Introduzione - Zucche vuote

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Introduzione
ISBN 88-403-6793-4
Titolo dell'opera originale: Der Gemiise Garten
© 1980 Wilhelm Heyne Verlag, Munchen
Disegni: Fritz Wendler, Monaco - Laura Scarpa, Milano
Foto: Klett Flora Druck, Leinfelden - Echterdingen, e G. Steinbach,
Oberreute
Traduzione: Laura e Silvia Faverzani
La biologia è la scienza che studia i fenomeni della vita e le leggi che li
governano; ma il termine « biologico » ha acquistato un significato che implica
anche una generale visione del mondo. Di per sé le definizioni « coltivazione
biologica » e « ortaggi biologici » possono essere, per così dire, paragonate
all'affermazione « l'acqua è bagnata »: ogni pianta infatti si sviluppa
biologicamente in armonia con la natura, altrimenti non cresce affatto; ogni
pianta ci manifesta il miracolo della crescita, un qualcosa che possiamo favorire
o impedire, ma non creare noi stessi. Ed è appunto in considerazione dei l i mi t i
delle nostre possibilità che « coltura biologica » avrà per noi il significato
comunemente attribuito a questa definizione, e cioè coltivare senza veleni. La
coltivazione biologica esclude i n f a t t i nel modo più assoluto l'uso di tutti i
prodotti fabbricati su base chimica e più o meno velenosi, quali gli erbicidi, gli
insetticidi e i fungicidi.
Detto questo, abbiamo enunciato solo una delle caratteristiche di questo modo
differente di intendere la coltivazione, ma non ne abbiamo ancora definito
l'essenza. Infatti, lavorare evitando tutti i mezzi chimici, e facendo magari anche
a meno di qualsiasi concime artificiale, ci permette di avere un pezzo di natura
quasi selvatica o, tutt'al più, un'area poveramente coltivata, ma non possiamo
certamente ancora parlare di coltivazione biologica, come non possiamo dire di
condurre una vita perfettamente sana solo perché abbiamo eliminato
completamente dalla nostra dieta i cibi sofisticati e lo zucchero raffinato.
La frutticoltura, l'orticoltura e l'agricoltura a dimensione industriale sono
strettamente legate all'industria chimica. Ciò dipende dal fatto che i prodotti
chimici permettono raccolti rapidi e abbondanti e difendono drasticamente dagli
insetti e dalle malattie le monocolture organizzate meccanicamente. Un
vorticoso giro di af-
© 1981 Editiemme SRL, Milano
© 1990 Fratelli Melita Editori, La Spezia
Prima edizione: ottobre 1990.
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fari, di capitali e di energia, e la necessità di assicurarsi guadagni
proporzionati ai mezzi impiegati, allontanano sempre di più l'economia
rurale dalle sue basi ecologiche. Il senso di disagio provocato da questo
tipo di progresso, le cui conseguenze ed effetti ci colpiranno in pieno
solo nei prossimi decenni, stimola la ricerca di soluzioni alternative.
Nessuno è in grado di cambiare radicalmente la situazione, ma molti
ormai sentono la necessità di cambiare qualcosa, almeno dov'è loro
consentito, cioè all'interno del proprio campo di azione: desiderano
orientarsi coscientemente verso le basi naturali del giardinaggio e
cercano contemporaneamente di non sottostare, per quanto possibile, ai
dettami dell'industria. Sarebbe errato voler interpretare precipitosamente
il pensiero e la sensibilità di coloro che la pensano a questa maniera
come un irreale e romantico ritorno alla natura, quando si tratta invece di
una comprensione della realtà che tiene conto anche di un futuro.
Quest'introduzione vuole proporre ai lettori, per i quali orticoltura
biologica è forse ancora una definizione priva di significato, di intendere
positivamente l'orientamento sotteso ai termini «biologico» e « organico
». La nuova scienza dell'ecologia è un movimento contrario e di
riequilibrio rispetto all'amministrazione sregolata e sconsiderata delle
nostre risorse. Coltivare biologicamente significa anche avere una
visione più ampia di quella che si può ricavare dalle istruzioni dei
prodotti offerti dall'industria per il giardinaggio: « Una buona dose di
veleno ed è la fine delle erbacce »; una sorta di visione del mondo
distorta, per la quale non c'è niente di meglio che ammirare per tutta
l'estate un giardino asetticamente pulito. Ma attenzione! — ammoniscono
le stesse istruzioni — evitate di bagnare con questo prodotto le vostre
colture. È necessario seguire le istruzioni con la massima attenzione,
errori e disattenzioni nel dosaggio e nella somministrazione dei prodotti
sono pericolosi non solo per le piante coltivate, ma anche per gli uomini
e gli animali!
Con questo volume dedicato al lavoro pratico in giardino, non cerchiamo
un confronto diretto con il modello di coltivazione sorretto dall'industria
chimica, vorremmo, invece, offrire un'alternativa valida e attuabile.
Vi sono oggi in circolazione molti manuali dedicati al giardinaggio di
tipo tradizionale, alcuni anche veramente validi. Una volta ben chiarite e
capite le differenze fra coltivazione biologica e coltivazione tradizionale,
è possibile trarre notizie utili e interessanti da qualsiasi manuale di
questo genere e utilizzarne alcuni dei suggerimenti anche per un giardino
coltivato biologicamente. Il nostro volume è dedicato soprattutto ai
principianti: si propone, quindi, di indicare gli elementi di fondo, teorici
e pratici, per una possibile col6
tivazione biologica del giardino. E per i principianti vogliamo subito
sottolineare che una fertilità costante del giardino, un terreno equilibrato
e vitale e piante robuste non sono compatibili con un metodo di lavoro
disordinato, aperto a ogni sollecitazione e a tutte le novità: è possibile
ottenere risultati soddisfacenti soltanto con una paziente e continua cura
biologica del terreno. Il giardinaggio può essere considerato come
un'occupazione per il tempo libero o avere come unico scopo il raccolto;
viceversa può anche essere visto come un mezzo per instaurare con la
pianta un rapporto attivo e creativo, come un'arte nella quale è possibile
raggiungere gradi diversi di abilità e conoscenza. Anche chi pratica
un'orticoltura biologica attenendosi esclusivamente alla ricetta di volta in
volta indicata, riesce a portare in tavola i suoi ravanelli; ma il giardiniere
appassionato e in grado di abbinare la fantasia all'esperienza acquisterà
una pratica crescente all'interno del suo orto e alla fine dipenderà sempre
meno da prescrizioni e norme fisse, avvicinandosi gradualmente a un
sistema di coltivazione biologico e, proprio per questo, più libero.
La coltivazione biologica si articola in diverse metodologie: agricoltura
organico-biologica (Svizzera); coltivazione secondo natura, teorizzata
da L. Fùrst (Germania); agricoltura biologica secondo Lenai-re/Boucher
(Francia); agricoltura biologica, metodo Howard/Balfour (paesi
anglofoni), e altre ancora. Fortunatamente queste scuole non si
ostacolano a vicenda, lavorano su base comune e con risultati confrontabili su uno stesso piano. Il fatto che le scuole biologiche siano
sorte in vari paesi e indipendentemente le une dalle altre, contribuisce a
dimostrare la necessità e la validità di questi metodi nella nostra epoca.
Associando la coltivazione biologica alla chimica, « giusto quel tanto
necessario », si ottengono solo risultati positivi limitati nel tempo, ma
combinare i metodi delle varie scuole di indirizzo biologico, riunite sotto
un medesimo importante denominatore comune, ha un altro significato,
ben più positivo.
Frequentemente si definiscono col termine « tradizionale » l'agricoltura,
la frutticoltura e l'orticoltura che si basano sull'uso di concimi minerali e
di anticrittogamici. Vogliamo tuttavia far notare che « tradizionale » è un
termine che in realtà sarebbe meglio abbinare a coltivazione biologica:
infatti l'economia rurale su base chimica, ormai diffusamente praticata,
risale a pochi decenni fa, mentre il metodo di coltivazione che prevede
una circolazione delle sostanze organiche in analogia a quanto avviene in
natura, ha avuto origine migliaia di anni addietro.
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La natura stessa, dunque, si serve della circolazione delle sostanze per
mantenere costantemente e illimitatamente fer tili i terreni. L'ambiente
boschivo ci offre un chiarissimo esempio di « coltivazione biologica »
con formazione di burnus tramite copertura del terreno e
decomposizione. Il bosco è in grado di mantenere un livello di vita molto
alto e uno sviluppo delle piante veramente notevole, a cui si aggiunge
una costante fertilità del terreno, senza interventi da parte dell'uomo.
Figlia del nostro tempo, la coltivazione tradizionale o convenzionale
giustifica i suoi procedimenti energicamente e con esperimenti, dal suo
punto di vista incontestabili, condotti su piccola scala: effettivamente è
possibile dimostrare molto chiaramente proprio in laboratorio gli effetti
prodotti dai concimi minerali e dagli anticrittogamici.
La famosa botte di Justus Liebig, raffigurante le sostanze di base delle
piante, è la rappresentazione di un concetto fondamentale: la pianta
prospera quel tanto che le è permesso dalla sostanza nutritiva presente in
misura minore.
Il metodo biologico riconosce questo principio. Le piante hanno bisogno
del « naturale » apporto di calcio, potassio, azoto, fosforo, ecc., ma la
coltivazione biologica non tiene conto solo delle quantità, bensì anche
della qualità, prende cioè in considerazione non solo la materia
chimicamente semplificata, ma la inserisce anche in un contesto
ecologicamente e biologicamente valido. Il metodo biologico dunque non
si oppone affatto alla chimica, ma il suo più ampio orizzonte riconosce
anche le concatenazioni e le relazioni attive sul piano biologico ed
ecologico. La brutale scissione del regno vegetale e animale in categorie
opposte, in piante,e animali utili da una parte e in erbacce e parassiti
dall'altra, può essere superata grazie a una mentalità biologica, a
vantaggio di una visione più generale. Affermare che ciò sia possibile
non significa automaticamente avallare ogni tentativo fatto in questa
direzione: anche fra gli esponenti della coltivazione biologica c'è chi
incorre in errori o ha una mentalità decisamente ristretta. Anche qui,
come in altri campi, non si può giudicare il tutto limitandosi al singolo.
Una volta riconosciute le concatenazioni biologiche, non ci si accontenterà più delle colonne di cifre e delle scadenze indicate dai
convenzionali metodi di coltivazione (e ciò vale anche per quanto
riguarda l'allevamento). I risultati di questa oltremodo materiale scienza
agraria non sono errati, ma insufficienti. Manca loro la dimensione vitale,
che può manifestarsi liberamente non in un laboratorio, bensì in un
contesto più esteso. L'economia rurale biologica non si contrappone
categoricamente all'ecologia e alla bellezza del paesaggio, come invece
rivelano i desolanti allevamenti e le col-
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La «legge del minimo»
secondo Justus von
Liebig (1803-1873)
(carenza di potassio,
per esempio)
tivazioni nelle aziende agricole impoverite dal sistema industriale. Aree
economiche sempre più vaste, un crescente impiego dei mezzi chimici e
una decrescente necessità di manodopera nel settore agricolo sono le
conseguenze di un'economia rurale di questo genere. Il metodo biodinamico fondato nel 1924 da Rudolf Steiner riconobbe una interazione
fra le relazioni più ampia ed estesa di quanto non fosse stato fatto fino ad
allora; e individuò altresì un gioco di forze riconducibile alla dimensione
cosmica. Per questo motivo, critici poco preparati hanno creduto di
individuare nel pensiero di Steiner una sorta di mistica imbevuta di
astrologia; è invece, comunemente risaputo che la vita sulla terra non è
propriamente indipendente, ma subordinata a relazioni esistenti in un
ordine superiore, per esempio a quelle che si riferiscono al rapporto soleterra.
Il metodo bio-dinamico si fonda su cognizioni scientifico-spirituali;
queste non costituiscono una contraddizione per la scienza empirica, ma
non possono tuttavia essere da questa verificate. Citiamo con rispetto
il metodo bio-dinamico, ma non possiamo qui lasciare spazio ai
suoi insegnamenti. Molti trattati espongono
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L'orticello in agosto...
...e in gennaio.
chiaramente la teoria e la pratica di questo complesso metodo, soffermandosi in particolare anche sulla cura del giardino. Anche coloro
che lo criticano, riconoscono i successi che il metodo bio-dinamico ha
ottenuto.
Potendo dedicare all'orto solo questo volume, dovremo necessariamente
limitarci alle basi del metodo di lavoro in direzione biologica, acquisito
il quale ciascuno potrà poi proseguire secondo le proprie intenzioni e
possibilità. Attenzione particolare sarà concessa alla cura del terreno,
decisiva non solo per quanto riguarda la rigogliosità e produttività delle
piante, ma anche per la loro capacità di difendersi da malattie e parassiti.
Lavorazione della terra e concimazione sono strettamente collegate.
Egualmente importanti e fondamentali per il giardinaggio biologico sono
la rotazione delle colture e le colture miste; saperle gestire correttamente
significa anche difendere le piante dai parassiti. In effetti la coltivazione
biologica non prevede campi di azione drasti-
camente separati: il giardino è da intendersi come un'unità, un organismo
nel quale il tutto influisce sulle singole parti e queste, a loro volta,
modificano il tutto.
Esiste anche una ben precisa fraseologia bio-organica, ma si tratta
soprattutto di belle parole senza contenuto. Osservazioni come quest'ultima sono opportune ogniqualvolta le parole non vengono arricchite
dall'esperienza di chi le pronuncia o le recepisce. Ciò non significa che
occuparsi di giardinaggio biologico presupponga disporre di un impianto
esemplare. La mia professione mi costrinse a vivere per anni in una
grande città, per cui l'ultimo giardino rimasto in possesso della mia
famiglia veniva curato da estranei. Condussi le mie prime esperienze nel
campo della coltivazione e della compostazione presso amici, in cassette.
Ma è proprio un ambiente piccolo e ristretto che offre la possibilità di
condurre osservazioni particolarmente accurate, e saper osservare è
fondamentale per ottenere risultati soddisfacenti in una coltivazione
biologica.
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Le molteplici possibilità dell'orto
In questo volume ci occuperemo esclusivamente dell'orto, considerato
generalmente come l'unica parte effettivamente utile e produttiva del
giardino. Ciò non toglie tuttavia che anche un giardino puramente
ornamentale possa essere considerato dal suo proprietario altrettanto
utile. Con le sue molteplici possibilità, è il comune giardino a
dimensione familiare che risponde meglio alle esigenze di relax e gioco,
necessari tanto ai bambini quanto agli adulti, offre spazio ai rapporti
umani; l'occhio può trovare piacere e soddisfazione dalla sua bellezza e,
non ultimo, i suoi prodotti arricchiscono la cucina.
Recentemente il principio di ricavare, per quanto possibile, ciò che è
necessario dal proprio giardino sta riacquistando, per svariati motivi, un
nuovo valore e un notevole interesse. Se però, ancora tre decenni fa,
questo tipo di produzione orticola su piccola scala era per molte famiglie
una necessità e costituiva un notevole supporto economico, oggi,
rassicurati dalla sovrabbondanza materiale, nel lavoro in giardino
ritroviamo un'occupazione compensativa dei disagi causati dal peso e
dalla monotonia del lavoro abituale e quell'intima soddisfazione che
deriva da qualsiasi attività creativa. Naturalmente, in un'epoca di
molteplici interrelazioni e dipendenze, pretendere dal giardino una totale
autonomia dall'esterno è pura illusione: si dovrebbe rinunciare a tutto ciò
che non si riesce a produrre nel proprio orto e ciò sarebbe accettato solo
da un numero esiguo di persone; oltretutto la dipendenza da altri e dal
loro lavoro favorisce anche i rapporti interpersonali. Noi non
proponiamo un'organizzazione sociale basata su fattorie autarchiche con
un'economia domestica totalmente chiusa, perciò il parlare di orto come
fonte di autorifornimento ha una sua validità solo in quanto quest'ultimo
ci offre la possibilità di raccogliere in abbondanza prodotti commestibili
sani. Se le dimensioni dell'orto e il tempo che
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possiamo dedicargli lo permettessero, potremmo in teoria nutrirci quasi
esclusivamente con ciò che cresce direttamente sulla nostra terra, ma ciò
non è possibile in quanto il tempo a disposizione dopo la normale attività
professionale in genere non è sufficiente. Se si è giardinieri per passione
e personale inclinazione, consumare durante la stagione calda i prodotti
coltivati nel proprio orto procura certamente soddisfazione, ma ciò non
significa necessariamente che per questo si debba rinunciare per esempio
alle arance e al riso, o a tutti quei prodotti che provengono da agricolture
differenti o da paesi stranieri. Naturalmente è pur sempre possibile
nutrirsi largamente ed esclusivamente coi raccolti della terra che si coltiva: dopo tutto è proprio ciò che hanno fatto i nostri antenati. Vorrei
inoltre avvertire coloro che praticano un'orticoltura per proprio uso e
consumo di non misurarne la buona riuscita basandosi esclusivamente su
raccolti particolarmente abbondanti o sulle dimensioni eccezionali dei
singoli prodotti. È proprio perché non dipendiamo completamente
dall'orto e quindi da una superproduzione, che il lavorare in esso procura
gioia e soddisfazione. È ovvio che mi sento particolarmente soddisfatto
se estraggo una patata particolarmente grossa o se il più lungo dei miei
fagioli di Spagna raggiunge i 40 cm, ma in genere evito di valutare il
risultato dei raccolti da questo punto di vista.
È meglio, piuttosto, dedicare il tempo che sarebbe necessario a questo
genere di misurazioni, alle piante, agli animali o a noi stessi. Chi non ha
avuto una precedente esperienza nel campo del giardinaggio non è in
grado di stabilire esattamente il rapporto tra le dimensioni del giardino e
le proprie possibilità, esagerando, in genere, nel sopravalutare queste
ultime. Ciò vale naturalmente in modo particolare per l'orto, al quale
bisogna dedicare la maggior parte del tempo e del lavoro. Chi desideri
rendersi indipendente e autosufficiente deve prima di tutto vedere in che
rapporto stanno fra di loro i due seguenti valori:
1) dimensioni della superficie, rapportata alle proprie possibilità e
necessità, ovvero terreno a disposizione;
2) forza-lavoro impiegabile.
In alto a destra: i fagioli di Spagna permettono buoni raccolti anche in caso
di condizioni climatiche non propriamente favorevoli.
In basso a destra: piantando patate per il proprio uso e consumo, si può
risparmiare tempo evitando di eliminare le erbacce, in quanto i tuberi interrati
crescono e maturano egualmente. Questa coltre verde protegge il terreno
da un eccessivo essiccamento: non sarà più necessario innaffiare regolarmente.
Chi ha tempo sufficiente a disposizione da dedicare alle patate potrà rip u li re
il terreno dalle erbacce e proteggerlo con una pacciamatura.
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Per realizzare l'autosufficienza e l'indipendenza da altre fonti di
sostentamento, con un'attività rurale completa (occupandosi di animali,
pascoli, campi e orto) bisognerebbe disporre, in teoria, di una superficie
non inferiore ai 3-4 ettari.
Tuttavia anche quest'indicazione non è ancora precisa. Questa superficie
infatti, oltre a coprire il fabbisogno alimentare annuale di una famiglia,
formata poniamo da 4 persone, dovrebbe rendere tanto da permettere di
acquistare, con il ricavato di parte dei raccolti, tutto ciò che non può
essere prodotto dalla fattoria stessa: abiti, energia, attrezzi, sementi e
altro ancora. Tenendo dunque in considerazione anche queste necessità,
il numero degli ettari disponibili dovrebbe essere per lo meno il doppio
rispetto al minimo sopra indicato.
Una famiglia di mia conoscenza, costituita da quattro persone, gestisce in
maniera biologico-dinamica un'azienda agricola di circa 7 ettari,
occupandosi di bovini, apicoltura, patate, di un orto e di un boschetto.
Sono ben vent'anni che questa famiglia vive col ricavato della propria
terra: ogni « normale » contadino riterrebbe ciò impossibile; egli
necessita infatti di una superficie più ampia (per lo meno 16 ettari), e ciò
è dovuto ai sistemi della coltivazione tradizionale, agli investimenti per
macchinari e concimi minerali. Questo esempio dimostra quanto sia
difficile stabilire con precisione le dimensioni della superficie coltivabile
in modo tale da garantire un rendimento sufficiente della terra.
A chi desideri vivere dei raccolti della propria terra, solo fino a un certo
punto, occupandosi cioè solo delle necessità alimentari della propria
famiglia che possono essere soddisfatte nel proprio appezzamento,
basteranno due ettari di buon terreno, sul quale coltivare cereali, patate,
ortaggi, frutta (si possono tenere in considerazione anche gli animali da
cortile). Sono invece sufficienti 200 m2, a coltivazione intensiva, per
coprire largamente il consumo familiare di insalata, verdure e frutti
bacciferi, quei prodotti cioè che solitamente sono coltivati negli orti.
Possiamo infine aggiungere che 100 m2 circa, coltivati a orto, rendono
già più di 300 kg di prodotti, ma, per ottenere simili raccolti su superfìci
limitate, bisogna rinunciare purtroppo alla molteplicità e varietà delle
piante coltivate. All'interno dell'appezzamento o del giardino ci deve
essere inoltre spazio sufficiente per il cumulo del composto e per poter
lavorare comodamente.
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Posizioni e varietà climatiche
all'interno dell'orto
Coltivando per la prima volta un appezzamento di terra, è consigliabile
accontentarsi di una superficie di dimensioni modeste. In un secondo
tempo, quando si saranno fatte le prime esperienze e ottenuti i primi
successi, si potrà allargare lo spazio da coltivare, sempre che si abbia
tempo sufficiente a disposizione. Un piccolo orto amministrato
intensivamente può rendere forse più di un orto di maggiori dimensioni,
dove si deve costantemente lottare contro l'inselvatichi-mento delle
colture: in questo senso, coltivare piccole aree dà molte soddisfazioni,
mentre se l'orto è vasto si è occupati perennemente, senza mai ottenere
una coltura veramente ordinata e perfettamente curata.
Tutti naturalmente desiderano fin dal primo momento avere a disposizione un grande appezzamento, ma ciò non significa che si debba
iniziare impiantando subito un grande giardino. In genere possiamo dire
che i cespugli bacciferi richiedono meno lavoro delle aiuole coltivate a
ortaggi, ma più dei fiori; gli arbusti sono meno esigenti dei girasoli; ai
prati bisogna dedicarsi più o meno quanto agli arbusti o ai cespugli
bacciferi, e a un frutteto quanto a un prato. Questi paragoni naturalmente
possono variare a seconda delle condizioni e delle esigenze, ma sono pur
sempre un punto di riferimento per una valida e logica suddivisione delle
colture di un appezzamento. Anche le singole colture necessitano delle
nostre cure in gradi diversi. Ci occupiamo, per esempio, delle patate solo
due volte all'anno, ma il lavoro che esse richiedono è piuttosto pesante:
preparazione del terreno, concimazione e messa a dimora a primavera,
raccolta in autunno. In estate ci limitiamo a osservarne la crescita, senza
lasciarci disturbare dalla presenza delle erbacce. Con una cura più attenta
anche il raccolto sarebbe certamente più abbondante, ma ci sono altre
aree coltivate che in quel periodo necessitano più urgentemente delle
nostre cure. Se, accettando le erbacce, raccogliamo per esempio
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già 300 kg di patate, perché accollarsi altro lavoro quando sia stato
raggiunto il nostro scopo? Naturalmente una condotta di lavoro di questo
genere presuppone che lo spazio sia calcolato senza troppa parsimonia.
Coloro che invece sono costretti a utilizzare intensivamente ogni metro
quadatro di terra, faranno bene a eliminare, per quanto possibile, le
erbacce.
L'ampiezza dell'orto è determinata in parte anche dal tempo libero a
disposizione: come minimo bisogna calcolare un'ora annua per metro
quadro, ma il lavoro e il tempo richiesti.dalle coltivazioni dipendono
anche dall'organizzazione, dall'esperiènza e dalle nostre esigenze. Il
giardino curato biologicamente non richiede più lavoro di quello curato
con i mezzi chimici, sempre che non ci si metta a sradicare ogni
pianticella che non sia stata personalmente seminata o piantata,
operazione del resto di cui si può fare perfettamente a meno prevenendo
la crescita di molte erbacce con un'adeguata pacciamatura. L'orto
necessita della terra migliore del nostro appezzamento, di tanto sole e di
una posizione ben protetta dal vento. Deve essere facilmente accessibile
dalla casa, e questo vale soprattutto per l'aiuola delle spezie e delle erbe
aromatiche. Dato che le aiuole degli ortaggi necessitano di periodiche
lavorazioni del terreno, sarchiature, raccolta dei prodotti e concimazioni,
e, dal momento che richiedono queste operazioni più frequentemente dei
fiori e di altre colture, la soluzione migliore è impiantare tali aiuole lungo
il sentiero principale, evitando anche di separarle dalla casa tramite dei
gradini. Ogni particolare, anche minimo, non curato sufficientemente può
col tempo trasformarsi in un elemento che disturba l'ordinato svolgersi
del lavoro, pausando anche notevoli sprechi di tempo. Tenendo in
considerazione quanto detto, consigliamo anche di sistemare, se possibile,
gli attrezzi necessari nei pressi dell'orto.
