Se potessi accordare Ragione e Follia e nel chiaro mattino,dal chiaro mare non lontano, la mia mente,che di gioia è avara, mi rendesse presente l'Eterno. E con fantasia - che accende il cuore e l'ansia mia dirottadi parole, di toni,di suoni, talora l'oggi rendessi permanente, e l'ombra rara che mi deforma per i muri fosse senno e guida al mio errare fra tamerici e lastre; e- dolci pensieri,dolcezze in bocca!veri sembrassero lAscoso e,in cale chiuse, le immagini del sonno che evoca l'occhio, viventi; e non fosse il Tempo; e la speranza d'Immortali Assenti fosse luce e danza! JOSEF VINCENC FOIX (1894-1985) VOGLIAMO ESSERE COME IL SOLE! Dimenticheremo chi ci conduce per la via dorata; ricorderemo soltanto che eternamente tendiamo al diverso,al nuovo,al forte,al buono,al cattivo, luminosamente in un sogno d'oro. Pregheremo sempre il non-terreno, nella nostra volontà terrena! Come sempre giovane il Sole accarezzeremo teneramente i fiori ardenti, l'aria trasparente e tutto ciò che è d'oro. Sei tu felice? Siilo doppiamente, sii l'incarnazione di un sogno improvviso! Solo non indugiare nella immobile calma, sempre più in là fino al segno desiderato, più in là ci attira il numero fatale nell'Eternità, dove divampano nuovi fiori. Vogliamo essere come il sole,esso è giovane. Questo è il precetto della Bellezza. KONSTANTIN BAL'MONT (1867-1943) SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI Se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe il regno dei ragni cucirebbe la pelle e la luna tesserebbe i capelli e il viso e il polline di Dio di Dio il sorriso. Ti ho trovata lungo il fiume che suonavi una foglia di fiore che cantavi parole leggere,parole d'amore ho assaggiato le tue labbra di miele rosso rosso ti ho detto dammi quello che vuoi,io quel che posso. Rosa gialla rosa di rame mai ballato così a lungo lungo il filo della notte sulle pietre del giorno io suonatore di chitarra io suonatore di mandolino alla fine siamo caduti sopra il fieno. Persa per molto persa per poco presa sul serio presa per gioco non c'è stato molto da dire o da pensare la fortuna sorrideva come uno stagno a primavera spettinata da tutti i venti della sera. E adesso aspetterò domani per avere nostalgia signora libertà signorina fantasia così preziosa come il vino così gratis come la tristezza con la tua nuvola di dubbi e di bellezza. T'ho incrociata alla stazione che inseguivi il tuo profumo presa in trappola da un tailleur grigio fumo i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino camminavi fianco a fianco al tuo assassino. Ma se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe il regno dei ragni cucirebbe la pelle e la luna tesserebbe i capelli e il viso e il polline di Dio di Dio il tuo sorriso. Scritta con Mario Bubola.Ricordi, 1981 "E' una canzone piena di valenze simboliche sul tema della libertà e della fantasia, continuamente minacciate di morte dalla nostra civiltà, ma indistruttibili nella coscienza dell'uomo." FABRIZIO DE ANDRE' ICARO Ora si va offuscando la memoria del labirinto.L'unico ricordo: il montare di gridi e stordimenti fino a staccarsi infine da terra. Come tutti i crepacci che da sempre imploravano ponti nel suo petto si chiudessero,lenti come palpebre. E uno sfrecciargli accanto d'uccelli, come spole, come saette,e l'ultima allodola finalmente a sfiorargli la mano, a irrompere come un canto. Poi cominciò il labirinto dei venti,con tori ciechi, precipizi e gridi di luce. e il fiato da vertigini,che apprese lentamente a schermare con fatica, finchè tornò a salire,sguardo e volo. Adesso ale solo,dentro a un cielo senza nuvole,dentro a uno spazio sgombro di uccelli,fra il fracasso dei reattori. Sale diretto a un sole sempre più nitido, sempre più gelido e freddo, verso l'alto scrosciare del suo sangue e le cascate d'anime fuggevoli chiuso in un ascensore cigolante: il viaggio di una bolla d'aria in mare verso il miraggio magnetico in superficie,l'amnio che si spacca trasparente,vicino,il gorgo dei segni travolti in mareggiata,la furia dell'azzurro, precipitare di mura,e il grido d'impotenza dall'altra parte:una Realtà precipita ma una Realtà non nasce. ERIK LINDEGREN (1910-1968) LA MIA PELLE E' INTRISA DI FARFALLE La mia pelle è intrisa di farfalle, di ali palpitanti. Volano sui prati a godersi il loro miele volano dentro casa per morire tra piccoli spasmi tristi, zampe lievi che neppure deturpano la materia d'un solo fiore per loro è fatto il caldo sole che nulla consuma, più antico dei tempi. Ma sotto la pelle tra il sangue e le ossa stanno prigioniere grevi aquile di mare tenaci alla preda, alle immense ali. Quale sarebbe mai la vostra corsa tra tempeste marine a primavera? Quali le vostre grida ai gialli roventi occhi del sole? Ma sigillata,sigillata è la grotta. Etra le grinfie,pallide come vegetazioni sotterranee, le mie intime fibre si contorcono. KARIN BOYE (1900-1941) SE LA MIA VOCE MUORE A TERRA, portatela al livello del mare e lasciatela sulla riva. Portatela al livello del mare e nominatela capitana d'un bianco vascello da guerra. O voce mia,decorata con l'insegna marinara: un'ancora sopra il cuore, sopra l'ancora una stella, e sopra la stella il vento, e sopra il vento la vela. RAFAEL ALBERTI (n.1902) ARIOSO