XXVI domenica del tempo ordinario 29 settembre 2002 PRIMA LETTURA Dal libro del profeta Ezechiele (Ez 18,25-28) Così dice il Signore: 25«Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque, popolo d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? 26Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l’iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l’iniquità che ha commessa. 27E se l’ingiusto desiste dall’ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. 28Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà». Parola di Dio. Dal Salmo 24 Rit. Ricordati, o Dio, del tuo amore. Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Giudami nella tua verità e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza, in te ho sempre sperato. Ricordati della tua fedeltà che è da sempre. Non ricordare i peccati della mia giovinezza: ricordati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. Buono e retto è il Signore, la via giusta addita ai peccatori; guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie. SECONDA LETTURA Dalla lettera di Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 2,1-11) Fratelli, 1se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, 2rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. 3Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. Parola di Dio. Alleluia, alleluia. (Gv 10, 27) Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, io le conosco ed esse mi seguono. Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 28-32) In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomoA aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. 29Ed egli rispose: Sì, signoreB; ma non andò. 30Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosiC, ci andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontàF del padre?». Dicono: «L’ultimoD». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avantiE nel regnoF di Dio. 32È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostituteG invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergliH». Parola del Signore. Note del testo Gesù rivolge la parabola dei due figli, insieme a quella dei vignaioli omicidi (21,33-44) e del banchetto nuziale (22,1-14) ai giusti del suo tempo che avevano assunto un atteggiamento di incredulità e di rifiuto nei suoi confronti. Scribi e farisei si erano chiusi nelle sicurezze e certezze che derivavano loro dall’osservanza della legge, e non avevano voluto riconoscere Gesù come l’inviato di Dio. Il modo in cui vivevano il loro sì alla legge li portò a dire no al vangelo. Invece i peccatori, e prima di tutto gli odiati pubblicani e prostitute, avevano accolto Gesù e la sua parola. Gesù dichiara che i peccatori prendono il posto di quelli che si considerano giusti e quindi candidati del regno di Dio. Egli infatti afferma che il regno di Dio è misericordia e perdono, perciò i peccatori ne sono i primi destinatari. Il cap. 18 di Ezechiele della prima lettura è un invito alla conversione. Il regno di Davide era crollato, il tempio era stato distrutto, una notevole parte della popolazione si trovava in esilio; lo scoramento, l’abbattimento, l’assenza di speranza serpeggiavano tra i sopravvissuti alla catastrofe. Come spesso accade in situazioni di grave difficoltà, era venuta meno anche la fiducia in Dio, anzi lo si accusava di essere ingiusto. Il profeta, a nome di Dio, si rivolge al popolo e chiarisce il criterio in base al quale Dio giudica il comportamento dell’uomo. Ognuno deve rispondere solo delle sue colpe attuali e personali, non di quelle dei suoi padri; inoltre, mediante la conversione il peccatore può evitare il castigo. (A): Tutto inizia da questa paternità, da questo uomo che aveva due figli. Questa paternità, così come richiama la parabola del padre misericordioso, è una paternità che si manifesta nell’atteggiamento dei due figli. (B): Qual è la risposta che viene data dai figli? In alcuni testi si inverte l’ordine delle risposte: chi non va, chi non fa la volontà del Padre in alcuni testi è il primo, in alcuni testi è l’ultimo. Dobbiamo stare attenti a ragionare in termini di graduatorie. Ciò che soggiace è il discorso del primo e dell’ultimo. Il primo e l’ultimo. Gesù di se stesso dice: Io sono il primo e l’ultimo. In fondo non importa che tu sia primo o che tu sia ultimo; di fatto, sei primo in quanto compi la volontà del Padre e sei ultimo in quanto compi la volontà del Padre. La logica della graduatoria è superata dal compimento della volontà di Dio, che ti fa essere primo e ultimo. Noi compiamo la volontà di Dio quando, come Gesù, noi accettiamo la nostra condizione, quella che è la nostra croce, che è poi la sua. Gesù è il primo e l’ultimo, il principio e la fine, perché in lui si compie la volontà di Dio. (C): Il termine qui utilizzato è metamélomai (usato anche al v. 32 e al cap. 27,3 per indicare il pentimento di Giuda). Metamélomai indica più che altro il sentimento di rimorso per il peccato, che non porta