la parola della domenica Anno liturgico C omelia di don Angelo

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la parola della domenica
Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella Solennità dell’Epifania
secondo il rito romano
6 gennaio 2011
Is 60, 1-6
Sal 71
Ef 3, 2-3 a.5-6
Mt 2, 1-12
Alcuni amici, con i loro biglietti di augurio, mi hanno ricordato quest’anno un’antica usanza
ancora diffusa nelle valli dell’Alto Adige: quella di ricevere la visita dei Magi nei giorni tra
Capodanno e l’Epifania.
Tre ragazzi vestiti da Re Magi e accompagnati da un portatore della stella, bussano a tutte le
case del paese: vengono attesi e accolti con gioia, perché la loro visita, con canti e incenso,
è un augurio di bene e felicità per tutto l’anno. Per questo vengono ricompensati con piccoli
doni. A testimonianza del loro passaggio i Magi tracciano con il gesso, sugli stipiti delle
porte, le loro iniziali e la data del nuovo anno. Mi dicevo: oggi, che il rischio è quello di non
interrogare più i cieli tanto siamo occupati a fissare la terra, c’è bisogno più che mai di un
portatore di stella! Quasi patetico questo ragazzo che con il suo lungo bastone innalza la
stella, se mai la possano intravedere i nostri occhi, insonnoliti dall’oppio delle cose. Per
fortuna -mi sono detto- non è morta, non è ancora morta, la figura del portatore della stella:
resiste ancora qualche raro esemplare dentro e fuori la chiesa e tenta di fare avvertiti anche
noi del grande mistero che avvolge la vita. Ben vengano i Magi a raccontarcelo. Le iniziali
del loro nome: M = Melchior - K = Kaspar - B = Baldasar, rinchiuse nelle cifre del nuovo
anno, tra le prime due e le ultime due, suonano come una benedizione.
Che cosa ci raccontano i Magi con la loro storia ricca di simbolismi? Sottolineo alcune cose
e lascio altre, le molte altre, alla vostra immaginazione e riflessione. Vengono dall’Oriente:
“Giunsero” è scritto “da Oriente a Gerusalemme”. Da Oriente, senza aggettivi, senza
precisazioni, è paese grande questa parola Oriente: non è un paese e possono essere tutti i
paesi. Certo è là dove sorge una luce. Sorge, non è luce piena, non è luce........., luogo degli
inizi, della tenerezza degli inizi, luogo dell’aurora: voglio svegliare l’aurora. Questo stadio
aurorale -pensate- che non è luce fiammeggiante su tutto il cielo: e proprio perché non lo è,
ti consente di vedere una stella percorrere il cielo: “abbiamo visto sorgere la sua stella”.
Senza qualche buio, senza qualche ombra, non vedresti le stelle. Da Oriente, dunque, sta
ad indicare un paese dello spirito: terra della ricerca, terra di uomini e donne che non danno
mai niente per scontato. Quando gli altri rinfacciano loro “tutto qui?” -qualcuno dovrà pur
averlo rinfacciato ai Magi al loro ritorno quando raccontavano di un bimbo in una casa
comune- a chi rinfaccia “tutto qui?” essi rispondono che il tutto, sì il tutto è qui; nel piccolo
bambino.
Essere come i Magi, essere attenti alle situazioni aurorali: beati i vostri occhi perché vedono.
Essere come i Magi e mettersi in viaggio come Abramo, come i patriarchi. Vengono
dall’Oriente, passano per Gerusalemme. È a Gerusalemme che avviene la consultazione sul
luogo dove doveva nascere il Messia. A Gerusalemme viene aperto il libro. Importante
questo passaggio: non basta per incontrare il Messia consultare i cieli, interrogare la natura,
occorre consultare la storia di un popolo, la promessa fatta a un popolo.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ha recepito questa importanza di Israele, troppo a lungo
-diciamolo- dimenticata: “Non si può conoscere Gesù” scrive “se non volgendosi ai giudei e
ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell’Antico Testamento.
L’Epifania manifesta che la grande massa delle genti entra nella famiglia dei Patriarchi e
ottiene la dignità israelitica”.
Ce lo eravamo dimenticati a forza di sentirci dire entra nella chiesa: “entra, entriamo” nella
famiglia dei Patriarchi e con i Magi otteniamo oggi la dignità israelitica.
Certo non basta avere il libro, avere la promessa, non bastano i preti che consultano
freddamente il libro, non basta un uso strumentale del libro -l’uso che ne fa Erode per suo
interesse- occorre lasciarsi strappare alle proprie codificazioni, alle tradizioni svigorite, a una
fede ritagliata sulla propria misura, uscire da Gerusalemme.
E la stella ricompare -se ricompare è perché era scomparsa-. Lo scomparire della stella:
anche questo ci insegnano i Magi e ci insegnano a non scoraggiarci nella nostra ricerca, e a
non fermarci.
Può sembrare quasi strano che la stella si oscuri. E che si oscuri proprio quando ti avvicini
alla meta. I Magi sembrano dirci che è normale, normale che ci siano giorni nella vita in cui
sembra di brancolare nel buio. “Anche nel cammino di Gesù la stella si oscurò quando
giunse a Gerusalemme” (G. Angelini), il venerdì santo.
È un momento. Riapparirà la stella e ti condurrà al luogo. Si fermerà fuori perché dentro,
nell’umile casa, a illuminarla c’è il Messia, la Stella del Mattino, che tutti invochiamo.
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