Austria
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Un tempo centro di potere del vasto Impero austro-ungarico, l’Austria fu ridotta a una piccola
repubblica dopo la sua sconfitta nella prima guerra mondiale. “Annessa” dalla Germania nazista nel
1938, l’Austria venne occupata dagli eserciti delle potenze occidentali e dall’Unione Sovietica fina
alla firma nel 1955 del trattato di pace (Trattato di Stato) che ne sancì la neutralità permanente.
Paese tradizionalmente prospero e pacifico, l’Austria ha sempre avuto un importante ruolo di
cerniera fra Europa centrale e Europa orientale facendo sentire la sua influenza commerciale e
culturale anche nella penisola balcanica.
L’Austria è una repubblica federale il cui Presidente (attualmente Thomas Klestil) viene eletto a
suffragio universale ogni sei anni. Il potere legislativo affidato ad un’assemblea federale bicamerale
composta da un Bundesrat e da un Nationalrat.
Dopo la formazione del nuovo governo austriaco comprendente Jörg Heider, uscito vittorioso dalle
elezioni legislative dell’ottobre 1999, la presidenza portoghese del Consiglio europeo, a nome di
quattordici stati membri, annuncia l’interruzione dei rapporti diplomatici bilaterali con l’Austria,
accusata di ospitare nelle fila del suo governo un partito, il Freiheitliche Partei Österreich (FPÖ), il
cui leader Heider fa corrente uso di retorica razzista e xenofoba. Nel settembre 2000 le sanzioni
vengono ritirate dopo la stesura di un rapporto (da parte di Martti Ahtisaari, Jochen Frowein,
Marcelino Oreja) in cui si rivela che il governo austriaco non ha attuato alcuna politica in contrasto
con le norme internazionali vigenti in materia di rispetto dei diritti umani e delle minoranze. Il
rapporto condanna invece le dichiarazioni razziste e xenofobe di Heider e invita l’UE a trovare delle
“soluzioni istituzionale” per monitorare il comportamento di ogni stato (…), nel quadro dei valori
europei comuni” e un sistema di prevenzione di “ogni forma diretta o indiretta di discriminazione o
xenofobia”.
Belgio
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L’indipendenza del Belgio risale al 1830, quando il paese si staccò dai Paesi Bassi, ai quali era
stato unito durante il Congresso di Vienna. Dopo aver subito due occupazioni da parte della
Germania durante la prima e la seconda guerra mondiale, il Belgio è diventato nel secondo
dopoguerra un paese prospero e tecnologicamente avanzata. Le tensioni fra i fiamminghi (che
abitano nel nord del paese e parlano il fiammingo, una varietà del neerlandese) e i vallonifrancofoni (insediati nella parte meridionale) ha portato recentemente a emendamenti costituzionali
che concedono a queste due regioni una vasta autonomia. Capitalizzando sulla sua posizione
geografica al centro dell’Europa, il Belgio, dotato di una diversificata base industriale, è diventato
un importante snodo commerciale internazionale. La scelta di Bruxelles come “capitale” delle
Comunità europee fin dal 1958, ha dato un notevole impulso allo sviluppo economico e urbanistico
(non sempre tra i più felici) della capitale, ricca invece di notevoli testimonianze dell’epoca
“Liberty”.
Il Belgio è una monarchia costituzionale (il re attuale è Alberto II) dove il potere legislativo è
affidato ad un Parlamento bicamerale formato da Senato e Camera dei Deputati. Le elezioni del
giugno 1999 hanno dato vita a una coalizione di governo in cui sono presenti partiti a base etnica,
liberali e socialisti. A seguito della revisione costituzionale del 1993, esistono oggi in Belgio tre
livelli di governo: federale, regionale e di comunità linguistica), caratterizzati da una complessa
distribuzione dei poteri.
Danimarca
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La Danimarca è una monarchia costituzionale (l’attuale regina è Margrethe II) il cui Parlamento,
eletto per quattro anni a suffragio universale, è unicamerale (Folketing). Al suo interno viene
nominata una Commissione per le relazioni commerciali (Markedsunvalget) che controlla l’operato
del governo in relazione agli affari comunitari. Unico caso fra i paesi europei, questa Commissione
dà istruzioni praticamente vincolanti ai Ministri danesi in merito alle posizioni che essi devono
assumere nell’ambito del Consiglio dell’Unione. È un modo originale e efficace per far fronte al
supporto del deficit democratico dell’Unione, senza richiedere un aumento dei poteri del
Parlamento europeo.
La Danimarca, dopo aver avanzato per due o tre volte la propria candidatura all’ingresso nelle
Comunità europee, nel 1961 e nel 1967, viene ufficialmente ammessa nel 1973. Il rapporto con
l’Europa sarà però sempre conflittuale, nutrito da una atavica paura nei confronti della dominazione
tedesca: la Danimarca non dimentica di aver dovuto cedere ben un terzo del suo territorio, quello
più fertile, alla Prussica nel 1864, né dimentica l’invasione nazista durante la seconda guerra
mondiale. D’altra parte la Danimarca è cosciente dell’importanza della Comunità come mercato di
sbocco dei suoi prodotti agricoli. Spinge i danesi a assumere un’attitudine critica nei confronti
dell’Unione europea anche l’orgogliosa rivendicazione della superiorità del proprio modello di vita
(the Danish way of life), basata su un solido sistema di welfare, una stretta collaborazione fra
esecutivo, legislativo, e magistratura e una serena consapevolezza delle proprie virtù civiche
(secondo l’organizzazione Transparency International la Danimarca è il paese con minor corruzione
al mondo).
