PER CONOSCERE L’ISLAM
di
Stefano Allievi
Più che procedere per recensioni giustapposte, come ho fatto nello
scorso incontro, preferisco qui proporre un itinerario bibliografico
commentato, che serva anche da cammino pedagogico.
La mancanza di conoscenze sull'argomento è infatti tale da giustificare
un più ampio repertorio bibliografico, una specie di sguardo a 360
gradi, un vero e proprio giro d'orizzonte, mentre alcuni cenni
esplicativi saranno lasciati alle poche righe introduttive, e il resto
necessariamente a voce.
L'islam è, più di qualunque altra, religione del libro, in senso letterale.
Se per il cristianesimo il Verbo di Dio si è fatto carne in Cristo, per
l'islam si è fatto libro: il Corano.
Questo spiega l'attaccamento dei musulmani al loro libro e alla lingua
in cui è scritto, anche da parte di popoli per i quali non è la lingua
madre: Dio, per i musulmani, ha parlato in arabo (problema che non si
pone invece per i cristiani: Gesù parlava in aramaico, i vangeli sono
stati scritti in greco, la lingua liturgica della Chiesa è stata a lungo il
latino, e le traduzioni in volgare almeno dalla Riforma in poi, sono
diventate la lingua corrente del cristianesimo). Ma ci dice anche
qualcosa sul complesso rapporto del musulmano con la parola scritta.
Un libro non è persona, è privo di sfumature anche se non di
ambiguità. Può essere interrogato, ma la sua risposta, di necessità, non
potrà essere contestualizzata: a questo dovrà pensare il commento,
l'esegesi, l'interpretazione, che nell'islam è soprattutto di tipo
giuridico, non storico-teologico. Il rapporto con esso può oscillare tra
l'adesione ideale e la deduzione letterale, con qualche rischio di cadere
dalla ricerca della verità al legalismo, e dal rispetto (un musulmano
osservante, prima di prendere in mano il Corano, compirà le abluzioni
di rito) alla superstizione. Un rischio che, del resto, a onor del vero,
non è certo peculiarità del solo islam. D'altro canto, questo stretto
rapporto con il libro fa sì che esso sia letto davvero, che sia davvero
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alimento quotidiano di una ricerca religiosa che non conosce altra via
che quella del rito e, appunto, della lettura. E' certo esperienza più
frequente, viaggiando nei paesi islamici, vedere un musulmano
leggere il Corano che non, rimanendo in Europa, osservare un
cristiano leggere il Vangelo, magari in metrò.
L'islam è innanzitutto parola. Non potrebbe essere diversamente, del
resto, per una religione che non conosce immagini, e che ha infuso
tutto il suo genio artistico nei calligrammi e nella pietra decorata delle
sue moschee. E per una teologia che è soprattutto recitazione (questo
significa Qur'an, da cui Corano), ripetizione, commento e legislazione
- o meglio, poiché Dio è il solo legislatore, giurisprudenza. E' questa
infatti, per l'islam, la scienza religiosa per eccellenza: il fichi, che
potremmo definire come l'incessante tentativo di reinterpretare e di
applicare a un mutato contesto i comandamenti eterni di Dio,
trasmessi attraverso il Corano (parola increata di Dio secondo
l'ortodossia islamica, del quale l'originale, la 'madre del Libro',
sarebbe scritta nei cieli) e la Sunna del Profeta, la tradizione, i detti e i
fatti di Muhammad che costituiscono la fonte di un exemplum che non
si spegne, che rinasce attraverso le raccolte degli hadith, i 'detti'
appunto, trasmessi e ricercati con puntiglio fin dalla catena di
trasmissione (l'isnad) degli stessi. Niente di più naturale quindi che
l'islam per trasmettersi abbia bisogno del solido fondamento dei libri:
il Corano innanzitutto, e i detti del profeta.
Il Corano si trova ormai in una decina di traduzioni italiane. Non
entreremo nel ginepraio dei criteri con cui sono state approntate:
l'argomento è fonte di irritate suscettibilità da parte dei musulmani,
oltre che di diatribe tra studiosi. Ci limiteremo qui a ricordare che si
può trovare ormai in svariate edizioni, ivi comprese quelle
economiche, tascabili, ridotte, nonché quelle opera di musulmani che
vivono in Italia. Non c'è che da scegliere, sapendo che nessuna potrà
mai avvicinarsi più di tanto all'originale arabo.
Noi continuiamo a consigliare Il Corano (Milano, Rizzoli, 1988)
tradotto da Alessandro Bausani, grande islamista e arabista italiano,
che dispone di un apparato di note e commento critico a ogni singola
sura (capitolo) particolarmente ricco ed esplicativo. In alternativa
(subordinata) si può ricorrere a quello tradotto da Federico Peirone per
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Mondadori. Per chi fosse interessato a un punto di vista più
strettamente ortodosso (anche se la parola ha poco senso nell'islam,
religione che, salvo nella versione sciita, non conosce né riconosce
una struttura ecclesiastica gerarchicamente riconoscibile, sul modello
della Chiesa cattolica, e quindi un unico centro che possa, per così
dire, rilasciare patenti di ortodossia o di eterodossia) ci si può
rivolgere alle traduzioni recentemente prodotte dai musulmani italiani.
