LETTERA PASTORALE PER L’ANNO 2005/2006 ALLA DIOCESI DI BRESCIA
SEGNI DELLA VICINANZA DI DIO.
Iniziazione cristiana e parrocchia in un mondo che cambia
“Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la
parola della fede che noi predichiamo”
(Rm 10, 9)
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
con queste parole l’apostolo Paolo esprime uno degli elementi più
caratteristici dell’annuncio del Vangelo al quale ha instancabilmente dedicato la vita, l’intelligenza, le
energie: la ricerca umana di Dio non è condannata a vagare senza meta, ma nella parola del Vangelo
incontra Dio che in Cristo si è fatto vicino all’umanità e ne ha condiviso senza riserve il destino.
La chiamata alla fede si realizza attraverso la proclamazione della parola del Vangelo e richiede l’opera di
chi ha ricevuto questa missione. «E come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno
sentirne parlare senza uno che annunzi? E come lo annunceranno senza essere prima inviati?» (Rm 10,
14-15). Le comunità cristiane, che sono nate accogliendo la parola del Vangelo, diventano a loro volta
testimoni dell’annuncio del Vangelo. Tra queste la comunità parrocchiale ha un significato particolare
perché rappresenta la realizzazione della Chiesa più vicina ai luoghi nei quali si svolge la vita quotidiana
delle persone. Essa è la Chiesa che vive in mezzo alle case degli uomini, e proprio per questo può
diventare segno eloquente della vicinanza di Dio e della parola del Vangelo agli uomini e alle donne di ogni
tempo.
Quando osserviamo il volto delle nostre comunità parrocchiali non possiamo però fare a meno di vedere
che spesso esse sperimentano in modo doloroso la difficoltà a comunicare sia con i propri membri, sia con
quelli che invitano a entrare nella comunità dei credenti. Esse sono vicine e allo stesso tempo si sentono
lontane dai destinatari dell’annuncio.
Rispetto alla parrocchia di un tempo tante cose sono cambiate: si è passati da un’appartenenza omogenea
a un’appartenenza alquanto diversificata; i casi di appartenenze “irregolari” o “problematiche” aumentano
sempre di più e chiedono nuove forme di evangelizzazione e di pastorale; i confini della parrocchia non
racchiudono più tutte le esperienze della sua gente, perché la vicenda umana si gioca oggi su più territori,
non solo geografici ma soprattutto antropologici.
È nel contesto di questi mutamenti che va visto anche il senso del rinnovamento dell’iniziazione cristiana
dei fanciulli al quale, in questi anni, la nostra diocesi sta dedicando particolare attenzione. L’iniziazione
cristiana, infatti, è quel cammino progressivo di inserimento nel mistero di Cristo e della Chiesa, che,
normalmente, trova proprio nella parrocchia la sua realizzazione e che non può non tener conto delle sue
trasformazioni e, più in generale, dei cambiamenti storici e religiosi. Indubbiamente la scelta di un modello
rinnovato di iniziazione non è priva di rischi, ma le sfide difficili, che siamo chiamati ad affrontare oggi,
domandano il coraggio di osare cammini nuovi e inediti.
Nasce allora la domanda: quale volto deve assumere oggi la parrocchia per annunciare il Vangelo della
vicinanza di Dio e diventare un punto di attrazione soprattutto per le nuove generazioni?
1. Quale parrocchia per un’efficace iniziazione cristiana oggi?
La parrocchia è per definizione “Chiesa di popolo”. Proprio per la sua vocazione popolare e non elitaria,
essa è segno del fatto che il Vangelo è per tutti e che per tutti vale la chiamata alla fede.
Questo implica che la parrocchia, luogo di annuncio del Vangelo, sia anche e prima di tutto un luogo di
accoglienza e di ascolto, dove le relazioni valgono più di tutto e l’ospitalità è di casa: sia per chi da tempo le
appartiene, sia per i nuovi arrivati, sia per quelli che, per un tempo più o meno lungo, si sono allontanati, sia
anche per coloro che non sono più in piena comunione con la Chiesa.
Al tempo stesso, la parrocchia realizza il suo compito solo se tutti i suoi membri, nella diversità delle
vocazioni e dei ministeri, danno il loro contributo all’evangelizzazione, in un clima di comunione e
corresponsabilità, che fa spazio anche a nuove forme di missione e di ministeri.
Per la parrocchia si delinea oggi una duplice necessità: da un lato consolidare e motivare la fede in chi
“pratica”; dall’altro comunicare con l’area sempre più ampia degli indifferenti, dei lontani e dei non-cristiani.
È evidente, quindi, la necessità di una pluralità di cammini di fede, che esigono nuove forze e nuove
relazioni a vari livelli per fare spazio ad una pastorale “integrata” o d’insieme.