Questo porta la Danimarca a respingere nel 19921 con referendum il Trattato di Maastricht,
posizione ribaltata nel 1993, grazie all’introduzione di alcune clausole che lasciano al paese la
libertà di dissociarsi dall’Unione economica e monetaria e da altre istanze integrative più avanzate
(opting out). Rifacendosi a queste clausole, la Danimarca nel 2000 respinge, sempre attraverso
referendum, l’ipotesi di entrare a far parte della zona cosiddetta “euro”.
Finlandia
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Poco dopo la rivoluzione bolscevica russa la Finlandia proclama la propria indipendenza (1919) e,
con l’aiuto delle truppe tedesche, estende i propri confini in Camelia e nel nord. Attaccata
dall’Unione Sovietica nel 1939, pur privata dei territori conquistati all’indomani della dichiarazione
di indipendenza, riesce a difendere con successo la propria sovranità nazionale. Da allora la
Finlandia, militarmente neutrale, conduce una politica di buon vicinato con l’Unione Sovietica,
bilanciata da una cooperazione costante con i paesi scandinavi e l’Occidente europeo. La sua
economia è basata essenzialmente sullo sfruttamento forestale e sulle industrie collegate alla
lavorazione del legno e della carta. Di notevole importanza sono le industrie elettroniche e delle
telecomunicazioni (Nokia).
La Finlandia è una repubblica parlamentare dotato di un parlamento unicamerale (Eduskusta) eletto
con sistema proporzionale. Il presidente (attualmente Tarja Halonen, già Ministro degli Esteri social
democratico, la prima donna ad essere eletta capo dello Stato in Finlandia) è eletto a suffragio
universale ogni sei anni. Fanno parte dell’attuale governo “arcobaleno” emerso dalle elezioni del
1999 una serie di partiti che vanno dall’alleanza di sinistra al partito della coalizione nazionale
(conservatore), passando dal partito social democratico che rimane il partito con maggior numero di
consensi.
La recessione europea dell’inizio degli anni novanta e il collasso dell’Unione Sovietica hanno
duramente colpito la Finlandia. A partire dalla metà degli anni novanta, data dell’ingresso della
Finlandia nell’UE (1995), il Paese ha iniziato la sua ripresa economica e il risanamento del bilancio,
accompagnato, tuttavia, da un tasso ancora elevato di disoccupazione (11% nel 1999). La Finlandia
è tra gli undici paesi della zona euro. Più di metà delle esportazioni finlandesi va verso i paesi
dell’UE e quasi il 60% delle importazioni proviene dalla stessa zona. Secondo l’organizzazione
Transparency International, la Finlandia segue la Danimarca nella classifica dei paesi con il minor
grado di corruzione (nel governo e nel mondo del lavoro).
Francia
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Culla della cultura illuminista, la Francia è un paese di forti passioni politiche. Dopo la Rivoluzione
del 1789 e l’esperienza napoleonica (1799-1815), viene restaurata la monarchia borbonica fino alla
nuova insurrezione popolare del 1848 che porta all’instaurazione della breve e sofferta II
Repubblica. L’imperatore Napoleone III cade travolto dalla sconfitta di Sedan contro la Prussia e
dalla ondata rivoluzionaria della Comune di Parigi (1871). La Giovane Repubblica deve accettare la
cessione della Germania di Alsazia e Lorena, Territori che riacquisterà dopo la I guerra mondiale.
La fine dell’ottocento è caratterizzata da una vivace conflittualità politica interna, da un intenso
sviluppo industriale e da una forte espansione coloniale.
Vittoriosa durante la prima guerra mondiale, la Francia subisce un devastante attacco tedesco nel
maggio 1940, che porta, in poche settimane, alla disfatta del paese. De Grulle costituisce a Londra il
“Comitato Francia Libera” e organizza reparti militari nelle colonie per combattere a fianco degli
Alleati. Questo suo ruolo garantisce un’ampia popolarità che, dopo gli anni di eclisse seguiti alla
chiusura del conflitto, viene messa a frutto nel 1958, quando assume la carica di Primo Ministro.
Redatta una nuova Costituzione che reggerà la V Repubblica, de Grulle viene eletto Presidente
(1958), carica che manterrà fino al 1969. Gestisce con fermezza la decolonizzazione algerina (1962,
proclamazione dell’indipendenza), tema sul quale era caduta la IV Repubblica; con altrettanta
risolutezza affronta i rapporti con gli Stati Uniti con i quali mantiene un atteggiamento di severa
critica.
Dal 1958 la Francia è una Repubblica presidenziale il cui Presidente, eletto a suffragio universale
per sette anni (Attualmente Jacques Chirac) è capo del potere esecutivo e nomina il Primo Ministro.
Il Parlamento è bicamerale: Assemblea nazionale (eletta opgni cinque anni a suffragio universale) e
Senato (eletto ogni nove anni e rinnovato parzialmente ogni tre a suffragio indiretto). Il paese è
suddiviso in 96 dipartimenti raggruppati dal 1960 in 22 regioni. Le due colonie ancora dipendenti
dalla Francia sono stata in parte equiparate ai dipartimenti (Guadalupa, Martinica, Guyana francese
e Réunion godono di rappresentanza parlamentare), in parte dotate di forme minori di autogoverno
(Nuova Caledonia, Wallis e Futunia, Terre australi e antartiche francesi, Polinesia francese), mentre
St-Pierre e Miquelon e Mayotte sono collettività territoriali.