Piccolo campo di patate e cavoli, adibito a proprio uso e consumo, visto nel corso
dell'anno. In alto a sinistra: un pezzo di terreno da pascolo viene rivoltato con l'aratro (o
con la vanga). In alto a destra: le patate da semina, divise a metà, vengono collocate su un
sottile strato di letame bovino maturo. Si concima poi la terra con uno strato di letame
bovino fresco; una pacciamatura fatta con la paglia protegge il terreno dall'evaporazione e
dalle erbacce. Le zone centrali del terreno, rimaste libere, sono state successivamente
coltivate a cavoli. In basso a sinistra: dopo la pacciamatura il terreno non è più stato toccato
fino alla raccolta delle patate in autunno. In basso a destra: la copertura in paglia, lasciando
poco spazio alle erbacce, ha favorito uno sviluppo senza problemi delle patate e dei cavoli.
Con un impiego minimo di tempo sono stati ottenuti risultati soddisfacenti.
Nella pagina a fianco. A sinistra: un tubo di plastica del diametro di 2 cm circa è stato
collocato poco sotto il livello del terreno. A destra: attacco per il tubo. Un sistema di
rifornimento di questo genere, attuato con i propri mezzi, è più economico del sistema
«pipeline», ottenibile in commercio.
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L'innaffiatura è un'operazione che riguarda soprattutto le aiuole degli
ortaggi. Con dei tubi, installati poco sotto il livello del terreno, si
possono innaffiare comodamente vaste aree, evitanto anche di trasportare
ogni volta il tubo dalla cantina all'orto. L'azione del sole e la varietà
climatica interna dell'orto sono determinanti per una coltivazione ben
riuscita. La maggioranza delle piante, infatti, può svilupparsi solo
attraverso la fotosintesi, cioè alla luce del sole. Se l'orto necessita di luce
attraverso tutto l'arco della giornata, allora bisogna strutturarlo in modo
tale che niente ostacoli l'azione del sole. Gli alberi sono un ornamento
per ogni giardino, ma gettano ombre, e l'unico modo per evitare questo
inconveniente è piantarli a nord rispetto all'orto. Il discorso è valido
anche per siepi, cespugli, pergole e capanni. In breve: la luce del sole è
indispensabile all'orto, e non ci sono alternative.
Con una serie di accorgimenti si può anche migliorare il clima interno
dell'orto. Prima di tutto si dovrà badare che l'orto sia sufficientemente
protetto dal vento e contemporaneamente dall'aria fredda del suolo: per
questo motivo è assolutamente sconsigliabile impiantare le aiuole in un
avvallamento « protetto » del giardino, in quanto tale conca potrebbe
rivelarsi come il posto più freddo di tutto l'appezzamento. Dal momento
che l'aria fredda pesa più di quella calda, possiamo benissimo
immaginarci che in una giornata tranquilla, senza vento, quest'aria fredda
si infiltri proprio nelle zone più basse dell'appezzamento. Ciò può essere
verificato molto facilmente sistemando qua e là dei termometri,
naturalmente all'ombra. Un quadro completo della situazione generale,
riguardo la suddivisione di un appezzamento in zone più calde e più
fredde, può talvolta emergere chiaramente in seguito a una brinata: certe
zone infatti sono coperte di brina, altre invece, più favorevoli alla
coltivazione quindi, sono rimaste verdi.
Impiantando le aiuole in pendenza, le parti più alte sono spesso visitate
dal vento, ma tutto sommato è più semplice porre riparo a questo
inconveniente che a quello causato dal freddo di una conca. Il miglior
modo per riparare le aiuole dal vento è quello di piantare una siepe non
eccessivamente alta e lontana, quel tanto che basta, per evitare ombre
sulle coltivazioni.
Secondo alcuni, una siepe che ripari dal vento deve essere sempre verde
e molto fitta; in verità, per spezzare l'impetuosità del vento è sufficiente
una siepe leggera e ariosa, fatta di frasche, o di quel genere di piante che,
oltre a essere adatte a formare siepi, fioriscono e danno frutti. Dietro una
siepe la temperatura è in genere più alta, malgrado il vento. Il vento è
dannoso non solo in quanto abbassa la temperatura, ma soprattutto
perché asciuga troppo il terreno. Da questo punto di vista il vento caldo è
anche più dannoso di quello freddo.
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Questo piccolo irrigatorc può rifornire d'acqua una superficie di 160 mq. Qui viene
utilizzato per inumidire scarti e rifiuti troppo asciutti, material da utilizzare poi per il
cumulo del composto.
Una strada molto percorsa dal traffico, i suoi rumori, i gas di scarico e lo
sporco, possono costituire un serio problema, per risolvere il quale non è
sufficiente un'aggraziata e fresca siepe: è necessario un solido muro, a
condizione però che la strada non percorra illato a sud dell'appezzamento
(uno schermo in muratura di questo tipo abbasserebbe infatti
eccessivamente la temperatura del giardino). Anche laghi, fiumi e
ruscelli situati nelle immediate vicinanze sono elementi che agiscono sul
clima dell'orto. Uno stagno abbassa la temperatura durante il giorno e
mitiga il freddo notturno. Quanto più è estesa la superficie delle acque,
tanto più è visibile la sua azione equilibratrice. Acque correnti all'interno
di un giardino non sono consigliabili in quanto, abbassando la
temperatura, danneggiano le colture orticole.
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I prodotti più freschi sono quelli che provengono dal proprio orto.
possono essere molto vari, addirittura opposti. Un giardino dall'aspetto
gradevole e affascinante nel suo genere è, secondo me, il giardino di
campagna in stile antico. Non c'erano posti-gioco per i bambini, né
pergole o angoli riservati alla cucina alla griglia, cose per le quali i
contadini non avevano né interesse né tempo. Erano tuttavia giardini
molto accoglienti, che mostravano con naturalezza al passante tutto ciò
che avevano: fiori, verdure ed erbacce.
Oggigiorno la maggior parte di coloro che praticano il giardinaggio come
hobby tendono a proteggere e a chiudere il loro giardino al mondo
esterno, e spesso hanno motivi ben precisi per farlo, a seconda della
posizione occupata dal loro giardino. E tuttavia, è un autentico piacere
per me passare accanto ai giardini altrui e osservare ciò che vi cresce e
prospera; trovo dunque che sia un vero peccato che la vista di un giardino
possa essere preclusa a tutti e che nessuno possa più ammirare i frutti di
un assiduo lavoro. Nei prossimi capitoli ci occuperemo diffusamente
dell'orto curato biologicamente. Per motivi di ordine tematico parleremo
dunque soltanto di verdure, di come farle crescere e prosperare, ma ciò
non significa che un giardino debba essere coltivato esclusivamente a
ortaggi e produrre solo ciò che può essere consumato in cucina. La
bellezza delle sue piante e la soddisfazione che procura già il giardinaggio di per se stesso hanno la loro importanza. Chi è orticoltore per
passione peserà anche i propri raccolti, ma il piacere che può dare il
giardino non deriva certamente dal confronto dei prodotti con i prezzi di
mercato.
Se la casa è disposta sull'appezzamento in modo tale che più lati di esso
possono essere adibiti a giardino, allora è consigliabile scegliere per
l'orto possibilmente i lati esposti a est o a sud. Nei pressi della mia casa
natia, costruita su un pendio rivolto a sud, c'era ai margini del bosco un
piccolo appezzamento sul quale la neve si scioglieva prima che da altre
parti. Mio padre, acerrimo nemico della neve, acquistò tre decenni fa
questo fazzoletto di terra (misurava infatti 1.000 m2 scarsi) per
impiantarvi un giardino a terrazze. Nell'entusiasmo iniziale vi
piantammo anche molti alberi, i quali si svilupparono e gettarono le loro
ombre su quasi tutto il giardino, tanto che oggi su questa superficie
cresce ben poco: nel giardino purtroppo molte cose si escludono a
vicenda, specialmente se Io spazio è ristretto.
Nel giardino ideale una siepe cinge la zona « abitabile » e, sul lato
esposto a nord, si estende un prato sul quale è possibile giocare e dove si
trovano gli alberi da frutto. Esistono molti giardini compiuti nel loro
genere, perfetti cioè secondo le condizioni e le possibilità offerte
dall'ambiente circostante e le intenzioni del proprietario, e i risultati
22
23
Il terreno vivo, base del successo nell'orto
La terra è l'organismo del nostro giardino. Per terreno « di qualità » si
intende in genere un terreno su cui crescono bene molte specie di piante.
Coltivare l'orto in senso biologico significa anche arrivare a comprendere i presupposti che stanno alla base della fertilità del suolo.
Questa fertilità non è data da una situazione fissa, ma da un insieme di
elementi che si combinano tra loro. Nell'intervento dell'uomo in questi
elementi, ovvero nella cura e nella concimazione dell'orto, vi è una
profonda differenza tra i sistemi di coltivazione tradizionali e quelli
orientati secondo natura. Queste due concezioni, con i conseguenti modi
di agire, si possono riassumere, semplificate, nel modo seguente.
Ogni pianta, per vivere e crescere, necessita di determinate sostanze:
carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, fosforo, potassio, calcio,
magnesio, silicio e cloro, tutte in quantità molto diverse. A ciò si
aggiungono i cosiddetti oligoelementi, sostanze che devono essere
presenti in quantità minime, quali il ferro, il boro, lo zinco, il rame, il
magnese e il molibdeno.
La pianta trae le sostanze di cui ha quantitativamente più bisogno
dall'acqua (ossigeno e idrogeno) e dall'aria (ossìgeno per respirare e
carbonio, CO2). All'inarca la metà della massa vegetale della pianta è
costituita da carbonio. Per vivere essa ha bisogno naturalmente anche di
luce e di calore.
Sciogliendo queste sostanze, a parte quelle tratte dall'aria e dall'acqua,
nelle giuste proporzioni in acqua, si potrebbe nutrire e far crescere con
tale soluzione una pianta esposta alla luce e al calore. Essa non potrebbe
però rimanere in vita qualora si tralasciasse anche solo uno di questi
elementi.
In base allo schema delle doghe della botte (disegno pag. 9), ne
consegue che la capacità di rendimento di un terreno è limitata nel caso
in cui anche una sola sostanza nutritiva sia presente in
25
minore quantità rispetto al fabbisogno della pianta, per esempio il
potassio, l'azoto o il fosforo. Queste tre sostanze mancano molto spesso
nei terreni coltivati, e vengono quindi aggiunte come « concimi
integrativi » sotto forma di sali minerali. La pianta può assorbire
attraverso le sue radici tali sali minerali solubili in acqua. L'efficacia
della concimazione può essere valutata facilmente in base alla crescita
della pianta.
Con la concimazione minerale si possono ottenere nell'orto rapidi
successi e notevoli rendimenti nel raccolto. Per garantire uno sviluppo
equilibrato della pianta bisogna provvedere a una concimazione
abbastanza frequente; la terra dev'essere inoltre rivoltata e zappata.
Analizzando il terreno si può capire quali siano le sue carenze. Queste
analisi si limitano in genere alla quantità di azoto, fosforo e potassio, e al
valore pH. I risultati danno un quadro della situazione del terreno
riguardo alle sue qualità acide o alcaline. Dal valore del pH si può
ricavare la quantità di calcio presente nel terreno; terreni poveri di calcio
sono acidi, terreni ricchi di calcio sono alcalini. Una terra da coltivazione
fertile dovrebbe presentare un valore pH tra 6 e 7; un valore più alto
significherebbe che il terreno è troppo alcalino, un valore più basso che è
troppo acido (1: acido cloridrico puro, 14: soda caustica pura). Il valore
pH ottimale è situato tra questi due estremi: la terra è in questo caso da
considerarsi abbastanza equilibrata. Anche nell'orientamento biologico si
considera ovvio che la pianta necessiti di tutti gli 11 elementi minerali di
base per il suo sviluppo. Essi sono contenuti in ogni terra coperta di
vegetazione: in caso contrario essa non potrebbe far crescere alcun tipo
di pianta. Quando su un terreno non cresce nulla, la causa è da attribuirsi
quasi sempre a carenze di luce o di acqua, oppure a condizioni climatiche
con temperature eccessivamente calde o fredde. Le molteplici condizioni
che devono essere soddisfatte per consentire alla pianta il suo sviluppo
possono essere comprese più facilmente se non partiamo dall'analisi del
terreno, ma viceversa cerchiamo di intravvedere i rapporti più generali.
Per fare ciò è sufficiente osservare lo svolgimento della vita del suolo
nella natura. Come esempio, già menzionato, si offre quello dell'insieme
di piante, idoneo al nostro clima, del bosco misto. Da questo possiamo
trarre le nozioni basilari riguardo alla cura del terreno. Possiamo così
constatare che una fertilità costante ed equilibrata del suolo non deve
essere conseguita mediante l'aggiunta di determinate sostanze
dall'esterno, ma può essere ottenuta attraverso i naturali cicli delle
sostanze. Tutte le 11 cosiddette sostanze nutritive di base sono
contenute
26
nella pianta stessa. Se si prova a carbonizzarla eliminando l'ossigeno, si
ottiene una polvere nera, bruciando la quale si libera il carbonio. La
cenere vegetale bianca, ottenuta, contiene sotto forma di sali ciò di cui la
pianta ha bisogno oltre all'aria, all'acqua e alla luce. Una pianta non
interrata potrebbe crescere in una soluzione liquida di questa cenere, se
ricevesse contemporaneamente anche l'aria per l'ossigeno e il carbonio, e
la luce come fonte di energia e di calore.
Poiché le sostanze di cui una pianta ha bisogno per vivere, compresi gli
oligoelementi, sono presenti nella pianta stessa, dovrebbe essere possibile
nutrire questa con le componenti di una pianta morta. Questa
supposizione è fondata, ma i cicli organici naturali non sono così rapidi.
Come tutti sanno per esperienza, organismi privi di vita non si riducono a
sali minerali, bensì a legami organici. Così come gli esseri umani e gli
animali non si nutrono di minerali, ma di legami organici, viceversa le
piante superiori non assorbono le sostanze organiche, bensì solo quelle
minerali, quindi inorganiche. Ciò significa che uomini e animali vivono
indirettamente e direttamente delle piante, e che senza di esse non
possono rimanere in vita. Le piante superiori traggono il loro nutrimento
in parte dall'aria e dall'acqua, e in parte da minerali di pietre in
disgregazione e di legami già organicamente decomposti.
La decomposizione di sostanze organiche in materie prime inorganiche è
attuata da esseri dalle dimensioni minime, i microbi, per la maggior parte
batteri unicellulari. I batteri costituiscono un grande gruppo all'interno
del regno vegetale. Abbiamo dunque nella natura viva in primo luogo i
produttori di sostanze (costruttori), le piante, che contengono clorofilla e
hanno dunque un'azione assimilatrice; in secondo luogo i consumatori,
uomini e animali, e infine i decompositori (distruttori), batteri e funghi.
Questi 3 gruppi mantengono attivi, in modo completo, i cicli delle
sostanze organiche: è grazie all'attività di questi cicli che si sviluppano le
specie sulla terra, e non in seguito alle aggiunte di concimi minerali «
dall'esterno ».
Nell'orticoltura di tipo biologico questi processi naturali vengono
riconosciuti e favoriti. Creare condizioni favorevoli all'attuazione dei
cicli organici significa lavorare con i mezzi offerti dalla natura.
L'orticoltura biologica non è per questo da considerarsi retrograda; essa
non circonda di mistero i procedimenti della natura, ma si serve di essi.
Anche ad alcuni dei « biologi » vorrei qui richiamare alla memoria le
verità che stanno alla base della crescita di ogni pianta, quando trattano
il loro orto come se fosse un bambino, con mille espe27
dienti e ricette speciali. Alcuni sembrano sostituire la dipendenza dai
calendari per le concimazioni chimiche in dipendenza da quelli per le
semine e i raccolti basati sulle costellazioni celesti. Con ciò non si vuole
negare la validità dei notevoli lavori di ricerca, significativi forse anche
per il futuro, che stanno alla base di queste tabelle. Viene qui solo
deplorato il fatto che a volte, nella pratica, esse non portano alla
comprensione delle relazioni reciproche dei loro significati, ma a una
pura meccanica dell'azione. Da quanto è stato detto risulta evidente che
il sistema tradizionale di coltivazione a base di concimi minerali assicura
alla pianta un nutrimento che si potrebbe definire artificiale, mentre il
sistema di coltivazione biologico aiuta il terreno a raggiungere un grado
più elevato di vita. Qui concimare significa soprattutto rendere vivo il
suolo, favorire lo sviluppo dei microbi viventi in esso. Le piante
vengono in tal modo nutrite non direttamente, ma in modo indiretto,
come avviene nella natura.
A seconda della composizione del sottosuolo, si formano in superficie
vari tipi di terreno. Il terreno ottiene dal suo sottosuolo un continuo
apporto di minerali, tra i quali calcio, potassio, magnesio e fosforo, da
noi già menzionati in quanto sali nutritivi indispensabili alle piante. Dal
movimento contrario, cioè dall'alto, provengono le sostanze organiche:
parti morte di piante, come erbe, fogliame, aghi di conifere, legna, fiori,
polline, semi e radici.
Nel bosco anche i tronchi
più robusti, seppur
lentamente, si
decompongono
trasformandosi in terra.
28
A ciò si aggiungono gli escrementi degli animali, parti dei loro corpi, come
scaglie o materiale corneo, corpi interi di animali e i loro
resti.
Questi mucchi di detriti organici soffocherebbero in breve tempo la terra,
la renderebbero inabitabile, se tutte quelle specie di vita dell'acqua e del
suolo quali sono i batteri, i funghi, le alghe, i vermi e gli artropodi non si
occupassero di questi materiali di scarto e, attraverso varie fasi della loro
attività, non li decomponessero in sostanze minerali, quindi in sali
nutritivi per le piante. Senza questi fondamenti dello sviluppo vitale non
potrebbero esserci piante superiori, neppure uomini e animali. Non
possiamo qui addentrarci in particolari più dettagliati riguardo alla
composizione della vita del suolo. Ciò che conta sapere per colui che
lavora nell'orto è che nella zona comune sia ai minerali del sottosuolo che
ai legami organici della superficie è la vita dei piccoli esseri del
terreno a tenere in movimento i cicli
organici.
Come ai vari livelli della vita nel bosco vivono e si muovono vari tipi di
animali, così anche per quello che riguarda la vita del suolo non bisogna
immaginarsi una situazione priva di un suo ordine ben preciso, ma
una struttura molto articolata di varie specie viventi. Se i batteri, nella
loro inimmaginabile molteplicità di tipi, non fossero in grado di
decomporre, nelle più svariate condizioni ambientali, i materiali
organici, avremmo montagne di rifiuti in angoli della terra divenuti in
tal modo assai inospitali. L'onnipresenza di questi organismi
decompositori si spiega con il fatto che i batteri, a differenza delle specie
viventi appartenenti a organizzazioni superiori, non sono subordinati a
un ciclo vitale temporalmente determinato. Molti di essi possono, in
caso di carenza di nutrimento o in caso di condizioni ambientali
sfavorevoli, incapsularsi in forme durative, le cisti, e svilupparsi in un
momento migliore con una nuova attività e grazie a una veloce
riproduzione. Gli strati superiori del terreno, più esposti all'aria
e alla luce, ospitano microrganismi diversi da quelli degli strati
mediani con poco ossigeno e da quelli inferiori senza nessun apporto
di aria. Anche il tipo di materiale organico via via a disposizione
condiziona la struttura dei vari decompositori: gli organismi in azione
sono diversi a seconda del materiale, legna o sostanze cornee, letame o
strati di aghi. Un ambiente acido ostacola l'attività dei batteri. Le
dimensioni dei batteri si aggirano intorno ai millesimi di
millimetro, ma essi possono essere anche più grandi o più piccoli. Anche
i batteri hanno nemici, per esempio i virus. Tutti gli organismi
vegetali e animali che vivono nel terreno vengono riuniti sotto il
termine edaphon. Come la vita di tutti gli animali
29
superiori si basa su un insieme di numerosi delicati equilibri tra il
divorare e l'essere divorato, cosi anche gli appartenenti alì'eclapbo/i
stanno in precisi rapporti di dipendenza tra di loro e con l'ambiente. Il
loro numero è troppo grande per la nostra capacità di immaginazione:
supera il miliardo per ogni grammo di terra ricca di humus.
Il letame è prodotto anche da molti animali piccoli. Un ettaro di terreno
fertile offre spazio e nutrimento a un'infinità di appartenenti aìl'edapbon;
l'insieme degli organismi viventi nel terreno supera di gran lunga il peso
degli animali viventi in superficie, compresi gli uomini, e un tale
sviluppo di vita necessita di spazio. Osservando dell'humus vivo al
microscopio, si può scoprire in un briciolo di terra quasi invisibile
all'occhio umano un complesso di vita riccamente strutturato.
Le sedi della vita del suolo, che si presentano come strutture spugnose
con passaggi per l'aria e l'acqua, non si formano da sole, ma grazie
all'attività dei loro abitanti. La spesso menzionata preparazione del
terreno, condizione essenziale della fertilità del suolo, non è altro che
l'opera di questa vita microbica. Provvedere con il nutrimento organico
alla crescita vegetale significa rinunciare a risultati molto rapidi e
superiori al normale, ma significa anche escludere effetti collaterali non
desiderati. A scanso di equivoci vorremmo aggiungere questo: stimolare
la vita del suolo significa assicurare al terreno nutrimento organico; in
questo sono contenuti i fondamentali elementi minerali necessari alle
piante, che sono però resi loro accessibili solo dal lavoro di
decomposizione svolto dai microbi. Nell'orticoltura tradizionale e in
quella biologica gli stessi elementi giungono alla pianta in modo diverso
e con risultati qualitativi diversi. L'apporto diretto di concime minerale
solubile in acqua porta inevitabilmente alla perdita, tramite dilavamento,
di una parte del concime usato. Questa parte, mescolata alle acque
piovane, giunge a torrenti e fiumi, e viene a costituire un fattore rilevante
nell'inquinamento delle acque. Quello dell'acqua contenente una percentuale troppo alta di concime è uno dei problemi fondamentali degli
ecologi, e ha come conseguenza un mutamento del contenuto di ossigeno
delle acque, e quindi delle specie di piante e di animali che vivono in
esse.
Un terreno fertile è costituito da una mescolanza di componenti minerali
del sottosuolo e di materiali organici della superficie, presenti a vari
livelli di decomposizione. L'aria e l'acqua penetrano nel terreno e lo
rendono abitabile per un mondo vitale ricco di specie. In
seguito
all'azione dell'acqua, dallo spesso, roccioso complesso
30
minerale del sottosuolo si distaccano parti minime, ma anche
grossi blocchi di materiale, e salgono verso la superficie. Nei nostri paesi
questi processi sono condizionati anche dalle differenze di
temperatura tra il giorno e la notte, tra l'estate e l'inverno. Si può osservare
come piccoli e grandi sassi emergono attraverso il terreno alla
superficie — a dispetto anche di coloro che coltivano i campi. L'acqua si
raccoglie sotto i sassi, e quando gela aumenta di volume, spingendo quindi
il sasso verso l'alto. Se agisse qui la sola forza di gravità, i sassi
sprofonderebbero gradualmente nel terreno; l'esperienza dimostra
invece che avviene il contrario. Queste divagazioni su un mondo a
noi invisibile ci portano anche al discorso pratico del lavoro nell'orto.
Ci occupiamo, anche se solo genericamente, della vita del suolo, per
mostrare al lettore quanto sia importante non disturbare inutilmente questo
minuto mondo con i mezzi chimici o anche solo con la zappa. Tutti questi
piccoli esseri sono i nostri aiutanti invisibili nell'orto; basta poco
veleno per provocare nel loro mondo una vera catastrofe.
