IV domenica di quaresima B 26 marzo 2006 La Parola Prima lettura Dal secondo libro delle Cronache (2Cr 36, 14-16. 19-23) In quei giorni, 14 tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato in Gerusalemme. 15 Il Signore Dio dei loro padri mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché amava il suo popolo e la sua dimora. 16 Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. 19 Quindi i suoi nemici incendiarono il tempio, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutte le sue case più eleganti. 20 Il re deportò in Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, 21 attuandosi così la parola del Signore, predetta per bocca di Geremia: «Finché il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerà per tutto il tempo nella desolazione fino al compiersi di settanta anni». 22 Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, a compimento della parola del Signore predetta per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro re di Persia, che fece proclamare per tutto il regno, a voce e per iscritto: 23 «Dice Ciro re di Persia: Il Signore, Dio dei cieli, mi ha consegnato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di costruirgli un tempio in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il suo Dio sia con lui e parta!». Parola di Dio. Dal Salmo 136 Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia. Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. 2 Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. 1 Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!». 3 Come cantare i canti del Signore in terra straniera? 5 Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra. 4 Mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia. 6 Seconda lettura Dalla lettera di Paolo apostolo agli Efesini (Ef 2, 4-10) Fratelli, 4 Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, 5 da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. 6 Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, 7 per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. 8 Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; 9 né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. 10 Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo. Parola di Dio. Gloria e lode a te, o Cristo! (cfr Gv 3, 16) Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito; chi crede in lui ha la vita eterna. Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 14-21) In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «14 Come Mosè innalzò il serpente nel desertoA, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eternaB. 16 Dio infatti ha tanto amatoC il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicareD il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18 Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannatoE, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 19 E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. 20 Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. 21 Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore. Note del testo Nei Vangeli sinottici per tre volte Gesù annuncia la sua passione, morte e risurrezione. Nel Vangelo di Giovanni ci sono invece tre annunci dell’innalzamento del Signore (cfr. Gv 8, 28-30; 12, 32-34; 18, 32), della sua esaltazione e glorificazione alla destra del Padre, che avviene attraverso la croce. Il termine “innalzato” è per san Giovanni come la sintesi di tutta la Pasqua; la Pasqua di Gesù è fatta di passione (di sofferenza e di morte), di risurrezione, di ascensione, di dono dello Spirito. Ebbene, tutto questo sta dentro a quell’immagine: “innalzato”. «Bisogna che sia innalzato», la volontà di Dio è che sia innalzato, perché l’uomo possa ancora alzare lo sguardo, perché l’uomo ferito e malato, sollevando lo sguardo verso il “Figlio dell’uomo”, il crocifisso, il glorioso, possa avere la vita eterna. In questa 4ª domenica di Quaresima siamo invitati a sollevare lo sguardo verso il Signore, verso quel crocifisso che la Parola di Dio ci aiuta a vedere come glorificato, come rivelazione dell’amore infinito del Padre per noi e anticipo della vittoria sopra la morte. La lettura del libro delle Cronache dà una visione dell’alleanza tra Dio e il suo popolo: si nota il contrasto tra l’infedeltà del popolo e la fedeltà di Dio. In un primo tempo l’ira di Dio si manifesta nella distruzione di Gerusalemme e del tempio; ma questa ira è provvisoria e lascia poi il posto al trionfo dell’amore e del perdono di Dio. Il decreto di Ciro che permette il ritorno degli esuli è il segnale della rinascita di Israele; il peccato, per quanto grave non ha cancellato la fedeltà di Dio. (A): Il Libro dei Numeri racconta che gli Ebrei, durante il lungo e faticoso cammino nel deserto, stremati per la fame, la sete e la pesantezza del viaggio, incominciarono a mormorare contro Mosè e il Signore, a desiderare l’Egitto, la terra