Da qualche parte dentro staremo sempre insieme da qualche parte dentro non fuggirà l'amore da qualche parte da qualche parte partiti i treni e fermi gli orologi da qualche parte dentro staremo eternamente ora e qui, mescolandoci,scambiandoci, meraviglia improvvisa e mutazione meravigliata, onde frangenti,fuoco di rose e neve Da qualche parte dentro,ossa sbiancate inseguendo la sete di chi dubita e cerca, ricaduta fino a una frana di rinnegamento fino al sigillo di un recedimento O conforto di nuvole! da qualche parte dentro sbiancate quelle ossa, trovatisi i miraggi, s'alza la mareggiata di una remota certezza fluttuante, e specchi la nostra lontananza dentro ai flutti come la lontananza di una stella io specchio dentro ai flutti la nostra vicinananza come la vicinanza di una stella e il sogno di continuo si smaschera e diventa te, dolorosamente scivoli via da me per ritornare, torni per tornare da me sempre più dentro sempre più te. ERIK LINDEGREN (1910-1968) VIA SACRA Per la nuova ferita che in me aprì la sorte penetrava il sole in tramonto nel mio cuore con un impeto uguale, come quando un'onda prorompe da improvvisa falla nella nave che via via più affonda; poichè in quel crepuscolo,come un malato da tempo che esce a succhiare la vita all'aria aperta, andavo solitario per la via che parte da Atene e ha per méta sacra Eleusi - via per me sempre stata quella dell'anima. Apparente largo fiume trascinava lenti carri tirati da buoi carichi di covoni o di legna, e altri carri veloci che sorpassavano con gente dentro come ombre. Ma più avanti,come se la gente più non esistesse e la natura fosse ormai sola per ore e ore la quiete dominò. E la roccia che incontrai radicata sul ciglio mi parve un trono a me predestinato da secoli. E, seduto,posai le mani sulle ginocchia dimentico se m'ero avviato in quella strada lo stesso giorno oppure secoli addietro. ........................................ ........................................ E mentre avanzavo e cadeva la sera sentii per la stessa ferita che in me aprì la sorte le tenebre prorompere nel mio cuore, come una falla improvvisa penetra il flutto nella nave che via via più affonda. Eppure come se di tale flutto fosse assetato il mio cuore, quando affondò del tutto nelle tenebre, un mormorio si diffuse sopra di me, un mormorio che sembrava dire: "Verrà quel momento..." ANGHELOS SIKELIANOS (1884-1951) i sogni sgranano gli occhi come Bambinetti sotto i ciliegi, Dalle cui foglie inizia la luna il suo cammino D'oro pallido per l'immensità notturna, ...Non altrimenti i nostri sogni affiorano Sono lì vivi,come un bambino sorridente, Non meno grandi nel sorgere e calare Del plenilunio sugli alberi destato. L'intimo s'apre al loro movimento; Come mani spettrali in una stanza chiusa Sono dentro di noi e sono sempre vivi. Tre in uno: un uomo, una cosa, un sogno. da TERZINE (III) HUGO VON HOFMANNSTHAL (1874-1929) NON TOCCARE "Non toccare,vernice fresca". L'anima non se n'è guardata, e adesso la memoria è tutta macchie di polpacci e di guance, e di mani e di labbra e di pupille. Più d'ogni fortuna,più d'ogni sventura ti ho amata, perchè il bianco mondo ingiallito tu rendi più bianco di biacche. Ed io ti giuro, amica mia, mia bruma, che un giorno o l'altro diventerà più bianco d'un delirio,d'un paralume, d'una bianca benda sulla fronte! BORIS PASTERNACK (1890-1960) " Sento lo sforzo del prato" Sento lo sforzo del prato Che veglia sotto la neve Sento lo sforzo della ragione Dentro lo spirito che la protegge. JULES SUPERVIELLE (1884-1960) PREDA DELLA'ALIENO POTERE Preda dell'alieno potere di una soffocante tempesta,immemore delle antiche visioni,io udii nuovamente il morente richiamo dlla misteriosa amica. E con grido di orrore e dolore - aquila unghiata dal ferro- tremò il mio spirito in cattività; e infranse le reti, e si innalzò nei cieli, e nell'alto dei cieli,al di là delle nuvole,dinanzi ad un mare di fiammanti prodigi,in santità onnilucente arse e scomparve. VLADIMIR SOLOV'EV (1853-1900) IO TORNERO' Un giorno, uomo o donna,viandante, dopo, quando non vivrò, cercate qui, cercatemi tra pietra e oceano, alla luce burrascosa della schiuma. Qui cercate, cercatemi, perchè qui tornerò senza dire nulla, senza voce, senza bocca, puro qui tornerò ad essere il movimento dell'acqua, del suo cuore selvaggio starò qui, perso e ritrovato: qui sarò forse pietra e silenzio. ( Pablo Neruda ) DOVETE ASCOLTARMI Io andai cantando errante tra le uve d'Europa e sotto il vento, sotto il vento in Asia. Il meglio delle vite e della vita, la dolcezza della terra, la pace pura, andai raccogliendo, errante raccogliendo. Il meglio di una terra e dell'altra ho innalzato nella mia bocca con il mio canto: la libertà del vento, la pace tra gli acini. Sembravano gli uomini nemici, ma la stessa notte li copriva ed era lo stesso chiarore quello che li svegliava: il chiarore del mondo. Io entrai nelle case quando mangiavano intorno al tavolo, tornavano dalle fabriche, ridevano o piangevano. TUTTI ERANO UGUALI Tutti tenevano gli occhi rivolti alla luce,cercavano il cammino. Tutti avevano bocca, cantavano rivolti alla primavera. TUTTI Per questo io cercai tra le uve e il vento il meglio degli uomini. Adesso dovete ascoltarmi. (P. Neruda)