Germania
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La Germania è nell’ottocento teatro di profondi mutamenti geopolitica, sociali ed economici.
L’unificazione doganale, iniziata nel 1834, favorisce la nascita dello stato nazionale, all’interno del
quale si sviluppa una rapida industrializzazione. Sotto l’egemonia prussiano si compie il passaggio
da Confederazione ad Impero nel 1871. L’avvento del regime nazista, nel 1933, è un tragico
esempio di periodo che, sempre, corre la democrazia in tempi di crisi economica ed esasperato
nazionalismo e un monito per quelle potenze che, all’indomani della prima guerra mondiale,
avevano sottoposto il paese ad una serie di pesanti misure “punitive”. La vicenda dei campi di
concentramento e della shoà ha profondamente segnato non solo le comunità, ebra in primis, contro
cui la politica di sterminio viene perpetrata, ma la coscienza tedesca ed europea tutta.
La riconquista della democrazia dopo la seconda guerra mondiale è stata accompagnata dalla
frattura del paese in due entità politiche distinte (un popolo, due paesi, come ebbe a dire anni dopo
Willy Brandt), la Repubblica Federale Tedesca (RFT) e la Repubblica Democratica Tedesca (RDT).
Sotto la guida di Konrad Adenauer, uno dei “padri fondatori” delle Comunità europee, la RFT si è
ancorata saldamente al sistema occidentale e è riuscita a trasformare l’atavica rivalità con la Francia
in una solida e proficua collaborazione economica e politica, alla base del processo di integrazione
europea. Nel 1990, a seguito dello sgretolamento dell’impero sovietico, le due Germanie si sono
riunificate, venendo a costituire l’entità geopolitica di maggior rilievo all’interno dell’Unione
europea.
La Germania è una repubblica parlamentare il cui presidente (Johannes Rau) viene eletto con
scadenza quinquennale dal parlamento federale composto da una Camera dei Deputati (Bundestag)
e da un Consiglio Federale (Bundesrat), in cui siedono membri designati dai singoli Stati
Confederati (Länder), dotati di ampie competenze in merito all’istruzione, al diritto civile e penale,
alla legislazione economica ed al lavoro. Dal 1990, data dell’unificazione, la Germania comprende i
territori che dal 1949 costituivano Repubblica Democratica Tedesca (RDT). Ai 10 Länder che
costituivano la “Germania occidentale” se ne sono aggiunti 5 nuovi, mentre Berlino ha recuperato il
ruolo storico di Capitale. Il Cancelliere tedesco deve avere la fiducia del Bundestag e non può
essere destituito senza previa designazione del suo successore (“sfiducia costruttiva”). Il metodo
venne utilizzato per la prima volta nel 1982, portando alla caduta della coalizione fra Socialdemocratici e Liberali, diretta da Hemult Schimdt, e l’avvento di un nuovo governo guidato da
Helmut Kohl, in cui i liberali si allearono con i cristiano-democratici.
Quasi dieci milioni di tedeschi sono stati espulsi al termine della seconda guerra mondiale dai
territori ceduti alla Polonia ed all’Unione Sovietica ed altri due milioni e cinquecento sono emigrati
volontariamente dalla RDT fino alla costruzione del Muro di Berlino (1961). In contro tendenza,
dagli anni sessanta, si è accentuata l’immigrazione dai paesi dell’Europa mediterranea (dapprima
dall’Italia, poi dalla Spagna, Grecia, Jugoslavia, Turchia) a causa della forte richiesta di mano
d’opera. Al terzo posto tra i paesi maggiormente sviluppati, la Germania si è contraddistinta per un
rapido sviluppo industriale durante il XX secolo, accelerato dopo la seconda guerra mondiale. Il
successo industriale tedesco si è consolidato grazie all’esistenza di un patto sociale tra imprese e
sindacati che garantisce una bassa conflittualità sociale.
La RFT ha giocato un ruolo di rilievo nella nascita delle Comunità europee, ruolo legato soprattutto
al nome del primo Cancelliere della repubblica, Konrad Adenauer (1876-1967), in carica nel
periodo formativo delle Comunità, dal 1949 al 1963. La sua devozione alla causa europea, dettata
da una serie di considerazioni ideali, politiche ed economiche , non gli impedì di mantenere ottimi
rapporti con gli Stati Uniti, da cui la RFT trasse benefici in termini di aiuti e protezione militare. Fu
legato da amicizia a de Grulle, con l quale stipulò nel 1963 il Trattato di amicizia franco-tedesca.
Un altro personaggio il cui nome è intimamente legato al processo comunitario è Walter Hallstein;
accademico, divenne adviser di Adenauer nel 1950 e, successivamente, Ministro degli Esteri. Nel
1958 fu nominato primo Presidente della Commissione, incarico che ricopri per nove anni dando
uno straordinario impulso all’attività della neonata istituzione. Celebri le sue battaglie con de Grulle
che lo accusava di voler sottrarre potere ai governi, a favore dei propri funzionari “senza patria”.
Gran Bretagna
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La Gran Bretagna, potenza industriale marittima senza rivali fino a tutto l’ottocento, ha giocato un
ruolo di primo piano nello sviluppo della democrazia parlamentare e nella promozione della
letteratura e della scienza. La prima guerra mondiale e la crisi economica coincidente con il declino
del carbone come principale fonte energetica, indeboliscono il paese la cui supremazia nel settore
industriale e finanziario lascia il posto a quella americana. La seconda guerra mondiale segna il
compimento della trasformazione britannica da potenza mondiale a paese più legato a interessi di
tipo regionale. Nell’immediato dopoguerra il partito laburista (al governo dal 1944 al 1951) avvia
una politica di vaste riforme sociali e di interventi statali, nazionalizzando servizi e industrie
strategiche per lo sviluppo economico. Contemporaneamente, il processo di decolonizzazione, già
iniziato nel periodo fra le due guerre subisce, una forte accelerazione mentre tutti i dominions
(legati alla Gran Bretagna dal 1931 entro il Commonwealth) conquistano uno status indipendente.