L'abitudine di rivoltare la terra non mette per così dire sottosopra solo
quest'ultima, ma anche la vita distribuita nei vari strati. La cura biologica
dell'orto non comprende questi lavori violenti per smuovere il terreno. Il
tempo così risparmiato può essere impiegato per altri lavori, per esempio
per l'installazione di un cumulo di composto o per la distribuzione
del composto maturo. L'orticoltura biologica richiede mediamente una
quantità di lavoro simile a quella dell'orticoltura tradizionale.
La stratificazione del terreno
Chiunque coltivi un orto sa che non solo il grado di vitalità del suolo, ma
anche il tipo di terreno a disposizione rivestono un ruolo importante nella
lavorazione e nel rendimento del giardino. A differenza dell'agricoltore,
che può apportare solo a lunga scadenza dei mutamenti nel terreno dei
prati e dei campi, il proprietario di un orto ad andamento familiare può
migliorare notevolmente la qualità del suo terreno in uno spazio di tempo
relativamente breve. In alcuni libri di giardinaggio viene consigliato di
eliminare addirittura dall'orto la terra quando non è soddisfacente,
sostituendola con una terra migliore. A prescindere dalle notevoli spese
cui si andrebbe incontro in questo modo, credo che possa dare molte
soddisfazioni non solo il risultato finale, ma anche la strada per arrivarci.
Qualun31
que terra in grado di produrre può essere gradualmente trasformata, con
l'aiuto di un sistema di composto, in un terreno fertile e di qualità. Il
totale ricambio del terreno sarebbe da prendere in considerazione solo
nel caso di un'infiltrazione dannosa di sostanze estranee nel suolo, per
esempio una perdita di olio.
Per capire quali siano le condizioni del suolo di un nuovo appczzamento,
oltre alle solite analisi del terreno condotte da laboratori specializzati, ci
si può servire anche dei propri sensi: si procede al cosiddetto
sezionamento del terreno, compiendo un taglio verticale, trasversale
rispetto ai vari strati, variabile tra 1 m e 2,5 m. Un lavoro di questo
genere ha senso naturalmente solo se si tratta di terra originaria.
Prendiamo come esempio la sezione del terreno di un bosco, nel quale la
stratificazione naturale è completa.
La copertura del terreno, costituita da fogliame, piccoli rami, aghi, resti
di origine animale e vegetale, forma un manto soffice e arioso, la pelle
del terreno. Questo strato può essere considerato anche come un
rivestimento di humus allo stato grezzo; esso contiene gli additivi
necessari alla successiva formazione dell'humus. Sotto questa copertura
ha inizio, con il vero e proprio terreno, lo strato di decomposizione, dello
spessore di vari centimetri. La sua massa ancora friabile, ma già terrosa,
si condensa verso il basso, fino al confinante strato scuro di humus.
Nello strato di decomposizione agiscono i cosiddetti decompositori
primari, ovvero quegli organismi, molto visibili a occhio nudo, che
realizzano il primo stadio della decomposizione. Questa è anche la parte
più difficile del lavoro, perché è il momento in cui devono essere
spezzate strutture come quelle della cellulosa e della chitina. Nel fragile
strame di aghi del bosco di conifere vi sono dei funghi microscopici che
hanno una parte importante nell'attività di decomposizione. Lo strato di
humus, con uno spessore tra i 10 e i 30 cm, è un miscuglio di sostanze
friabile, odoroso, umido e arioso ma non untuoso, e costituisce la base
per le radici della maggior parte delle piante; qui le loro fini radici
trovano ricco nutrimento. Lo strato di humus dei prati è generalmente
più sottile di quello del bosco, il suo ricambio di materiali è più limitato.
Ma anche nella sezione del suolo di un prato lo strato di humus si
distacca dagli altri strati in quanto più scuro.
Sotto il terreno originario (detto anche soprassuolo) sono distribuiti i vari
orizzonti del sottosuolo, che contengono gradualmente sempre meno
parti di humus e sempre più minerali. Al sottosuolo segue uno strato di
roccia in disgregazione, che poggia sulla roccia originaria ancora
saldamente fissata. Al posto di queste rocce vi possono essere anche
strati di sabbia o di ghiaia. Sopra la ghiaia
32
si trova spesso un fertile terreno alluvionale, che non si è formato sul
posto in seguito a un processo di disgregazione, ma vi è stato portato
dall'energia idrica.
L'acqua piovana trasporta i sali minerali solubili dagli strati superiori a
quelli più profondi; si parla qui di un orizzonte di lisciviazione del
soprassuolo e di un orizzonte di arricchimento del sottosuolo. Lo strato
di humus, ricco di vita, assolve una serie di funzioni determinanti per la
fertilità del terreno:
1. Assorbe acqua dalla superficie e la conserva nei suoi pori.
2. L'aria che vi circola consente ai microbi di respirare. L'anidride
carbonica (CO?) emessa con la respirazione dagli abitanti del suolo
arricchisce lo strato di aria appena sopra il livello del suolo, e si rivela
qui molto utile alla crescita delle piante.
3. Lo strato di humus, grazie all'attività dei microbi che vivono in esso e
con l'aiuto degli acidi presenti nell'humus, trattiene le sostanze di
nutrimento rendendole accessibili alle piante, proteggendo
contemporaneamente tali sostanze dal dilavamento.
4. Lo strato di humus dà luogo alla formazione di terra, compensando in
questo modo le perdite derivanti dalla sottrazione di sostanze nutritive
attraverso le radici.
L'immagazzinamento delle sostanze decomposte, utilizzabili in seguito
come nutrimento per le piante, assicura la fertilità costante del terreno.
Quest'ultimo agisce come un cuscinetto, in quanto dosa le varie quantità
di materiale in arrivo, in vista di un apporto equilibrato di sostanze
nutritive per la pianta. Il terreno favorisce in tal modo una crescita sana e
naturale della pianta, non forzata come quella che si realizza apportando
quantità di azoto mediante concimazione minerale.
L'humus nutre le piante in modo completo e naturale, comprendente
anche gli oligoelementi, mentre la concimazione minerale costituisce
sostanzialmente un nutrimento di tipo artificiale. Poiché le piante non
hanno bisogno di sciogliere i sali minerali per nutrirsene, come devono
invece fare con i componenti dell'humus, è inevitabile che ogni tanto si
verifichino, con la concimazione minerale, degli eccessi nell'apporto di
sostanze nutritive.
Tipi di terreno
serie di livelli intermedi come sabbia argillosa, argilla sabbiosa e argilla
pesante. Soprattutto terreni molto leggeri o molto pesanti possono
procurare problemi nel giardino, oltre che nell'agricoltura. I terreni
sabbiosi sorgono sulle arenarie, quelli di creta su granito, gncis e ardesia,
ma anche su pietre calcaree. Si parla in questo sto caso di terreni calcarci.
La grandezza dei granelli del terreno è maggiore nella sabbia, minore
nella creta, media nell'argilla. Queste caratteristiche determinano la
penetrabilità dell'acqua nel suolo: la sabbia trattiene poco l'acqua e si
asciuga più rapidamente degli altri materiali. La sua struttura offre anche
alcuni vantaggi: i terreni sabbiosi si riscaldano rapidamente, sono i primi
a poter essere coltivati in primavera, e sono fra tutti i terreni i più facili
da lavorare. Per il loro basso contenuto di sostanze nutritive i terreni
sabbiosi vengono definiti « magri ».
La grandezza dei granelli del terreno argilloso oscilla tra quella dei
granelli di sabbia e quella dei granelli di creta. I terreni su base argillosa
sono da considerarsi i migliori; ciò vale tanto per l'orto quanto per i
campi. La presenza di argilla non è comunque in se una dimostrazione
della fertilità del suolo. L'argilla contiene granelli di sabbia; quando è
umida si lascia arrotolare, ma vi si formano facilmente delle crepe.
I terreni di creta trattengono molta acqua, sono perciò freddi ed è difficile
lavorarli: quello di creta è il più compatto di tutti i terreni. Quando la
creta è umida si attacca alla vanga e può rendere difficoltoso il lavoro; la
creta si lascia arrotolare, impastare e lisciare senza spezzarsi. I terreni
cretosi si riscaldano in primavera piuttosto lentamente; l'acqua che
trattengono vi ristagna. In terreni cretosi troppo bagnati la vita del suolo
soffre di carenza di ossigeno, mentre la creta asciutta diventa dura e si
crepa facilmente.
La fertilità di un terreno non è determinata dal suo contenuto di sabbia o
di creta, ma da quello dell'humus. L'humus è il migliore mezzo curativo
per tutti i tipi di terreno, soprattutto per i cosiddetti terreni problematici,
sia quelli troppo leggeri che quelli troppo pesanti.
I terreni paludosi contengono per natura molto humus; essi sono però
contemporaneamente anche molto acidi: ciò condiziona la loro fertilità. Il
fatto che il colore nero dell'humus derivi da componenti organiche e non
minerali può essere dimostrato portando tale terra a un grado molto
elevato di temperatura: le sue parti organiche si bruciano, la terra si
schiarisce notevolmente. Ciò può essere facilmente osservato in un
terreno umificato dopo che vi sia stato acceso un falò. La creta o l'argilla
pesante possono essere rese più leggere e per-
Esistono vari tipi di terreno. Si distingue generalmente tra terreni leggeri
(sabbia), medio-pesanti (argilla) e pesanti (creta), con una
34
35
meabili mediante aggiunte di sabbia; terreni sabbiosi possono essere resi
più pesanti con aggiunte di creta o di argilla, e quindi anche meno
soggetti ad asciugarsi e a essere spazzati via dal vento. Chi avesse però
provato a mescolare sabbia e creta, sa che con questo provvedimento si
possono ottenere buoni risultati solo a condizione che il terreno venga
anche arricchito con humus. La situazione migliore è quando il terreno
del giardino non è costituito da sabbia o creta, ma da argilla mediopesante. Qualora si rendesse necessario apportare dei miglioramenti nel
terreno, sarà sufficiente aggiungere argilla al cumulo del composto, dato
che non è il caso di rendere la terra più leggera o più pesante. La
cosiddetta stanchezza del suolo sorge nel caso di uno sfruttamento
unilaterale, in seguito a monocolture continuate o semplicemente per una
cura del suolo sbagliata, ovvero « non biologica ». La stanchezza del
suolo non è segno di cattiva qualità, ma di una coltivazione sbagliata.
Con una cura biologica condotta nel modo giusto, la terra del giardino
dovrebbe diventare ogni anno sempre migliore, più fertile e produttiva.
Vi sono naturalmente dei limiti alla produzione dell'orto, posti per
esempio dalle condizioni meteorologiche e dal clima, ma anche dai tipi
di piante.
Grazie alla già descritta funzione di cuscinetto dell'humus ci si può
risparmiare per un anno intero, in un orto biologicamente curato, di
provvedere alla concimazione, anche a quella non organica o mediante
composto, e si otterranno ugualmente raccolti soddisfacenti; non si può
però perseverare con questo sistema. Le analisi del terreno mettono in
evidenza determinate caratteristiche della terra. Il coltivatore biologico
analizzerà il suo terreno direttamente, ovvero osservandone l'aspetto,
provandone la consistenza al tatto, facendo attenzione alla sua
adattabilità a lasciarsi lavorare, al suo odore; in modo indiretto, invece,
osservando la quantità di lombrichi presente nel terreno e il tipo di piante
selvatiche che vi crescono. La terra compostata costituisce l'humus
formato con i nostri mezzi e in modo naturale; essa migliora ogni terreno
problematico, e non esistono alternative alla sua produzione e alla sua
utilizzazione nell'orto.
36
Il composto
Alla fine del secolo scorso fu inventato l'aeroplano, perfezionato nel
nostro secolo a tal punto da trasformarsi in missile spaziale. Più o meno
nello stesso periodo si è evoluto il concetto di compostazione:
l'inevitabile mucchio di rifiuti e immondizie, amorevolmente curato, si è
trasformato in un corpo vivo di autorigenerazione dell'orto. Se
l'esperienza comune di coloro che già da tempo coltivano
biologicamente, compostando, raggiungesse anche l'agricoltura dei paesi
industrializzati e di quelli in via di sviluppo, senza alcun dubbio una
cosciente gestione della compostazione rappresenterebbe per l'umanità
un progresso molto più significativo dell'uso
dell'aereo.
Chi ha avuto la possibilità di sperimentare l'arte della compostazione, ha
aperto al proprio orto una fonte inesauribile di sostanze nutritive,
realizzando nella sua sfera privata un circuito organico armonico tra
l'uomo e la natura, che ha tutto il diritto di essere
chiamato sociale.
Mario Howard, che pratica un'orticoltura secondo i dettami naturali,
afferma che « i raccolti dell'orto non dipendono dall'ampiezza della
superficie coltivabile, ma dalla quantità di metri cubici di humus
utilizzabile ». Poiché l'humus si ottiene tramite una compostazione
condotta correttamente, possiamo dire che nell'orto la buona riuscita
della coltivazione in direzione biologica si basa sulla compostazione. Per
ciò abbiamo inserito questo capitolo all'inizio della seconda parte del
volume, dedicata all'aspetto pratico della coltivazione.
Il primo passo per chi vuole dedicarsi all'agricoltura biologica è, dunque,
l'installazione di un deposito per il composto. Il cosiddetto cumulo (del
composto) dovrebbe essere considerato e trattato come un organismo
vivente, al pari di un corpo dotato di funzioni digestive.
37
delle circostanze esterne. Ma proprio per il fatto che siamo tanto esposti
a influssi indesiderati, che non siamo in grado di ostacolare, acquista
notevole significato il modo di agire del singolo individuo. Ogni orto
organizzato biologicamente è un contributo alla lotta contro
l'inquinamento; esso è utile al progresso, quello vero, dal quale siamo
ancora tanto lontani in molti campi.
Lavorazione del terreno
Nel giardinaggio vi sono ben pochi problemi, oltre alla concimazione,
che suscitano tanti pareri discordi come avviene per il rivoltamento del
terreno. Un tempo quest'operazione estremamente faticosa veniva
considerata indispensabile. Oggi nell'orticoltura biologica domina
un'opinione radicalmente diversa: non solo il rivoltamento non è
indispensabile; è superfluo e addirittura dannoso. Possiamo comprendere
chiaramente le circostanze di fatto che stanno alla base di modi di agire
così diversi, se richiameremo alla memoria ciò che è stato già detto nelle
pagine precedenti riguardo alla vita del terreno. I microbi e i lombrichi
vivono esclusivamente delle sostanze organiche presenti nel terreno. La
vita del terreno comincia dunque sempre dalla superficie, e penetra, a
seconda delle disponibilità di nutrimento e di acqua, negli strati più
profondi. La maggioranza degli organismi decompositori vive nello
strato superiore del terreno, fino a 15-20 cm di profondità. In terreni di
buona qualità lo strato di humus arriva a una profondità di 30 cm. I
lombrichi penetrano nel terreno raggiungendo una profondità di oltre
un metro.
Così come la disponibilità di aria e acqua e le possibilità di nutrimento
diminuiscono man mano che la profondità aumenta, analogamente anche
le caratteristiche della vita del suolo subiscono dei mutamenti nella
struttura. Con il suolo boschivo si ha la dimostrazione che un'attività
indisturbata della vita del terreno consente a quest'ultimo di raggiungere
un alto grado di friabilità, a condizione però che non si interrompa
l'apporto di sostanze nutritive, e che il terreno rimanga costantemente
coperto da materiale organico. Questa situazione ideale di un terreno
fertile può essere realizzata anche nel proprio giardino; ci si potrà così
risparmiare l'annuale rivoltamento del terreno, che dovrebbe aver luogo
in autunno. Per giungere a ciò si dovrà però compiere un lungo lavoro, e
'.
92
93
non si potrà pretendere di ottenere risultati ottimali con un terreno di
recente coltivazione. Per portare il terreno del giardino a uno sviluppo
tale da rendere superfluo il rivoltamento del suolo, si può adottare il
sistema della composta/.ionc e fare uso costante della pacciamatura;
coltivando il giardino in modo appropriato su basi biologiche si
otterranno ottimi risultati senza ulteriore fatica. Con questo non si vuole
però dire che la concimazione organica rende superfluo l'uso della
vanga.
In alcuni libri di orticoltura si possono trovare varie spiegazioni tecniche
riguardo al cosiddetto scasso, un rivoltamento della terra che interessa
strati più profondi, condotto secondo schemi in parte assai complicati. In
questo modo il terreno viene certamente rivoltato, ma solo in modo
meccanico; ciò significa che il procedimento dev'essere ripetuto ogni
anno; è inoltre necessario zappare spesso durante la stagione calda. La
stratificazione del suolo non dovrebbe invece essere buttata inutilmente
sottosopra con una lavorazione di tipo meccanico, perché in tal modo si
disturba l'attività degli organismi viventi in esso.
I microbi, che in quanto decompositori primari vivono appena sotto la
superficie del suolo, e ne dipendono per il rifornimento di sostanze
nutritive e di aria, verrebbero « sotterrati », in seguito a un rivoltamento,
assieme allo strato di terra in cui vivono, andrebbero cioè a finire a una
profondità non corrispondente alle loro esigenze. In caso di terreni
pesanti si potrebbe addirittura giungere alla putrefazione dello strato di
humus grezzo.
Naturalmente non sarà sbagliato rivoltare e zappare il terreno di un
giardino nel caso esso fosse troppo compatto per carenza di humus.
Questo terreno rimarrà friabile e arioso fino alla prossima pioggia. Un
terreno vivo e ricco di humus ha una struttura di tipo spugnoso. I
microscopici pori sono rivestiti dalle secrezioni degli organismi
decompositori, che sono ricche di sali nutritivi. La lavorazione
meccanica del suolo non apporta dei miglioramenti in questa struttura
microscopica, ma può anzi danneggiarla. La concimazione minerale
assicura un incremento delle sostanze nutritive nel suolo, ma non
introduce mai dei miglioramenti duraturi in esso. Alla coltivazione
orticola senza rivoltamento del terreno corrisponde in agricoltura la
lavorazione del terreno senza uso dell'aratro. Questo tipo di lavorazione
ha dimostrato la sua effettiva validità, come provano anni di esperimenti
condotti sui due metodi. Possiamo anzi aggiungere che una costante
lavorazione meccanica, unitamente all'azione della pioggia e del sole,
indurisce il terreno, rendendolo troppo compatto.
La piccola fresa a motore per terreni costituisce una sorta di strumento di
tortura per la terra viva dell'orto. Nell'orto biologico que94
Anche un terreno coltivato
per la prima volta non
dev'essere
necessariamente rivoltato
con la vanga. Abbondanti
distribuzioni di composto
assicurano la fert i li t à del
terreno.
sto attrezzo non
viene assolutamente
preso
in
considerazione,
in
quanto il terreno
lavorato con la fresa
non è certamente
paragonabile a un
terreno sottoposto a
cure
su
base
biologica.
Il
rivoltàmen-to del terreno potrebbe rivelarsi utile nel caso si volesse per
esempio trasformare un prato in orto. Il terreno dovrebbe allora essere
lavorato meccanicamente in modo tale da poterlo poi concimare e
coltivare. Diamo qui alcuni consigli che potranno rivelarsi utili per il
rivoltamento del terreno.
1. Asportare innanzitutto le zolle erbose con la vanga, e disporle su un
cumulo di composto assieme a letame o concime organico azotato, con
calcio e polvere di pietra; dopo alcune settimane questa terra
compostata, matura e ricca di sostanze nutritive, verrà distribuita sul
nuovo terreno coltivato.
2. Rivoltare il terreno solo al livello dello strato superiore di humus,
per evitare di portare in superficie zone del sottosuolo prive di vita,
perché ciò renderebbe più difficoltoso lo sviluppo dei microbi.
3. Nel caso si rivoltasse il terreno in autunno, sarà bene lasciare
riposare le zolle rimosse, che verranno spianate solo in primavera. Se il
rivoltamento viene effettuato in primavera, sarà bene non lasciare le
zolle esposte al sole e alla pioggia; alle zolle si mescola superficialmente
della terra compostata matura o letame ridotto a humus; si spiana infine
la superficie con il rastrello. Ora la terra è pron-
95
ta per la semina e la coltivazione; un'adeguata pacciamatura completa il
lavoro.
Anche un terreno molto pesante, argilloso o cretoso, ancora povero di
humus, dovrà essere rivoltato inizialmente per uno o due anni, fino a che,
con l'aiuto di terra compostata, esso sia in grado di mantenere da solo il
livello di fertilità raggiunto attraverso la vita del suolo. Anche allora si
eviterà di rivoltare troppo profondamente per non ostacolare lo sviluppo
della vita microbica. Si scava innanzitutto una fossa, raccogliendo la
terra asportata in una carriola. Si ottiene in tal modo uno spazio atto a
ricevere le zolle della fila successiva, e si procede in questo modo fino
alla fine del campo da dissodare. L'ultima fossa verrà colmata con la
terra conservata nella carriola.
A prescindere da ciò, non esistono nell'orto biologico condizioni che
rendano necessario il rivoltamento del terreno. Chi ha per abitudine
dedicato per anni parte del suo tempo al faticoso lavoro con la vanga,
impiegherà ora volentieri questo tempo per attività più piacevoli
nell'orto.
In tutti gli altri casi in cui sarebbe necessario lavorare con la vanga, come
per esempio nei lavori con il cumulo di composto, si potrà
alleggerire il lavoro adoperando una forca a quattro denti, che
permette di penetrare più facilmente nella terra. Gli attrezzi da giardino
oggi in commercio sono solitamente di buona qualità. Poiché tali attrezzi
possono essere utilizzati per molti anni, si dovrebbe fare particolare
attenzione a sceglierli in base alla propria statura e forza fisica. In un
negozio sarà difficile ottenere dei chiarimenti in proposito. La cosa
migliore sarebbe provare gli attrezzi di un vicino o di un amico, per poter
giudicare con maggiore facilità quali siano le dimensioni degli
attrezzi adatte alla propria persona. Eventuali errori nella
valutazione possono essere commessi soprattutto nell'acquisto della
vanga e della forca, attrezzi per i quali è previsto un vasto assortimento.
Consiglierei al principiante di pulire ogni singolo attrezzo subito
dopo l'uso, e di riporlo al suo posto. Sotto la pioggia o la brina
arrugginisce anche il migliore acciaio. L'argilla secca si stacca con
difficoltà dagli attrezzi. Non è immotivato il fatto che gli artigiani e i
giardinieri di professione tengano tanto in considerazione la pulizia e la
cura dei loro attrezzi.
Sfogliando un catalogo di attrezzi da giardino o soffermandosi sulle
offerte di un negozio specializzato, si ricaverà l'impressione che per
lavorare il terreno sia necessario un numero spropositato di attrezzi. Non
bisognerebbe comunque lasciarsi sedurre da tutte queste offerte, ma
pensare piuttosto a procurarsi gli attrezzi più
96
Per innaffiare le piante è
meglio non usare l'acqua
fresca delle condutture, ma
quella lasciata a riposare in
appositi contenitori.
importanti,
per
vedere poi, durante il
lavoro, quali altri
arnesi si riveleranno
di effettiva utilità.
L'attrezzatura di base
è la seguente: un
badile, una forca, una
vanga, una sottile
zappa a pendolo, una
zappa a trazione, un
rastrello, un piccone,
una
carriola.
Il
numero dei singoli
attrezzi dovrebbe essere adeguato al numero di persone che lavorano
nell'orto, anche se saltuariamente; ciò non è necessario per il piccone e la
carriola. Saranno inoltre indispensabili un tubo di gomma e un
innaffiatoio.
Tra gli arnesi piccoli sono da considerare il foraterra, lo spago da
giardino e il trapiantatoio, le cesoie e la falce. In un giardino di
dimensioni modeste gli attrezzi a motore sono superflui. Si dice spesso
che la zappatura può sostituire Pinnaffiatura. Ciò vale in caso di siccità
sia per i terreni umilienti sia per quelli scoperti. Questi ultimi dovrebbero
però costituire dei casi di eccezione nell'orto biologico. L'acqua che sale
attraverso i capillari del terreno arriva alla superficie, dove evapora sotto
l'azione del sole e del vento. Con la zappatura la superficie viene resa più
umida, ma in questo modo si spezzano anche i capillari del terreno,
proteggendo così gli strati inferiori dal prosciugamento. In questo senso
si può dire che zappando e possibile evitare di innaffiare. Con la
pacciamatura si può combattere più efficacemente il prosciugamento del
terreno. Sotto di essa i capillari continueranno a portare l'acqua verso la
superficie, ma l'evaporazione viene notevolmente frenata. Mólte piante
coltivate vengono involontariamente disturbate dai giardinieri troppo
zelanti. Mentre questi credono di zappare solo
97
intorno alla pianta, essi danneggiano facilmente l'intreccio delle radici
che si sviluppa intorno alla pianta, e che è troppo sottile per essere
notato. Sarebbe dunque meglio distribuire il materiale finemente
sminuzzato della pacciamatura anche attorno alle piante; si potrà così
fare a meno di zappare.