«Se è finita l’epoca della parrocchia autonoma, è finito anche il tempo del parroco che pensa il suo
ministero in modo isolato» (CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, Roma 2004,
12), senza il riferimento alla Diocesi, ai suoi progetti pastorali e alle altre istituzioni ecclesiali intermedie
(unità pastorali, zone ecc.); senza l’apertura alla corresponsabilità missionaria dei laici, specialmente nella
evangelizzazione delle famiglie e, più in generale, degli adulti, alla quale va data oggi una netta priorità;
senza la valorizzazione sincera e convinta degli organismi di partecipazione, soprattutto dei Consigli
pastorali parrocchiali, recentemente rinnovati. Il parroco, oltre che essere il padre che cura l’irrinunciabile
rapporto personale coi suoi figli, dovrà diventare sempre di più l’uomo della formazione e della comunione,
che conduce ad unità le varie vocazioni e i molteplici ministeri e carismi. «La sua passione sarà far passare
i carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a presenze che
pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale» (cfr. Il volto missionario delle
parrocchie, 12).
In questo contesto si colloca anche il contributo delle aggregazioni (gruppi, associazioni, movimenti, nuove
realtà ecclesiali, ecc.), che possono avere un ruolo particolare nella sfida ai fenomeni di scristianizzazione e
nella evangelizzazione di questo mondo che rapidamente cambia, purché non siano autoreferenziali o
preoccupate unicamente di ampliare se stesse ma mettano il proprio carisma a servizio dell’unica Chiesa.
Se spetta al vescovo sollecitare la loro convergenza nel cammino pastorale diocesano, chiedendo a
ciascuno di riconoscere la propria parrocchia come presenza concreta e visibile della Chiesa particolare in
quel luogo, sta «al parroco favorirne la presenza nel tessuto comunitario, della cui comunione è
responsabile, senza appartenenze privilegiate e senza esclusioni» (Il volto missionario delle parrocchie,
11).
2. Parrocchia e famiglia nell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi
Come ho scritto nella lettera pastorale dello scorso anno, la famiglia cristiana “è il luogo privilegiato
dell’esperienza e della trasmissione della fede”; è il luogo dove le strette relazioni e la vicinanza tra genitori
e figli assumono un insostituibile significato educativo, favorendo la prima concreta esperienza della
vicinanza di Dio e della sua Chiesa. Per questa via fin dagli inizi è avvenuta la trasmissione della fede
cristiana da una generazione all’altra, come testimonia anche San Paolo nella lettera al discepolo Timoteo:
«Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Loide, e poi in tua madre Eunice» (2
Tm 1,5).
Il nuovo modello di iniziazione cristiana dei fanciulli fa del ruolo delle famiglie un “punto di forza”. Eppure
sappiamo che proprio la famiglia, in molti casi, costituisce oggi l’anello debole della catena di trasmissione
della fede. Preoccupa in particolare il moltiplicarsi delle “convivenze”, dove spesso manca una progettualità
anche umana e vige una situazione di grande precarietà. D’altra parte le nostre famiglie, anche quelle più
problematiche, normalmente mantengono ancora un certo rapporto con la parrocchia, se non altro perché
chiedono i sacramenti per i propri figli.
Cosa fare in questa situazione? Dobbiamo pensare a una specie di supplenza da parte della parrocchia?
Come accennavo nella lettera pastorale dell’anno scorso, la soluzione va cercata nell’accogliere la richiesta
dei sacramenti come occasione propizia per aiutare queste famiglie a ricuperare la propria identità
cristiana, attraverso l’offerta di un cammino di fede che diventi, contemporaneamente, la condizione e
l’aiuto perché possano accompagnare i loro figli nell’itinerario di iniziazione cristiana.
Il diventare cristiani, tuttavia, non è un evento puramente familiare. Esso ha bisogno del riferimento alla
comunità ecclesiale, che, attraverso il cammino dell’iniziazione, genera i suoi figli e contemporaneamente
rigenera se stessa. Ebbene la parrocchia è il “luogo ordinario”, il “grembo insostituibile”, in cui questo
cammino si realizza (cfr. Il volto missionario delle parrocchie, 7).
Nell’itinerario dell’iniziazione cristiana dei fanciulli bisogna che si stabilisca, quindi, un’alleanza educativa
tra la famiglia, in qualsiasi situazione essa si trovi, e la parrocchia. Se da parte della parrocchia «non è
possibile accettare un’assenza dei genitori nel cammino dei figli» (Il volto missionario delle parrocchie, 9),
tuttavia è anche indispensabile che essa offra ai genitori uno specifico cammino di formazione, che
permetta loro di trasmettere ai figli il primo “alfabeto” della fede cristiana.