Il sistema di governo britannico non è disciplinato da una costituzione scritta, ma è fondato su atti e
consuetudini (common law), alcune delle quali di origine medioevale. La Gran Bretagna è una
monarchia costituzionale (l’attuale regina è Elisabeth II), in cui il potere legislativo è esercitato ,
nominalmente, da un Parlamento bicamerale; in realtà la Camera dei Lord (di cui fanno parte
membri a titolo ereditario, per ufficio o nominati a vita) ha perso da tempo ogni effettivo potere a
vantaggio della Camera dei Comuni. Nel 1997, a seguito della vittoria laburista, è stato avviato un
processo di autonomia regionale in Scozia e Galles. Rimangono colonie inglesi piccoli territori
nell’Oceano indiano, al largo delle coste africane e di quelle dell’America latina e in altre zone
remote del globo.
L’adesione della Gran Bretagna alle Comunità europee è sempre stata controversa. La Gran
Bretagna si caratterizza per una struttura produttiva incerta nel settore terziario, in cui bassissima è
la percentuale della forza lavoro impegnata in agricoltura; per questo motivo, la Gran Bretagna ha
usufruito in maniera assai limitata degli ingenti fondi che la Comunità spende a favore dei propri
agricoltori. Questo motivo, oltre a quelli legati alla diversa vicenda storica della Gran Bretagna e
allo scetticismo dei suoi cittadini nei confronti della democraticità delle istituzioni di Bruxelles,
spiega l’attitudine critica del paese (che non partecipa, ad esempio all’euro) verso molti degli
sviluppi comunitari e l’alto tasso di astensionismo che caratterizza le votazioni per il Parlamento
europeo.
Grecia
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Come scriveva Markos Ranieris nel 1842, “nell’antichità, la Grecia si trovava tra l’Europa e l’Asia,
e ora succede lo stesso. La civilizzazione greca era all’epoca un prodotto di quella orientale” però
“la Crecia, come natura, come civiltà e come missione storica, faceva parte dell’Occidente e non
dell’Oriente”. E così nell’Ottocento si pensava che “l’europeinizzazione, lungi dall’essere una
minaccia, avrebbe resuscitato la vera natura dell’ellenismo, perseguitato dalla denominazione
straniera e dalla barbarie orientale che l’aveva subito dalla storie e voluto dall’uomo (Ulisse),
rappresenta un ponte fra Occidente e Oriente e un tentativo perenne di reinterpretazione delle
proprie radici.
La Grecia è stata la prima nazione europea a chiedere, fin dal giugno 1959, di essere in qualche
modo “associata” alla Comunità Economica Europea (CEE). Da allora la parola “associazione”
entra nel linguaggio comunitario per indicare una relazione fra le Comunità e uno stato terzo,
disciplinata da un accordo complessivo diretto a salvaguardare, nelle aree di competenza dei trattati,
gli interessi del paese associato. Nel caso greco, essa si sostanzia nella parziale apertura reciproca
dei mercati e in una serie di aiuti concessi al paese.
A seguito del colpo di stato dei “colonnelli” dell’aprile 1967, su energica insistenza della
Commissione, l’accordo viene sospeso. Dopo il ripristino della democrazia nel 1974, in seguito al
maldestro tentativo delle dittatura di imporre un’unione con Cipro (enosis) e alla conseguente
invasione turca della zona nord dell’isola, il Primo Ministro Costantino Caramanlis, avanza
domanda per entrare nella Comunità nel 1975. Caramanlis aveva stretto durante l’esilio francese, un
solido legame di amicizia con il presidente Giscard d’Estaing, che si rivelerà utile nel corso delle
lunghe e laboriose trattative che porteranno, nel 1981, all’accesso del paese alle Comunità.
Il Capo dello Stato greco (attualmente Costantino Stefanopoulos) è eletto dal Parlamento per un
periodo di cinque anni. Repubblica parlamentare dal 1974, la Grecia è retta da un Parlamento
unicamente rinnovato dopo le lezioni nel febbraio 2000 che hanno visto il partito socialista superare
di poco quello denominato “nuova democrazia”. Il paese è suddiviso in 13 regioni; il monte Athos
nella Penisola Cacidica costituisce una repubblica monastica autonoma in territorio greco. Paese
tradizionalmente marittimo, vanta una marina mercantile al primo posto in Europa e tra le prime al
mondo per numerosi di navi e stazza. Nonostante gli sforzi di modernizzazione dell’agricoltura e la
recente industrializzazione, il paese mantiene una forte dipendenza dall’estero. Gran parte
dell’attività industriale è concentrata nella zona di Atene e Salonicco.
Irlanda
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L’isola, la cui millenaria cultura è legata a radici celtiche (IV-II sec. a.C.) e al fiorire dei centri
monastici nel V-VI sec. d.C., ha una grande tradizione di lotta per l’indipendenza. La rivolta fallita
del “lunedì di Pasqua” (1916), guidata dal Sinn Fein, dà inizio a un periodo conflittuale che termina
nel 1921 con l’indipendenza concessa dal Regno Unito con lo statuto di dominion alle ventisei
contee del sud, in prevalenza cattoliche. Le sei del nord (Ulster), in prevalenza protestanti
rimangono parte della Gran Bretagna. De Valera nel 1937 fa approvare la Costituzione che sancisce
l’indipendenza dell’Irlanda del sud con il nome di Eire, che nel 1948. si stacca dal Commonwealth.
