STATO MODERNO La definizione di stato moderno indica una realtà storicamente determinata, ovvero una particolare forma di organizzazione del potere che si affermò in Europa tra il XIII ed il XVIII sec: dalle monarchie nazionali agli stati regionali italiani. Caratteri peculiari sono: 1. accentramento del potere, acquisizione di un controllo completo e diretto dell’intera sfera politica; 2. territorialità, spazio limitato in contrasto con la prospettiva universalistica della respublica christiana; 3. identificazione stato-principe (concezione patrimoniale e dinastica dello stato). Il rafforzamento dell’autorità centrale fu favorito: 1. dalla conflittualità tra i signori locali o tra i gruppi sociali; 2. dall’affermarsi di nuovi rapporti economici e sociali, connessi alla crescita demografica e all’aumento della stratificazione sociale; 3. dalla sistematicità dei conflitti intra-europei, che impose un’esercito permanente e libero dalle truppe dei signori feudali. Nelle singole realtà territoriali, in tempi e con modalità diverse, è possibile individuare le tappe e gli strumenti della progressiva affermazione dello stato moderno. TAPPE 1. le monarchie feudali. Questa fase si estende dal XII al XV sec e si assiste ad una progressiva unificazione territoriale. Accade spesso che il singolo signore offre la propria fedeltà al re donandogli i propri beni per poi riceverli in feudo, ottenendone nel contempo la protezione. Possedere un bene in feudo è più vantaggioso che in allodio ( piena proprietà) perché implica un legame vassallatico. Tale fenomeno, feudo oblato, fa si che le nobiltà, clero e terzo stato si sottomettano all’autorità del re nella misura in cui egli si fa custode dei loro privilegi e diritti consuetudinari, acquisendo il ruolo di re-magistrato (pene la deposizione come nel 1327 per Edoardo II re d’Inghilterra). Il principe, all’atto dell’incoronazione, giura di garantire le libertà o privilegi degli ordini e non può introdurre alcuna innovazione di rilievo senza il consenso dei sudditi (ad es: il principe deve vivere del suo e per riscuotere un’imposta deve dimostrare ai sudditi di averne realmente bisogno e poi ottenerne il consenso). Nascono assemblee rappresentative (parlamenti) che caratterizzano la vita politica conferendole il tono di un continuo dialogo fra principe e paese (la teoria politica medievale ammette che la sovranità risieda nel popolo). Tali parlamenti sono convocati in caso di necessità e sono composti da nobili, prelati e più tardi da gruppi di dirigenti urbani, ma restano ancora senza voce le masse rurali e il proletariato urbano. 2. l’ascesa del principe ( XV - XVI sec). Era necessaria l’emancipazione da due vincoli tipici della cultura politica della civiltà medioevale: l’idea della supremazia del papato e dell’impero (universalismo medioevale) e l’idea di uno speciale diritto dei ceti signorili e nobiliari a “rappresentare” il popolo, fungendo da istanza limitatrice del potere sovrano, considerato come una “primus inter pares” (costituzionalismo medioevale). A questi vincoli fu opposto, nel XV sec, il duplice principio secondo cui al principe andava riconosciuta una sovranità assoluta sul suo regno e l’assolutezza del suo potere derivava appunto dal non essere limitato da alcuna autorità. Era indispensabile giustificare la realtà positiva dello stato stesso, i fondamenti della sua autorità, la struttura delle sue funzioni e i limiti delle sue pretese. I fatti stessi avevano determinato la crisi della concezione della storia come espressione di un ordine trascendente, regnava il disordine sociale( prodotto degli obbiettivi, degli interessi e della cultura dei gruppi sociali ) e in contrapposizione si affermava il ruolo di una riflessione politica, convincente per la solidità delle sue argomentazioni razionali. La cultura politica (More e Machiavelli) elaborò un’interpretazione laica e secolare dei problemi del potere, in piena autonomia da ogni precetto morale e religioso. In realtà, nessun monarca voleva e poteva rinunciare a quello straordinario strumento di governo rappresentato dalla religione ( monarca è luogotenente di Dio in terra e solo Dio è l’unico limite della sua autorità: regalità-sacra a dispetto della riflessione-teorica: Carlo X, nel 31/05/1825, è l’ultimo re che impose le mani agli ammalati) e il rafforzamento dell’autorità centrale fu accompagnato