Come osservano giustamente Pfeiffer e Riese, l'innaffiatura troppo
frequente vizia le piante, nel senso che poi queste sviluppano le radici
prevalentemente in superficie, e nel caso di carenza di acqua soffrono
più di altre piante che nella loro ricerca di acqua hanno sviluppato radici
verso gli strati più profondi e umidi del suolo: queste piante
sopravvivono più facilmente alla siccità. Nei periodi asciutti si
conseguirà un notevole risparmio di tempo se invece di innaffiare o
irrigare con il tubo ogni sera tutto il giardino, si procederà a rifornire
abbondantemente di acqua sempre solo una parte di terreno, alternando
nei vari giorni le superfici da innaffiare.
L'adozione del sistema del composto, che favorisce la formazione
dell'humus, la copertura del terreno attuata con la pacciamatura e le
colture miste sostituiscono in gran parte la lavorazione meccanica del
terreno, considerata un tempo fondamentale. Il metodo della coltivazione
biologica consente un notevole alleggerimento del lavoro. Sarà tuttavia
possibile sfruttare questa possibilità solo nella misura in cui saranno
comprese a fondo le relazioni reciproche esistenti tra terreno vivo,
concimazione organica e copertura del suolo, vivendole
consapevolmente ogni giorno nel proprio orto.
98
Colture miste
e rotazione delle colture
Questo volume si propone di fornire dei metodi di lavoro anche a chi
avesse appena cominciato a coltivare un pezzo di terreno. Riguardo
all'organizzazione dell'orto vorremmo quindi dare qui alcune indicazioni
che saranno già note all'esperto.
Di solito l'orto viene suddiviso in rettangoli estesi in lunghezza, le
aiuole. La larghezza di queste è generalmente di 120 cm, ed esse sono
limitate ai due lati da sentieri, larghi circa 30 cm. In tal modo si può
raggiungere da entrambi i lati, senza fatica, il centro dell'aiuola, cosa
impossibile nel caso di aiuole più larghe. La misura standard delle aiuole
offre anche altri vantaggi, in quanto i progetti di giardini e le proposte
per colture miste e rotazioni di colture nei libri di giardinaggio si
riferiscono in genere a questa misura. I sentieri lastricati tra un'aiuola e
l'altra alleggeriscono il lavoro, ma nel caso l'orto sia stato appena
impiantato, si dovrebbe far passare almeno un « anno di collaudo »,
dopo di che sarà possibile decidere se si vuole mantenere la suddivisione
prestabilita. Chi, per carenza di spazio, dovesse essere particolarmente
parsimonioso nella suddivisione del terreno che ha a disposizione, potrà
trasformare temporaneamente, con colture adeguatamente scelte, anche
alcuni dei sentieri in arce coltivate, per esempio con una coltivazione di
crescione, di spinaci o di ravanelli, che non necessitano di una
lavorazione e di una cura costanti del terreno. Si possono realizzare
senza problemi queste modificazioni per un breve periodo di tempo, a
condizione che i sentieri non siano troppo profondamente segnati, e che
sì rinunci a una rigida separazione delle aiuole. Ritengo auspicabile una
certa variabilità del terreno dell'orto; la suddivisione del giardino
dipende comunque anche dalla mentalità del proprietario. Chi in giardino
ama la stabilità può con diritto sostenere che aiuole nettamente
delimitate da sentieri lastricati sono più ordinate, e facilitano
sensibilmente l'annuale pianificazione.
99
In ogni caso i sentieri tra aiuole non saldamente delimitate non devono
mai essere troppo infossati, come invece capita di vedere molto spesso.
In tal modo si perde infatti il terreno coltivabile lungo i bordi, clic inoltre
devono essere continuamente rincalzati, perché la terra qui si sbriciola e
si stacca; infine le piante dei bordi si trovano così a essere più soggette
all'evaporazione nella zona delle radici.
Senza esporla nei dettagli, vorrei qui accennare all'insolita ma geniale
idea di Gertrud Franck, affermatasi con successo nella pratica (Stini con
le colture miste). Si rinuncia qui già in partenza all'installazione di
sentieri, e al loro posto si seminano in modo molto regolare file di
spinaci a una distanza di 40 cm una dall'altra. Dopo la germinazione si
provvede a creare con la zappa zone libere da erbacce tra le piantine di
spinaci. Si costituiscono qui.le vere e proprie zone coltivabili: le colture
piccole con 40 cm di distanza da una fila all'altra, le colture medie con 80
cm e quelle grandi con 160 cm. Su queste aree vengono impiantate le
colture miste. Procedendo lo sviluppo delle varie piante coltivate, si
tagliano gli spinaci con la zappa: le foglie rimangono sul terreno, a meno
che non siano utilizzabili in cucina. Il leggero materiale da pacciamatura
può ora essere facilmente depositato presso le piantine delle colture miste, e provvedere in questo modo a proteggerle e a mantenere la zona
libera dalle erbacce. Le file di spinaci costituiscono in parte degli stretti
sentieri per la lavorazione delle aiuole. Se si volessero considerare tutte
le esperienze precedenti, si potrebbe scrivere un intero libro sull'impianto
delle più volte menzionate colture miste e delle rotazioni di colture.
Coltura mista significa coesistenza su una sola aiuola di varie piante; la
rotazione di colture è invece l'avvicendamento nel tempo di varie
generazioni di piante. Si distingue qui tra colture precoci, principali,
intermedie e tardive, distribuite nel corso della stagione calda e
corrispondenti ciascuna a un periodo vegetativo. A prescindere da ciò,
esistono anche colture invernali di piante resistenti al gelo.
Grazie ai loro maggiori profitti, le colture miste godono di una piena
affermazione nell'orticoltura biologica. Con esse ci si oppone
deliberatamente alle monocolture, quelle che si sono diffuse nell'economia agricola secondo metri di tipo industriale. Le monocolture di
grande estensione possono essere realizzate solo con l'aiuto della
chimica, vale a dire con l'uso di anticrittogamici. Le monocolture si
oppongono a uno sviluppo naturale delle piante; tale sviluppo tende a
ricoprire ogni spazio vitale con una ricca varietà di specie, difendendosi
contemporaneamente in tal modo da eventuali crisi. Nelle monocolture la
comparsa inevitabilmente massiccia di malattie delle piante, e l'invasione
di parassiti che si mol100
tiplicano con rapidità straordinaria, possono, almeno nei nostri paesi,
essere viste come tentativi di riequilibrio da parte della natura contro il
predominio assoluto di una sola specie di piante. Situazioni analoghe si
verificano negli allevamenti di vaste proporzioni. La coltura mista non è
perciò un procedimento sviluppatosi all'interno del giardinaggio
biologico, bensì un sistema di coltivazione secondo natura, utilizzato già
dai popoli primitivi. Il fatto che le colture miste, così come sono intese
nella moderna economia agricola, non si basino su macchinari, non
costituisce ovviamente uno svantaggio per l'orto.
I vantaggi che le colture miste offrono non sono però limitati alla sola
generica azione inibitrice nei confronti della diffusione massiccia dei
parassiti. Se prendiamo di nuovo in considerazione il nostro esempio del
bosco, e paragoniamo il terreno di un bosco misto secondo natura,
costituito da alberi di ogni età, con il terreno di una foresta di abeti,
ovvero di una monocoltura con alberi della stessa età, vediamo che alla
ricchezza di specie di piante nel bosco misto corrisponde un mondo
animale altrettanto vario, come pure una vita del terreno ricca di forme.
Quest'ultima è limitata, nella foresta di abeti, a un mondo di microbi
scarso e povero di specie, il quale, avendo a disposizione come unico
nutrimento le foglie aghiformi degli abeti, non può produrre un humus
fertile: ciò denota anche la quasi totale mancanza di animali superiori.
L'orto non corre mai il rischio di un simile stato di desolazione, ma
sarebbe bene tenere in considerazione i modi di conduzione in questi
esempi così contrastanti, per individuare più chiaramente le loro
conseguenze. Anche nell'orto, come in ogni terreno fertile, a una varietà
di specie di piante sul terreno corrisponde una ricchezza di forme
microbiche nel terreno. Vi si aggiunga ancora un antico dato di
esperienza, che oggi fa parte della pratica quotidiana nell'orticoltura di
tipo biologico, benché non se ne siano ancora studiate in modo completo
le relazioni biologiche: piante che crescono più o meno strettamente
vicine una all'altra possono reciprocamente favorirsi od ostacolarsi.
Riguardo alle piante poco bisognose d'acqua della savana, sappiamo che
esse secernono dalle radici sostanze velenose, le quali fanno morire le
piante che si trovano nelle immediate vicinanze. In effetti la scarsa
disponibilità di acqua e di sostanze nutritive permette lo sviluppo di una
sola pianta in una determinata area. Le rispettive avversioni o simpatie
fra le piante dell'orto non sono così estreme, ma possiamo ugualmente
tenerne conto, e scegliere in modo adeguato le piante che si troveranno
vicine nelle colture miste, evitando accostamenti che potrebbero rivelarsi
sfavorevoli. Una non buona compatibilità di due tipi di piante dipende
forse anche, almeno in parte, dal processo metabolico che avviene nelle
radici. Queste
101
non solo assorbono ossigeno, acqua e sali nutritivi, ma emettono anche
delle sostanze, così come le parti superiori della pianta secernono
sostanze odorose, che agiscono su piante vicine come anche su animali,
per esempio sui parassiti. Il giardiniere sa quindi per esperienza che nelle
colture miste le piante di cipolla e di carota si difendono reciprocamente
dal rispettivo parassita principale: la cipolla tiene lontana la mosca delle
carote, la carota quella delle cipolle. Abbiamo qui un caso di protezione
reciproca delle piante, donatoci dalla natura stessa, senza l'uso di mezzi
esterni. La compatibilità delle piante dipende anche dalle loro esigenze,
simili o diverse, poste al terreno. Questo aspetto si fa valere soprattutto
nella programmazione delle colture miste. Una cosiddetta stanchezza del
terreno emerge o con le monocolture o con colture miste sbagliate e
quindi non realizzate. Ogni pianta sottrae in modo diseguale al terreno le
sostanze a essa necessarie. Nel caso in cui si coltivi sempre la stessa
specie, si può giungere a uno sfruttamento unilaterale del terreno, alla
carenza di singole sostanze nutritive.
La natura non si lascia però inquadrare in uno schema. I pomodori e i
fagioli rampicanti, per esempio, si concimano nel modo migliore con i
loro propri scarti. Soprattutto i pomodori possono essere coltivati con
successo per molti anni nello stesso posto. Nella coltivazione biologica
si conosce un composto di pomodori costituito da piante morte di
pomodori, con il quale si nutrono le nuove piante.
Le questioni riguardo una precisa applicazione delle colture miste e delle
rotazioni di colture non sono state ancora del tutto chiarite. Di fronte alle
molteplici relazioni delle piante, il principiante non dovrebbe tirarsi
indietro, ma tentare con una certa disinvoltura anche la prima
organizzazione del suo orto. Per quel che riguarda le questioni della più
o meno favorevole vicinanza, il problema non sta nel fatto che una
pianta cresca e dia frutti, bensì che essa ottenga, in vista di raccolti
ottimali, il luogo che meglio corrisponde alle sue esigenze. Il
giardinaggio di tipo biologico sarebbe molto meno interessante se la sua
riuscita si basasse su un rigido sistema di regole. Si può naturalmente
condurre un orto in modo tale da seguire tutte le regole realizzabili, dalla
posizione della luna durante la semina al piano pluriennale della
rotazione delle colture, anche quando non si è ancora compreso il senso
di tali prescrizioni. L comunque meglio seguire in primo luogo solo i
principi essenziali e raccogliere anno per anno esperienze personali, fino
a che si arrivino a comprendere anche i minimi particolari.
Le seguenti regole basilari per le colture miste non hanno quindi pretesa
di completezza. Riguardo alle vicinanze favorevoli e sfavo102
Una tipica coltura mista: cipolle e carote.
revoli riportiamo un tipo di disposizione ricavata dalle esperienze di
molti giardinieri. Poiché non sono abituato (e non desidero neppure
abituarmi) a stabilire le collocazioni delle piante secondo tabelle, non
posso, in base alla nostra esperienza, confermare tutte le affermazioni
che si trovano in un elenco di questo tipo. In molti casi l'esperienza
vissuta è risultata in contrasto con la norma. Nella letteratura biologica
viene per esempio spesso affermato che le patate e i vari tipi di cavoli
non possono convivere armonicamente. Come mostrano invece le
fotografie, in un orto da poco dissodato patate rosse sono cresciute
rigogliosamente nella immediata vicinanza di cavoli rossi e di cavoli
cappuccio. In verità questa disposizione non era stata progettata, ma si
realizzò quasi per caso: avevo arato per la prima volta nella mia vita,
senza una guida, con
103
un vecchissimo aratro di legno e ferro, che avevo trovato nella soffitta
della nostra casa di campagna. Lo attaccai al trattore, mentre un amico
guidava l'aratro. Dopo alcune difficoltà iniziali riuscimmo effettivamente
a trasformare il pezzo di prato in un piccolo campo; non ci eravamo però
limitati al previsto rettangolo. Me ne accorsi solo quando volli tracciare
dei solchi per le patate da semina. Al centro della nostra area dissodata
restava un triangolo un po' appiattito, sul quale, in mancanza di idee
migliori, pensammo di piantare vari tipi di cavolo. Mentre il cavolfiore e
il cavolo di Bruxelles crebbero poco all'ombra delle rigogliose piante di
patate, il cavolo cappuccio e quello rosso si svilupparono bene. Le
indicazioni sulla buona compatilibità reciproca delle piante coltivate non
dovrebbero perciò essere considerate come dogmi, ma essere utilizzate
come spunto, come risultato di esperienze altrui, che verranno per la
maggior parte confermate. In base alle mie conoscenze non mi è
possibile ricavare, dalle indicazioni date dall'elenco, delle regole generali
e sempre valide. Per le colture miste valgono comunque in genere le
seguenti considerazioni.
1. Le distanze fra le piante vanno calcolate in modo tale che le loro
foglie, quando esse sono cresciute, si tocchino o si intersechino
leggermente, coprendo così il terreno.
2. I tempi di raccolta delle varie specie di piante di una coltura mista
non dovrebbero rientrare tutti nello stesso periodo, in modo che il
terreno non rimanga mai del tutto scoperto.
3. Grandi consumatori possono essere piantati assieme a consumatori
medi, e questi assieme a bassi consumatori, ma possibilmente non si
dovrebbero piantare grandi consumatori con bassi consumatori, perché le
esigenze che essi pongono al terreno sono troppo diverse. I primi
sopportano letame, composto fresco e concime liquido, gli altri no.
4. Piante le cui radici crescono in superficie stanno bene assieme a
quelle le cui radici vanno in profondità, e piante che si estendono in
ampiezza stanno bene assieme a piante che si sviluppano poco.
Per le rotazioni delle colture vale quanto segue:
1. Generalmente diffusa è la successione grandi consumatori, consumatori medi e bassi consumatori. Sono comunque possibili eventuali
modificazioni.
2. Prima o dopo una coltivazione di grandi consumatori conviene
seminare delle leguminose, le quali contribuiscono a migliorare anche le
altre aiuole.
3. Le pause nelle rotazioni si utilizzano per una concimazione verde;
questa dovrebbe essere attuata ogni tre o quattro anni.
104
Una combinazione insolita: coltura mista di porri e: rape rosse. L'orticoltura
biologica lascia spazio a eventuali improvvisazioni
4. Un semplice schema (secondo Howard) prevede per vari anni
rotazioni molto variate e rotazioni più equilibrate.
Per ogni anno si compongono quattro colture miste sperimentate nel
proprio orto, le quali contengono:
a) prevalentemente grandi consumatori;
b) prevalentemente consumatori medi; e)
prevalentemente bassi consumatori d)
concimazione verde con leguminose.
105
L'intera area dell'orto viene suddivisa in quattro parti, e nelle varie fasi di
rotazione si scambiano i loro programmi di coltivazione (da a fino a ci),
in modo tale che in un periodo di 4 anni ogni coltivazione si sia trovata
una volta su ogni parte.
La nostra proposta illustrata nelle pagine seguenti vuole essere vista
come uno spunto, e non come una prescrizione.
Chi vuole pianificare l'orto — e sarebbe buona norma farlo, prima di
tutto per calcolare il fabbisogno di semi e di piante, e poi anche per
imparare qualcosa dai propri errori e dai propri successi — dovrà avere
l'accortezza di trascrivere le proprie considerazioni e riflessioni. Sarà
bene che disegni una pianta dell'orto, riportando la disposizione delle
aiuole e di tutte le parti immobili del giardino come alberi, siepi, rimessa
per gli attrezzi, pozzo, pergola e così via. Per un lavoro preciso su
appezzamenti medi e grandi si dovrebbe, almeno all'inizio, usare la carta
quadrettata o millimetrata. Si possono apportare notevoli miglioramenti
mediante un quaderno apposito, per esempio in forma di calendario
tascabile, sul quale si riportano le date del lavoro svolto, le semine e le
piante possedute, le concimazioni, i risultati delle raccolte, particolari
successi o insuccessi. Un diario di questo genere, scritto in modo
sintetico, ma registrato con puntuale regolarità, vale oro, perché conserva
importanti dati tratti dalle esperienze personali, da consultare in caso di
necessità, e i cui particolari potrebbero altrimenti venire dimenticati.
Questo libretto dovrebbe fungere nello stesso tempo da calendario per le
scadenze, anche se le semine previste saranno condizionate naturalmente
non dalla data, ma dalle condizioni meteorologiche. Conservando questo
calendario, una volta completato, assieme alla topografia del giardino, si
sarà in possesso di una personale opera di consultazione, unica al mondo.
108
Una volta assegnati nomi o numeri alle varie zone coltivabili segnate
sulla pianta dell'orto, si può passare a sostituire il piano dello spazio con
quello del tempo. Quest'ultimo non è altro che una tabella: sulla prima
linea orizzontale si riportano le settimane dell'anno, sulla verticale a
sinistra le denominazioni delle aiuole. Più il foglio è grande, migliore
sarà la visione d'insieme. Ogni coltivazione progettata di un'aiuola viene
ora riportata in questa scala con una linea orizzontale. La specie della
pianta viene scritta al di sopra della linea. Chi non sa ancora per propria
esperienza qual è il momento di seminare, di piantare o di raccogliere, si
atterrà alle indicazioni sulla busta dei semi, o a quelle di un amico, di un
libro di orticoltura o dei nostri elenchi nel cap. Breve rassegna di
verdure. Bisogna tener presente che con le colture miste ogni aiuola
occupa dalle due alle quattro linee. Abili conduttori di colture miste
coltivano in una sola aiuola anche sei e perfino otto specie di ortaggi!
L'aiuola può essere resa in tal modo tanto piena di colore e ricca di
forme, da costituire un ornamento per l'orto.
L'organizzazione delle colture miste e delle rotazioni di colture costituisce un campo di azione pressocché illimitato. Vorrei a questo
proposito citare uno spunto tratto da Pfeiffer-Riese: « Le colture miste...
esercitano inoltre un influsso notevole sulla qualità, la durata e il sapore
della verdura. Per convincersi di ciò si provi a piantare due o tre file di
ravanelli e accanto a queste due o tre file di crescione e, presso un'altra
serie di file di ravanelli, alcune di cerfoglio. Se poi, come ulteriore
riprova, si pianteranno più in là altre file di ravanelli, senza piante vicine,
si potranno in seguito rilevare differenze piuttosto nette nel sapore dei
ravanelli: relativamente senza sapore, i ravanelli senza piante vicine; dal
sapore troppo piccante, quelli accanto alle file di cerfoglio; molto
saporiti, quelli accanto alle file di crescione.
Nessun giardiniere di professione avrà a sua disposizione quello spazio
che può avere invece il giardiniere dilettante: uno spazio utilizzabile per
esperimenti e idee. Con il sistema del composto egli possiede una fonte
di nutrimento che si rinnova da sé, che sfruttata adeguatamente assicura
ricchi e sani raccolti, e che preserva il giardiniere dalla dipendenza e da
grandi spese per i concimi. L'orto trasforma la fantasia del suo
proprietario o di chi lo cura in una realtà. Esso è un piccolo mondo, nel
quale i sogni vengono realizzati mediante la natura stessa. Il seguente
elenco di vicinanze favorevoli e sfavorevoli nell'orto si basa su una
tabella dell'Istituto Svizzero di Ricerche per la coltivazione biologica di
Bernhardisberg, Ober-wil/BL, che ha gentilmente accordato il suo
permesso.
109
ge tto t u t t e le erbacce, con e senza semi, sul composto, e nel fare questo
non si sono mai verificate conseguenze negative ». Ripreso da ogni libro
di orticoltura, l'ammonimento di evitare semi di erbacce nel composto è
forse soltanto un consiglio che appesantisce il lavoro, e si rivela inoltre
perfettamente inutile. Risolva dunque ciascuno la questione per conto proprio.
Come già detto altrove, la pacciamatura, già per tanti versi consigliabile,
risolve ampiamente la questione delle erbacce che si insidiano tra le
verdure, ed elimina il problema della sarchiatura: ciò che cresce attraverso la
copertura costituisce un'eccezione. Vorrei infine richiamare ancora
l'attenzione su un'altra funzione delle erbacce. Considerando la
molteplicità delle specie di piante che si trovano in un campo pressoché
allo stato naturale, solo relativamente pochi tipi di queste trovano
nell'orto, malgrado coltura mista e rotazione delle colture, il terreno adatto alla
loro crescita.
L'orto, in quanto organismo di un ordine superiore, può essere considerato sano e
in grado di difendersi contro le malattie tipiche delle piante e contro i parassiti
solo quando rende possibile una vita animale molto varia. Con ciò si intendono
non solo gli animali che vivono prevalentemente sottoterra, ma anche gli innumerevoli, utili o almeno non dannosi insetti striscianti e volanti, dall'ape alla
mosca della fioritura, ai carabidi, alla coccinella fino alla sirfide.
Quelle poche specie di animali selvatici superiori che possono vivere nell'orto,
quali la tartaruga, l'orbettino, la lucertola e il riccio, trovano rifugio e nutrimento
nelle piante selvatiche nei pressi della recinzione, ai bordi del composto o in un
mucchio di sterpaglia invaso da erbacce, cioè nelle immediate vicinanze di erbacce più o meno tollerate.
« Una giusta dose di veleno, ed è la fine delle erbacce! ». Questa esortazione al
giardiniere, basata su una concezione t u t t 'a l t r o che amichevole nei confronti
della vi t a , equivale a una condanna a morte per t a n t i s s i m i a n i m a l i , molto
più numerosi di quelli che in r e al tà si intendono colpire col veleno. La strategia
della « terra bruciata » non ha senso in un giardino coltivato biologicamente: in
questo caso sarebbe meglio ricordarsi del proverbio « vivi e lascia vivere ».
142
Protezione delle piante
Come la terra dell'orto e piena di semi di piante selvatiche, il cui completo
sviluppo inselvaticherebbe le nostre aiuole, allo stesso modo anche i! mondo
animale cerca di farsi spazio nell'orto. Costituito da una terra più fertile di quella
delle zone limitrofe e e da piante i cui prodotti sono più abbondanti e gradevoli
di quelli che offre la natura libera, l'orto a t t i r a varie specie di animali. Tuttavia, come soltanto una parte delle erbacce può svilupparsi pienamente
nell'orto, mentre la maggior parte di esse non vi trova l 'h a b i t at congeniale,
così solo determinati tipi di insetti possono trovare in questo ambiente quelle
condizioni che rendono possibile la loro moltiplicazione.
Secondo un luogo comune ancora diffuso, si crede che nel regno animale siano i
predatori a determinare la quantità degli animali da preda. In seguito a ricerche
scientifiche in proposito, sappiamo oggi che è vero il contrario: il numero degli
animali predatori dipende da quello degli animali. da preda. Non sono, per
esempio, i lupi a determinare il numero delle alci, ma piuttosto sono queste che
possono costituire il nutrimento per un certo numero di lupi, determinandone in
tal modo la quantità. Ma il numero delle alci è condizionato dalle possibilità di
pascolo offerte loro dall'ambiente. I fattori che determinano e limitano la
vegetazione non sono le alci, ma le condizioni del terreno, delle acque e del
clima. Dopo anni di esperimenti e di osservazioni nell'America del Nord, gli
ecologi hanno rilevato un'insospettata interdipendenza fra i membri di uno
stesso sistema ecologico. Eliminando gli animali predatori non si avvantaggiano
gli animali da preda, ma si apportano danni rilevanti alla vegetazione. Così
facendo si rompe infatti l'equilibrio naturale fra i vari appartenenti al sistema, in
quanto gli animali che si nutrono esclusivamente di piante si moltiplicherebbero
indiscriminatamente, rovinando le loro fonti nu143
t r i t i ve . La loro estinzione può essere determinata innanzitutto dalla carenza di
nutrimento, in secondo luogo da parassiti e malattie epidemiche. Dopo la
catastrofe subentrerà un nuovo equilibrio, basato sugli elementi antagonisti del
sistema precedente, o su altri elementi.