Dopo lunghe trattative, nel 1998 è raggiunto un accordo con la Gran Bretagna che prevede la
concessione di un’ampia autonomia dell’Irlanda del nord, la formazione di organismi congiunti e il
riconoscimento del diritto all’autogoverno.
L’Irlanda è una repubblica parlamentare il cui presidente (attualmente Mary McAleese) è eletto a
suffragio universale ogni sette anni. Esiste un parlamento bicamerale composto da Senato e Camera
dei Rappresentanti. La densità di popolazione del paese è tra le minori d’Europa, mentre assai
elevata è la percentuale di popolazione giovane (il 50% degli abitanti ha meno di 29 anni). Il 10%
della popolazione è impiegata in agricoltura e grande rilievo ha assunto la zootecnia –prati e
pascoli coprono il 40% del territorio.
L’Irlanda ha molto beneficiato dell’ingresso nelle Comunità europee, in termini di garanzia dei
prezzi per i propri prodotti agricoli e di fondi strutturali; in effetti l’Irlanda è stata, fra i paesi
europei, quello che li ha meglio utilizzati, ottenendo non solo dei tassi di crescita elevatissimi (la
variazione annua nel 1997 è stata ad esempio il 9.7%), ma procedendo alla realizzazione di progetti
di grande visibilità e allo sviluppo di programmi tecnologici importanti – spesso centrati attorno a
“parchi tecnologici”, come ad esempio quello di Limerick. L’Irlanda, fra l’altro, è il primo
produttore europeo di personal computer. Gli incentivi concessi alle società industriali e finanziarie
e la flessibilità del mercato del lavoro hanno attirato in Irlanda anche molti investimenti esteri.
Italia
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L’Italia terra di forti tradizioni “comunali” e di cultura cattolica, di lotte ataviche fra Papato e
Impero, raggiunse l’unità nel 1861. Sotto il peso dei problemi sociali, finanziari, amministrativi e
internazionali conseguenti all’unificazione, l’Italia ebbe un decollo economico più lento rispetto a
quello dei vicini. Inizialmente neutrale durante il primo conflitto mondiale, il governo italiano,
denunciati gli accordi che lo legavano ad Austria e Germania (1882), entrò in guerra a fianco della
Intesa. Allargò, in seguito ai Trattati di pace, i propri confini per comprendervi Venezia Giulia,
Istria (salvo Fiume annessa con Zara nel 1924), Trentino ed Alto Adige.
Il sistema democratico liberale affermatosi fin dall’inizio del secolo fu vittima delle degenerazioni
nazionaliste e autoritarie emerse a seguito della crisi sociale economica e politica che scosse il
paese negli anni successivi alla chiusura del conflitto. Il regime fascista, entrato nel conflitto nel
1940, dopo un primo momento di neutralità, a fianco della Germania nazista, cadde sotto il peso
della drammatica sconfitta militare. La nuova Repubblica emersa dal referendum istituzionale
(1946) nacque dalla spinta ideale della Resistenza e dal dibattito politico degli anni immediatamente
successivi alla chiusura del conflitto.
Fin da subito, la Repubblica italiana si distinse per un’adesione piena agli ideali internazionalisti.
L’articolo 11 della Costituzione del 1948 recita infatti “L’Italia ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Negli anni cinquanta, il governo italiano, sotto la guida di Alcide De Gasperi (1881-1954), figura
di spicco della Democrazia Cristiana, si è contraddistinto per una posizione di europeismo
incondizionato. L’europeismo italiano, pur sorretto da una forte componente ideale, è stato anche un
modo per procedere alla modernizzazione economica del paese e reintegrarlo nel circuito
commerciale europeo da cui le politiche antartiche del fascismo l’avevano escluso.
L’Italia è una Repubblica parlamentare dal 1946; il Presidente (attualmente Carlo Azeglio Ciampi)
è eletto dal Parlamento convocato a camere riunite, per sette anni. Il Parlamento è composto da due
camere: Senato della Repubblica e Camera dei Deputati che rimangono in carica cinque anni. Le
elezioni politiche generali sono previste per il marzo 2001. Il Paese è diviso, amministrativamente,
in venti regioni, di cui cinque a statuto speciale: Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle
d’Aosta, Sicilia e Sardegna. Lo Stato ha svolto storicamente un ruolo importante nel sostenere
l’economia del Paese, intervento che si è accentuato durante la crisi mondiale degli anni trenta,
periodo in cui venne istituito l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che incorporò aziende
e banche in difficoltà. Nel dopoguerra l’IRI, consolidando il proprio ruolo, venne affiancato da altri
organismi pubblici operanti nel settore energetico (ENEL) e petrolchimico (ENI). La presenza
pubblica è stata ridotta a partire dagli anni novanta.
L’economia italiana, tra quelle industrialmente più avanzate, si caratterizza per alcune
contraddizioni strutturali fra cui la principale è quella relativa al divario esistente fra regioni
settentrionali sviluppate e quelle meridionali, per molti aspetti arretrate. Anche il tasso di
disoccupazione presenta forti squilibri: il 50% degli occupati si concentra infatti in cinque regioni
(Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana). Un certo dualismo si evidenzia anche
nella tipologia dei settori produttivi entro i quali ne spiccano alcuni a vocazione tecnologicamente
avanzata (meccanica, elettronica, ecc…) accanto ad altri relativamente arretrati. Il settore agricolo è
quello che ha tratto il minor giovamento dal complessivo sviluppo italiano del dopoguerra.
