Catechesi GESU’ CRISTO: IL SIGNORE DELLA VITA L’esperienza della Chiesa delle origini conferma che per essere Comunità è necessario vivere Gesù Cristo, unico Signore della nostra vita, via per la conversione. Da Ecclesia in America Esortazione Apostolica post-sinodale sull'incontro con Gesù Cristo vivo (GP II 22.1.99) I Vangeli riferiscono numerosi incontri di Gesù con uomini e donne del suo tempo. Una caratteristica, comune a tutti questi racconti, è la forza trasformante che racchiudono e manifestano gli incontri con Gesù, poiché "aprono un autentico processo di conversione, comunione e solidarietà". La samaritana (cfr Gv 4, 5-42). Gesù la chiama per saziare la sua sete, che non era soltanto materiale: in realtà, “colui che chiedeva da bere, aveva sete della fede della donna stessa". Dicendole “Dammi da bere" (Gv 4, 7) e parlandole di acqua viva, il Signore suscita nella samaritana una domanda, quasi una preghiera, il cui obiettivo vero supera ciò che essa in quel momento è in grado di comprendere: “Signore... dammi di quest'acqua perché non abbia più sete" (Gv 4, 15). La samaritana, anche se "ancora non capisce“, sta in realtà chiedendo l'acqua viva di cui le parla il suo divino Interlocutore. Quando Gesù le rivela la propria messianicità (cfr Gv 4, 26), la samaritana si sente spinta ad annunciare ai suoi concittadini la scoperta del Messia (cfr Gv 4, 28-30). Zaccheo (cfr Lc 19, 1-10) Il frutto più prezioso è la conversione del pubblicano, che diventa consapevole delle ingiustizie commesse e decide di restituire in abbondanza — "il quadruplo" —, a chi aveva defraudato. Assume, inoltre, un atteggiamento di distacco dai beni materiali e di carità verso i bisognosi, che lo porta a dare ai poveri la metà dei suoi averi. Una menzione speciale meritano gli incontri con Cristo risorto, narrati nel Nuovo Testamento. Grazie al suo incontro col Risorto, Maria Maddalena supera lo scoraggiamento e la tristezza causati dalla morte del Maestro (cfr Gv 20, 11-18). Nella sua nuova dimensione pasquale, Gesù la invia ad annunciare ai discepoli che Egli è risorto: " Va' dai miei fratelli " (Gv 20, 17). Per tale motivo, Maria Maddalena ha potuto essere chiamata " l'apostola degli apostoli “. I discepoli di Emmaus, dopo aver incontrato e riconosciuto il Signore risorto, tornano a Gerusalemme per raccontare agli apostoli e agli altri discepoli quanto era loro accaduto (cfr Lc 24, 13-35). Gesù “cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui" (Lc24, 27). Essi riconosceranno più tardi che il loro cuore ardeva mentre il Signore conversava con loro lungo il cammino spiegando le Scritture (cfr Lc 24, 32). Non vi è dubbio che san Luca, nel narrare questo episodio, e specialmente il momento decisivo nel quale i due discepoli riconoscono Gesù, fa allusione esplicita ai racconti della istituzione dell'Eucaristia, cioè al comportamento di Gesù nell'Ultima Cena (cfr Lc 24, 30). L'evangelista, per riferire ciò che i discepoli di Emmaus raccontano agli Undici, utilizza un'espressione, che nella Chiesa nascente possedeva un significato eucaristico preciso: "L'avevano riconosciuto nello spezzare il pane " (Lc 24, 35). Fra gli incontri con il Signore risorto, uno di quelli che hanno avuto un influsso decisivo nella storia del cristianesimo è senza dubbio la conversione di Saulo, il futuro Paolo apostolo delle genti, sulla via di Damasco. E lì che è avvenuto il cambiamento radicale della sua esistenza, da persecutore ad apostolo (cfr At 9, 3-30; 22, 6-11; 26, 12-18). Lo stesso Paolo parla di questa straordinaria esperienza come di una rivelazione del Figlio di Dio "perché lo annunziassi in mezzo ai pagani" (Gal 1, 16). L'invito del Signore rispetta sempre la libertà dei chiamati. Ci sono casi in cui l'uomo, incontrando Gesù, si chiude al cambiamento di vita al quale Egli lo invita. I casi di persone contemporanee di Gesù che lo videro e lo udirono e tuttavia non si aprirono alla sua parola, sono numerosi. Il Vangelo di san Giovanni indica nel peccato la causa che impedisce all'essere umano di aprirsi alla luce che è Cristo: "La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" (Gv 3, 19). I testi evangelici insegnano che l'attaccamento alla ricchezza costituisce un ostacolo all'accoglienza della chiamata ad una sequela piena e generosa di Gesù. Tipico, al riguardo, è il caso del giovane ricco (cfr Mt 19, 16-22; Mc 10, 17-22; Lc 18, 1823). La Chiesa costituisce il luogo nel quale gli uomini, incontrando Gesù, possono scoprire l'amore del Padre: chi, infatti, ha visto Gesù, ha visto il Padre (cfr Gv 14, 9). Dopo la sua ascensione al cielo, Gesù agisce mediante l'intervento potente dello Spirito Paraclito (cfr Gv 16, 7), che trasforma i credenti dando loro la vita nuova. E così che essi diventano capaci di amare con l'amore stesso di Dio, che "è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5, 5). La grazia divina abilita inoltre i cristiani a farsi operatori della trasformazione