Emmy Noether (1882-1935) Nata in una famiglia ebrea di solide tradizioni culturali, da bambina poteva vantare un’ottima preparazione umanistica ed artistica, ma, contrariamente a molti enfant prodige della storia della matematica, non sembrava possedere un ingegno particolarmente brillante. Fu solo dopo aver conseguito, nel 1900, l’abilitazione all’insegnamento delle lingue straniere, che la giovane Amalie decise di cambiare strada, e seguire le orme del padre Max, un noto matematico tedesco. Studiò, anche se in maniera non ufficiale, presso varie università della Germania, che all’epoca erano ancora precluse alle donne: fu ad Erlangen, Norimberga, e infine a Göttingen, dove sarebbe entrata in contatto con Hilbert e Klein. Si laureò nel 1903, conseguì il dottorato nel 1907, ma solo nel 1922 le fu offerta una modesta posizione accademica a Göttingen. Ricevette numerosi riconoscimenti da più parti d’Europa: tra l’altro fu chiamata a far parte del Circolo Matematico di Palermo. Nell’anno accademico 1928-29 fu invitata a Mosca. Nel 1933 la promulgazione delle leggi razziali costrinse Emmy, che, tra l’altro, aveva manifestato simpatie per il socialismo, a fuggire negli Stati Uniti. Qui insegnò in due diverse università, in un college femminile della Pennsylvania e al prestigioso Institut for Advanced Studies di Princeton. Grazie ad un suo importante contributo alla teoria della relatività, Emmy Noether fu definita da Einstein “il più grande genio creativo della matematica prodotto fino ad oggi da quando l’istruzione superiore è stata aperta alle donne”. Ciononostante, e malgrado il personale appoggio di Hilbert, non le fu permesso di avanzare nella carriera accademica: finché restò in Germania, non poté mai diventare professore. Ciò non le impedì però di circondarsi di allievi e fondare una scuola di algebristi, che vanta oggi un grande numero di eredi. Emmy Noether è passata alla storia come la fondatrice di quella branca della moderna algebra astratta che è detta teoria degli anelli e degli ideali, ed alla quale ella dedicò la maggior parte delle sue ricerche. Questa teoria ha la sua lontana origine nell’idea, introdotta da Galois, di svincolare la risoluzione delle equazioni algebriche dai calcoli aritmetici “caso per caso” per imbrigliarla in strutture algebriche astratte, più facilmente controllabili: essa “ci insegna a pensare in termini più generali e quindi, più semplici”, come dirà Alexandroff, ricordando Emmy Noether, in un discorso alla Società Matematica di Mosca. La scienziata tedesca si ispirò per tutta la vita a questo motto: “Tutti i legami tra numeri, funzioni ed operazioni diventano trasparenti, passibili di generalizzazione e veramente fecondi solo nel momento in cui vengono liberati dai loro oggetti particolari e ricondotti a relazioni concettuali generali.” La geometria e l’algebra Gli studi di Emmy Noether muovono i primi passi dagli anelli di polinomi: un esempio è l’insieme di tutti i polinomi in una indeterminata a coefficienti reali, tra i quali si considerano le usuali operazioni di somma e prodotto. Gli ideali di questo anello sono i suoi sottoinsiemi formati da tutti i polinomi che sono multipli di un certo polinomio fissato. Le proprietà del polinomio possono essere riformulate mediante le proprietà dell’ideale corrispondente. Il discorso si estende, sia pure con qualche complicazione in più, agli anelli di polinomi in due o più indeterminate. L’insieme dei punti (x,y) del piano cartesiano reale che sono soluzioni di un’equazione algebrica F(x,y) = 0 è, salvo casi particolari, una curva. Questa constatazione sta alla base della geometria analitica di Descartes. Il matematico francese studiava il polinomio F(x,y) per ricavarne conclusioni sull’oggetto geometrico da esso definito. Più in generale, nello spazio reale a n dimensioni si possono studiare i luoghi dei punti (x1,…,xn) che sono soluzioni di un sistema di n-1 equazioni polinomiali della forma F(x1,…,xn) = 0. Questi luoghi, di cui le curve del piano sono un caso particolare, sono detti varietà algebriche. D’altra parte i polinomi del sistema di equazioni definiscono, nell’anello dei polinomi in n indeterminate e coefficienti reali, un certo ideale. Il punto di partenza della geometria algebrica è l’idea di caratterizzare le proprietà geometriche delle varietà mediante le proprietà algebriche del corrispondente