della schiavitù, perché sembrava più sicura e permetteva una vita più comoda di quella che stavano vivendo come popolo liberato dal Signore. Per questo furono puniti con dei serpenti velenosi che li mordevano a morte. Si rivolsero con la supplica al Signore, che comandò a Mosè di fare un serpente di bronzo e di innalzarlo sopra un’asta perché: «chiunque, dopo essere stato morso dai serpenti, lo guarderà resterà in vita» (Nm 21, 8). È un’immagine della nostra povera umanità morsa da tutta una serie di serpenti velenosi che sono capaci di uccidere, di togliere all’uomo la sua umanità. Il Vangelo di Giovanni dice che Dio ha donato un antidoto a questa umanità: il Crocifisso innalzato, perché l’uomo possa sollevare lo sguardo verso di lui e, credendo in lui, possa trovare la vita. (B): Il vocabolario dice che la vita eterna è la vita ultraterrena. Ma questa non è l’opinione di san Giovanni. Al cap. 5, 24 san Giovanni scrive: «chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna», quindi “ha” la vita eterna. Non dice: l’avrà; non è solo la vita dopo la morte, ma è una vita attuale, presente, che accompagna il cammino dell’uomo sulla terra. Allora perché san Giovanni parla di vita eterna? Perché questa vita è diversa da quella vita che definiremmo “del mondo”. La vita eterna è la vita di Dio, è quel tipo di vita che Dio possiede, libero dalla morte e dal veleno dell’egoismo e del peccato. (C): Perché guardare il Figlio dell’uomo innalzato trasmette la vita eterna? Quando tu guardi Cristo in croce – quando sollevi lo sguardo verso di Lui, verso la Pasqua di Cristo – quello che tu vedi, e devi imparare a vedere, è l’amore del Padre, è l’amore di Dio, è la decisione che Dio ha preso a favore della vita dell’uomo. Dio ha deciso di amare il mondo, e il mondo sono gli uomini, e gli uomini del mondo sono gli uomini peccatori; questi uomini peccatori Dio non li ha abbandonati a se stessi a motivo delle loro colpe o dei loro egoismi. Questo mondo umano peccatore, Dio lo ha amato, Dio vuole che viva, e tanto vuole che viva che ha donato quello che ha di più caro, il suo Figlio unigenito. (D): La vita e la morte di Gesù sono il giudizio del mondo. Il mondo viene giudicato dalla croce di Cristo per una serie di motivi. Innanzitutto perché in un mondo di egoisti, come siamo noi, è venuto uno diverso che è capace di amare. A quel punto ci ha smascherati, ci ha svergognati. La presenza del Signore in mezzo a noi – il suo modo di accostare le persone, di perdonare e di accogliere – ci ha fatto consapevoli di quanto profondo è il nostro egoismo, ingiusta la nostra violenza e la sfiducia negli altri. È un giudizio: siamo stati smascherati nel nostro egoismo; proprio la grandezza dell’amore di Dio diventa il giudizio del mondo. Questo è importante da capire, perché qualche volta si sente mormorare che la sottolineatura dell’amore di Dio nasconde il giudizio di Dio. Invece è vero il contrario: è proprio quando Dio viene manifestato nel suo amore, che noi veniamo giudicati e il nostro egoismo viene sconfessato. È così che dice Giovanni: il giudizio di questo mondo è quando Cristo sale in croce e il mondo viene rivelato peccatore. Il mondo è così peccatore che quando l’amore di Dio vi è entrato, il mondo lo ha rigettato e rifiutato. La presenza di Gesù è un giudizio sul mondo, però lo scopo non è il giudizio: il giudizio è in qualche modo uno strumento. Lo scopo è la vita, ma per poterci salvare dobbiamo passare dal riconoscimento del peccato, altrimenti non accogliamo nemmeno il perdono. Dio non vuole la nostra umiliazione e la morte, vuole solo la nostra conversione e la nostra vita. (E): C’è in Giovanni la costante sollecitudine a riportare con forza all’oggi quello che noi tendenzialmente proiettiamo nel futuro, lontano da noi. Se uno non crede è già condannato. Si vuol dire forse che non c’è speranza di cambiamento e di perdono? Certo, nel non credere c’è già una condanna, ma non si tratta di aspettare la fine del mondo e il giudizio: il futuro è già qui, in questa alternativa tra fede e condanna, tra vita e morte, con l’amore che fa da elemento discriminante. Prefazio suggerito: “Nel mistero della sua incarnazione egli si è fatto guida dell’uomo che camminava nelle tenebre, per condurlo alla grande luce della fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli schiavi dell’antico peccato per elevarli alla dignità di figli” (Prefazio della 4° domenica di quaresima). Padri della chiesa (cfr Nm 21,44-9 ripresa da Gv 3,14) La strada traversa nuovamente il deserto, e il popolo, nella disperazione dei beni promessi, è esausto per la sete. E Mosè fa di nuovo scaturire per lui l’acqua nel deserto, dalla Roccia. Questo termine ci dice cos’è, sul piano spirituale, il sacramento della penitenza. Difatti, coloro che, dopo aver gustato dalla Roccia, si sono sviati verso il ventre, la carne e i piaceri degli egiziani, sono