Nonostante le rilevanti trasformazioni, permane un grande frazionamento della proprietà (il 75%
della superficie è a conduzione diretta e le proprietà hanno spesso dimensioni inferiori ai cinque
ettari) che ha determinato un lento ammodernamento tecnologico. L’abbandono di forme
tradizionali di conduzione, quali la mezzadria, ha portato d’altronde ad un processo di
spopolamento delle zone collinari e montane.
L’Italia è comunemente ritenuta uno dei paesi più “europeisti”. Il paese,m uscito impoverito e
sconfitto dal secondo conflitto mondiale, aveva tutto l’interesse, negli anni cinquanta, a
riconquistare sbocchi commerciali per le proprie merci. Il governo, d’altronde, di fronte alle
aspettative di un popolo stanco di guerre, aspirava ad acquistare visibilità politica a livello
internazionale, inserendosi in un progetto con spiccate finalità pacifiche, che venisse facilmente
compreso e amato, dai propri cittadini. Così infatti è successo per un popolo, come quello italiano,
tradizionalmente poco incline allo sciovinismo nazionalista e il cui senso di lealtà verso lo stato è
blando.
A questo europeismo diffuso non è sempre corrisposta una capacità di intervenire nel processo
decisionale di Bruxelles; Questa incapacità, in parte legata al rapido susseguirsi di governi instabili,
ha fatto sì che non sempre l’Italia abbia saputo trarre dalle politiche i benefici che avrebbe potuto.
È soprattutto nella produzione teorica di matrice federalista che l’Italia vanta una tradizione di tutto
rispetto, che ne fa un attore di primo piano delle battaglie europeiste. La galassia federalista italiana
è composita: Altiero Spinelli non è che la punta di un iceberg fatto di storici, teorici politici, filosofi
ed economisti accomunati da un irreprensibile rigore morale e da una grande generosità
intellettuale. È quindi nella tradizione di pensiero, più che nell’attività politica all’interno delle
istituzioni europee, che l’Italia , fino a poco tempo fa, ha espresso al meglio la propria adesione
all’Europa. Dal 1999, con la nomina a Presidente della Commissione di Romano Prodi, affiancato
dal Commissario per la Concorrenza Mario Monti, l’Italia ha acquistato un posto di grande rilievo
istituzionale, in un momento cruciale dello sviluppo comunitario, alle prese con “approfondimento”
(dell’integrazione comunitaria) e “allargamento” (dei confini e delle competenze).
Lussemburgo
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Contea di origine feudale, poi granducato, il Paese passò nel corso dei secoli sotto varie
dominazioni (Spagna, Austria, Francia). Al Congresso di Vienna (1815) il Lussemburgo diventò
Granducato, assegnato a titolo personale al re dei Paesi Bassi, legame sciolto nel 1890. indipendente
dal 1867, il paese, nonostante la dichiarata neutralità, fu invaso e occupato dalla Germania durante
le due guerre mondiali.
Il Lussemburgo è una monarchia costituzionale (l’attuale sovrano è il granduca Jean di Borbone) in
cui il potere esecutivo spetta al governo, responsabile di fronte alla Camera dei Deputati. Diviso
amministrativamente in dodici cantoni, il Lussemburgo deve la sua ricchezza al settore terziario (la
legislazione fiscale favorevole ha attirato nel paese capitale e società finanziarie straniere) e alla
produzione siderurgica.
È iniziativa del Capo di Governo e Ministro delle Finanze Pierre Werner nel 1970 che accende i
riflettori su Lussemburgo, paese che partecipa in maniera riservata al processo di attuazione della
CEE e di Euratom. Werner si fa promotore di un pian che anticipa, per molti versi, il Rapporto
Delors del 1989 sull’Unione economica e monetaria.
Paesi Bassi
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Paese di tradizione culturale aperta e tollerante, i Paesi Bassi vivono uno sviluppo prodigioso nel
seicento, quando tramite la potente flotta mercantile e la Compagnia delle Indie Orientali riescono a
conquistare l’egemonia dei commerci con l’Estremo Oriente. Dopo il Congresso di Vienna, Belgio
e Olanda vengono riunificati per creare un forte stato ai confini settentrionali della Francia. La
rivoluzione belga porta, nel 1830, alla formazione di due regimi indipendenti. Notevoli sono le
conquiste democratiche raggiunte all’inizio del ventesimo secolo, come quella del suffragio
universale maschile, introdotto nel 1917, ed esteso l’anno successivo alle donne. Neutrali durante la
prima guerra mondiale, i Paesi Bassi subiscono l’aggressione tedesca durante la seconda guerra
mondiale. Dopo la liberazione, posto termine all’aspro conflitto coloniale con l’Indonesia, il paese
vive una rapida ripresa economica incentrata sullo sviluppo industriale e sull’importante attività
portuale di Rotterdam, il primo porto commerciale del mondo.