necessariamente l’uomo a rivolgersi a Dio. Quindi, il pentimento inteso solo come rimorso per il proprio peccato può non significare realmente conversione. Gli appelli alla conversione del Nuovo Testamento chiamano l’uomo a un orientamento nuovo e radicale della volontà a Dio, ad abbandonare perciò l’errore e a fare ritorno a colui che è il Salvatore di tutti gli uomini. Un altro verbo esprime meglio questo: epistrépho. L’utilizzo di questo termine indica il fatto che non si tratta primariamente dell’abbandono della vita di prima, ma l’accento cade tutto sulla necessità di rivolgersi a Cristo - e attraverso di lui a Dio - e con ciò alla nuova vita. Con la conversione avviene un cambiamento di signoria: l’uomo, che fino ad allora era soggetto alla signoria di satana, entra sotto la signoria di Dio, passa dalle tenebre alla luce. La conversione e la consegna della propria vita a Dio si compiono nella fede in Gesù Cristo e conducono a una trasformazione radicale di tutta la vita. La vita acquista un nuovo contenuto e un nuovo fine: l’originaria intenzione creatrice di Dio a riguardo dell’uomo si fa realtà nella nuova vita. L’uomo convertito dovrà servire a Dio solo, con pura coscienza, in piena obbedienza a Lui. Con la fatica dell’obbedienza si può ritornare a Colui dal quale ci siamo allontanati per l’inerzia della disobbedienza. È un ritorno alla familiarità svelata con Dio, un ritorno per la stessa via per la quale l’uomo se ne è allontanato, ma percorrendola a ritroso: cioè con la stessa fatica - la fatica dell’obbedienza sino alla morte e alla morte di croce - con cui l’ha percorsa Gesù nostro precursore. (D): Nessuno dei due figli può vantare obbedienza piena al Padre. Il termine utilizzato, inoltre, in greco, per indicare l’ultimo è éschatos (in latino novissimus) da cui deriva escatologico, realtà ultime. Solo Gesù è quell’ultimo che ha compiuto perfettamente la volontà del Padre. In Gesù, l’éschaton è già iniziato: “tutto è compiuto” (Gv 19,30) e non c’è che da attendere la venuta del Signore e la nostra ri-unione con Lui. Alla vecchia economia se ne sostituisce una nuova, e alla vecchia comunità dell’Israele secondo la carne si sostituisce la comunità di chi crede e segue e confessa Gesù come il Cristo morto e Risorto. Il nuovo popolo di Dio è costituito dai convocati dalle genti, che Gesù stesso chiamerà ‘la mia chiesa’. (E): Il verbo utilizzato, al presente, indica che la realtà del Regno è già inaugurata. Ed è presente qui e ora. La novità è che tutto il passato non conta più, non ha più valore, perché c’è un nuovo chairòs (tempo), il tempo inaugurato da Cristo; qui e ora ti puoi aprire alla grazia. I pubblicani e le prostitute hanno meno difese e giustificazioni rispetto a coloro che si considerano giusti e così più facilmente si possono aprire all’azione della grazia. Si può fare un collegamento all’Eucaristia: ‘ciascuno consideri come inizio della sua vita l’Eucaristia’. Cioè, l’Eucaristia ti rimette costantemente nell’oggi di Dio: ‘Oggi la salvezza è entrata in questa casa’. (F): Il Regno di Dio viene dall’alto, per volontà e opera di Dio. Non si realizza e neppure si prepara o si affretta per sinergia umana. È un fatto assolutamente sovrannaturale. Il Regno giunge a noi senza di noi. Il pensare che noi possiamo attirarcelo o appropriarcelo è stoltezza umana e presunzione farisaica. All’uomo compete solo la fedeltà alla Parola, l’annuncio di essa, la pazienza che non spegne lo Spirito credendo di accelerarne le operazioni, la ferma fede che il grano del Regno cresce comunque. Certo la realizzazione del Regno di Dio appartiene al futuro, ma condiziona il presente dell’uomo. Se questi accoglie con fede - e quindi con umiltà e obbedienza - l’invito alla conversione, si pone già nell’orbita del Regno, che giunge anche senza la cooperazione umana. Perciò il Regno appartiene primariamente non ai sapienti, ma ai poveri, a coloro che soffrono persecuzione per causa della giustizia, a quelli che con decisione implacabile verso di sé si rendono tali vendendo tutto, anche e soprattutto se stessi per la gioia di avere trovato il Regno. (G): I pubblicani e le prostitute ci passano avanti nel Regno di Dio. Anche qui Gesù manifesta ciò che è fondante: che i pubblicani e le prostitute sono capaci di fede: ‘credettero in Giovanni’. Ciò che stupisce e sempre di più deve suscitare in noi adesione al Signore è proprio passare da una logica per la quale i poveri sono da assistere, da recuperare, a un atteggiamento per il quale il vero servizio è ciò che ci fa ritenere i poveri capaci di fede. La loro condizione non è una condizione che impedisce loro di obbedire alla volontà di Dio. Chi sono i pubblicani e le prostitute? Sono coloro che non vivono una appartenenza. Il credere, da parte loro, sembra essere il sapersi di qualcuno, il sapere che interessano a qualcuno; che di qualcuno si possono fidare. Il rapporto che vivono non è più un rapporto mediato dal denaro, anzi, non è