del mondo, per instaurare in esso una nuova civiltà che il mio predecessore, Paolo VI, opportunamente chiamò "la civiltà dell'amore”. In effetti, "il Verbo di Dio, assumendo in tutto la natura umana escluso il peccato (cfr Eb 4, 15), manifesta il piano del Padre di rivelare alla persona umana il modo di giungere alla pienezza della propria vocazione. Così Gesù non solo riconcilia l'uomo con Dio, ma lo riconcilia anche con se stesso, rivelandogli la propria natura". Con queste parole i Padri sinodali, sulla scorta del Concilio Vaticano II, hanno ribadito che Gesù è la via da seguire per giungere alla piena realizzazione personale, culminante nell'incontro definitivo ed eterno con Dio. "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14, 6). Dio ci “ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli“ (Rm 8, 29). Gesù Cristo è, dunque, la risposta definitiva alla domanda sul senso della vita, agli interrogativi fondamentali che assillano anche oggi tanti uomini e donne. • • • 1. Gesù è l’uomo storico ucciso in Palestina 2. Gesù è il Cristo che da compimento alle promesse di Dio 3. Gesù è il Signore, fonte di vita e di speranza per tutti gli uomini. 1. Gesù è l’uomo storico ucciso in Palestina At 2, 22-24 Discorso di Pietro alla folla Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così …“Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazareth - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -, dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere”. Gesù di Nazareth sta al centro della proclamazione pubblica cristiana fatta da Pietro e da Paolo. Non è un personaggio fantomatico, ma un uomo inserito dentro la trama degli avvenimenti reali capitati nella Palestina. La trasmissione della fede cristiana è innanzitutto l'annunzio di Gesù Cristo, allo scopo di condurre alla fede in Lui. Fin dall'inizio, i primi discepoli sono stati presi dal desiderio ardente di annunziare Cristo: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (At 4,20). Essi invitano gli uomini di tutti i tempi ad entrare nella gioia della loro comunione con Cristo: Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta (1Gv 1,1-4). 2. Gesù è il Cristo che da compimento alle promesse di Dio DISCORSO DI PIETRO AL POPOLO (At 3,17-26) Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, così come i vostri capi; Dio però ha adempiuto così ciò che aveva annunziato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo sarebbe morto. Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev’esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti. Mosè infatti disse: Il Signore vostro Dio vi farà sorgere un profeta come me in mezzo ai vostri fratelli; voi lo ascolterete in tutto quello che egli vi dirà. E chiunque non ascolterà quel profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo. La preoccupazione dei primi predicatori cristiani nell’ambiente giudaico è quella di provare che Gesù dà compimento alle promesse salvifiche di Dio. Egli dunque sta dentro il piano salvifico, anzi diventa la chiave di lettura per capire il grande progetto storico e salvifico di Dio. Il nome di Gesù significa che il Nome stesso di Dio è presente nella persona del Figlio suo [Cf At 5,41; 3Gv 1,7 ] fatto uomo per l'universale e definitiva Redenzione dei peccati. E' il nome divino che solo reca la salvezza, [Cf Gv 3,18; At 2,21 ] e può ormai essere invocato da tutti perché, mediante l'Incarnazione, egli si è unito a tutti gli uomini [Cf Rm 10,6-13 ] in modo tale che "non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati“ Cristo viene dalla traduzione greca del termine ebraico “Messia” che significa unto. Non diventa il nome proprio di Gesù se non perché egli compie perfettamente la missione divina da esso significata. Infatti in Israele erano unti nel Nome di Dio coloro che erano a lui consacrati per una missione che egli aveva loro affidato. Era il caso dei re, dei sacerdoti e, in rari casi, dei profeti. Tale doveva essere per eccellenza il caso del Messia che Dio avrebbe mandato per instaurare definitivamente il suo Regno. Il Messia doveva essere unto dallo Spirito del Signore, nello stesso tempo come re e sacerdote, ma anche come profeta. Gesù ha realizzato la speranza messianica in Israele nella sua triplice funzione di sacerdote, re e profeta. (CCC 783 ss) La consacrazione messianica di Gesù rivela la sua missione divina. "E', d'altronde, ciò che indica il suo stesso nome, perché nel nome di Cristo è sottinteso colui che ha unto, colui che è stato unto e l'unzione stessa di cui è stato unto: colui che ha unto è il Padre, colui che è stato unto è il Figlio, ed è stato unto nello Spirito che è l'unzione" [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 3]. Figlio di Dio indica la relazione unica ed eterna di Gesù Cristo con Dio suo Padre: egli è il Figlio unigenito del Padre, Dio egli stesso. Per essere cristiani si deve credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Nell’A.T. “figlio