Monarchia costituzionale (l’attuale regina è Beatrice I), i Paesi Bassi sono guidati da un governo il
cui Primo ministro è leader della maggioranza. Il potere legislativo è affidato ad un Parlamento
bicamerale formato da una Prima Camera, eletta per via indiretta e una Seconda Camera, eletta a
suffragio universale. I Paesi Bassi hanno una densità di popolazione tra le più alte del mondo
dovuta anche a un consistente fenomeno di immigrazione. Appartiene ai Paesi Bassi, pur dotato di
ampia autonomia, il territori d’oltre mare delle Antille Olandesi. Dopo essere stato per decenni
affidato al partito cristiano-democratico, dal 1994, il governo è formato da una coalizione tra
laburisti, liberali conservatori e liberali progressisti.
La posizione geografica e la conformazione territoriale dei Paesi Bassi ne fanno un paese esposto
alle invasioni dell’est. Questa debolezza, rivelatasi fatale durante la seconda guerra mondiale,
permane anche dopo il 1945 e si fa particolarmente evidente dopo l’avvio della guerra fredda, in
presenza di forze militari europee di gran lunga inferiori rispetto a quelle presenti nell’area di
influenza sovietica. Per questo l’Olanda è, prima di tutto, atlantista, ovvero desiderosi di vedere
garantita la sua sicurezza attraverso la protezione americana. Questo induce il paese ad avere una
posizione estremamente prudente nei confronti del progetto di Comunità europea di difesa, uno dei
primi progetti di integrazione europea, fallito nel 1954. Paese produttore e esportatore agricolo,
l’Olanda è invece interessata ad un’unione doganale che le permetta di importare materie prime,
beni di consumo di cui necessita in un regime di libero scambio. Nel 1947 crea con Belgio e
Lussemburgo un’unione doganale che diventerà una reale unione economica nel 1958 (Benelux).
Fin dal 1952 Jan Willem Beyen, Ministro degli Affari Esteri, predispone un progetto di unione
doganale esteso all’Europa che prevede l’abbattimento delle tariffe e delle quote tra i paesi aderenti
e l’imposizione di una tariffa esterna comune; inizialmente respinto confluisce poi nel rapporto
Spaak, alla base dei Trattati di Roma.
La parola d’ordine di Beyen è: no all’integrazione politica senza integrazione economica, motto in
cui si evidenzia l’importanza del fattore economico come spinta all’adesione olandese
all’integrazione.ciò non toglie che, nel corso del processo integrativo europeo, l’Olanda abbai
spesso giocato, assieme all’Italia, il ruolo di fautore spassionato dell’integrazione vista con favore
dalla maggior parte della popolazione.
Portogallo
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Terra di arditi navigatori, il Portogallo vive il suo periodo d’oro fra il XV ed il XVI secolo, quando,
dopo l’apertura di nuove vie commerciali con l’Oriente, estende il proprio impero marittimo e
coloniale dal Brasile alle isole di Capo Verde all’Asia meridionale e orientale. Tra vicende alterne,
il paese perde poco a poco, nei secoli successivi, lo status di un tempo, perdita simboleggiata dal
drammatico terremoto di Lisbona del 1755. una rivoluzione nel 1910 destituisce la monarchia e
proclama la repubblica che avrà vita difficile sotto gli effetti dei contrasti sociali dovuti alla
partecipazione della prima guerra mondiale e alla travagliata situazione finanziaria.Dal 1932 il
paese è governato da un regime autoritario sconfitto nel 1974 da un colpo di stato militare dell’ala
progressista dell’esercito (“Rivoluzione dei garofani”), che conduce anche alla drammatica
liquidazione di ciò che resta dell0’impero coloniale.
Il Portogallo, finis terrae europeo, è uno dei paesi più poveri dell’Unione, in termini di reddito pro
capite, di tasso di mortalità infantile e di scolarizzazione. La sua economia si basa prevalentemente
su imprese e capitali stranieri (soprattutto anglo-sassoni e tedeschi). Il Portogallo si integra
parzialmente nella comunità internazionale fin dalla fine della seconda guerra mondiale, entrando
nell’ONU e nel Patto Atlantico (nonostante la dichiarata natura democratica dei governi che ne
fanno parte) e in altri consessi internazionali. Il Pirmo Ministro portoghese Mario Soares avanza la
richiesta di ingresso nella Comunità nel 1977, per stabilizzare politicamente ed economicamente il
giovane regime democratico. Tutte le forze parlamentari, ad eccezione del partito comunista, votano
la ratifica per l’adesione, quando questa viene accordata, nel 1985. dal 1988, il Portogallo ha
usufruito di un sostanzioso invio di fondi strutturali che hanno contribuito alla realizzazione
economica del paese.
Nell’ideologia di A. de Oliveira Salazar, Presidente del Consiglio dal 1932 al 1968, l’idea di Europa
riveste un ruolo importante: non si tratta di un progetto geopolitica, ma di un “patrimonio culturale”
proprio all’Occidente, un Occidente di matrice cattolica e antidemocratica, basato su valori
tradizionali dell’autoritarismo e corporativismo. In quest’anno. In quest’ottica l’Unione Sovietica
viene percepita come anti-Europa e, quindi, di rimando, l’Europa di Salazar si connota sempre,
prima di tutto, come una barriera contro il comunismo. Salazar critica apertamente, fin dal loro
nascere, le Comunità europee, mentre aderisce fin dal 1960, per motivi puramente economici, alla
zona di libero scambio (EFTA) creata dalla Gran Bretagna.
Il Portogallo è una Repubblica parlamentare il cui Presidente (attualmente Jorge Sampaio) viene
eletto a suffragio universale. Il potere legislativo è affidato a un Parlamento unicamerale e, nel
gennaio 2001, si sono avute le elezioni politiche generali.