condannati alla fame e vengono privati dei beni di cui godevano. Ma è data loro la possibilità di ritrovare con il pentimento la Roccia che avevano abbandonato. Però il popolo è ancora attratto dai desideri servili e inclinato alle voluttà egiziane. La storia dimostra con ciò che la natura umana è portata a questa passione più che ad altre. Ecco perché, alla stregua di un medico che con la sua arte impedisce alla malattia di progredire, Mosè non lascia che il male domini gli uomini fino alla morte. E siccome i loro desideri sregolati suscitavano dei serpenti il cui morso inoculava un veleno mortale in coloro che ne restavano vittime, il grande Legislatore rende vano il potere dei serpenti veri con un serpente in effigie. Sarà però il caso di chiarire l’enigma. Vi è un solo antidoto contro le cattive infezioni, ed è la purezza trasmessa alle nostre anime dal mistero della religione. Ora, l’elemento principale contenuto nel mistero della fede, è appunto il guardare verso la Passione di Colui che ha accettato di soffrire per noi. E Passione vuol dire croce. Così, chi guarda verso di lei, come indica la Scrittura, resta illeso dal veleno del desiderio (Gregorio Nisseno, Vita di Mosè). Altri autori cristiani Un Dio che si dona, un Dio che appare all’uomo in contraddizione con se stesso, un dio che si manifesta al mondo nella debolezza e nella sofferenza: ecco il Dio che annunciano i cristiani. (...) Eppure, proprio perché si presenta a noi in posizione di debolezza, come un “Dio nascosto”, egli lascia tutta la sua libertà all’uomo. Rimettendosi anzi a questa libertà, egli entra in un movimento contingente e limitato nel tempo e nello spazio, che apre la via a un movimento simile per coloro che diventano suoi discepoli. Per essi il modo in cui Cristo ha vissuto la sofferenza è determinante: senza risentimento contro i forti, ma nel perdono; senza rassegnazione, ma in una scelta libera, assunta nell’obbedienza. Questa scelta giunge fino all’identificazione con quelli che soffrono, ma anche con quelli che sono divisi in se stessi e separati dalla loro sorgente. Questa scelta costituisce l’identità cristiana (D. Gonnet, Anche Dio conosce la sofferenza, 101). A rigore non possiamo dire che ´lo sviluppo è il nuovo nome della paceª, per citare una frase per certi versi infelice di Paolo VI (Populorum progressio, 87), perché il nuovo nome della pace è uno solo, ed è Gesù. E nemmeno si può dire che la pace è effetto della giustizia (Is 32, 17). Ma non è una parola di Isaia? Certo, ma è una frase di Isaia da intendere secondo il senso dato da lui: la pace è il frutto non della giustizia prodotta dagli uomini ma della giustizia di Dio, creata da Dio sulla terra. Se è così, questa riconciliazione con Dio può mai essere opera dell’uomo? Il regno e il godimento positivo della peculiare qualità del regno che è la pace può essere mai frutto dell’attività umana? L’uomo, nemico di Dio, potrà mai rimettersi d’accordo con lui citandolo o invocandolo: Vieni giù un pochino che cerchiamo di metterci d’accordo? Certo, la pace è effetto della giustizia, ma di quella giustizia creata da Dio gratuitamente in Cristo Gesù quando noi eravamo malati, nemici, ostili. La giustificazione è avvenuta per pura grazia, perché Gesù è puro dono, e questo è importantissimo. E allora? Allora prima di tutto ringraziamo il Signore perché è venuta la pace, questo è il problema. (...) Ma infine, il problema è il rapporto con quella realtà ostile, duramente contrapposta, che ha crocifisso il Cristo e che è il mondo. Questa è l’estensione normale dell’amore del Cristo che è andato a tutti e che ci ha riconciliati quando eravamo nemici. Non possiamo essere nel Cristo se non siamo inseriti nella dinamica della sua opera salvifica, che è continuamente presente e agisce senza sosta. Il Cristo glorificato è colui che continuamente si offre sulla croce; la glorificazione del Cristo perpetua e rende incessante l’operazione della sua offerta sacrificale e non è nel Cristo chi non è nell’atto della sua offerta sacrificale. L’atto dell’offerta sacrificale del Cristo è per tutti e noi quindi ci illuderemmo di essere nella pace, cioè di essere nel Cristo, se non fossimo in pace con tutti e se non ci sforzassimo di realizzare la pace con tutti, perché alla prima esclusione che facessimo noi ci escluderemmo dal Cristo! (U. Neri, Guerra, sterminio e pace nella Bibbia, 120-121, 138-139). Tenebre e luce, negazione e accoglienza, ignoranza e conoscenza, limite umano e salvezza di Dio. La conoscenza di Dio mette l’uomo di fronte a continue scelte, cioè ad una continua selezione fra ciò che si sceglie e ciò a cui si rinuncia; e proprio la capacità di scegliere contemplando le inevitabili privazioni è un elemento complicato nel nostro mondo, nel quale una grande varietà di possibilità illude l’uomo di avere molte scelte, mentre vincola a molte dipendenze e genere l’incapacità