Poiché la natura reagisce efficacemente, con i mezzi a sua disposizione, a ogni
rottura dell'equilibrio fra le forme viventi, queste ebbero la possibilità di
evolversi attraverso milioni di anni e di popolare la terra sotto le più varie
condizioni ambientali. Costruire estese piantagioni significa rompere l'equilibrio
naturale dell'ambiente circostante; la natura si difende favorendo quelle forme
viventi che possono in qualche modo porre un freno al dilagare di piante
c o l t i va t e in estesa q u a n t i t à .
Vorrei ora brevemente soffermarmi sulla questione dei parassiti, tenendo
comunque in considerazione l'aspetto biologico di questo problema.
Non abbiamo semplicemente a che fare con parassiti che divorano, rodono,
pungono, succhiano e si moltiplicano sfrenatamente, come troppo spesso vuol
farci credere l'industria chimica degli anticrittogamici; ci troviamo invece di
fronte a un sistema di rapporti sempre teso a limitare quelle forme di predominio
innaturale che si possono talvolta verificare. In determinate condizioni è di fatto
possibile trovare anche nella natura un gran numero di esemplari della stessa
specie: ci troviamo in tal caso di fronte a una forma di monocoltura, per esempio
il canneto o la steppa. Inoltre in società relativamente povere di specie, come
quelle che si possono trovare all'estremo nord e nella savana africana, si sono
verificate invasioni di animali, per esempio di conigli o di cavallette, anche prima
che l'uomo intervenisse 'nell'organizzazione del paesaggio. È comunque un dato
di fatto che oggi quasi tutti i' parassiti dell'agricoltura, contro i quali non si è
ancora trovato un rimedio efficace, hanno f a t t o la loro apparizione in modo
massiccio proprio con l'introduzione dei concimi minerali e delle monocolture.
Già in epoca preindustriale molti di essi hanno provocato notevoli danni ai
raccolti, ma non avevano nessuna possibilità di comparire in numero così
massiccio come si verifica oggigiorno.
Ciò che è stato detto finora non vuole spingere alla conclusione di lasciare
t u t t o a se stesso, perché t a n t o la natura avrebbe comunque provveduto. La
natura può regolare solo se stessa; le piante coltivate necessitano anche di cure e
protezione da parte dell'uomo. Tuttavia per proteggere le nostre aree di coltura
dai tentativi di assestamento della natura, possiamo servirci dei mezzi che la
natura stessa ci mette a disposizione.
144
Questo vale anche per quanto riguarda le malattie delle piante, causate da
parassiti di dimensioni minime: bacilli, funghi e virus. Essi riescono a operare
attivamente nella natura quando questa non riesce più a mantenere, con altri
mezzi, il suo equilibrio. Quando gli animali predatori non esercitano più sugli
animali da pascolo l'opera di selezione con l'eliminazione dei soggetti più
deboli, questa funzione viene esercitata da malattie e parassiti. In altre parole, le
malattie proseguono con altri mezzi la naturale opera di continuo riequilibrio.
Nell'orto, zona di protezione per piante ad alto rendimento, i parassiti e i
portatori di malattie possono agire con facilità nel caso in cui le piante:
1. sono coltivate in un clima non adatto a esse; ciò vale per tutte le piante di
serra, che proprio per questo motivo sono particolarmente delicate;
2. sono coltivate su terreni e in vicinanza di altre piante che non rispondono
alle loro esigenze;
3. sono indebolite nella loro capacità di resistenza dalla carenza di. determinate
sostanze nutritive, di acqua o di luce;
4. devono sottostare a condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli, come
nel caso dei pomodori sottoposti a pioggia continua.
I bruchi della cavolaia
hanno attaccato le foglie
esterne di-questo cavolo
rosso. In genere ci si
difende da questi
parassiti eliminando i
bruchi a uno a uno.
145
5. sono nutrite artificialmente, cioè quando vengono stimolate, mediante
additivi minerali, a una crescita che non corrisponde al grado dì vi ta lit à del
terreno;
6. sono degenerate in seguito a coltivazioni che prevedono sopratt u t t o
particolari sviluppi e risultati. Questa degenerazione si verifica soprattutto fra
specie molto produttive, quindi altamente selezionate, ma in effetti è un discorso
valido per tutte le piante coltivate. Non si possono quindi di regola far
germogliare per un tempo i l limi t a to i semi della propria coltivazione. La
mancata selezione, che si verifica invece nella natura selvaggia attraverso la lotta
per la sopravvivenza, determina nel corso delle generazioni una debolezza
organica delle piante coltivate e una loro graduale degenerazione.
Mi troverei adesso in difficoltà a dover riportare dall'esperienza personale i
sistemi adottati per la protezione biologica delle piante. A prescindere da un caso
eccezionale che vorrei ora riferire, negli anni in cui i nostri orti sono stati
sottoposti a coltivazione non abbiamo f a t t o alcun uso né di concimi minerali, né
di mezzi chimici per la protezione delle piante. Non abbiamo finora dovuto
subire particolari perdite causate da malattie o da parassiti, e non abbiamo quindi
potuto raccogliere esperienze riguardo la loro immediata eliminazione. Non
credo si possa parlare di caso dopo tre decenni di cura dell'orto. Abbiamo in
realtà raccolto notevole esperienza con la cura biologica delle piante, ma senza
rendercene conto. Tale cura è costituita dal sistema del composto, dalle colture
miste e dalla rotazione delle colture. La cura biologica delle piante è primaria
rispetto alla necessità di combattere i parassiti. Noi individuiamo quindi uno
stretto rapporto fra l'uomo e l'orto:
— si può dire che l'orto è concimato a dovere quando è nutrito con un
composto costituito dagli scarti dell'orto stesso e da quelli quotidiani di casa;
— quando vi si coltivano quelle erbe, quelle verdure e quei frutti che coprono il
fabbisogno della famiglia; parallelamente a un sano modo di nutrirsi abbiamo
così la necessaria molteplicità delle p i a n t e da coltura.
Coltivando un solo tipo di piante, sorgerebbe immediatamente anche il problema
dei parassiti e delle malattie. L'orto costituisce un luogo di produzione a misura
dell'uomo che lo coltiva. A chi non abbia ancora stabilito uno stretto rapporto
con un proprio orto ciò può sembrare fin troppo elementare. L'armonia tra
l'uomo e l'orto vive così chiusa in sé, come tra terreno coltivato e terreno
naturale. Organizzare l'orto in senso biologico non soddisfa solo
146
le esigenze della cucina, ma anche quelle di un produttivo confronto con la
natura. Il piacere che può procurare l'orto non deriva tanto da una scrupolosa
attenzione alle quantità e alle misure indicate (come invece devono fare coloro
che utilizzano concimi minerali e prodotti chimici per la protezione delle
piante), bensì dalla capacità di capire e procedere nel senso della natura. La
presenza di singoli insetti nocivi o le tracce che lasciano non sono motivo di
agitazione e tanto meno giustificano un immediato intervento. Chi possiede
qualche nozione riguardo alla varietà degli insetti dell'orto, ed è in grado di
apprezzare in certo senso scientìficamente la sirfide, saprà anche che questi
sottili insetti, simili a vespe, si nutrono non del nettare ma di afidi, i quali si
trovano certamente anche nell'orto, ambiente favorevole alla loro riproduzione.
Ciò significa che gli afidi, dannosi solo quando sì presentano in quantità
rilevante, si dimostrano invece di una certa u t i li t à nel caso in cui il loro
numero rimanga entro certi l i mit i. Essi infatti hanno la funzione di mantenere
all'erta i loro nemici naturali, di modo che questi possano intervenire
prontamente quando gli afidi trovano condizioni ottimali alla loro
moltiplicazione, sviluppandosi così in breve tempo in una vera piaga. La
presenza di svariate specie di insetti nell'orto presuppone anche una ricca varietà
vegetale e, come abbiamo già illustrato precedentemente, a ciò possono
contribuire anche erbacce e piante selvatiche, delle quali dobbiamo sopportare la
presenza a condizione che esse non arrivino ad arrecare disturbo alle piante
coltivate. È ovvio comunque che questa tolleranza non comprende anche la
gramigna o la podagraria, le quali si moltiplicano facilmente a dismisura.
L'arvicola
La nostra capacità di esercitare un'influenza sulle organizzazioni di vita naturale,
e soprattutto la nostra capacità di incentivarle, è molto scarsa al di fuori dell'orto.
Perciò non possiamo, per esempio, chiamare in nostro aiuto i nemici
dell'arvicola. Questo tenace roditore si è dimostrato essere un temuto parassita
nell'agricoltura e nel giardinaggio. Le arvicole trovano nutrimento prevalentemente nella terra coltivata, ovvero in prati^ campi e giardini. Alla presenza di
tutti questi ambienti favorevoli alla loro moltiplicazione non si contrappone
dall'altra parte un'adeguata presenza di
147
sul terreno abbandonato precedentemente. D'altra parte anche uccidere le
arvicole non preserva da nuove incursioni, in particolar modo quando l'orto
confina con prati o campi.
2. Annegamento (secondo Hitschfeld): si sotterrano vasi o piccoli secchi in una
zona di frequente passaggio, in modo tale che non vi sia dislivello fra il terreno
e l'orlo del secchio; poi si versa acqua fino a 10 cm sotto l'orlo del secchio: una
volta cadute nella trappola, le arvicole non possono più scappare.
nemici di questi animali, ma si può riscontrare addirittura una loro continua
riduzione. Dal punto di vista dell'arvicola, l'uomo ha operato a vantaggio di
questo roditore: gli ha per cosi dire imbandito la tavola, e ha eliminato quasi
completamente gli uccelli rapaci, ha tolto alle civette lo spazio vitale e la
possibilità di nidificare, e si appresta ora a togliere di mezzo anche il terzo
grande nemico dell'arvicola, la volpe, in quanto portatrice della rabbia. Quando
le arvicole cominciano a compromettere seriamente la produzione dell'orto, e ciò
si può verificare molto rapidamente a causa della loro straordinaria voracità,
bisogna agire con molta determinatezza ed energia nei loro confronti.
Cosa si può fare
1. Farle scappare per il «d i s g u s t o »: il giaggiolo di Persia, la cinoglossa e il
ribes nero avrebbero il potere di scacciare le arvicole, ma questo ripiego ha
portato talvolta, nella pratica, a risultati opposti: può capitare i n f a t t i che le
arvicole trovino di loro gradimento i bulbi del giaggiolo di Persia.
Un altro sistema può essere quello di immettere nei cunicoli spicchi di aglio,
stracci imbevuti di carburo oppure di petrolio, o add i r i t t u r a immettere gas di
scarico alle imboccature dei condotti. L'unico r i sult ato di simili pacifiche
soluzioni è quello di mandare le arvicole nell'orto del vicino; in breve tempo,
poi, tornerebbero
148
3. Cattura: probabilmente il metodo più diffuso per liberarsi delle arvicole è
quello di sistemare trappole nei loro luoghi di passaggio. Esistono trappole a
molla semplici e di provata efficacia, tenute aperte tramite lamine, e per le quali
non è necessario usare l'esca.
Il topo cade nella trappola e viene ucciso. Si faccia attenzione che le trappole,
siano abbastanza robuste, in modo da uccidere sicuramente questi animali grossi
quasi quanto ratti (mi è capitato una volta di liberare una talpa ancora viva da
una di queste trappole). Sulla base della mia esperienza considero ben
congegnate quelle trappole che, avendo la parte superiore sporgente fuori dal
terreno, lasciano riconoscere subito se sono scattate o meno: ci si risparmia in
questo modo la fatica i nut il e di estrarre la trappola vuota e di doverla poi
risistemare.
4. Quirilox: è un composto su base vegetale, che a t t i r a le arvico
le uccidendole senza molte sofferenze. Dovrebbe avere un'azione
tossica solo sui roditori. L'esca dovrà essere rinnovata fino a che
non viene più portata via. Il Quirilox si è rivelato, secondo la no
stra esperienza, un prodotto molto efficace, dopo che avevamo inu
tilmente tentato per tutta un'estate di salvare con le trappole la
nostra insalata. La primavera successiva riuscimmo ad avere la me
glio sulle arvicole, dopo aver sparso per sole tre volte il preparato:
non comparvero per t u t t a la seguente estate, malgrado l'orto si
trovi nel mezzo di una estesa area verde.
Quando si richiedono dei mezzi efficaci per l'eliminazione delle arvicole, in
genere i punti di vendita specializzati per il giardinaggio propongono un pesante
armamentario: cartucce di gas velenoso e di fumogeni, come pure esche
estremamente velenose. Il giar-dinerc dotato di senso di responsabilità, in
considerazione del piccolo mondo vi t a l e ricco di risorse che è il suo orto, farà
uso di questi mezzi solo in casi estremi. In ogni caso sarebbe bene cercare
sempre di risolvere questo tipo di problemi con mezzi che non danneggiano
l'ambiente naturale.
Ogni volta che vediamo un mucchictto di terra non dobbiamo pensare che si
tratti sicuramente dell'opera di un topo campagnolo.
149
I cunicoli della talpa presentano circa la stessa larghezza, pur essendo meno alti.
Le talpe si nutrono prevalentemente di larve e di grillotalpe, ospiti considerate
molto dannose per l'orto. A prescindere dai t u tt 'a l t r o che graditi cunicoli che
scavano nella terra, esse sono animali da ritenersi prevalentemente utili. Poiché
si nutrono anche di lombrichi, le talpe possono trovarsi a loro agio anche nei
pressi di un composto maturo. In questo caso, però, devono essere scacciate o
catturate. Si dice che possono essere scacciate con una musica monotona,
prodotta sotterrando parzialmente bottiglie vuote in modo tale che il vento soffi
tra esse. Questo metodo, che io non ho mai sperimentato, pare sia utile anche per
scacciare le arvicole.
Il grillotalpa
Questi i n s e t t i scavatori, lunghi circa 4 cm e dotati di un paio di zampe anteriori
a forma di pala, possono provocare con la loro presenza molti danni. Si nutrono
anche di larve di insetti nocivi, prediligono tuttavia le radici delle piante. Vivono
prevalentemente sottoterra; poiché questi animali che non amano la luce
vengono in superficie solo di notte, è possibile c a t t u r a r l i con barattoli sott e r r a t i a guisa di trappole. Naturalmente i bordi dei barattoli devono trovarsi
allo stesso livello del terreno.
Poiché le grillotalpe scavano cunicoli pi a t t i , si può seguire il loro percorso con
il dito, e giungere così alla loro tana, nella quale all 'ini z io dell'estate si trova la
nidiata: questa può venire soppressa con un colpo di vanga, o con un po' di olio
da cucina, lasciato sgocciolare nella tana. In un secondo tempo vi si versa
dell'acqua.
Grillotalpa (Gryllolalpa gryllolal/ia)
150
La lumaca
Di svariate misure e colori, le lumache (senza guscio), soprattutto le specie più
piccole, possono costituire un serio problema per il giardiniere. Dal momento
che le lumache devono proteggere la loro umida pelle dal pericolo della
disidratazione, esse diventano particolarmente attive di notte. Di giorno si ha
l'impressione che nell'orto non vi siano lumache, ma la mattina il giardiniere
può scoprire che proprio le piante dalle foglie più tenere, come la lattuga, sono
state saccheggiate, e le tenere piantine divorate. Esistono molte possibilità,
efficaci e non dannose, di difendersi dalle lumache, ma se l'annata è s t a t a
umida e il giardino confina con luoghi che offrono condizioni favorevoli alla
loro moltiplicazione, si può verificare un incremento di questi animali tale- da
costituire un serio problema.
In un giardino biologicamente curato si eviterà in ogni caso l'uso di antilimacidi
chimici (veleni, generalmente a base di metaldeide). Poiché le lumache non
possono sottrarsi ai loro nemici naturali con la fuga, la natura ha provveduto
dotandole di una straordinaria fertilità. Rappresenta quindi un notevole
svantaggio il fatto che sia nelle nostre zone coltivate sia in quelle abitate resti
ben poco spazio vitale a disposizione dei nemici naturali della lumaca: il riccio,
il toporagno acquaiuolo, gli uccelli che si nutrono di cibi molli, la lucertola,
l'orbettino, il rospo, i grossi carabidi. I veleni prodotti dall'economia agricola
riducono poi ulteriormente il loro numero. Perciò, dove le condizioni lo
permettono, si dovrebbe cercare di incentivare il numero di questi animali sia
nell'orto che nelle sue vicinanze: il riccio per mezzo di mucchi di legna e di
sterpi, sotto i quali può trovare rifugio; gli uccelli canori con ce-
1 Lumacone (rosso con articoli ret ratt i li neri).
la Lumacone (nero con piede rosso).
2 Comune lumaca campestre.
151
spugli di bacche; la lucertola per mezzo dì muri asciutti rivolti a sud, l'orbettino
con zone ombreggiate e ricche di muschio, il rospo con piccoli e umidi rifugi fra
mucchi di pietre, sotto legna e mattoni. Anche uno stagno poco profondo può
favorire la loro riproduzione. I rospi, che sono anfibi notturni, e che coprono il
loro naturale fabbisogno quotidiano di cibo esclusivamente con svariati piccoli
animali, sono estremamente utili nell'orto, seppure talvolta si nutrano anche di
lombrichi. Essi trascorrono volentieri le giornate anche in piccole cavità del
terreno: bisognerebbe quindi fare per questo molta attenzione durante il lavoro.
(Da bambino ero riuscito a familiarizzare con un rospo nutrendolo con lombrichi, tanto che questo usciva dal suo nascondiglio quando veniva chiamato).
Vrovvedimenlì contro le lumache
1. Recinzione: esiste in commercio un recinto per lumache che non può essere
superato da questi molluschi. Si delimitano con profili di latta zincata quelle
aiuole. Ci si può liberare definitivamente delle lumache recintando in questa
maniera tutto l'orto. Si può costruire questo tipo di recinzione (brevettata)
anche da soli.
2. Annegamento: le trappole per lumache, reperibili anche in commercio, si
sono rivelate molto u t i l i . Si possono anche sotterrare fino all'orlo i bicchieri
vuoti dello joghurt, o contenitori analoghi; vi si versa una piccola quantità di
birra e si chiude l'imboccatura con un pezzetto di latta piegata o due assicelle di
legno diposte vicine. Naturalmente può verificarsi che cadano nella trappola anche insetti utili. L'acqua non attira le lumache. I bicchieri devono essere svuotati
e puliti almeno ogni due giorni, e il loro contenuto viene gettato nel composto.
3. Qslacolamenlo: le lumache sono in grado di scavalcare una lametta da barba
senza ferirsi, ma evitano zone troppo asciutte e quelle che aderiscono al loro
corpo umido. Perciò si possono proteggere aiuole o singole piante contornandole
di segatura, calce viva, cenere, ma bisogna tenere presente che i materiali in
polvere adempiono al loro scopo solo fino alla prima pioggia. Pare che anche il
cerfoglio contribuisca a mantenere lontane le lumache, ma noi non lo abbiamo
sperimentato.
A. Raccolti!: le lumache cercano durante la giornata un rifugio prot e t t o dai
raggi del sole. Si trattengono molto volentieri particolarmente sotto assi
ammuffite. Sistemando questa legna vecchia lungo
152
i passaggi dell'orto (naturalmente solo su quelli terrosi), la mattina seguente si
possono comodamente raccogliere le lumache attaccate alla parte inferiore
dell'asse. Le lumache vengono ■ poi immerse nell'acqua bollente. Bucce di
pompelmo o di melone convenientemente sistemate sulle aiuole minacciate
costituiscono punti di raccolta per le lumache. In posti umidi e ben protetti si
trovano le loro uova dall'aspetto vitreo: come le lumache, anch'esse vanno
raccolte e distrutte.
5. Prevenzione: si possono innaffiare le aiuole con l'acqua usata per scottare le
lumache o quella in cui esse sono rimaste immerse per alcune ore; le lumache
evitano questi posti.
Siamo venuti a conoscenza di un metodo, più efficace e nello stesso tempo
meno violento, che tuttavia non può essere applicato da tutti coloro che
posseggono un orto. Durante la prima estate nel nostro orto ricavato da un prato
ci trovammo di fronte al problema delle lumache. Senza che io ne venissi prima
informato, venne adoperato un antilimacida velenoso, ma decidemmo subito di
sospendere questa cura e di provare altri metodi. Per tutta la prima parte
dell'estate raccogliemmo da vecchie assi moltissime lumache, ma il loro numero
non diminuiva mai, in quanto le perdite venivano sempre compensate da nuovi
arrivi dai prati circostanti. Solo verso la fine dell'estate ci fu un effettivo calo di
numero. Per la seguente primavera ci proponemmo di continuare più efficacemente la lotta contro le lumache, ma non fu necessario: nonostante un'estate relativamente umida, durante la quale molti altri proprietari di orti
persero una parte notevole del loro raccolto di insalata a causa delle lumache,
senza aver adottato alcun particolare provvedimento non fummo coinvolti in
questo comune destino. La spiegazione di questo fatto, che inizialmente stupì
anche noi, era data dalla presenza di tre anatre, una pechinese e due muschiate,
arrivate in primavera come regalo di compleanno. Dopo essersi ambientate tra lo
stagno e il loro rifugio notturno, riuscirono a trovare un passaggio nella rete
metallica, e uscirono per esplorare con entusiasmo la zona circostante. Quando
noi eliminammo del t u t t o la loro recinzione, si diedero da fare per tutto il
giardino e intorno alla casa. Inizialmente le nutrivano talvolta con le lumache
trovate sotto le assi in giardino, ma nel corso delle successive settimane le
lumache scomparvero quasi completamente dal nostro orto; né potevano più
arrivarne di nuove dai campi vicini, in quanto le zone confinanti erano
continuamente controllate dalle anatre.
Bisognerebbe osservare una volta un'anatra e quante cose questa riesce a trovare
mentre si aggira per l'orto. Durante queste passeg-
153
V
■"V
b""*,,
Un'ellìcace difesa contro le lumache: anatre sul cumulo del composto. Esse non
dovrebbero tuttavia avere la p os sibi lit à di girare liberamente per t u t t o l'orto;
si nutrono i n f a t t i volentieri delle pianticelle di insalata.
4i
La paglia protegge dalle lumache le fragole, i cetrioli e gli zucchini (vedi figura).
giate il suo fabbisogno di cibo in estate si riduce di conseguenza. Solo una volta
permisi alle anatre di girare per l'orto, mentre ero occupato col composto, ma
esse in breve tempo mangiarono dalla vanga talmente tanti lombrichi che dovetti
ben presto mandarle via. Per ragioni di spazio non è possibile elencare qui i
provvedimenti biologici da adottare contro t u t t i gli animali nocivi, in particola!'
modo i parassiti, contro i funghi e le malattie delle piante. Le indicazioni
riguardanti gli estratti vegetali che dovrebbero essere efficaci contro determinati
parassiti sono spesso imprecise, e si rivelano talvolta addirittura di effetto
contrario, ma ciò non sminuisce il valore di una protezione vegetale su base
biologica portata avanti in modo competente, sulla base dell'esperienza. Di tanto
in tanto si sente o si legge una qualche nuova ricetta che promette r i s ul t a ti
sicuri contro questo o quel problema; tali ri154
155
cette vengono però presto dimenticate in quanto raramente trovano applicazione
nell'orto. Si potrebbe scrivere un libro sul tema « protezione vegetale biologica »
per illustrare con chiarezza e precisione l'applicazione dei metodi.
Non vogliamo uscire dal nostro tema generale per non alimentare quel
dilettantismo basato indubbiamente sulla buona fede, che può svilupparsi
naturalmente anche presso i considdetti biologici, e fare un elenco non ragionato
di problemi con le loro eventuali soluzioni.
Un entusiasmo iniziale può rapidamente mutarsi in delusione quando una
ricetta viene applicata semplicemente, e non porta all'effetto concreto garantito
dai « veleni in confezione spray ». Ci limiteremo così a indicare qualche
suggerimento per l'eliminazione di alcuni di quei parassiti con i quali il
giardiniere ha a che fare più frequentemente.