dal tentativo di porre sottotutela la chiesa nazionale. La guerra favorì in modo determinante il processo di accentrazione del potere: consentì al sovrano di assumere provvedimenti eccezionali - giustificati dell’esigenza di preservare il bene comune (con la ragion di stato il monarca instaurò una nuova legalità fondata sulla supremazia della sua autorità). Dopo la guerra dei cent’anni (1337-1453): provvedimenti eccezionali vennero stabilizzati, i sovrani rivendicarono il ruolo di garanti dell’unità nazionale, interpretato durante la guerra, i sovrani scoprirono l’appoggio importante dei ceti popolari, beneficiari dell’eliminazione dei diritti signorili, la grande feudalità non assistette passivamente al ridimensionamento delle sue prerogative e si impegnò a contrastare la tendenza all’accentramento (risorgendo in ogni crisi dinastica), la monarchia non potè fare a meno di servirsi della nobiltà sicché tentò, più che di annientarla, di inserirla entro il proprio sistema di potere. 3. Lo stato assoluto (XVI - XVII sec). Lo stato assoluto è il punto di approdo del processo di accentramento , l’Europa emerge organizzata in un sistema di stati; ma neanche l’assolutismo nelle grandi monarchie secentesche significò una società completamente asservita ad un potere arbitrario ed illimitato. L’assolutismo fu una linea di tendenza, un obiettivo piuttosto che un fatto, irrealizzabile da parte del monarca per la insufficienza degli apparati militari e amministrativi. Il profilo teorico del potere sovrano implicitamente affermava un marchio di autonomia della società civile, del suddito rispetto allo stato. Infatti un sovrano era legibus solutus, ossia non era tenuto a rispettare alcuna legalità preesistente ed indipendente dalla sua autorità, però, definita la legge il sovrano stesso doveva rispettarla. STRUMENTI 1. consolidamento della burocrazia. Le responsabilità di cui lo Stato tendeva a farsi carico (difesa militare, amministrazione della giustizia, riscossione delle imposte) resero necessaria la formazione di un complesso apparato burocratico. In ogni provincia operano: Un giudice e il suo staff di scrivani ed avvocati, Un capo della polizia con le guardie, Un esattore delle imposte con uno staff di notai e contabili. Il principe non può occuparsi dettagliatamente della complessa amministrazione dello stato e nasce cosi: Il consiglio, nominato dal principe e scelto liberamente in seno all’alta nobiltà, all’episcopato e alla sua stessa famiglia, La cancelleria e il capo cancelliere, nucleo di professionisti (giuristi e notai), affiancati al consiglio e incaricati di registrare le decisioni di questo ed emanarne le ordinanze firmate dal principe, Organismi specializzati in amministrazione della giustizia (parlamento) e delle finanze (camera dei Conti), Un ceto finora inesistente di funzionari stipendiati che attraverso il servizio burocratico conseguiranno promozione sociale. 2. la centralità della corte. La nascita della corte ossia la moltitudine di persone che vive intorno al principe e che dedica la propria esistenza al suo servizio, è un universo gerarchico dove le forme della vita cortese tendono a riprodursi per il piacere dell’aristocrazia, con feste e tornei. 3. esercito permanente. Il sovrano acquisisce un esercito permanente, e cessa così la dipendenza dalle truppe feudali della cavalleria. La fanteria diviene decisiva per le sorti delle guerre insieme alla artiglieria. 4. il mercantilismo. Esso non è una scuola economica, ma è una prassi economica che viene a formarsi nel XVI – XVII sec. L’emblema del mercantilismo nel XVI è l’Inghilterra, nel XVII a questa si aggiunge la Francia. L’idea è che l’economia debba servire ad ampliare lo stato, così: nasce la convinzione che la salute economica dello stato dipenda dalla presenza nelle casse dello stato di oro, perché ci sia un accumulo, il più possibile alto, di monete lo stato deve impedire le importazioni e incrementare le esportazioni. Lo stato si impegna in maniera massiccia per mettere in atto questa condizione così impone gravi tasse doganali (ciò causa una politica conflittuale seguita da un protezionismo commerciale) e dà incentivi per aumentare la produzione di alcuni settori, lo stato deve preoccuparsi di rendere le sovrastrutture interne più efficienti eliminando pedaggi e migliorando la rete stradale e organizzando al meglio il commercio.