ideale di polinomi. I teoremi fondamentali della geometria algebrica portano il nome di Hilbert. Tuttavia è ad Emmy Noether che si deve l’attuale veste algebrica astratta della teoria. Nel corso del Novecento la teoria degli anelli di polinomi si è rapidamente evoluta come disciplina autonoma, arricchendosi di oggetti più generali, spesso privi di immediate correlazioni con la geometria: è così nata l’algebra commutativa, che studia, in generale, gli anelli commutativi, ossia quelli nei quali il prodotto rimane invariato cambiando l’ordine dei fattori. Questa teoria vede, tra i suoi protagonisti, i cosiddetti anelli noetheriani, di cui gli anelli dei polinomi costituiscono solo una classe particolare. Gli studi di Emmy Noether si estesero anche agli anelli non commutativi. I suoi metodi innovativi permisero anche il superamento e la generalizzazione della teoria dei determinanti nella risoluzione dei sistemi di equazioni. A proposito del ruolo di Emmy Noether nello sviluppo della matematica moderna, Einstein scrisse, in articolo commemorativo apparso sul New York Times del 3 maggio 1935: “Nel regno dell’algebra, che ha tenuto impegnati per secoli i matematici più dotati, ella scoprì metodi che sono risultati di enorme importanza nello sviluppo dell’attuale generazione di giovani matematici. La matematica pura è, in questo modo, la poesia delle idee logiche. Si è alla ricerca delle più generali idee di operazione che mettano insieme, in una forma logica ed unitaria, il maggior numero possibile di relazioni formali. In questo impegno verso la bellezza logica abbiamo scoperto che le formule spirituali sono necessarie per penetrare più a fondo nelle leggi della natura.” È sicuramente merito di Emmy se oggi le nozioni e le tecniche algebriche si sono diffuse in vari campi della matematica. Ecco alcuni ricordi di matematici che collaboratori, in Europa e negli Stati Uniti. furono suoi allievi e Alexandroff: “Così era Emmy Noether, la più grande delle donne matematiche, una grande scienziata, un’incantevole insegnante, e una persona indimenticabile… è vero, Weyl ha detto che “le Grazie non vennero alla sua culla”, e aveva ragione, se si pensa alla ben nota pesantezza del suo aspetto. Ma qui Weyl parla di lei non solo come una grande accademica, ma anche come una grande donna. E lo era – la sua femminilità traspariva dal lirismo fine e gentile con cui si dedicava, con grande slancio, ma senza mai essere superficiale, alle persone, alla sua professione, e agli interessi dell’umanità intera. Amava la gente, la scienza, la vita, con tutto il calore, tutta l’allegria, tutto l’altruismo e tutta la tenerezza di cui un’anima profondamente sensibile – e femminile – è capace.” Professor Quinn: “Adorava camminare. Era capace di andare a fare una scampagnata con i suoi studenti il sabato pomeriggio. Durante queste gite si lasciava prendere a tal punto dalla conversazione matematica da dimenticarsi del traffico, tanto che i suoi studenti dovevano proteggerla.” B. L. van der Waerden: “Il suo modo di pensare è in effetti diverso da quello degli altri matematici. Noi tutti ci appoggiamo volentieri a figure e formule. Per lei questi strumenti erano privi di valore, più fastidiosi che altro. A lei premevano esclusivamente i concetti, non la visualizzazione né il calcolo. Le lettere tedesche, che schizzava frettolosamente alla lavagna o sulla carta, erano per lei rappresentanti di concetti, non oggetti di un calcolo più o meno meccanico. Questa sua impostazione era una delle principali cause della difficoltà delle sue lezioni. Non aveva doti didattiche, e il suo commovente sforzo di chiarire le sue parole, ancora prima di aver finito di dirle, con aggiunte pronunciate in tutta fretta, produceva l’effetto contrario. E tuttavia: quanto incredibilmente grande era, malgrado tutto, l’impatto della sua esposizione!! La piccola schiera di fedeli uditori, composta per lo più da alcuni studenti degli ultimi anni ed altrettanti docenti ed ospiti esterni, doveva sforzarsi enormemente per stare al passo. Se però ci riusciva, imparava più che dal collega più impeccabile. Non venivano mai esposte teorie pronte, ma quasi sempre quelle che erano state appena concepite. Ognuna delle sue lezioni era un programma. E lei era la prima ad essere contenta, quando erano i suoi allievi a metterlo in pratica.” Donne in matematica