Gli afidi
In genere non infestano le piante sane. Il professor Alwin Seif-fcrt ha potuto
dimostrare ciò in modo convincente quando iniziò a concimare con il composto
le sue piante da frutta e l'orto. Come per disattenzione o per uno stato
momentaneo di debolezza l'uomo può prendersi un raffreddore e liberarsene
senza far uso di medicjne pesanti, così una pianta può, per un disturbo irrilevante
nel metabolismo, attirare un certo numero di afidi, che in breve tempo, da soli,
spariranno nuovamente. Solo nel caso in cui la loro permanenza dovesse
prolungarsi si può fare ricorso a una
Afide nero della fava
(Apbìs jabac)
156
Altica del cavolo (Phyllolrcta nemarum)
delle contromisure sotto indicate (sempre che i nemici naturali dell'afide, la
mosca della fioritura, la sirfide, la coccinella e le larve di questi insetti, non
siano già in numero sufficiente sul posto). Il sintomo che denuncia un'eccessiva
diffusione di afidi è un vistoso rattrappimento delle foglie, particolarmente
quelle più giovani. In tal caso lo sviluppo della pianta e la fioritura possono
risultare gravemente compromessi.
1. Trattamento con l'ortica: far macerare un chilo circa di ortica
fresca in 10 litri d'acqua, e dopo quattro giorni innaffiare la pian
ta con un forte getto, se sufficientemente robusta, con questo com
posto non diluito; il resto, diluito 10 volte, può essere utilizzato
per la concimazione e per il composto.
Si possono comporre si mili preparati anche con assenzio, felce imperiale
(contro i pidocchi delle rose) e asperella. Buoni risultati ha dato anche una
soluzione, non superiore al 2%, di sapone tenero (di potassa).
2. Cospargere la pianta di calce fine, cenere di legna o polvere di
pietre, dopo averla innaffiata.
Tali metodi sono innocui; eventuali resti vanno aggiunti al composto.
L'attica del cavolo
Sono insetti che saltano come pulci; lunghi da 2 a 3 mm, possono essere neri,
striati di verde e blu oppure di giallo e nero; le antenne hanno più o meno la
stessa lunghezza delle zampe. Si nutrono di foglie delle piante di cavolo e di
altre specie di crocifere, per esempio rafani e ravanelli.
Un'invasione di pulci della terra è sintomo di una sbagliata cura del terreno, in
quanto questo parassita trova un valido appoggio solo su terreni crostosi,
compatti e troppo asciutti. Già la pacciamatura è sufficiente per limitare una
loro eccessiva proliferazione; anche zappando e innaffiando si riducono
considerevolmente le possibilità di moltiplicazione. Dal momento che questi
insetti non amano spinaci e insalata, le crocifere vengono protette organizzando
colture miste con queste piante. La pacciamatura può essere realizzata con
piantine di spinaci. A chi si trovasse a dover intervenire energicamente contro
questi parassiti, si consiglia di innaffiare le piante con un infuso concentrato di
tanaceto o assenzio. Questo infuso si ottiene facendo semplicemente cuocere
queste piante fresche o essiccate.
157
L'elaterio
Il maggiolino
Le larve gialle somigliano a piccoli vermi (sono chiamati infatti « vermi filo di
ferro ») ma si tratta di un coleottero. Con la testa marrone e tre paia di zampe, le
larve dette, fanno pensare a quelle del maggiolino; raggiungono una lunghezza
non superiore ai 25 mm e sono molto sottili. Si trova questo coleottero
dissodando il prato, al quale non causa danni rilevanti, mentre nell'orto, dove
trova di suo gradimento le radici tenere, si rivela un pericoloso parassita quando
compare in grande numero. Anche la larva dell'elaterio compare spesso quando il
terreno è lavorato in maniera sbagliata, mentre ciò non si verifica quasi mai se la
terra e soffice e friabile.
Un'eccessiva compattezza del terreno si previene con aggiunte di humus e con la
pacciamatura.
Nel caso si debba intervenire drasticamente si può attirare la larva con fette di
patata cruda o di rapa fatte aderire alla superficie del terreno. Il giorno dopo le
larve, a t t r a t t e da questa esca potranno essere facilmente distrutte.
Elateriti dei cere;ili
(Agrioles !ir;cdtns)
Maggiolino (Mclolo/itba melolonlha)
Le larve del maggiolino (chiamate « vermi bianchi »), erano un tempo
considerati i più temuti parassiti delle radici nell'orto e nei campi i coleotteri
adulti erano visti come il nemico numero uno delle foglie. Quando eravamo
ancora scolari scrollavamo gli alberi dai quali precipitava un gran numero di
maggiolini. Erano soprattutto le querce che avevano appena messo i germogli ad
attirare in modo particolare questi insetti. Oggigiorno capita che nella stessa
zona non ci sia un solo maggiolino per vari anni di seguito. Per il loro sviluppo
sottoterra, della durata di 3-5 anni, le delicate larve dei maggiolini prediligono
un terreno duro e compatto, probabilmente perché 11 sono al sicuro dal loro
principale nemico, la talpa. Una terra ricca di humus non ospita in genere queste
larve, e i maggiolini, dal canto loro, non vi trovano neppure le condizioni
favorevoli per deporre le uova. Le larve che, malgrado tutto, si possono trovare
in questo terreno, attaccano le radici delle piante d'insalata: quando queste
cominciano ad appassire, si scopre la larva.
Una difesa biologica dai parassiti presuppone prima di tutto un terreno
umificato molto vivo. Quando i parassiti compaiono in grande quantità significa
che le piante attaccate non hanno sviluppato sufficienti forze di difesa, e che
abbiamo fatto errori nella cura del terreno o delle piante.
Vogliamo chiudere il nostro tema con una raccomandazione generale: molte
delle piante aromatiche respingono i parassiti, probabilmente per gli odori che
esse emanano. Sarà buona norma, quindi, sistemare nell'orto varie piantine
aromatiche, in particolare lungo i lati stretti delle zone coltivate a verdure. Molte
di queste piante possono dare dei té o misture di té. Le seguenti piante sono
particolarmente indicate contro i parassiti: acetosa, aglio, aneto, anice,
a r t e m i s i a , assenzio, borraginc, camomilla, cerfoglio, cipolla, cornino, erba
cipollina, issopo, lavanda, melissa cedronella, menta pipcrita, nasturzio,
prezzemolo, rosmarino, salvia, santoreggia, senape, timo, tropeolo. A queste si
aggiungono le seguenti piante selvatiche: ortica, tanaceto, felce maschia, coda
cavallina (asperella) e la maleodorante calendola.
158
159
delle circostanze esterne. Ma proprio per il fatto che siamo tanto esposti
a influssi indesiderati, che non siamo in grado di ostacolare, acquista
notevole significato il modo di agire del singolo individuo. Ogni orto
organizzato biologicamente è un contributo alla lotta contro
l'inquinamento; esso è utile al progresso, quello vero, dal quale siamo
ancora tanto lontani in molti campi.
Lavorazione del terreno
Nel giardinaggio vi sono ben pochi problemi, oltre alla concimazione,
che suscitano tanti pareri discordi come avviene per il rivoltamento del
terreno. Un tempo quest'operazione estremamente faticosa veniva
considerata indispensabile. Oggi nell'orticoltura biologica domina
un'opinione radicalmente diversa: non solo il rivoltamento non è
indispensabile; è superfluo e addirittura dannoso. Possiamo comprendere
chiaramente le circostanze di fatto che stanno alla base di modi di agire
così diversi, se richiameremo alla memoria ciò che è stato già detto nelle
pagine precedenti riguardo alla vita del terreno. I microbi e i lombrichi
vivono esclusivamente delle sostanze organiche presenti nel terreno. La
vita del terreno comincia dunque sempre dalla superficie, e penetra, a
seconda delle disponibilità di nutrimento e di acqua, negli strati più
profondi. La maggioranza degli organismi decompositori vive nello
strato superiore del terreno, fino a 15-20 cm di profondità. In terreni di
buona qualità lo strato di humus arriva a una profondità di 30 cm. I
lombrichi penetrano nel terreno raggiungendo una profondità di oltre
un metro.
Così come la disponibilità di aria e acqua e le possibilità di nutrimento
diminuiscono man mano che la profondità aumenta, analogamente anche
le caratteristiche della vita del suolo subiscono dei mutamenti nella
struttura. Con il suolo boschivo si ha la dimostrazione che un'attività
indisturbata della vita del terreno consente a quest'ultimo di raggiungere
un alto grado di friabilità, a condizione però che non si interrompa
l'apporto di sostanze nutritive, e che il terreno rimanga costantemente
coperto da materiale organico. Questa situazione ideale di un terreno
fertile può essere realizzata anche nel proprio giardino; ci si potrà così
risparmiare l'annuale rivoltamento del terreno, che dovrebbe aver luogo
in autunno. Per giungere a ciò si dovrà però compiere un lungo lavoro, e
'.
92
93
non si potrà pretendere di ottenere risultati ottimali con un terreno di
recente coltivazione. Per portare il terreno del giardino a uno sviluppo
tale da rendere superfluo il rivoltamento del suolo, si può adottare il
sistema della composta/.ionc e fare uso costante della pacciamatura;
coltivando il giardino in modo appropriato su basi biologiche si
otterranno ottimi risultati senza ulteriore fatica. Con questo non si vuole
però dire che la concimazione organica rende superfluo l'uso della
vanga.
In alcuni libri di orticoltura si possono trovare varie spiegazioni tecniche
riguardo al cosiddetto scasso, un rivoltamento della terra che interessa
strati più profondi, condotto secondo schemi in parte assai complicati. In
questo modo il terreno viene certamente rivoltato, ma solo in modo
meccanico; ciò significa che il procedimento dev'essere ripetuto ogni
anno; è inoltre necessario zappare spesso durante la stagione calda. La
stratificazione del suolo non dovrebbe invece essere buttata inutilmente
sottosopra con una lavorazione di tipo meccanico, perché in tal modo si
disturba l'attività degli organismi viventi in esso.
I microbi, che in quanto decompositori primari vivono appena sotto la
superficie del suolo, e ne dipendono per il rifornimento di sostanze
nutritive e di aria, verrebbero « sotterrati », in seguito a un rivoltamento,
assieme allo strato di terra in cui vivono, andrebbero cioè a finire a una
profondità non corrispondente alle loro esigenze. In caso di terreni
pesanti si potrebbe addirittura giungere alla putrefazione dello strato di
humus grezzo.
Naturalmente non sarà sbagliato rivoltare e zappare il terreno di un
giardino nel caso esso fosse troppo compatto per carenza di humus.
Questo terreno rimarrà friabile e arioso fino alla prossima pioggia. Un
terreno vivo e ricco di humus ha una struttura di tipo spugnoso. I
microscopici pori sono rivestiti dalle secrezioni degli organismi
decompositori, che sono ricche di sali nutritivi. La lavorazione
meccanica del suolo non apporta dei miglioramenti in questa struttura
microscopica, ma può anzi danneggiarla. La concimazione minerale
assicura un incremento delle sostanze nutritive nel suolo, ma non
introduce mai dei miglioramenti duraturi in esso. Alla coltivazione
orticola senza rivoltamento del terreno corrisponde in agricoltura la
lavorazione del terreno senza uso dell'aratro. Questo tipo di lavorazione
ha dimostrato la sua effettiva validità, come provano anni di esperimenti
condotti sui due metodi. Possiamo anzi aggiungere che una costante
lavorazione meccanica, unitamente all'azione della pioggia e del sole,
indurisce il terreno, rendendolo troppo compatto.
La piccola fresa a motore per terreni costituisce una sorta di strumento di
tortura per la terra viva dell'orto. Nell'orto biologico que94
Anche un terreno coltivato
per la prima volta non
dev'essere
necessariamente rivoltato
con la vanga. Abbondanti
distribuzioni di composto
assicurano la fert i li t à del
terreno.
sto attrezzo non
viene assolutamente
preso
in
considerazione,
in
quanto il terreno
lavorato con la fresa
non è certamente
paragonabile a un
terreno sottoposto a
cure
su
base
biologica.
Il
rivoltàmen-to del terreno potrebbe rivelarsi utile nel caso si volesse per
esempio trasformare un prato in orto. Il terreno dovrebbe allora essere
lavorato meccanicamente in modo tale da poterlo poi concimare e
coltivare. Diamo qui alcuni consigli che potranno rivelarsi utili per il
rivoltamento del terreno.
1. Asportare innanzitutto le zolle erbose con la vanga, e disporle su un
cumulo di composto assieme a letame o concime organico azotato, con
calcio e polvere di pietra; dopo alcune settimane questa terra
compostata, matura e ricca di sostanze nutritive, verrà distribuita sul
nuovo terreno coltivato.
2. Rivoltare il terreno solo al livello dello strato superiore di humus,
per evitare di portare in superficie zone del sottosuolo prive di vita,
perché ciò renderebbe più difficoltoso lo sviluppo dei microbi.
3. Nel caso si rivoltasse il terreno in autunno, sarà bene lasciare
riposare le zolle rimosse, che verranno spianate solo in primavera. Se il
rivoltamento viene effettuato in primavera, sarà bene non lasciare le
zolle esposte al sole e alla pioggia; alle zolle si mescola superficialmente
della terra compostata matura o letame ridotto a humus; si spiana infine
la superficie con il rastrello. Ora la terra è pron-
95
ta per la semina e la coltivazione; un'adeguata pacciamatura completa il
lavoro.
Anche un terreno molto pesante, argilloso o cretoso, ancora povero di
humus, dovrà essere rivoltato inizialmente per uno o due anni, fino a che,
con l'aiuto di terra compostata, esso sia in grado di mantenere da solo il
livello di fertilità raggiunto attraverso la vita del suolo. Anche allora si
eviterà di rivoltare troppo profondamente per non ostacolare lo sviluppo
della vita microbica. Si scava innanzitutto una fossa, raccogliendo la
terra asportata in una carriola. Si ottiene in tal modo uno spazio atto a
ricevere le zolle della fila successiva, e si procede in questo modo fino
alla fine del campo da dissodare. L'ultima fossa verrà colmata con la
terra conservata nella carriola.
A prescindere da ciò, non esistono nell'orto biologico condizioni che
rendano necessario il rivoltamento del terreno. Chi ha per abitudine
dedicato per anni parte del suo tempo al faticoso lavoro con la vanga,
impiegherà ora volentieri questo tempo per attività più piacevoli
nell'orto.
In tutti gli altri casi in cui sarebbe necessario lavorare con la vanga, come
per esempio nei lavori con il cumulo di composto, si potrà
alleggerire il lavoro adoperando una forca a quattro denti, che
permette di penetrare più facilmente nella terra. Gli attrezzi da giardino
oggi in commercio sono solitamente di buona qualità. Poiché tali attrezzi
possono essere utilizzati per molti anni, si dovrebbe fare particolare
attenzione a sceglierli in base alla propria statura e forza fisica. In un
negozio sarà difficile ottenere dei chiarimenti in proposito. La cosa
migliore sarebbe provare gli attrezzi di un vicino o di un amico, per poter
giudicare con maggiore facilità quali siano le dimensioni degli
attrezzi adatte alla propria persona. Eventuali errori nella
valutazione possono essere commessi soprattutto nell'acquisto della
vanga e della forca, attrezzi per i quali è previsto un vasto assortimento.
Consiglierei al principiante di pulire ogni singolo attrezzo subito
dopo l'uso, e di riporlo al suo posto. Sotto la pioggia o la brina
arrugginisce anche il migliore acciaio. L'argilla secca si stacca con
difficoltà dagli attrezzi. Non è immotivato il fatto che gli artigiani e i
giardinieri di professione tengano tanto in considerazione la pulizia e la
cura dei loro attrezzi.
Sfogliando un catalogo di attrezzi da giardino o soffermandosi sulle
offerte di un negozio specializzato, si ricaverà l'impressione che per
lavorare il terreno sia necessario un numero spropositato di attrezzi. Non
bisognerebbe comunque lasciarsi sedurre da tutte queste offerte, ma
pensare piuttosto a procurarsi gli attrezzi più
96
Per innaffiare le piante è
meglio non usare l'acqua
fresca delle condutture, ma
quella lasciata a riposare in
appositi contenitori.
importanti,
per
vedere poi, durante il
lavoro, quali altri
arnesi si riveleranno
di effettiva utilità.
L'attrezzatura di base
è la seguente: un
badile, una forca, una
vanga, una sottile
zappa a pendolo, una
zappa a trazione, un
rastrello, un piccone,
una
carriola.
Il
numero dei singoli
attrezzi dovrebbe essere adeguato al numero di persone che lavorano
nell'orto, anche se saltuariamente; ciò non è necessario per il piccone e la
carriola. Saranno inoltre indispensabili un tubo di gomma e un
innaffiatoio.
Tra gli arnesi piccoli sono da considerare il foraterra, lo spago da
giardino e il trapiantatoio, le cesoie e la falce. In un giardino di
dimensioni modeste gli attrezzi a motore sono superflui. Si dice spesso
che la zappatura può sostituire Pinnaffiatura. Ciò vale in caso di siccità
sia per i terreni umilienti sia per quelli scoperti. Questi ultimi dovrebbero
però costituire dei casi di eccezione nell'orto biologico. L'acqua che sale
attraverso i capillari del terreno arriva alla superficie, dove evapora sotto
l'azione del sole e del vento. Con la zappatura la superficie viene resa più
umida, ma in questo modo si spezzano anche i capillari del terreno,
proteggendo così gli strati inferiori dal prosciugamento. In questo senso
si può dire che zappando e possibile evitare di innaffiare. Con la
pacciamatura si può combattere più efficacemente il prosciugamento del
terreno. Sotto di essa i capillari continueranno a portare l'acqua verso la
superficie, ma l'evaporazione viene notevolmente frenata. Mólte piante
coltivate vengono involontariamente disturbate dai giardinieri troppo
zelanti. Mentre questi credono di zappare solo
97
intorno alla pianta, essi danneggiano facilmente l'intreccio delle radici
che si sviluppa intorno alla pianta, e che è troppo sottile per essere
notato. Sarebbe dunque meglio distribuire il materiale finemente
sminuzzato della pacciamatura anche attorno alle piante; si potrà così
fare a meno di zappare.
Come osservano giustamente Pfeiffer e Riese, l'innaffiatura troppo
frequente vizia le piante, nel senso che poi queste sviluppano le radici
prevalentemente in superficie, e nel caso di carenza di acqua soffrono
più di altre piante che nella loro ricerca di acqua hanno sviluppato radici
verso gli strati più profondi e umidi del suolo: queste piante
sopravvivono più facilmente alla siccità. Nei periodi asciutti si
conseguirà un notevole risparmio di tempo se invece di innaffiare o
irrigare con il tubo ogni sera tutto il giardino, si procederà a rifornire
abbondantemente di acqua sempre solo una parte di terreno, alternando
nei vari giorni le superfici da innaffiare.
L'adozione del sistema del composto, che favorisce la formazione
dell'humus, la copertura del terreno attuata con la pacciamatura e le
colture miste sostituiscono in gran parte la lavorazione meccanica del
terreno, considerata un tempo fondamentale. Il metodo della coltivazione
biologica consente un notevole alleggerimento del lavoro. Sarà tuttavia
possibile sfruttare questa possibilità solo nella misura in cui saranno
comprese a fondo le relazioni reciproche esistenti tra terreno vivo,
concimazione organica e copertura del suolo, vivendole
consapevolmente ogni giorno nel proprio orto.
98
Colture miste
e rotazione delle colture
Questo volume si propone di fornire dei metodi di lavoro anche a chi
avesse appena cominciato a coltivare un pezzo di terreno. Riguardo
all'organizzazione dell'orto vorremmo quindi dare qui alcune indicazioni
che saranno già note all'esperto.
Di solito l'orto viene suddiviso in rettangoli estesi in lunghezza, le
aiuole. La larghezza di queste è generalmente di 120 cm, ed esse sono
limitate ai due lati da sentieri, larghi circa 30 cm. In tal modo si può
raggiungere da entrambi i lati, senza fatica, il centro dell'aiuola, cosa
impossibile nel caso di aiuole più larghe. La misura standard delle aiuole
offre anche altri vantaggi, in quanto i progetti di giardini e le proposte
per colture miste e rotazioni di colture nei libri di giardinaggio si
riferiscono in genere a questa misura. I sentieri lastricati tra un'aiuola e
l'altra alleggeriscono il lavoro, ma nel caso l'orto sia stato appena
impiantato, si dovrebbe far passare almeno un « anno di collaudo »,
dopo di che sarà possibile decidere se si vuole mantenere la suddivisione
prestabilita. Chi, per carenza di spazio, dovesse essere particolarmente
parsimonioso nella suddivisione del terreno che ha a disposizione, potrà
trasformare temporaneamente, con colture adeguatamente scelte, anche
alcuni dei sentieri in arce coltivate, per esempio con una coltivazione di
crescione, di spinaci o di ravanelli, che non necessitano di una
lavorazione e di una cura costanti del terreno. Si possono realizzare
senza problemi queste modificazioni per un breve periodo di tempo, a
condizione che i sentieri non siano troppo profondamente segnati, e che
sì rinunci a una rigida separazione delle aiuole. Ritengo auspicabile una
certa variabilità del terreno dell'orto; la suddivisione del giardino
dipende comunque anche dalla mentalità del proprietario. Chi in giardino
ama la stabilità può con diritto sostenere che aiuole nettamente
delimitate da sentieri lastricati sono più ordinate, e facilitano
sensibilmente l'annuale pianificazione.
99
In ogni caso i sentieri tra aiuole non saldamente delimitate non devono
mai essere troppo infossati, come invece capita di vedere molto spesso.
In tal modo si perde infatti il terreno coltivabile lungo i bordi, clic inoltre
devono essere continuamente rincalzati, perché la terra qui si sbriciola e
si stacca; infine le piante dei bordi si trovano così a essere più soggette
all'evaporazione nella zona delle radici.
Senza esporla nei dettagli, vorrei qui accennare all'insolita ma geniale
idea di Gertrud Franck, affermatasi con successo nella pratica (Stini con
le colture miste). Si rinuncia qui già in partenza all'installazione di
sentieri, e al loro posto si seminano in modo molto regolare file di
spinaci a una distanza di 40 cm una dall'altra. Dopo la germinazione si
provvede a creare con la zappa zone libere da erbacce tra le piantine di
spinaci. Si costituiscono qui.le vere e proprie zone coltivabili: le colture
piccole con 40 cm di distanza da una fila all'altra, le colture medie con 80
cm e quelle grandi con 160 cm. Su queste aree vengono impiantate le
colture miste. Procedendo lo sviluppo delle varie piante coltivate, si
tagliano gli spinaci con la zappa: le foglie rimangono sul terreno, a meno
che non siano utilizzabili in cucina. Il leggero materiale da pacciamatura
può ora essere facilmente depositato presso le piantine delle colture miste, e provvedere in questo modo a proteggerle e a mantenere la zona
libera dalle erbacce. Le file di spinaci costituiscono in parte degli stretti
sentieri per la lavorazione delle aiuole. Se si volessero considerare tutte
le esperienze precedenti, si potrebbe scrivere un intero libro sull'impianto
delle più volte menzionate colture miste e delle rotazioni di colture.
Coltura mista significa coesistenza su una sola aiuola di varie piante; la
rotazione di colture è invece l'avvicendamento nel tempo di varie
generazioni di piante. Si distingue qui tra colture precoci, principali,
intermedie e tardive, distribuite nel corso della stagione calda e
corrispondenti ciascuna a un periodo vegetativo. A prescindere da ciò,
esistono anche colture invernali di piante resistenti al gelo.
Grazie ai loro maggiori profitti, le colture miste godono di una piena
affermazione nell'orticoltura biologica. Con esse ci si oppone
deliberatamente alle monocolture, quelle che si sono diffuse nell'economia agricola secondo metri di tipo industriale. Le monocolture di
grande estensione possono essere realizzate solo con l'aiuto della
chimica, vale a dire con l'uso di anticrittogamici. Le monocolture si
oppongono a uno sviluppo naturale delle piante; tale sviluppo tende a
ricoprire ogni spazio vitale con una ricca varietà di specie, difendendosi
contemporaneamente in tal modo da eventuali crisi. Nelle monocolture la
comparsa inevitabilmente massiccia di malattie delle piante, e l'invasione
di parassiti che si mol100
tiplicano con rapidità straordinaria, possono, almeno nei nostri paesi,
essere viste come tentativi di riequilibrio da parte della natura contro il
predominio assoluto di una sola specie di piante. Situazioni analoghe si
verificano negli allevamenti di vaste proporzioni. La coltura mista non è
perciò un procedimento sviluppatosi all'interno del giardinaggio
biologico, bensì un sistema di coltivazione secondo natura, utilizzato già
dai popoli primitivi. Il fatto che le colture miste, così come sono intese
nella moderna economia agricola, non si basino su macchinari, non
costituisce ovviamente uno svantaggio per l'orto.
