una
corrente
rettilinea
come
quella
24
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
dell’esperimento di Oersted, essi trovarono che il campo magnetico intorno al filo
ha in ogni punto P:
 direzione coincidente con la tangente alla linea di campo passante per il punto
(in questo caso, le linee di campo sono circonferenza concentriche aventi il
centro sul filo conduttore);
 verso ottenuto con la regola della mano destra: se poniamo la mano destra nel
punto, con il palmo che guarda al filo conduttore e con il pollice nel verso della
corrente, le dita forniscono il verso del c.m. B.
 Intensità B 
0  i
, dove i è l’intensità della corrente e d è la distanza del
2  d
punto dal filo.
Tale ultima relazione si può dimostrare applicando il teorema
della circuitazione di Ampere.
A tal fine, consideriamo come linea orientata chiusa  la
circonferenza avente il centro in O e passante per P.
Osservato che l’intensità del campo sarà uguale in ogni punto
della circonferenza, avendo questi punti la stessa distanza
dal filo conduttore, per il teorema di Ampere si ha:
C ( ) ( B)   0  i
dove i, corrente che fluisce nel conduttore, è l’unica corrente concatenata con  .
Se esplicitiamo tale uguaglianza si ha:

()
n
( B)   0 i   B i  d  i   0 i  B1 d 1 cos(1 )  B2 d 2 cos(2 )  ..  Bn d n cos(n )
i 1
  0 i  (poiché B è costante e ciascun i  0 ) Bd 1  Bd 2  ..  Bd n   0 i 
B(dl1  d 2  ...  d n )   0 i  B    B  2R   0 i  B 
0i
.
2R
(II) Campo magnetico prodotto da un solenoide
Un solenoide (o bobina) è un lungo filo avvolto a forma di elica, avente un passo
molto piccolo e lunghezza molto maggiore del diametro (solenoide ideale).
Un osservatore, posto in un punto molto vicino ad una spira, non vede la curvatura
del filo e considera il conduttore come rettilineo, così che per esso le linee di
induzione magnetica sono circonferenze concentriche con centro sulla spira.
25
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Il campo magnetico creato dal solenoide si può pensare come la somma vettoriale
dei campi magnetici prodotti dalle singole spire.
Preliminarmente osserviamo che il campo magnetico risultante è nullo sia nei
punti che si trovano fra una spira e la successiva della superficie laterale del
solenoide (vedi regola della mano destra)
sia nei punti esterni al solenoide
.
Se P è un punto esterno al solenoide, il c.m. creato dalla parte superiore delle
spire è diretto verso sinistra mentre quello creato dalla parte inferiore delle spire è
diretto verso destra con i moduli che si possono considerare tanto più
approssimativamente uguali quanto più è piccolo il diametro del solenoide (r1  r2).
Diversamente risulta nei punti interni al solenoide: se il solenoide ha lunghezza
molto maggiore del diametro (lunghezza indefinita), come conseguenza
dell’elevata simmetria del dispositivo si crea, al suo interno, un campo magnetico
uniforme (costante), avente direzione parallela all’asse del solenoide e verso che
si ottiene con la regola della mano destra.
Calcoliamo l’intensità del campo B nei punti interni. A tal fine, applichiamo il
teorema di Ampere lungo la linea chiusa (abcd), disposta come in figura, avente i
lati (ab) e (cd) paralleli e i lati (ad) e (bc) perpendicolari all’asse del solenoide:
26
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Scriviamo l’integrale curvilineo della circuitazione come somma di quattro integrali,
uno per ciascun lato del rettangolo, ottenendo.
C (  ) ( B)   B  d    B  d    B  d    B  d    B  d  
()

( ab )
( ab)
B  cos(0)d  
( bc )
( bc)
( cd )
B  cos(90)  d 
( da)

( cd )
B  cos(180)d  
( da )
B  cos( 90)  d =
(osservato che nei punti esterni al solenoide è B= 0 e che cos90°= cos(-90°)=0)

( ab )
B  cos(0)d  B   d  B  h , dove h è la lunghezza del lato (ab).
ab
Dunque:
C (  ) ( B)   B  d   B  h .
()
Ora calcoliamo la corrente concatenata dalla linea chiusa considerata. Se
indichiamo con L la lunghezza totale del solenoide e con N il numero totale di
spire, il numero di pire per unità di lunghezza è
n
N
L
così che il numero di spire concatenate dal tratto di lunghezza h è
N
N
h
L
e la corrente totale concatenata dal circuito chiuso è
iconc 
N hi
.
L
Per il teorema di Ampere si ha allora:
C(  ) ( B)   0  iconc  B  h   0
  N i
Nhi
.
B 0
L
L
E’ questa l’espressione dell’intensità del campo magnetico nei punti interni ad
solenoide ideale, cioè lungo e sottile, ma essa è valida anche per i solenoidi reali
per i punti molto vicini all’asse del solenoide.
La relazione precedente mostra che:
1) l’intensità B del campo è proporzionale alla densità di spire (N/L) e all’intensità
di corrente. Solenoidi diversi aventi uguale densità di spire, attraversati da
27
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
uguale intensità di corrente generano campi magnetici uniformi di uguale
intensità.
2) L’intensità di B non dipende dal raggio delle spire.
(III) Campo magnetico prodotto da una spira circolare, di raggio R, nei punti
dell’asse.
La legge di Biot-Savart è stata enunciata e dimostrata nel caso di una corrente
rettilinea: essa è però un caso particolare di una legge più generale, valida per i
conduttori di forma qualsiasi.
Se indichiamo con ds un elemento di circuito percorso da una corrente di intensità
i, il campo magnetico dB in un punto P è:
dB 
 0  i  ds  sen( )
4  r 2
dove r è il raggio vettore che unisce dl al punto P e  è l’angolo formato da d s ed
dr :
È questa la legge generale di Biot e Savart .
Un’applicazione è il calcolo del campo magnetico prodotto da una spira circolare
nei punti dell’asse della spira.
Il campo magnetico prodotto da una spira circolare non gode di sufficiente
simmetria perché si possa applicare il teorema di Ampere: se però ci limitiamo ai
punti dell’asse della spira, utilizzando la legge di Biot e Savart possiamo ricavare
l’espressione di B in ogni punto dell’asse in funzione della distanza z dal centro
della spira.
Si dimostra che l’intensità del campo magnetico è:
B
0  i  R 2
3
2( R 2  z 2 ) 2
dove:

R è il raggio della spira
28
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria

Z è la distanza del punto in questione dal centro della spira

i è l’intensità di corrente che circola nella spira.
La direzione di B è coincidente con la direzione dell’asse, il verso è ottenuto con la
regola della mano destra: ponendo la mano destra intorno alla spira, con le dita
nel verso della corrente, il pollice fornisce il verso del campo magnetico.
Dimostriamo la relazione anzidetta. La figura seguente mostra una spira circolare
di raggio R percorsa da una corrente i.
Consideriamo un punto P sull’asse della spira a distanza z dal suo piano e
applichiamo la legge di Biot-Savart ad un elemento d di corrente situato sul lato
sinistra della spira. Il vettore d  per questo elemento di circuito è diretto
perpendicolarmente alla pagina ed ha verso uscente.
L’angolo θ formato dal vettore r e da d  è 90°; il piano formato da questi due
vettori è perpendicolare al piano della figura e contiene sia r sia d  . Per la legge
di Biot-Savart, il campo magnetico dB prodotto da questo elemento di circuito è
perpendicolare a questo piano e quindi giace nel piano della figura,
perpendicolarmente al vettore r , come mostrato in figura:
Scomponiamo dB in due componenti: dB// , lungo l’asse della spira, e dB┴
perpendicolare all’asse della spira. Per la simmetria della spira rispetto all’asse, il
vettore somma di tutte le componenti del campo magnetico perpendicolari all’asse
vale zero e il campo magnetico risultante è dovuto solo alla somma vettoriale delle
componenti parallele all’asse:
BP   dB  dB// .
Ora osserviamo che per la legge di Biot-Savart è:
dB 
 0  i  d  sen(90)
  i  d  cos( )
 dB//  dB  cos( )  0
2
4   r
4   r 2
29
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
Se esprimiamo r ed α mediante z:
r  R 2  z 2


R
cos( )  r 

R
R  z2
2
si ha:
dB// 
 0  i  d
 0 iR
R
1

 2

 d
2
3
2
2
4
R z R z
2
2 2
4 ( R  z )
e quindi:
BP   dB  dB// 
 0 iR
4 ( R  z )
2
2
3
2
  d 
 0 iR
4 ( R  z )
2
2
3
2
 0 iR 2
 (2R) 
2( R  z )
2
2
3
2
.
5.4.1 - L’interazione magnetica fra correnti rettilinee parallele
Due fili infinitamente lunghi e paralleli percorsi da correnti interagiscono fra loro,
esercitando reciprocamente, l’uno sull’altro, una forza magnetica.
La figura seguente mostra due fili separati da una distanza d e percorsi dalle
correnti ia e ib:
Analizziamo le forze che vengono esercitate da questi fili l’uno nei confronti
dell’altro.
Cerchiamo prima la forza esercitata su b da parte del filo a. La corrente i a produce
un campo magnetico Ba che determina una forza magnetica sulla corrente i b. Per
trovare questa forza ci occorrono il modulo e la direzione orientata di Ba.
1) Il modulo di Ba è dato dalla I legge di Biot e Savart: Ba 
 0  ia
;
2d
30
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
2) la direzione orientata di Ba si ottiene con la regola della mano destra: se
poniamo il pollice nel verso di ia, con il palmo che guarda ad a, le dita danno la
direzione di Ba.
In questo caso, Ba è diretto perpendicolarmente al piano formato dalle due
correnti, entrante nello stesso piano.
Conseguentemente, la forza magnetica che agisce su b, ha:
1) direzione perpendicolare ai due fili, nel piano delle correnti;
2) verso attrattivo se le correnti hanno lo stesso verso, verso repulsivo se le
correnti hanno verso opposto;
3) modulo F 
 0  L  ia  ib
, dove L è la lunghezza comune dei due fili conduttori.
2  d
Per il principio di azione e reazione, b eserciterà su a una forza di uguale intensità
e direzione opposta.
La forza che agisce fra correnti rettilinee e parallele, ha permesso di definire
l’ampere:
L’ampere è l’intensità di corrente costante che deve fluire in due fili, lunghi 1 m e
posti alla distanza di 1 m, tale che la forza magnetica fra essi sia pari a 2·10-7 N.
31
Capitolo 5 – Il Magnetismo
Teoria
5.5 Proprietà magnetiche della materia e ciclo di isteresi.
32