3. Iniziazione cristiana, parrocchia e giorno del Signore
La comunità parrocchiale trova la sua manifestazione più chiara nell’assemblea eucaristica radunata nel
giorno del Signore. Qui essa fa l’esperienza continuamente rinnovata della vicinanza del suo Dio. Certo non
possiamo nasconderci che oggi molti cristiani non soltanto non partecipano abitualmente alla messa
domenicale ma anche percepiscono la domenica come il giorno dell’evasione. «Si direbbe - ha affermato il
Papa al recente Congresso Eucaristico di Bari - che, in fondo, la gente non voglia avere Dio così vicino, così
alla mano, così partecipe delle sue vicende».
Eppure, nonostante tutto, anche oggi la liturgia e, in particolare, la celebrazione eucaristica domenicale,
rappresenta uno dei luoghi più significativi di incontro: incontro della Chiesa con il suo Signore, che afferma sempre il Papa - «desidera condividere la nostra sorte fino ad immedesimarsi con noi»; incontro dei
fedeli tra di loro, che dall’unico Pane attingono la forza per formare un solo corpo; incontro anche con quelli
che rimangono al di fuori o sulla soglia della comunità cristiana, che, riunendosi nel giorno del Signore, offre
il segno più immediato ed evidente del suo essere Chiesa.
La vita cristiana non si esaurisce però nell’andare a messa la domenica. L’eucaristia domenicale deve
essere “fonte e culmine”, punto di partenza e punto di arrivo: punto di arrivo di un cammino di
evangelizzazione e di servizio, ma pure alimento e punto di partenza per un cammino di testimonianza che
abbraccia l’intera vita cristiana, vissuta anche nelle dimensioni secolari.
Questo richiede di prestare grande attenzione alla dignità e alla qualità delle celebrazioni. Una celebrazione
liturgica fatta con dignità è già una forma di evangelizzazione in atto. «La qualità delle celebrazioni
eucaristiche domenicali e festive - scrivono i vescovi italiani - va curata in modo particolare», cercando un
equilibrio tra parola e sacramento, cura dell’azione rituale e dell’omelia, valorizzazione dei segni e del
silenzio, legame tra liturgia e vita (Il volto missionario delle parrocchie, 8). Dobbiamo perciò domandarci con
molta schiettezza: la qualità delle celebrazioni liturgiche delle nostre parrocchie è tale da lasciar trasparire il
mistero di Dio? diventa una forma di annuncio per chi è in ricerca?
Non bisogna poi dimenticare che l’eucaristia è il culmine dell’iniziazione cristiana, a cui predispongono sia il
cammino di fede sia i sacramenti del battesimo e della cresima. Il senso dell’iniziazione sta proprio nel
venire inseriti progressivamente in quel mistero della vita divina ed ecclesiale che si realizza in forma
sempre rinnovata nella celebrazione eucaristica. Di conseguenza, il fine della pastorale dell’iniziazione
consiste essenzialmente nel generare dei cristiani che, come i martiri dell’antica Abitene uccisi a causa
della loro fedeltà alla partecipazione all’Eucaristia, non possono vivere senza riunirsi in assemblea per
celebrare l’eucaristia domenicale.
La graduale introduzione al senso della celebrazione eucaristica è perciò fondamentale per ogni cammino
di iniziazione cristiana. Nella celebrazione eucaristica la storia della salvezza e il mistero di Cristo, ripercorsi
nell’anno liturgico, sono celebrati e resi attuali nei segni; ci si sente parte di una comunità che nel diventare
assemblea si manifesta e si rende sperimentabile; si riceve la forza per ritornare a servire il Vangelo e i
fratelli nella vita quotidiana.
È necessario qui tener conto delle perplessità di chi ritiene che il nuovo modello di iniziazione cristiana
tenga lontano troppo a lungo i fanciulli dai sacramenti. La risposta va cercata nella prospettiva
“catecumenale” che la CEI ha indicato come determinante per l’iniziazione cristiana dei fanciulli di oggi (cfr.
Il volto missionario delle parrocchie, 7). In tale prospettiva l’accesso all’eucaristia deve essere preceduto da
un itinerario che renda riconoscibili, in maniera distinta, coloro che sono ancora in cammino, non perché li si
voglia escludere ma per orientarli gradualmente alla piena partecipazione.
La fedeltà all’eucaristia domenicale, dopo che si è completata l’iniziazione cristiana, sarà perciò un
elemento rilevante nella valutazione del cammino compiuto e della sua riuscita.
4. Iniziazione cristiana, parrocchia e “cura” del territorio
La comunità cristiana è vicina e interagisce con la società umana nella quale è inserita e alla quale deve
testimoniare la vicinanza di Dio. Con essa è solidale nella ricerca di forme di convivenza pacifica, che
superino l’estraneità e l’indifferenza. In essa fa sentire la sua voce a favore dei poveri e degli ultimi, dando
ragione della speranza che le è stata data.