I vantaggi che le colture miste offrono non sono però limitati alla sola
generica azione inibitrice nei confronti della diffusione massiccia dei
parassiti. Se prendiamo di nuovo in considerazione il nostro esempio del
bosco, e paragoniamo il terreno di un bosco misto secondo natura,
costituito da alberi di ogni età, con il terreno di una foresta di abeti,
ovvero di una monocoltura con alberi della stessa età, vediamo che alla
ricchezza di specie di piante nel bosco misto corrisponde un mondo
animale altrettanto vario, come pure una vita del terreno ricca di forme.
Quest'ultima è limitata, nella foresta di abeti, a un mondo di microbi
scarso e povero di specie, il quale, avendo a disposizione come unico
nutrimento le foglie aghiformi degli abeti, non può produrre un humus
fertile: ciò denota anche la quasi totale mancanza di animali superiori.
L'orto non corre mai il rischio di un simile stato di desolazione, ma
sarebbe bene tenere in considerazione i modi di conduzione in questi
esempi così contrastanti, per individuare più chiaramente le loro
conseguenze. Anche nell'orto, come in ogni terreno fertile, a una varietà
di specie di piante sul terreno corrisponde una ricchezza di forme
microbiche nel terreno. Vi si aggiunga ancora un antico dato di
esperienza, che oggi fa parte della pratica quotidiana nell'orticoltura di
tipo biologico, benché non se ne siano ancora studiate in modo completo
le relazioni biologiche: piante che crescono più o meno strettamente
vicine una all'altra possono reciprocamente favorirsi od ostacolarsi.
Riguardo alle piante poco bisognose d'acqua della savana, sappiamo che
esse secernono dalle radici sostanze velenose, le quali fanno morire le
piante che si trovano nelle immediate vicinanze. In effetti la scarsa
disponibilità di acqua e di sostanze nutritive permette lo sviluppo di una
sola pianta in una determinata area. Le rispettive avversioni o simpatie
fra le piante dell'orto non sono così estreme, ma possiamo ugualmente
tenerne conto, e scegliere in modo adeguato le piante che si troveranno
vicine nelle colture miste, evitando accostamenti che potrebbero rivelarsi
sfavorevoli. Una non buona compatibilità di due tipi di piante dipende
forse anche, almeno in parte, dal processo metabolico che avviene nelle
radici. Queste
101
non solo assorbono ossigeno, acqua e sali nutritivi, ma emettono anche
delle sostanze, così come le parti superiori della pianta secernono
sostanze odorose, che agiscono su piante vicine come anche su animali,
per esempio sui parassiti. Il giardiniere sa quindi per esperienza che nelle
colture miste le piante di cipolla e di carota si difendono reciprocamente
dal rispettivo parassita principale: la cipolla tiene lontana la mosca delle
carote, la carota quella delle cipolle. Abbiamo qui un caso di protezione
reciproca delle piante, donatoci dalla natura stessa, senza l'uso di mezzi
esterni. La compatibilità delle piante dipende anche dalle loro esigenze,
simili o diverse, poste al terreno. Questo aspetto si fa valere soprattutto
nella programmazione delle colture miste. Una cosiddetta stanchezza del
terreno emerge o con le monocolture o con colture miste sbagliate e
quindi non realizzate. Ogni pianta sottrae in modo diseguale al terreno le
sostanze a essa necessarie. Nel caso in cui si coltivi sempre la stessa
specie, si può giungere a uno sfruttamento unilaterale del terreno, alla
carenza di singole sostanze nutritive.
La natura non si lascia però inquadrare in uno schema. I pomodori e i
fagioli rampicanti, per esempio, si concimano nel modo migliore con i
loro propri scarti. Soprattutto i pomodori possono essere coltivati con
successo per molti anni nello stesso posto. Nella coltivazione biologica
si conosce un composto di pomodori costituito da piante morte di
pomodori, con il quale si nutrono le nuove piante.
Le questioni riguardo una precisa applicazione delle colture miste e delle
rotazioni di colture non sono state ancora del tutto chiarite. Di fronte alle
molteplici relazioni delle piante, il principiante non dovrebbe tirarsi
indietro, ma tentare con una certa disinvoltura anche la prima
organizzazione del suo orto. Per quel che riguarda le questioni della più
o meno favorevole vicinanza, il problema non sta nel fatto che una
pianta cresca e dia frutti, bensì che essa ottenga, in vista di raccolti
ottimali, il luogo che meglio corrisponde alle sue esigenze. Il
giardinaggio di tipo biologico sarebbe molto meno interessante se la sua
riuscita si basasse su un rigido sistema di regole. Si può naturalmente
condurre un orto in modo tale da seguire tutte le regole realizzabili, dalla
posizione della luna durante la semina al piano pluriennale della
rotazione delle colture, anche quando non si è ancora compreso il senso
di tali prescrizioni. L comunque meglio seguire in primo luogo solo i
principi essenziali e raccogliere anno per anno esperienze personali, fino
a che si arrivino a comprendere anche i minimi particolari.
Le seguenti regole basilari per le colture miste non hanno quindi pretesa
di completezza. Riguardo alle vicinanze favorevoli e sfavo102
Una tipica coltura mista: cipolle e carote.
revoli riportiamo un tipo di disposizione ricavata dalle esperienze di
molti giardinieri. Poiché non sono abituato (e non desidero neppure
abituarmi) a stabilire le collocazioni delle piante secondo tabelle, non
posso, in base alla nostra esperienza, confermare tutte le affermazioni
che si trovano in un elenco di questo tipo. In molti casi l'esperienza
vissuta è risultata in contrasto con la norma. Nella letteratura biologica
viene per esempio spesso affermato che le patate e i vari tipi di cavoli
non possono convivere armonicamente. Come mostrano invece le
fotografie, in un orto da poco dissodato patate rosse sono cresciute
rigogliosamente nella immediata vicinanza di cavoli rossi e di cavoli
cappuccio. In verità questa disposizione non era stata progettata, ma si
realizzò quasi per caso: avevo arato per la prima volta nella mia vita,
senza una guida, con
103
un vecchissimo aratro di legno e ferro, che avevo trovato nella soffitta
della nostra casa di campagna. Lo attaccai al trattore, mentre un amico
guidava l'aratro. Dopo alcune difficoltà iniziali riuscimmo effettivamente
a trasformare il pezzo di prato in un piccolo campo; non ci eravamo però
limitati al previsto rettangolo. Me ne accorsi solo quando volli tracciare
dei solchi per le patate da semina. Al centro della nostra area dissodata
restava un triangolo un po' appiattito, sul quale, in mancanza di idee
migliori, pensammo di piantare vari tipi di cavolo. Mentre il cavolfiore e
il cavolo di Bruxelles crebbero poco all'ombra delle rigogliose piante di
patate, il cavolo cappuccio e quello rosso si svilupparono bene. Le
indicazioni sulla buona compatilibità reciproca delle piante coltivate non
dovrebbero perciò essere considerate come dogmi, ma essere utilizzate
come spunto, come risultato di esperienze altrui, che verranno per la
maggior parte confermate. In base alle mie conoscenze non mi è
possibile ricavare, dalle indicazioni date dall'elenco, delle regole generali
e sempre valide. Per le colture miste valgono comunque in genere le
seguenti considerazioni.
1. Le distanze fra le piante vanno calcolate in modo tale che le loro
foglie, quando esse sono cresciute, si tocchino o si intersechino
leggermente, coprendo così il terreno.
2. I tempi di raccolta delle varie specie di piante di una coltura mista
non dovrebbero rientrare tutti nello stesso periodo, in modo che il
terreno non rimanga mai del tutto scoperto.
3. Grandi consumatori possono essere piantati assieme a consumatori
medi, e questi assieme a bassi consumatori, ma possibilmente non si
dovrebbero piantare grandi consumatori con bassi consumatori, perché le
esigenze che essi pongono al terreno sono troppo diverse. I primi
sopportano letame, composto fresco e concime liquido, gli altri no.
4. Piante le cui radici crescono in superficie stanno bene assieme a
quelle le cui radici vanno in profondità, e piante che si estendono in
ampiezza stanno bene assieme a piante che si sviluppano poco.
Per le rotazioni delle colture vale quanto segue:
1. Generalmente diffusa è la successione grandi consumatori, consumatori medi e bassi consumatori. Sono comunque possibili eventuali
modificazioni.
2. Prima o dopo una coltivazione di grandi consumatori conviene
seminare delle leguminose, le quali contribuiscono a migliorare anche le
altre aiuole.
3. Le pause nelle rotazioni si utilizzano per una concimazione verde;
questa dovrebbe essere attuata ogni tre o quattro anni.
104
Una combinazione insolita: coltura mista di porri e: rape rosse. L'orticoltura
biologica lascia spazio a eventuali improvvisazioni
4. Un semplice schema (secondo Howard) prevede per vari anni
rotazioni molto variate e rotazioni più equilibrate.
Per ogni anno si compongono quattro colture miste sperimentate nel
proprio orto, le quali contengono:
a) prevalentemente grandi consumatori;
b) prevalentemente consumatori medi; e)
prevalentemente bassi consumatori d)
concimazione verde con leguminose.
105
L'intera area dell'orto viene suddivisa in quattro parti, e nelle varie fasi di
rotazione si scambiano i loro programmi di coltivazione (da a fino a ci),
in modo tale che in un periodo di 4 anni ogni coltivazione si sia trovata
una volta su ogni parte.
La nostra proposta illustrata nelle pagine seguenti vuole essere vista
come uno spunto, e non come una prescrizione.
Chi vuole pianificare l'orto — e sarebbe buona norma farlo, prima di
tutto per calcolare il fabbisogno di semi e di piante, e poi anche per
imparare qualcosa dai propri errori e dai propri successi — dovrà avere
l'accortezza di trascrivere le proprie considerazioni e riflessioni. Sarà
bene che disegni una pianta dell'orto, riportando la disposizione delle
aiuole e di tutte le parti immobili del giardino come alberi, siepi, rimessa
per gli attrezzi, pozzo, pergola e così via. Per un lavoro preciso su
appezzamenti medi e grandi si dovrebbe, almeno all'inizio, usare la carta
quadrettata o millimetrata. Si possono apportare notevoli miglioramenti
mediante un quaderno apposito, per esempio in forma di calendario
tascabile, sul quale si riportano le date del lavoro svolto, le semine e le
piante possedute, le concimazioni, i risultati delle raccolte, particolari
successi o insuccessi. Un diario di questo genere, scritto in modo
sintetico, ma registrato con puntuale regolarità, vale oro, perché conserva
importanti dati tratti dalle esperienze personali, da consultare in caso di
necessità, e i cui particolari potrebbero altrimenti venire dimenticati.
Questo libretto dovrebbe fungere nello stesso tempo da calendario per le
scadenze, anche se le semine previste saranno condizionate naturalmente
non dalla data, ma dalle condizioni meteorologiche. Conservando questo
calendario, una volta completato, assieme alla topografia del giardino, si
sarà in possesso di una personale opera di consultazione, unica al mondo.
108
Una volta assegnati nomi o numeri alle varie zone coltivabili segnate
sulla pianta dell'orto, si può passare a sostituire il piano dello spazio con
quello del tempo. Quest'ultimo non è altro che una tabella: sulla prima
linea orizzontale si riportano le settimane dell'anno, sulla verticale a
sinistra le denominazioni delle aiuole. Più il foglio è grande, migliore
sarà la visione d'insieme. Ogni coltivazione progettata di un'aiuola viene
ora riportata in questa scala con una linea orizzontale. La specie della
pianta viene scritta al di sopra della linea. Chi non sa ancora per propria
esperienza qual è il momento di seminare, di piantare o di raccogliere, si
atterrà alle indicazioni sulla busta dei semi, o a quelle di un amico, di un
libro di orticoltura o dei nostri elenchi nel cap. Breve rassegna di
verdure. Bisogna tener presente che con le colture miste ogni aiuola
occupa dalle due alle quattro linee. Abili conduttori di colture miste
coltivano in una sola aiuola anche sei e perfino otto specie di ortaggi!
L'aiuola può essere resa in tal modo tanto piena di colore e ricca di
forme, da costituire un ornamento per l'orto.
L'organizzazione delle colture miste e delle rotazioni di colture costituisce un campo di azione pressocché illimitato. Vorrei a questo
proposito citare uno spunto tratto da Pfeiffer-Riese: « Le colture miste...
esercitano inoltre un influsso notevole sulla qualità, la durata e il sapore
della verdura. Per convincersi di ciò si provi a piantare due o tre file di
ravanelli e accanto a queste due o tre file di crescione e, presso un'altra
serie di file di ravanelli, alcune di cerfoglio. Se poi, come ulteriore
riprova, si pianteranno più in là altre file di ravanelli, senza piante vicine,
si potranno in seguito rilevare differenze piuttosto nette nel sapore dei
ravanelli: relativamente senza sapore, i ravanelli senza piante vicine; dal
sapore troppo piccante, quelli accanto alle file di cerfoglio; molto
saporiti, quelli accanto alle file di crescione.
Nessun giardiniere di professione avrà a sua disposizione quello spazio
che può avere invece il giardiniere dilettante: uno spazio utilizzabile per
esperimenti e idee. Con il sistema del composto egli possiede una fonte
di nutrimento che si rinnova da sé, che sfruttata adeguatamente assicura
ricchi e sani raccolti, e che preserva il giardiniere dalla dipendenza e da
grandi spese per i concimi. L'orto trasforma la fantasia del suo
proprietario o di chi lo cura in una realtà. Esso è un piccolo mondo, nel
quale i sogni vengono realizzati mediante la natura stessa. Il seguente
elenco di vicinanze favorevoli e sfavorevoli nell'orto si basa su una
tabella dell'Istituto Svizzero di Ricerche per la coltivazione biologica di
Bernhardisberg, Ober-wil/BL, che ha gentilmente accordato il suo
permesso.
109
ge tto t u t t e le erbacce, con e senza semi, sul composto, e nel fare questo
non si sono mai verificate conseguenze negative ». Ripreso da ogni libro
di orticoltura, l'ammonimento di evitare semi di erbacce nel composto è
forse soltanto un consiglio che appesantisce il lavoro, e si rivela inoltre
perfettamente inutile. Risolva dunque ciascuno la questione per conto proprio.
Come già detto altrove, la pacciamatura, già per tanti versi consigliabile,
risolve ampiamente la questione delle erbacce che si insidiano tra le
verdure, ed elimina il problema della sarchiatura: ciò che cresce attraverso la
copertura costituisce un'eccezione. Vorrei infine richiamare ancora
l'attenzione su un'altra funzione delle erbacce. Considerando la
molteplicità delle specie di piante che si trovano in un campo pressoché
allo stato naturale, solo relativamente pochi tipi di queste trovano
nell'orto, malgrado coltura mista e rotazione delle colture, il terreno adatto alla
loro crescita.
L'orto, in quanto organismo di un ordine superiore, può essere considerato sano e
in grado di difendersi contro le malattie tipiche delle piante e contro i parassiti
solo quando rende possibile una vita animale molto varia. Con ciò si intendono
non solo gli animali che vivono prevalentemente sottoterra, ma anche gli innumerevoli, utili o almeno non dannosi insetti striscianti e volanti, dall'ape alla
mosca della fioritura, ai carabidi, alla coccinella fino alla sirfide.
Quelle poche specie di animali selvatici superiori che possono vivere nell'orto,
quali la tartaruga, l'orbettino, la lucertola e il riccio, trovano rifugio e nutrimento
nelle piante selvatiche nei pressi della recinzione, ai bordi del composto o in un
mucchio di sterpaglia invaso da erbacce, cioè nelle immediate vicinanze di erbacce più o meno tollerate.
« Una giusta dose di veleno, ed è la fine delle erbacce! ». Questa esortazione al
giardiniere, basata su una concezione t u t t 'a l t r o che amichevole nei confronti
della vi t a , equivale a una condanna a morte per t a n t i s s i m i a n i m a l i , molto
più numerosi di quelli che in r e al tà si intendono colpire col veleno. La strategia
della « terra bruciata » non ha senso in un giardino coltivato biologicamente: in
questo caso sarebbe meglio ricordarsi del proverbio « vivi e lascia vivere ».
142
Protezione delle piante
Come la terra dell'orto e piena di semi di piante selvatiche, il cui completo
sviluppo inselvaticherebbe le nostre aiuole, allo stesso modo anche i! mondo
animale cerca di farsi spazio nell'orto. Costituito da una terra più fertile di quella
delle zone limitrofe e e da piante i cui prodotti sono più abbondanti e gradevoli
di quelli che offre la natura libera, l'orto a t t i r a varie specie di animali. Tuttavia, come soltanto una parte delle erbacce può svilupparsi pienamente
nell'orto, mentre la maggior parte di esse non vi trova l 'h a b i t at congeniale,
così solo determinati tipi di insetti possono trovare in questo ambiente quelle
condizioni che rendono possibile la loro moltiplicazione.
Secondo un luogo comune ancora diffuso, si crede che nel regno animale siano i
predatori a determinare la quantità degli animali da preda. In seguito a ricerche
scientifiche in proposito, sappiamo oggi che è vero il contrario: il numero degli
animali predatori dipende da quello degli animali. da preda. Non sono, per
esempio, i lupi a determinare il numero delle alci, ma piuttosto sono queste che
possono costituire il nutrimento per un certo numero di lupi, determinandone in
tal modo la quantità. Ma il numero delle alci è condizionato dalle possibilità di
pascolo offerte loro dall'ambiente. I fattori che determinano e limitano la
vegetazione non sono le alci, ma le condizioni del terreno, delle acque e del
clima. Dopo anni di esperimenti e di osservazioni nell'America del Nord, gli
ecologi hanno rilevato un'insospettata interdipendenza fra i membri di uno
stesso sistema ecologico. Eliminando gli animali predatori non si avvantaggiano
gli animali da preda, ma si apportano danni rilevanti alla vegetazione. Così
facendo si rompe infatti l'equilibrio naturale fra i vari appartenenti al sistema, in
quanto gli animali che si nutrono esclusivamente di piante si moltiplicherebbero
indiscriminatamente, rovinando le loro fonti nu143
t r i t i ve . La loro estinzione può essere determinata innanzitutto dalla carenza di
nutrimento, in secondo luogo da parassiti e malattie epidemiche. Dopo la
catastrofe subentrerà un nuovo equilibrio, basato sugli elementi antagonisti del
sistema precedente, o su altri elementi.
Poiché la natura reagisce efficacemente, con i mezzi a sua disposizione, a ogni
rottura dell'equilibrio fra le forme viventi, queste ebbero la possibilità di
evolversi attraverso milioni di anni e di popolare la terra sotto le più varie
condizioni ambientali. Costruire estese piantagioni significa rompere l'equilibrio
naturale dell'ambiente circostante; la natura si difende favorendo quelle forme
viventi che possono in qualche modo porre un freno al dilagare di piante
c o l t i va t e in estesa q u a n t i t à .
Vorrei ora brevemente soffermarmi sulla questione dei parassiti, tenendo
comunque in considerazione l'aspetto biologico di questo problema.
Non abbiamo semplicemente a che fare con parassiti che divorano, rodono,
pungono, succhiano e si moltiplicano sfrenatamente, come troppo spesso vuol
farci credere l'industria chimica degli anticrittogamici; ci troviamo invece di
fronte a un sistema di rapporti sempre teso a limitare quelle forme di predominio
innaturale che si possono talvolta verificare. In determinate condizioni è di fatto
possibile trovare anche nella natura un gran numero di esemplari della stessa
specie: ci troviamo in tal caso di fronte a una forma di monocoltura, per esempio
il canneto o la steppa. Inoltre in società relativamente povere di specie, come
quelle che si possono trovare all'estremo nord e nella savana africana, si sono
verificate invasioni di animali, per esempio di conigli o di cavallette, anche prima
che l'uomo intervenisse 'nell'organizzazione del paesaggio. È comunque un dato
di fatto che oggi quasi tutti i' parassiti dell'agricoltura, contro i quali non si è
ancora trovato un rimedio efficace, hanno f a t t o la loro apparizione in modo
massiccio proprio con l'introduzione dei concimi minerali e delle monocolture.
Già in epoca preindustriale molti di essi hanno provocato notevoli danni ai
raccolti, ma non avevano nessuna possibilità di comparire in numero così
massiccio come si verifica oggigiorno.
Ciò che è stato detto finora non vuole spingere alla conclusione di lasciare
t u t t o a se stesso, perché t a n t o la natura avrebbe comunque provveduto. La
natura può regolare solo se stessa; le piante coltivate necessitano anche di cure e
protezione da parte dell'uomo. Tuttavia per proteggere le nostre aree di coltura
dai tentativi di assestamento della natura, possiamo servirci dei mezzi che la
natura stessa ci mette a disposizione.
144
Questo vale anche per quanto riguarda le malattie delle piante, causate da
parassiti di dimensioni minime: bacilli, funghi e virus. Essi riescono a operare
attivamente nella natura quando questa non riesce più a mantenere, con altri
mezzi, il suo equilibrio. Quando gli animali predatori non esercitano più sugli
animali da pascolo l'opera di selezione con l'eliminazione dei soggetti più
deboli, questa funzione viene esercitata da malattie e parassiti. In altre parole, le
malattie proseguono con altri mezzi la naturale opera di continuo riequilibrio.
Nell'orto, zona di protezione per piante ad alto rendimento, i parassiti e i
portatori di malattie possono agire con facilità nel caso in cui le piante:
1. sono coltivate in un clima non adatto a esse; ciò vale per tutte le piante di
serra, che proprio per questo motivo sono particolarmente delicate;
2. sono coltivate su terreni e in vicinanza di altre piante che non rispondono
alle loro esigenze;
3. sono indebolite nella loro capacità di resistenza dalla carenza di. determinate
sostanze nutritive, di acqua o di luce;
4. devono sottostare a condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli, come
nel caso dei pomodori sottoposti a pioggia continua.
I bruchi della cavolaia
hanno attaccato le foglie
esterne di-questo cavolo
rosso. In genere ci si
difende da questi
parassiti eliminando i
bruchi a uno a uno.
145
5. sono nutrite artificialmente, cioè quando vengono stimolate, mediante
additivi minerali, a una crescita che non corrisponde al grado dì vi ta lit à del
terreno;
6. sono degenerate in seguito a coltivazioni che prevedono sopratt u t t o
particolari sviluppi e risultati. Questa degenerazione si verifica soprattutto fra
specie molto produttive, quindi altamente selezionate, ma in effetti è un discorso
valido per tutte le piante coltivate. Non si possono quindi di regola far
germogliare per un tempo i l limi t a to i semi della propria coltivazione. La
mancata selezione, che si verifica invece nella natura selvaggia attraverso la lotta
per la sopravvivenza, determina nel corso delle generazioni una debolezza
organica delle piante coltivate e una loro graduale degenerazione.
Mi troverei adesso in difficoltà a dover riportare dall'esperienza personale i
sistemi adottati per la protezione biologica delle piante. A prescindere da un caso
eccezionale che vorrei ora riferire, negli anni in cui i nostri orti sono stati
sottoposti a coltivazione non abbiamo f a t t o alcun uso né di concimi minerali, né
di mezzi chimici per la protezione delle piante. Non abbiamo finora dovuto
subire particolari perdite causate da malattie o da parassiti, e non abbiamo quindi
potuto raccogliere esperienze riguardo la loro immediata eliminazione. Non
credo si possa parlare di caso dopo tre decenni di cura dell'orto. Abbiamo in
realtà raccolto notevole esperienza con la cura biologica delle piante, ma senza
rendercene conto. Tale cura è costituita dal sistema del composto, dalle colture
miste e dalla rotazione delle colture. La cura biologica delle piante è primaria
rispetto alla necessità di combattere i parassiti. Noi individuiamo quindi uno
stretto rapporto fra l'uomo e l'orto:
— si può dire che l'orto è concimato a dovere quando è nutrito con un
composto costituito dagli scarti dell'orto stesso e da quelli quotidiani di casa;
— quando vi si coltivano quelle erbe, quelle verdure e quei frutti che coprono il
fabbisogno della famiglia; parallelamente a un sano modo di nutrirsi abbiamo
così la necessaria molteplicità delle p i a n t e da coltura.