Spagna
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L’impero spagnolo, sviluppandosi dopo la scoperta dell’America (1492), subì un irreversibile
declino economico a partire dalla distruzione della Invencibile Armada al largo delle coste inglesi
nel 1588, dovuto a fattori economici e all’oscurantismo politico della Controriforma, si dichiarò
neutrale durante entrambe le guerre mondiali, ma visse una devastante guerra civile dal 1936 al
1939, terminata con la vittoria dei seguaci del franchismo. Inizio allora per la Spagna un lungo
periodo di dittatura conclusosi nel 1975 dopo la morte del dittatore, quando il sovrano Juan Carlos
di Borbone con l’appoggio delle forze liberali e progressiste ripristinò il regime democratico. La
Costituzione del 1978 cercò di rispondere alle spinte separatiste dei Paesi Baschi e della Catalogna
concedendo ampie autonomie regionali. Ciò nonostante il paese è ancora spesso scosso dall’attività
terroristica dell’ETA.
La Spagna è una monarchia costituzionale (l’attuale re è Juan Carlos I) a carattere semi federale. In
base alla costituzione del 1978, il potere legislativo spetta al Parlamento bicamerale (Cortes)
formato da Senato e Camera dei Deputati. L’unificazione del regno di Spagna, realizza sotto
l’egemonia casigliana a partire dal XV secolo, non ha eliminato la specificità culturale ed etnica di
molte regioni (Catalogna, Paesi Baschi, Galizia) che hanno vissuto esperienze storiche diverse,
sostenute da un diversificato sviluppo economico.
Dopo la seconda guerra mondiale, la Spagna è sottoposta dalla comunità internazionale a misure di
ritorsione politiche ed economiche a causa del suo regime autoritario. Il suo isolamento viene
spezzato dagli Stati Uniti che, nel 1953, stipulano con il paese un accordo bilaterale per
l’installazione di basi militari. Nella seconda metà degli anni cinquanta la Spagna viene ammessa
nell’organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) e, nel 1962 avanza una
richiesta di ingresso nella Comunità Economica Europea. Il timore di una contrazione delle
esportazioni agricole della Spagna verso i Paesi della Comunità, a seguito della politica agricola
protezionista dei sei, ha un peso importante nell’indurre il paese a questo passo. La Comunità,
considerando l’adesione ai principi democratici come prerequisito indispensabile per l’ammissione
di nuovi membri respinge la richiesta, ma stipula più tardi (1970) con il paese un accordo
preferenziale di tipo economico.
Dopo la costituzione della Junta democratica (1975), il dialogo con la Comunità viene ripreso. Cosa
significa per la Spagna essere europeista? Significa, nelle parole del diplomatico che ricoprirà il
ruolo di Ministro degli Esteri nella seconda metà degli anni settanta, “Aspirare a che il nostro paese
non rimanga ai margini del grande tentativo di far sì che il continente occidentale assuma un peso
nella politica internazionale odierna. E questo non solamente per ragioni economiche, ma in virtù di
una medesima interpretazione delle istituzioni pubbliche, dei modus vivendi, delle abitudini
culturali, delle regole della coabitazione politica (…) del consenso democratico, delle libertà
collettive e individuali, del riconoscimento esplicito della sovranità nazionale come fondamento
dell’ordine costituzionale, tutto questo costruisce un substrato comune che serve da base all’Europa
comunitaria”. Nel 1986 la Spagna diventa, assieme al Portogallo, membro della Comunità Europea.
Svezia
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La politica espansionista baltica messa in atto dalla Svezia durante il XVII sec. porta ad un
ampliamento territoriale del paese che termina nel settecento, secolo in cui il territorio svedese
subisce una sostanziale riduzione. Nell’ottocento contro Napoleone e contro la Danimarca, alla
quale sottrae la Norvegia (1814) prima di inaugurare un’ininterrotta politica di pace e neutralità.
Anche l’indipendenza della Norvegia (1905) si attua tramite un processo pacifico. Nel corso dei due
conflitti mondiali la Svezia è riuscita a mantenere la neutralità e l’indipendenza nazionale.
Il sistema economico svedese è caratterizzato da un notevole sviluppo dei settori ad alta tecnologia;
si è distinto per una forma di capitalismo in cui i profitti sono largamente distribuiti dallo stato
attraverso la leva fiscale e un sistema di assistenza pubblica tra i migliori del mondo. Questo
modello, propugnato dai governi social democratici succedutisi quasi ininterrottamente dalla fine
degli anni trenta fino al 1991, ha incontrato crescente difficoltà a partire dagli anni ottanta ed è
stato parzialmente modificato per allinearsi a quello degli altri paesi europei a partire
dall’insediamento dei conservatori al governo. La Svezia è una monarchia costituzionale
(attualmente il re è Carlo Gustavo XVI) dotata di un Parlamento unicamerale eletto a suffragio
universale ogni tre anni. Paese dal tasso di urbanizzazione assai elevato, ha una consistenza fascia
di popolazione in età avanzata. Il territori ricoperto da foreste per il 62% è molto povero di
combustibili; il fabbisogno energetico è assicurato per oltre il 50% da centrali nucleari. In ambito
industriale particolare rilievo hanno i settori ad alta tecnologia e le industrie metalmeccaniche
gestite con tecnologie di avanguardia. Il 14 marzo 2000 la Commissione europea ha bloccato il
progetto di fusione tra le industrie automobilistiche svedesi Volvo e Scania che avrebbe dato al
nuovo gruppo una posizione dominante sui mercati dei trasporti pesanti dell’Europa settentrionale.