Rosmini - WebDiocesi

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Rosmini diventa beato
Celebrazione il 18 novembre a Novara. Il filosofo dell’800 che voleva mostrare l’unità di fede e
ragione
Domenica 18 novembre a Novara diventa beato il filosofo - teologo dell’800 Antonio Rosmini, un
uomo che con la Santa Sede non ebbe vita facile finchè non venne ufficialmente riabilitato (vedi
box nella pagina).
La beatificazione sarà presieduta dal card. José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle
cause per i santi. Nato a Rovereto (Trento) il 24 marzo 1797, Rosmini è morto a il 1° luglio 1855 a
Stresa, a 58 anni. La causa di beatificazione è stata aperta nel febbraio 1994. Le sue spoglie mortali
riposano in una cripta della chiesa del SS. Crocifisso annessa al noviziato dell’Istituto di Stresa
(oggi in provincia di Verbania).
Attualmente sono 110 i padri della congregazione fondata da Rosmini e circa 100 le sorelle della
Provvidenza impegnati nelle missioni in Africa, Asia, Oceania e America Latina. I padri e le suore
operano insieme in Venezuela, in Tanzania e in India, mentre in Colombia sono presenti solo le
suore e in Nuova Zelanda e in Kenya solo i padri.
Del significato dell’evento parliamo con padre Umberto Muratore, direttore del Centro
internazionale di studi Rosminiani.
— Con quale spirito vive questa beatificazione?
Contrariamente a quanto vorrebbero far credere alcuni media, la beatificazione ormai imminente
non è vissuta dalla famiglia dei rosminiani come una sorta di sigillo su un’ingiustizia subita. Al
contrario, va inserita nelle vie scelte dalla Provvidenza per essere occasione di santificazione: ci si
può santificare anche attraverso l’incomprensione, l’attesa di un momento più propizio.
Rosmini aiuta l’uomo occidentale a riconciliarsi, nella ragione, con la fede, mostrando che al di
fuori di Dio la ragione stessa impazzisce. In questo senso, Rosmini si rivela un maestro peculiare
del nostro tempo, perché è proprio in nome della ragione che l’uomo si è allontanato da Dio.
— Rosmini e il poeta milanese Clemente Rebora: in che modo la “bellezza” unisce filosofia e
poesia?
Per Rosmini, la bellezza non è altro che un’eco, il simbolo del divino che si trasmette sull’uomo.
Come scrive nell’introduzione a Il divino nella natura, dedicata al Manzoni, per Rosmini il divino
che c’è nell’uomo diventa la comune origine sia del poeta che del filosofo: unite nel segno della
bellezza, la poesia e la filosofia sono come due ruscelli paralleli che scorrono sia nella filosofia di
Rosmini sia nella poesia di Rebora. Questo concetto di bellezza è riassunto poi in quello di santità:
a somiglianza della bellezza di Dio, l’uomo è immagine di Dio e più diventa santi, più diventa
bello.
— Una concezione “rivoluzionaria” della bellezza, in confronto al “modello” oggi prevalente...
Per Rosmini la tentazione più grossa del mondo moderno è chiudere l’uomo in se stesso, impostare
la propria vita senza avere il bisogno di Dio. Poiché la vera bellezza è invece relativa all’uomo
come immagine di Dio, non può essere intesa come forma assoluta, fine a se stessa: principio,
questo, che invece è predominante nel panorama culturale contemporaneo.
Se l’uomo non è capace di aprirsi al trascendente, la stessa bellezza viene vanificata perché non ha
un punto di riferimento, un fondamento.
La lezione di Rosmini a un mondo occidentale che rischia di ripiegarsi sempre più su se stesso, è
che se si perde la memoria dell’origine dei valori, anche la bellezza finisce per diventare una
bellezza malata, e soprattutto di non saper produrre altra bellezza”.
M. M. N.
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