Coltivando un solo tipo di piante, sorgerebbe immediatamente anche il problema
dei parassiti e delle malattie. L'orto costituisce un luogo di produzione a misura
dell'uomo che lo coltiva. A chi non abbia ancora stabilito uno stretto rapporto
con un proprio orto ciò può sembrare fin troppo elementare. L'armonia tra
l'uomo e l'orto vive così chiusa in sé, come tra terreno coltivato e terreno
naturale. Organizzare l'orto in senso biologico non soddisfa solo
146
le esigenze della cucina, ma anche quelle di un produttivo confronto con la
natura. Il piacere che può procurare l'orto non deriva tanto da una scrupolosa
attenzione alle quantità e alle misure indicate (come invece devono fare coloro
che utilizzano concimi minerali e prodotti chimici per la protezione delle
piante), bensì dalla capacità di capire e procedere nel senso della natura. La
presenza di singoli insetti nocivi o le tracce che lasciano non sono motivo di
agitazione e tanto meno giustificano un immediato intervento. Chi possiede
qualche nozione riguardo alla varietà degli insetti dell'orto, ed è in grado di
apprezzare in certo senso scientìficamente la sirfide, saprà anche che questi
sottili insetti, simili a vespe, si nutrono non del nettare ma di afidi, i quali si
trovano certamente anche nell'orto, ambiente favorevole alla loro riproduzione.
Ciò significa che gli afidi, dannosi solo quando sì presentano in quantità
rilevante, si dimostrano invece di una certa u t i li t à nel caso in cui il loro
numero rimanga entro certi l i mit i. Essi infatti hanno la funzione di mantenere
all'erta i loro nemici naturali, di modo che questi possano intervenire
prontamente quando gli afidi trovano condizioni ottimali alla loro
moltiplicazione, sviluppandosi così in breve tempo in una vera piaga. La
presenza di svariate specie di insetti nell'orto presuppone anche una ricca varietà
vegetale e, come abbiamo già illustrato precedentemente, a ciò possono
contribuire anche erbacce e piante selvatiche, delle quali dobbiamo sopportare la
presenza a condizione che esse non arrivino ad arrecare disturbo alle piante
coltivate. È ovvio comunque che questa tolleranza non comprende anche la
gramigna o la podagraria, le quali si moltiplicano facilmente a dismisura.
L'arvicola
La nostra capacità di esercitare un'influenza sulle organizzazioni di vita naturale,
e soprattutto la nostra capacità di incentivarle, è molto scarsa al di fuori dell'orto.
Perciò non possiamo, per esempio, chiamare in nostro aiuto i nemici
dell'arvicola. Questo tenace roditore si è dimostrato essere un temuto parassita
nell'agricoltura e nel giardinaggio. Le arvicole trovano nutrimento prevalentemente nella terra coltivata, ovvero in prati^ campi e giardini. Alla presenza di
tutti questi ambienti favorevoli alla loro moltiplicazione non si contrappone
dall'altra parte un'adeguata presenza di
147
sul terreno abbandonato precedentemente. D'altra parte anche uccidere le
arvicole non preserva da nuove incursioni, in particolar modo quando l'orto
confina con prati o campi.
2. Annegamento (secondo Hitschfeld): si sotterrano vasi o piccoli secchi in una
zona di frequente passaggio, in modo tale che non vi sia dislivello fra il terreno
e l'orlo del secchio; poi si versa acqua fino a 10 cm sotto l'orlo del secchio: una
volta cadute nella trappola, le arvicole non possono più scappare.
nemici di questi animali, ma si può riscontrare addirittura una loro continua
riduzione. Dal punto di vista dell'arvicola, l'uomo ha operato a vantaggio di
questo roditore: gli ha per cosi dire imbandito la tavola, e ha eliminato quasi
completamente gli uccelli rapaci, ha tolto alle civette lo spazio vitale e la
possibilità di nidificare, e si appresta ora a togliere di mezzo anche il terzo
grande nemico dell'arvicola, la volpe, in quanto portatrice della rabbia. Quando
le arvicole cominciano a compromettere seriamente la produzione dell'orto, e ciò
si può verificare molto rapidamente a causa della loro straordinaria voracità,
bisogna agire con molta determinatezza ed energia nei loro confronti.
Cosa si può fare
1. Farle scappare per il «d i s g u s t o »: il giaggiolo di Persia, la cinoglossa e il
ribes nero avrebbero il potere di scacciare le arvicole, ma questo ripiego ha
portato talvolta, nella pratica, a risultati opposti: può capitare i n f a t t i che le
arvicole trovino di loro gradimento i bulbi del giaggiolo di Persia.
Un altro sistema può essere quello di immettere nei cunicoli spicchi di aglio,
stracci imbevuti di carburo oppure di petrolio, o add i r i t t u r a immettere gas di
scarico alle imboccature dei condotti. L'unico r i sult ato di simili pacifiche
soluzioni è quello di mandare le arvicole nell'orto del vicino; in breve tempo,
poi, tornerebbero
148
3. Cattura: probabilmente il metodo più diffuso per liberarsi delle arvicole è
quello di sistemare trappole nei loro luoghi di passaggio. Esistono trappole a
molla semplici e di provata efficacia, tenute aperte tramite lamine, e per le quali
non è necessario usare l'esca.
Il topo cade nella trappola e viene ucciso. Si faccia attenzione che le trappole,
siano abbastanza robuste, in modo da uccidere sicuramente questi animali grossi
quasi quanto ratti (mi è capitato una volta di liberare una talpa ancora viva da
una di queste trappole). Sulla base della mia esperienza considero ben
congegnate quelle trappole che, avendo la parte superiore sporgente fuori dal
terreno, lasciano riconoscere subito se sono scattate o meno: ci si risparmia in
questo modo la fatica i nut il e di estrarre la trappola vuota e di doverla poi
risistemare.
4. Quirilox: è un composto su base vegetale, che a t t i r a le arvico
le uccidendole senza molte sofferenze. Dovrebbe avere un'azione
tossica solo sui roditori. L'esca dovrà essere rinnovata fino a che
non viene più portata via. Il Quirilox si è rivelato, secondo la no
stra esperienza, un prodotto molto efficace, dopo che avevamo inu
tilmente tentato per tutta un'estate di salvare con le trappole la
nostra insalata. La primavera successiva riuscimmo ad avere la me
glio sulle arvicole, dopo aver sparso per sole tre volte il preparato:
non comparvero per t u t t a la seguente estate, malgrado l'orto si
trovi nel mezzo di una estesa area verde.
Quando si richiedono dei mezzi efficaci per l'eliminazione delle arvicole, in
genere i punti di vendita specializzati per il giardinaggio propongono un pesante
armamentario: cartucce di gas velenoso e di fumogeni, come pure esche
estremamente velenose. Il giar-dinerc dotato di senso di responsabilità, in
considerazione del piccolo mondo vi t a l e ricco di risorse che è il suo orto, farà
uso di questi mezzi solo in casi estremi. In ogni caso sarebbe bene cercare
sempre di risolvere questo tipo di problemi con mezzi che non danneggiano
l'ambiente naturale.
Ogni volta che vediamo un mucchictto di terra non dobbiamo pensare che si
tratti sicuramente dell'opera di un topo campagnolo.
149
I cunicoli della talpa presentano circa la stessa larghezza, pur essendo meno alti.
Le talpe si nutrono prevalentemente di larve e di grillotalpe, ospiti considerate
molto dannose per l'orto. A prescindere dai t u tt 'a l t r o che graditi cunicoli che
scavano nella terra, esse sono animali da ritenersi prevalentemente utili. Poiché
si nutrono anche di lombrichi, le talpe possono trovarsi a loro agio anche nei
pressi di un composto maturo. In questo caso, però, devono essere scacciate o
catturate. Si dice che possono essere scacciate con una musica monotona,
prodotta sotterrando parzialmente bottiglie vuote in modo tale che il vento soffi
tra esse. Questo metodo, che io non ho mai sperimentato, pare sia utile anche per
scacciare le arvicole.
Il grillotalpa
Questi i n s e t t i scavatori, lunghi circa 4 cm e dotati di un paio di zampe anteriori
a forma di pala, possono provocare con la loro presenza molti danni. Si nutrono
anche di larve di insetti nocivi, prediligono tuttavia le radici delle piante. Vivono
prevalentemente sottoterra; poiché questi animali che non amano la luce
vengono in superficie solo di notte, è possibile c a t t u r a r l i con barattoli sott e r r a t i a guisa di trappole. Naturalmente i bordi dei barattoli devono trovarsi
allo stesso livello del terreno.
Poiché le grillotalpe scavano cunicoli pi a t t i , si può seguire il loro percorso con
il dito, e giungere così alla loro tana, nella quale all 'ini z io dell'estate si trova la
nidiata: questa può venire soppressa con un colpo di vanga, o con un po' di olio
da cucina, lasciato sgocciolare nella tana. In un secondo tempo vi si versa
dell'acqua.
Grillotalpa (Gryllolalpa gryllolal/ia)
150
La lumaca
Di svariate misure e colori, le lumache (senza guscio), soprattutto le specie più
piccole, possono costituire un serio problema per il giardiniere. Dal momento
che le lumache devono proteggere la loro umida pelle dal pericolo della
disidratazione, esse diventano particolarmente attive di notte. Di giorno si ha
l'impressione che nell'orto non vi siano lumache, ma la mattina il giardiniere
può scoprire che proprio le piante dalle foglie più tenere, come la lattuga, sono
state saccheggiate, e le tenere piantine divorate. Esistono molte possibilità,
efficaci e non dannose, di difendersi dalle lumache, ma se l'annata è s t a t a
umida e il giardino confina con luoghi che offrono condizioni favorevoli alla
loro moltiplicazione, si può verificare un incremento di questi animali tale- da
costituire un serio problema.
In un giardino biologicamente curato si eviterà in ogni caso l'uso di antilimacidi
chimici (veleni, generalmente a base di metaldeide). Poiché le lumache non
possono sottrarsi ai loro nemici naturali con la fuga, la natura ha provveduto
dotandole di una straordinaria fertilità. Rappresenta quindi un notevole
svantaggio il fatto che sia nelle nostre zone coltivate sia in quelle abitate resti
ben poco spazio vitale a disposizione dei nemici naturali della lumaca: il riccio,
il toporagno acquaiuolo, gli uccelli che si nutrono di cibi molli, la lucertola,
l'orbettino, il rospo, i grossi carabidi. I veleni prodotti dall'economia agricola
riducono poi ulteriormente il loro numero. Perciò, dove le condizioni lo
permettono, si dovrebbe cercare di incentivare il numero di questi animali sia
nell'orto che nelle sue vicinanze: il riccio per mezzo di mucchi di legna e di
sterpi, sotto i quali può trovare rifugio; gli uccelli canori con ce-
1 Lumacone (rosso con articoli ret ratt i li neri).
la Lumacone (nero con piede rosso).
2 Comune lumaca campestre.
151
spugli di bacche; la lucertola per mezzo dì muri asciutti rivolti a sud, l'orbettino
con zone ombreggiate e ricche di muschio, il rospo con piccoli e umidi rifugi fra
mucchi di pietre, sotto legna e mattoni. Anche uno stagno poco profondo può
favorire la loro riproduzione. I rospi, che sono anfibi notturni, e che coprono il
loro naturale fabbisogno quotidiano di cibo esclusivamente con svariati piccoli
animali, sono estremamente utili nell'orto, seppure talvolta si nutrano anche di
lombrichi. Essi trascorrono volentieri le giornate anche in piccole cavità del
terreno: bisognerebbe quindi fare per questo molta attenzione durante il lavoro.
(Da bambino ero riuscito a familiarizzare con un rospo nutrendolo con lombrichi, tanto che questo usciva dal suo nascondiglio quando veniva chiamato).
Vrovvedimenlì contro le lumache
1. Recinzione: esiste in commercio un recinto per lumache che non può essere
superato da questi molluschi. Si delimitano con profili di latta zincata quelle
aiuole. Ci si può liberare definitivamente delle lumache recintando in questa
maniera tutto l'orto. Si può costruire questo tipo di recinzione (brevettata)
anche da soli.
2. Annegamento: le trappole per lumache, reperibili anche in commercio, si
sono rivelate molto u t i l i . Si possono anche sotterrare fino all'orlo i bicchieri
vuoti dello joghurt, o contenitori analoghi; vi si versa una piccola quantità di
birra e si chiude l'imboccatura con un pezzetto di latta piegata o due assicelle di
legno diposte vicine. Naturalmente può verificarsi che cadano nella trappola anche insetti utili. L'acqua non attira le lumache. I bicchieri devono essere svuotati
e puliti almeno ogni due giorni, e il loro contenuto viene gettato nel composto.
3. Qslacolamenlo: le lumache sono in grado di scavalcare una lametta da barba
senza ferirsi, ma evitano zone troppo asciutte e quelle che aderiscono al loro
corpo umido. Perciò si possono proteggere aiuole o singole piante contornandole
di segatura, calce viva, cenere, ma bisogna tenere presente che i materiali in
polvere adempiono al loro scopo solo fino alla prima pioggia. Pare che anche il
cerfoglio contribuisca a mantenere lontane le lumache, ma noi non lo abbiamo
sperimentato.
A. Raccolti!: le lumache cercano durante la giornata un rifugio prot e t t o dai
raggi del sole. Si trattengono molto volentieri particolarmente sotto assi
ammuffite. Sistemando questa legna vecchia lungo
152
i passaggi dell'orto (naturalmente solo su quelli terrosi), la mattina seguente si
possono comodamente raccogliere le lumache attaccate alla parte inferiore
dell'asse. Le lumache vengono ■ poi immerse nell'acqua bollente. Bucce di
pompelmo o di melone convenientemente sistemate sulle aiuole minacciate
costituiscono punti di raccolta per le lumache. In posti umidi e ben protetti si
trovano le loro uova dall'aspetto vitreo: come le lumache, anch'esse vanno
raccolte e distrutte.
5. Prevenzione: si possono innaffiare le aiuole con l'acqua usata per scottare le
lumache o quella in cui esse sono rimaste immerse per alcune ore; le lumache
evitano questi posti.
Siamo venuti a conoscenza di un metodo, più efficace e nello stesso tempo
meno violento, che tuttavia non può essere applicato da tutti coloro che
posseggono un orto. Durante la prima estate nel nostro orto ricavato da un prato
ci trovammo di fronte al problema delle lumache. Senza che io ne venissi prima
informato, venne adoperato un antilimacida velenoso, ma decidemmo subito di
sospendere questa cura e di provare altri metodi. Per tutta la prima parte
dell'estate raccogliemmo da vecchie assi moltissime lumache, ma il loro numero
non diminuiva mai, in quanto le perdite venivano sempre compensate da nuovi
arrivi dai prati circostanti. Solo verso la fine dell'estate ci fu un effettivo calo di
numero. Per la seguente primavera ci proponemmo di continuare più efficacemente la lotta contro le lumache, ma non fu necessario: nonostante un'estate relativamente umida, durante la quale molti altri proprietari di orti
persero una parte notevole del loro raccolto di insalata a causa delle lumache,
senza aver adottato alcun particolare provvedimento non fummo coinvolti in
questo comune destino. La spiegazione di questo fatto, che inizialmente stupì
anche noi, era data dalla presenza di tre anatre, una pechinese e due muschiate,
arrivate in primavera come regalo di compleanno. Dopo essersi ambientate tra lo
stagno e il loro rifugio notturno, riuscirono a trovare un passaggio nella rete
metallica, e uscirono per esplorare con entusiasmo la zona circostante. Quando
noi eliminammo del t u t t o la loro recinzione, si diedero da fare per tutto il
giardino e intorno alla casa. Inizialmente le nutrivano talvolta con le lumache
trovate sotto le assi in giardino, ma nel corso delle successive settimane le
lumache scomparvero quasi completamente dal nostro orto; né potevano più
arrivarne di nuove dai campi vicini, in quanto le zone confinanti erano
continuamente controllate dalle anatre.
Bisognerebbe osservare una volta un'anatra e quante cose questa riesce a trovare
mentre si aggira per l'orto. Durante queste passeg-
153
V
■"V
b""*,,
Un'ellìcace difesa contro le lumache: anatre sul cumulo del composto. Esse non
dovrebbero tuttavia avere la p os sibi lit à di girare liberamente per t u t t o l'orto;
si nutrono i n f a t t i volentieri delle pianticelle di insalata.
4i
La paglia protegge dalle lumache le fragole, i cetrioli e gli zucchini (vedi figura).
giate il suo fabbisogno di cibo in estate si riduce di conseguenza. Solo una volta
permisi alle anatre di girare per l'orto, mentre ero occupato col composto, ma
esse in breve tempo mangiarono dalla vanga talmente tanti lombrichi che dovetti
ben presto mandarle via. Per ragioni di spazio non è possibile elencare qui i
provvedimenti biologici da adottare contro t u t t i gli animali nocivi, in particola!'
modo i parassiti, contro i funghi e le malattie delle piante. Le indicazioni
riguardanti gli estratti vegetali che dovrebbero essere efficaci contro determinati
parassiti sono spesso imprecise, e si rivelano talvolta addirittura di effetto
contrario, ma ciò non sminuisce il valore di una protezione vegetale su base
biologica portata avanti in modo competente, sulla base dell'esperienza. Di tanto
in tanto si sente o si legge una qualche nuova ricetta che promette r i s ul t a ti
sicuri contro questo o quel problema; tali ri154
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cette vengono però presto dimenticate in quanto raramente trovano applicazione
nell'orto. Si potrebbe scrivere un libro sul tema « protezione vegetale biologica »
per illustrare con chiarezza e precisione l'applicazione dei metodi.
Non vogliamo uscire dal nostro tema generale per non alimentare quel
dilettantismo basato indubbiamente sulla buona fede, che può svilupparsi
naturalmente anche presso i considdetti biologici, e fare un elenco non ragionato
di problemi con le loro eventuali soluzioni.
Un entusiasmo iniziale può rapidamente mutarsi in delusione quando una
ricetta viene applicata semplicemente, e non porta all'effetto concreto garantito
dai « veleni in confezione spray ». Ci limiteremo così a indicare qualche
suggerimento per l'eliminazione di alcuni di quei parassiti con i quali il
giardiniere ha a che fare più frequentemente.
Gli afidi
In genere non infestano le piante sane. Il professor Alwin Seif-fcrt ha potuto
dimostrare ciò in modo convincente quando iniziò a concimare con il composto
le sue piante da frutta e l'orto. Come per disattenzione o per uno stato
momentaneo di debolezza l'uomo può prendersi un raffreddore e liberarsene
senza far uso di medicjne pesanti, così una pianta può, per un disturbo irrilevante
nel metabolismo, attirare un certo numero di afidi, che in breve tempo, da soli,
spariranno nuovamente. Solo nel caso in cui la loro permanenza dovesse
prolungarsi si può fare ricorso a una
Afide nero della fava
(Apbìs jabac)
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Altica del cavolo (Phyllolrcta nemarum)
delle contromisure sotto indicate (sempre che i nemici naturali dell'afide, la
mosca della fioritura, la sirfide, la coccinella e le larve di questi insetti, non
siano già in numero sufficiente sul posto). Il sintomo che denuncia un'eccessiva
diffusione di afidi è un vistoso rattrappimento delle foglie, particolarmente
quelle più giovani. In tal caso lo sviluppo della pianta e la fioritura possono
risultare gravemente compromessi.
1. Trattamento con l'ortica: far macerare un chilo circa di ortica
fresca in 10 litri d'acqua, e dopo quattro giorni innaffiare la pian
ta con un forte getto, se sufficientemente robusta, con questo com
posto non diluito; il resto, diluito 10 volte, può essere utilizzato
per la concimazione e per il composto.
Si possono comporre si mili preparati anche con assenzio, felce imperiale
(contro i pidocchi delle rose) e asperella. Buoni risultati ha dato anche una
soluzione, non superiore al 2%, di sapone tenero (di potassa).
2. Cospargere la pianta di calce fine, cenere di legna o polvere di
pietre, dopo averla innaffiata.
Tali metodi sono innocui; eventuali resti vanno aggiunti al composto.
L'attica del cavolo
Sono insetti che saltano come pulci; lunghi da 2 a 3 mm, possono essere neri,
striati di verde e blu oppure di giallo e nero; le antenne hanno più o meno la
stessa lunghezza delle zampe. Si nutrono di foglie delle piante di cavolo e di
altre specie di crocifere, per esempio rafani e ravanelli.
Un'invasione di pulci della terra è sintomo di una sbagliata cura del terreno, in
quanto questo parassita trova un valido appoggio solo su terreni crostosi,
compatti e troppo asciutti. Già la pacciamatura è sufficiente per limitare una
loro eccessiva proliferazione; anche zappando e innaffiando si riducono
considerevolmente le possibilità di moltiplicazione. Dal momento che questi
insetti non amano spinaci e insalata, le crocifere vengono protette organizzando
colture miste con queste piante. La pacciamatura può essere realizzata con
piantine di spinaci. A chi si trovasse a dover intervenire energicamente contro
questi parassiti, si consiglia di innaffiare le piante con un infuso concentrato di
tanaceto o assenzio. Questo infuso si ottiene facendo semplicemente cuocere
queste piante fresche o essiccate.
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L'elaterio
Il maggiolino
Le larve gialle somigliano a piccoli vermi (sono chiamati infatti « vermi filo di
ferro ») ma si tratta di un coleottero. Con la testa marrone e tre paia di zampe, le
larve dette, fanno pensare a quelle del maggiolino; raggiungono una lunghezza
non superiore ai 25 mm e sono molto sottili. Si trova questo coleottero
dissodando il prato, al quale non causa danni rilevanti, mentre nell'orto, dove
trova di suo gradimento le radici tenere, si rivela un pericoloso parassita quando
compare in grande numero. Anche la larva dell'elaterio compare spesso quando il
terreno è lavorato in maniera sbagliata, mentre ciò non si verifica quasi mai se la
terra e soffice e friabile.
Un'eccessiva compattezza del terreno si previene con aggiunte di humus e con la
pacciamatura.
Nel caso si debba intervenire drasticamente si può attirare la larva con fette di
patata cruda o di rapa fatte aderire alla superficie del terreno. Il giorno dopo le
larve, a t t r a t t e da questa esca potranno essere facilmente distrutte.
Elateriti dei cere;ili
(Agrioles !ir;cdtns)
Maggiolino (Mclolo/itba melolonlha)
Le larve del maggiolino (chiamate « vermi bianchi »), erano un tempo
considerati i più temuti parassiti delle radici nell'orto e nei campi i coleotteri
adulti erano visti come il nemico numero uno delle foglie. Quando eravamo
ancora scolari scrollavamo gli alberi dai quali precipitava un gran numero di
maggiolini. Erano soprattutto le querce che avevano appena messo i germogli ad
attirare in modo particolare questi insetti. Oggigiorno capita che nella stessa
zona non ci sia un solo maggiolino per vari anni di seguito. Per il loro sviluppo
sottoterra, della durata di 3-5 anni, le delicate larve dei maggiolini prediligono
un terreno duro e compatto, probabilmente perché 11 sono al sicuro dal loro
principale nemico, la talpa. Una terra ricca di humus non ospita in genere queste
larve, e i maggiolini, dal canto loro, non vi trovano neppure le condizioni
favorevoli per deporre le uova. Le larve che, malgrado tutto, si possono trovare
in questo terreno, attaccano le radici delle piante d'insalata: quando queste
cominciano ad appassire, si scopre la larva.
Una difesa biologica dai parassiti presuppone prima di tutto un terreno
umificato molto vivo. Quando i parassiti compaiono in grande quantità significa
che le piante attaccate non hanno sviluppato sufficienti forze di difesa, e che
abbiamo fatto errori nella cura del terreno o delle piante.
Vogliamo chiudere il nostro tema con una raccomandazione generale: molte
delle piante aromatiche respingono i parassiti, probabilmente per gli odori che
esse emanano. Sarà buona norma, quindi, sistemare nell'orto varie piantine
aromatiche, in particolare lungo i lati stretti delle zone coltivate a verdure. Molte
di queste piante possono dare dei té o misture di té. Le seguenti piante sono
particolarmente indicate contro i parassiti: acetosa, aglio, aneto, anice,
a r t e m i s i a , assenzio, borraggine, camomilla, cerfoglio, cipolla, cornino, erba
cipollina, issopo, lavanda, melissa cedronella, menta Piperita, nasturzio,
prezzemolo, rosmarino, salvia, santoreggia, senape, timo, tropeolo. A queste si
aggiungono le seguenti piante selvatiche: ortica, tanaceto, felce maschia, coda
cavallina (asperella) e la maleodorante calendola.
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