più nemmeno un rapporto mediato perché è un rapporto di comunione quello che sono chiamati a vivere. Quando si parla della chiesa come ‘casta meretrix’, non ci si deve preoccupare a causa di quel ‘meretrix’; si deve invece pensare che per quella condizione di meretrix, che la chiesa riconosce a se stessa a causa dell’infedeltà nei confronti del Signore, può precedere tutti gli uomini nel Regno dei cieli. In genere Matteo non usa il termine Regno di Dio. In questo testo parla di Regno di Dio: proprio perché non venga addebitato ai pubblicani e alle prostitute un Regno che non è quello di Dio. (H): Il peccato va sempre posto a confronto con il Cristo Crocifisso, con l’Innocente fatto per noi peccato. Il confronto implica per noi la consapevolezza della partecipazione attuale di ciascuno di noi alla sua crocifissione: “Questo Gesù che voi avete crocifisso”. Il peccato, poi, va posto in rapporto non solo con la crocifissione di Gesù, ma anche in rapporto altrettanto immediato con la sua risurrezione, nella quale Dio lo ha costituito Signore e Cristo. La considerazione congiunta della morte e della risurrezione di Gesù produce in noi quel pentimento che porta alla fede e così alla conversione. È una esperienza intima dell’anima che - di fronte alla morte e risurrezione del Signore - percepisce l’entità e la gravità del suo peccato in rapporto all’immensità della maestà di Dio e del suo amore assolutamente gratuito, quale si rivela nella morte di Cristo e, a un tempo, nella potenza liberante e piena della sua signoria di Risorto. Prefazio suggerito: “Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale; egli ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di sua conquista, per annunciare al mondo la tua potenza, o Padre, che dalle tenebre ci hai chiamati allo splendore della tua luce” (prefazio I del tempo ordinario). Padri della Chiesa Ecco, sei cristiano, frequenti la chiesa, ascolti la Parola di Dio, provi un’emozione di immensa gioia. Tu lodi chi la spiega, io cerco chi la mette in pratica; tu, ripeto, lodi chi parla, io cerco chi opera in conseguenza. Sei cristiano, frequenti la chiesa, ti è cara la Parola di Dio e l’ascolti volentieri. Ecco cosa ti propongo: esàminati in essa, pèsati in essa, sali il tribunale della sua mente, poniti davanti a te stesso, e giùdicati (Agostino, Discorsi 178.6-7). Noi sappiamo per esperienza quotidiana, che il più delle volte quelli che non si sentono oppressi dal peso dei peccati stanno sì saldi sulla via della giustizia, non commettono nulla d’illecito, ma non anelano ansiosamente alla patria celeste e tanto più facilmente usano delle cose lecite quanto più ricordano di non avere commesso nulla di illecito. Essi per lo più rimangono pigri nel fare il bene straordinario, proprio perché sono sicuri di non avere commesso colpe più gravi. Al contrario, quelli che si ricordano di aver compiuto qualcosa di illecito, presi dal dolore, si accendono di amor di Dio, si esercitano nelle virtù sublimi, cercano le difficoltà del santo combattimento, lasciano tutte le cose del mondo, fuggono gli onori, si rallegrano delle offese ricevute, bruciano di desiderio, anelano alla patria celeste; e poiché sanno di essersi allontanati da Dio, cercano di riparare le colpe del passato con le opere del presente.(...) Anche l’agricoltore ama di più quel campo che dopo le spine produce frutti abbondanti, di un altro che non produsse mai spine, ma non produce neppure una messe fertile (Gregorio Magno, Om. XXXIV, 4-5). Altri Autori cristiani Chi non ha provato il peso della presenza di Dio? Non vi è mai venuta voglia di cancellarlo, il nome del Signore? A me è venuta tante volte questa voglia! Se avessi potuto guardare in alto e non sentire qualcheduno! Guardarmi attorno e non sentire qualcheduno!… avrei provato quasi un senso di liberazione. (…) C’è qualcuno che crede che le ingiustizie degli uomini si possano spegnere con la forza. Andate adagio in siffatta esigenza di giustizia e di ordine, perché vi potrebbe capitare che, a un certo momento, di un mondo di uomini voi facciate un mondo di schiavi… Il Padre non ha bisogno di un’adorazione che venga strappata. E se c’è una consolazione, è appunto questa: un’ampia libertà e un ampio rispetto del mistero, perché quelli che non rispettano il mistero del male dell’uomo si espongono a spegnere l’uomo, a manomettere l’uomo (P. Mazzolari, Il Padre Nostro, pp. 38, 48-9). A nulla gioverà tutta la nuova teologia, a nulla gioveranno tutti gli innumerevoli casi di rinnovamento, se non ci condurranno all’azione. Vedo qui la chiave di tutti i rinnovamenti da farsi. Passare all’azione significa ‘metanoia’, conversione, rottura, adesione. Sono indispensabili coscienza e coraggio. Coscienza, molti ce l’hanno. Parlano continuamente di giustizia, di povertà, di liberazione dell’uomo… Manca loro il coraggio di creare le condizioni necessarie affinché questo rinnovamento si realizzi. Il coraggio di riconoscere che è impossibile