La parrocchia, se da una parte dice riferimento costitutivo alla Chiesa diocesana, dall’altra nasce e si
sviluppa in stretto legame con un territorio ed è grazie a tale legame che ha potuto mantenere quella
vicinanza alla vita quotidiana della gente che le è ampiamente riconosciuta. Oggi questo legame è
diventato più complesso; per certi versi sembra essersi allentato, forse anche perché la parrocchia è più
preoccupata della sua situazione interna che non dell’ambiente umano in cui vive. È necessario che tale
legame riprenda ad essere adeguatamente coltivato, come è sempre stato nella tradizione della Chiesa
bresciana, perché la parrocchia ritorni ad essere “Chiesa per il mondo” e, di conseguenza, punto di
riferimento e segno di amore e di speranza per ogni persona che le vive accanto.
La presenza della parrocchia e la “cura” cristiana nei confronti del territorio si esprimono anzitutto nel
tessere rapporti diretti e amichevoli con tutti i suoi abitanti, cristiani e non cristiani, partecipi della vita della
comunità o ai suoi margini. «Nulla nella vita della gente, eventi lieti o tristi, deve sfuggire alla conoscenza e
alla presenza discreta e attiva della parrocchia, fatta di prossimità, condivisione, cura» (Il volto missionario
delle parrocchie, 10). Ne sono responsabili i presbiteri, i religiosi e, in modo particolare, i fedeli laici, per i
quali l’attenzione ai bisogni del territorio è una tipica espressione della testimonianza cristiana.
Presenza nel territorio vuol dire anche sollecitudine verso tutti i più deboli e gli ultimi, servizio dei poveri,
premura per i malati e i disabili, attenzione agli emarginati e ai minori in difficoltà. Ma è pure capacità da
parte della parrocchia di interloquire con gli altri soggetti sociali, per animare, in nome del Vangelo, il mondo
della cultura, dell’economia, del tempo libero, della politica.
Bisogna perciò fare attenzione che l’iniziazione cristiana non sia una “pedagogia” della fede da vivere
soltanto nella comunità credente. Se l’iniziazione è un’introduzione all’esistenza cristiana in tutta la sua
globalità, allora l’attenzione ai bisogni e alle domande del territorio la riguardano da vicino. Sarà premura
dei catechisti, oltre che dei presbiteri e dei genitori, educare i fanciulli a conoscere e fare propri, con spirito
cristiano, i problemi della povertà, dello sviluppo, della giustizia, del rispetto del creato e della pace tra i
popoli. Se è vero che questa «è l’ora di una nuova «fantasia della carità», che si dispieghi non tanto e non
solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini, solidali con chi soffre» (Giovanni
Paolo II, Novo millennio ineunte, Roma 2001, 50), allora la declinazione del rapporto tra parrocchia e
territorio dovrà portare all’invenzione anche di nuove forme di solidarietà e condivisione.
Conclusione
In questo anno pastorale siamo invitati, unitamente a tutte le Chiese italiane, a preparare il Convegno
Ecclesiale di Verona del 2006 sul tema “Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo”.
L’impegno della Iniziazione Cristiana mira precisamente a questo, a preparare dei fanciulli e ragazzi
testimoni credibili del Risorto. Quindi il cammino che la nostra diocesi prosegue circa l’iniziazione cristiana
dei fanciulli e dei ragazzi è parte integrante del tema proposto per il Convegno Ecclesiale di Verona.
Forse qualcuno penserà che, ancora una volta, siamo davanti alla richiesta di nuove “cose da fare”. In
questa lettera pastorale più che sulle “cose da fare” ho voluto insistere su alcuni atteggiamenti da
assumere, anche se questi certamente esigono poi la fatica e la fantasia da parte di tutti per diventare
indicazioni pastorali e operative. Tuttavia mi preme concludere sottolineando che, anche per le nostre
comunità parrocchiali, dobbiamo coltivare il primato dell’essere sul fare, della santità sulla organizzazione,
del continuo ascolto di Cristo e della contemplazione del suo volto rispetto alla preoccupazione di
moltiplicare le nostre iniziative. Solo così le nostre parrocchie saranno per tutti gli uomini e le donne, ma
soprattutto per le nuove generazioni, segno eloquente ed affascinante della vicinanza di Dio e della parola
del Vangelo.
La Madonna, colmata dei doni dello Spirito Santo, si faccia interprete presso Dio, chiedendo per noi il dono
della sapienza.
Brescia, 4 luglio 2005, anniversario della Dedicazione della Cattedrale.
+ Giulio Sanguineti
Vescovo