Lezione 3 - 7 ottobre 2005
Si è detto che i romani chiamavano la loro lingua 'latino', all'interno dell'impero c'era una lingua
scritta fortemente codificata rispetto al parlato e una lingua parlata a tutti i livelli d'uso,
colloquiale più o meno colto. C'erano quindi, come succede ora, molte varietà diastratiche
della lingua.
Con i mutamenti del tardo impero e le invasioni barbariche, il sistema di cultura si sfalda, l'unità
dell'impero tende a disgregarsi, la lingua parlata, soprattutto al di fuori del controllo della
scuola, cambia notevolmente. La differenza di tipi di uso diventa sempre più accentuata. La
lingua parlata soprattutto dagli illetterati (analfabeti) diventa un'altra cosa. I cambiamenti sono
fenomeni di slittamento lento dei quali ci si rende conto solo a un certo momento.
Anche il latino scritto in questa fase ha un certo slittamento, tende a perdere la regolarità e la
codificazione del latino classico.
Nel momento in cui si ricostituisce una nuovo struttura forte ci si accorge del mutamento
linguistico, nel nostro caso il mutamento forte è la costituzione dell'impero di Carlo Magno, in
particolare con la riforma Carolina pensata come una riorganizzazione degli studi dei chierici
per la necessità di avere una classe di funzionari istruiti per le necessità dell'Impero.
Nel periodo di regno di Carlo Magno vengono riorganizzati gli studi dando impulso anche alla
copiatura dei codici e alla produzione dei libri. Viene anche definita anche una nuova scrittura
La scrittura in una società in cui non esiste la stampa è codificata. Fino alla grande diffusione della
stampa e della macchina da scrivere esiste un certo controllo sociale sulla grafia manoscritta. Per
controllo sociale si intende una censura su chi scrive in malo modo o in modo incomprensibile.
La scrittura è molto codificata in forme e modi diversi per periodi, scuole, ambienti.
La forma di scrittura della riforma Carolina è remotamente all'origine della nostra attuale, su
quella venne modellata la grafia umanistica e su quella modellata la forma dei caratteri della
stampa. La gran parte della opere della letteratura latina ci sono state tramandate su codici del
periodo Carolingio.
La classe colta che gestisce il potere ricomincia ascrive un latino più corretto, paradossalmente
si torna indietro, il latino diventa più regolare. Il latino che i chierici usano scrivendo e nelle
occasioni ufficiali è molto diverso dalla lingua che parla la gente comune. Tanto diverso che la
gente che non ha studiato non riesce più a capirlo.
Ecco che allora si ha la prima attestazione del fatto che qualcuno si rende conto del fatto che si
parla in un modo e si scrive in un altro. Nell'813 al Concilio di Tour in una delle deliberazione
c'è scritto che i vescovi devono preoccuparsi di tradurre (transferre) le omelie perché tutti le
possano capire. Devono tradurre in rusticam romanam lingua (lingua romana popolare).
Il popolo che non sa parlare latino parla in rusticam romanam lingua aut thiotiscam (lingua
germanica). La lingua romana è la lingua di coloro che discendono dai romani in
contrapposizione a coloro che sono di stirpe germanica.
La parola romana non era mai stata usta per designare la lingua.
Si dice romana in area francese, roman in provenzale. Jaufre Rudel trovatore dell'ultima parte
del XII secolo in una sua poesia, una canzone, alla fine dice: vers plana lengua romana (verso
in piana lingua romana).
Parente di romanus è romanicus, aggettivo derivato, che significa al modo romano, e da
romanicus l'avverbio romanice e romanz in gallo-romano.
Un po' più tardi in Italia si usa volgare che è l'equivalente di rusticus. Volgare resiste nell'uso
fino al libro che codifica l'italiano come lingua nazionale: "Prose della volgar lingua" di Bembo
(1525)
Per lingua nazionale si intende non la lingua di una nazione ma lingua dei letterati di un certo
territorio.
All'inizio dell'Ottocento Raynouard produce una grande antologia dei testi dei trovatori e
considera (sbagliando) il roman dei trovatori una lingua intermedia. Con questa idea però ha
prodotto una grande edizione di testi che comprende anche una grammatica e un lessico (lexique
roman) mai più sostituito come dizionario del provenzale.
Un grande monumento lessicografico è quello di Levy dal titolo 'Lessico supplementare' che si
presenta come un supplemento al vocabolario di Raynouard ma è più grande, si tratta di
parecchi volumi. Costruito con voci che completano quello di Raynouard. (fine Ottocento, inizi
Novecento). Da quel momento non c'è altro. Nemmeno per l'italiano.