una Chiesa del Vangelo dentro le attuali strutture sociali, che necessariamente la Chiesa deve entrare in conflitto con queste strutture (C. A. Libanio Chr. Dai sotterranei della storia, p.104). L’unità verso la quale tendiamo, l’unità del corpo, non può realizzarsi diversamente che se noi diventiamo uno con Gesù e uno con gli esclusi di questo mondo. Sono essi che ci condurranno nella città santa, essi che accorrono saltando di gioia alla festa delle nozze, mentre i ricchi hanno rifiutato l’invito. Imparando a lavare loro i piedi, a domandare loro perdono, imparando a camminare umilmente con loro quando ci insegnano a espropriarci delle nostre ricchezze, scopriremo la ricchezza dell’amore e della verità nascosta nei loro cuori, talvolta nascosta sotto la collera, la depressione, la malattia. (...) Gli oppressi e gli abbandonati del mondo aspettano qualcuno che sia con loro, che entri in un rapporto di reciproca fiducia con loro, che cammini con loro, che riveli loro la propria dignità e come essi sono figli preziosi del Padre. (...) Dio ci manda con la potenza del suo Spirito per essere loro presenti, non soltanto per venirli a trovare di tanto in tanto, o per dar loro delle teorie , delle ideologie, ma per vivere un rapporto autentico con loro, un’alleanza. Eglì non vuole che abbiamo paura, vuole che abbandoniamo le nostre sicurezze di salute, di potere, di sapere, per aprire loro le nostre case, per andare a vivere nel loro quartiere e per diventare con loro un corpo, una comunità, una comunione, per diventare con loro più autenticamente Chiesa di Gesù Cristo (J.Vanier, in Davanti a te, Signore pp.175-6). Passi paralleli v.30 Mt 27,3 Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani. v.31 (compiere la volontà) Sal 119,14-16: Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia più che in ogni altro bene. Voglio meditare i tuoi comandamenti, considerare le tue vie. Nella tua volontà è la mia gioia; mai dimenticherò la tua parola. Is 53,10: Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Mt 6,9-10: Padre nostro che sei nei cieli, (…). Mt 7,21: Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Mt 12,49-50: Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: “Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”. Mt 26,42: E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”. Gv 4,34: Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Gv 6,37-40: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo (…). Rm 12,2: Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Ef 6,5-6: Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo, (…). v.32 Lc 5,27-28: Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi!”. Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Lc 3,12-14: Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: (…). Mt 9,10-13: Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro (…). Lc 7,29-34: Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni. Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui (…). Mt 8,8-10: Il centurione riprese: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro; Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: “In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Lc 18,9-14: Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”. Lc 7,37-50: Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”. Gesù allora gli disse: “Simone, ho una cosa da dirti”. Ed egli: “Maestro, dì pure”. “Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?”. Simone rispose: “Suppongo quello a cui ha condonato di più”. Gli disse Gesù: “Hai giudicato bene”. E volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco”. Poi disse a lei: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: “Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?”. Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!”. Lc 19,1-10: Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Lc 23,39-43: Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”. E aggiunse: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”. Eb 11,31: Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl’increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori. Gs 6,17: La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. Gs 2,1-6: In seguito Giosuè, figlio di Nun, di nascosto inviò da Sittim due spie, ingiungendo: “Andate, osservate il territorio e Gerico”. Essi andarono ed entrarono in casa di una donna, una prostituta chiamata Raab, dove passarono la notte. Ma fu riferito al re di Gerico: “Ecco alcuni degli Israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il paese”. Allora il re di Gerico mandò a dire a Raab: “Fa’ uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il paese”. Allora la donna prese i due uomini e, dopo averli nascosti, rispose: “Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero. Ma quando stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete”. Essa invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva accatastato.