di Dio” è un termine dato agli angeli, al popolo eletto, ai figli di Israele e ai loro re; questo ha il significato di una relazione di una particolare intimità con Dio. Non è la stessa cosa per Pietro quando confessa Gesù come il “Cristo, il figlio del Dio vivente” (Mt 16,16), perché Gesù risponde con solennità: “Né la carne, ne il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17). Gesù davanti al Sinedrio, alla domanda dei suoi accusatori. “Dunque tu sei il Figlio di Dio?”, Gesù ha risposto: “Lo dite voi stessi, io lo sono.” (Lc 22,70) 3. Gesù è il Signore, fonte di vita e di speranza per tutti gli uomini. PIETRO E GIOVANNI DAVANTI AL SINEDRIO (At 4,8-12) Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro “Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”. Gesù è proclamato dai Cristiani Signore, salvatore, autore e principe della vita, fondamento di salvezza; c’è la ferma convinzione che solo Gesù può dare senso alla vita, alla storia e al mondo. Questa dimensione salvifica, che è libertà e nuova speranza, si fonda sul fatto della risurrezione mediante la quale Dio ha costituito Gesù nel suo ruolo di salvatore unico e universale. Signore è il nome più abituale per indicare la divinità del Dio d’Israele. Questo termine indica la sovranità divina. Confessare o invocare Gesù come Signore è credere nella sua divinità. “Nessuno può dire Gesù è il Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo. (1 Cor 12,3). Molto spesso, nei Vangeli, alcune persone si rivolgono a Gesù chiamandolo “Signore”. Questo titolo esprime il rispetto e la fiducia di coloro che si avvicinano a Gesù e da lui attendono aiuto e guarigione. Il termine “Signore”, in Tommaso durante l’incontro con Gesù risorto, diventa espressione di adorazione “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20, 28) e assume una connotazione di amore e d’affetto nell’espressione “E’ il Signore!” (Gv 21,7). (CCC 448) Il Verbo si è fatto carne 1. PER SALVARCI RICONCILIANDOCI CON DIO (CCC 457) è Dio "che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Gv 4,10). "Il Padre ha mandato il suo Figlio come Salvatore del mondo" (1Gv 4,14). "Egli è apparso per togliere i peccati" (1Gv 3,5): La nostra natura, malata, richiedeva d'essere guarita; decaduta, d'essere risollevata; morta, di essere risuscitata. Avevamo perduto il possesso del bene; era necessario che ci fosse restituito. Immersi nelle tenebre, occorreva che ci fosse portata la luce; perduti, attendevamo un salvatore; prigionieri, un soccorritore; schiavi, un liberatore. Tutte queste ragioni erano prive d'importanza? Non erano tali da commuovere Dio sì da farlo discendere fino alla nostra natura umana per visitarla, poiché l'umanità si trovava in una condizione tanto miserabile ed infelice? [San Gregorio di Nissa, Oratio catechetica, 15: PG 45, 48B] 2. PERCHÉ NOI CONOSCESSIMO L’AMORE DI DIO In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui (1Gv 4,9). "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). CCC 458 3. PER ESSERE NOSTRO MODELLO DI SANTITÀ "Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me. . . " (Mt 11,29). "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" ( Gv 14,6 ). E il Padre, sul monte della Trasfigurazione, comanda: "Ascoltatelo" (Mc 9,7) [Cf Dt 6,4-5]. In realtà, egli è il modello delle Beatitudini e la norma della Legge nuova: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" (Gv 15,12). Questo amore implica l'effettiva offerta di se stessi alla sua sequela [Cf Mc 8,34 ]. (CCC 459) 4. PERCHÉ DIVENTASSIMO PARTECIPI DELLA NATURA DIVINA Infatti, questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell'uomo: perché l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio" [Sant'Ireneo di Lione]. "Infatti il Figlio di Dio si è fatto uomo per farci Dio" [Sant'Atanasio di Alessandria]. “L'Unigenito Figlio di Dio, volendo che noi fossimo partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei" [San Tommaso d'Aquino]. (CCC 460) VERO DIO VERO UOMO L'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano. CCC 464 Seguendo i santi Padri, all'unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l'umanità, "simile in tutto a noi, fuorché nel peccato" (Eb 4,15), generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità. VERO DIO VERO UOMO Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione. La differenza delle nature non è affatto negata dalla loro unione, ma piuttosto le proprietà di ciascuna sono salvaguardate e riunite in una sola persona e una sola ipostasi [Concilio di Calcedonia: Denz. -Schönm., 301-302]. PER LA RIFLESSIONE O IL LABORATORIO • Quale ruolo ha la persona di Gesù nella coscienza e nella identità dei cristiani? • Che differenza c’è tra appartenenza sociologica e anagrafica alla Chiesa e scelta cristiana? • Che cosa è la salvezza cristiana? liberazione dal peccato? perdono dei peccati? vittoria sulla morte? speranza di vita nuova?