e l’immaturità della decisione. Il profondersi di grazia che sale dalla Parola di questa domenica può essere un tesoro importante qui dove siamo ristretti noi per aiutarci a ripartire dal dono di Dio senza meriti dell’uomo; se riusciremo in questo, in futuro saremo in grado di trasmettere a chi incontriamo questa esperienza di amore che salva e testimoniare questa prospettiva ovunque andiamo. La vita è fatta di paure, violenze, punti deboli, cedimenti, cadute. Passati dalla violenza, ci si è aperto l’orizzonte attraverso il perdono e la speranza; con essi possiamo cercare di essere utili all’apertura degli altri. In questo modo, anche il colloquio con i nostri familiari o congiunti non è più compianto, elemosina, commiserazione o addirittura prevaricazione e rivendicazione, ma diviene incontro fra pari, in un dare e ricevere reciproco. Tante volte nella vita siamo ad un bivio: il passaggio è grazia e richiede risposte e decisioni; eppure non saranno queste a salvarci, ma l’azione di Dio attraverso la scelta fatta da Cristo di condividere la sofferenza e la morte degli uomini. Ogni nostro atto non sarà mai paragonabile a questo. Con questa consapevolezza anche lo sfruttare al meglio la propria intelligenza e sensibilità non potrà mai essere motivo di vanto e orgoglio, ma solo la piccola e povera risposta all’azione di Dio che continua la Creazione attraverso di noi (Gruppo OPG). Passi biblici paralleli v 14 Nm 21,4-9: Poi gli Israeliti partirono dal monte Cor, dirigendosi verso il Mare Rosso per aggirare il paese di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatti uscire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita”. Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita. Sap 16,5-7: Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie e perirono per i morsi di tortuosi serpenti, la tua collera non durò sino alla fine. Per correzione furono spaventati per breve tempo, avendo già avuto un pegno di salvezza a ricordare loro i decreti della tua legge. Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva, ma solo da te, salvatore di tutti. Gv 8,28-30: Disse allora Gesù: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite”. A queste sue parole, molti credettero in lui. Gv 12,32-34: Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire. Allora la folla gli rispose: “Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell’uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo?”. Gv 19,37: E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. v 15-16 Gv 1,4: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. Gv 3,35-36: Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui”. Gv 5,24: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. Gv 5,39-40: Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. Gv 17,1-3: Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv 20,30-31: Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 1Gv 5,10-13: Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha reso a suo Figlio. E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Questo vi ho scritto perché sappiate che possedete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio. Gal 2,20: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Is 45,20.22: Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non hanno intelligenza coloro che portano un loro legno scolpito e pregano un dio che non può salvare. Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’è altri. Gen 22,15-17: Poi l’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: “Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Lc 2,14: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama. Rm 5,8: Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Rm 8,32: Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? 2Cor5,19.21: È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. 1Gv 3,14-16: Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. v 17 Mt 1,21: Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. Lc 2,10-11: ma l’angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Lc 2,29-32: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Lc 19,9-10: Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Gv 1,29; Mt 9,13; Is 49,6. v 18 Gv 12,47-48: Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno. Mt 12,41-42: Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c’è più di Giona! La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone! Mc 16,15-16; At 4,12; 1Pt 2,7-8; Eb 12,25. v 19-21 Gv 1,9-11: Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. Gv 5,44: E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Gv 8,12: Di nuovo Gesù parlò loro: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Gv 9,39: Gesù allora disse: “Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi”. Gv 15,22-25; 1Gv 1,5-7; 1Gv 2,9-11; Gb 24,13-17; Is 30,9-10; Ef 5,8-13; Mt 5,14-16; 2Cor 2,15-16; Prv 4,18; Sal 139,23-24.