Questa è già di per sé una notizia. Fino a non molti anni addietro nel
mondo islamico la traduzione stessa del testo coranico veniva
considerata tabù, e ci sono svariate prese di posizione a riguardo, che
attraverso i pronunciamenti (fatwa) di questa o quella autorità islamica
proibivano la traduzione in quanto tale. Una presa di posizione che si
spiega con la concezione islamica del proprio testo sacro,
sintetizzabile in tre capisaldi: a) Dio ha parlato in arabo; b) il Corano
contiene la parola di Dio da questi manifestata al profeta Muhammad;
c) di conseguenza ogni traduzione costituisce un corrompimento
inaccettabile della parola di Dio.
Questa concezione è così profondamente radicata nella mentalità
islamica che tuttora, in molti paesi islamici non arabofoni, le scuole
coraniche consistono in un apprendimento meramente mnemonico del
Corano in arabo, di cui gli studenti non comprendono il significato; e
solo in un secondo momento, a memorizzazione avvenuta, si procede
a una prima traduzione del significato del testo.
In questa concezione teologica, che potremmo anche definire una
dogmatica, trovano la loro origine alcune constatazioni di importanza
fondamentale per comprendere talune dinamiche anche
contemporanee dell'islam: dal rispetto e dall'amore profondo che i
musulmani portano al loro testo sacro (e allo stesso oggetto che lo
racchiude), al bisogno che i musulmani non arabi più consapevoli
sentono di dover apprendere l'arabo per poter vivere più
profondamente la propria fede, al prestigio stesso e al peso anche
politico che, per questo solo fatto, i paesi arabi hanno all'interno della
umma islamica, di cui dopo tutto non rappresentano che una
minoranza statistica.
E' dunque doppiamente significativo che sempre più spesso siano
proprio i musulmani di un paese a farsi parte diligente per approntare
delle traduzioni del Corano nella loro lingua. La giustificazione
immediata di questa scelta è costituita dalle necessità della da'wa,
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della missione: la traduzione è necessaria per poter presentare la
parola di Dio rivelata attraverso il Corano ai non musulmani. Ma la
seconda giustificazione, non meno importante, risponde a una
necessità tutta interna alle comunità islamiche, che corrisponde anche
alla presa d'atto che sempre più musulmani nel mondo, ivi compresi
molti convertiti, non solo non conoscono l'arabo, ma pur sentendosi
musulmani a tutti gli effetti non ritengono che sia necessario
apprenderlo. Questo anche se l'arabo secondo una distinzione cara a
un noto studioso di tradizioni spirituali convertitosi all'islam, René
Guènon, non sarebbe solo una lingua liturgica (come era il latino per
la chiesa cattolica), ma anche, proprio perché Dio avrebbe scelto di
'parlarla', una lingua sacra.
Incidentalmente vale la pena di notare che la rinuncia alla conoscenza
dell'arabo non è in sé neutrale: essa provoca innanzitutto la perdita di
molta della deferenza nei confronti degli stessi ulema (sapienti) e degli
studiosi di fiqh, di giurisprudenza islamica, provenienti dal mondo
arabo e che tradizionalmente hanno 'fatto' l'interpretazione dell'islam e
le leggi della sua applicazione. Ma, ancora più di questo, i giovani di
seconda generazione che in vari paesi d'Europa affrontano magari in
gruppo, la lettura del Corano in inglese o in francese, assumono di
fatto una modalità che potremmo definire “protestante”: lettura diretta
del testo (sola scriptura) e confronto con esso, dal quale si desumono
scelte etiche e norme di comportamento - saltando a piè pari secoli di
fiqh e di interpretazione tradizionale, e applicando direttamente alla
propria situazione i contenuti desunti dal libro sacro. Una piccola
rivoluzione ermeneutica, che riapre nel concreto le porte dell'ijtihad
(interpretazione, di fatto evolutiva) che una certa ortodossia considera
chiuse già da molti secoli.
Le due edizioni del Corano cui, nel caso italiano, facciamo
riferimento, si presentano come molto diverse tra loro, denunciando
anche un'esplicita diversità di intenti.
La prima è la Parafrasi del Sublime Corano di Abdur Rahmàn R.
Pasquini, promossa dal Centro Islamico di Milano e della Lombardia e
pubblicata dalle Edizioni del Càlamo. Di questo testo è uscito finora
solo un primo volume, ma ne sono previsti altri due che
completeranno l'opera. Caratteristica saliente di questo testo, molto
ben curato graficamente, è quella di essere un'edizione bilingue, in cui
ad ogni riga del testo arabo corrisponde esattamente la traduzione (o,
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come vuole l'autore, la parafrasi) in italiano: il che ne fa uno
strumento ideale per i lettori (tra i quali in primo luogo sono stati
tenuti presenti i convertiti) che vogliono anche, contestualmente, avere
uno strumento che li aiuti nell'apprendimento della lingua araba oltre
che nell'espletamento dei loro doveri di credenti. Il testo è completato
da un'introduzione e da un glossario, ma è del tutto privo di commenti.
Il secondo volume cui ci riferiamo è il Saggio di Traduzione
Interpretativa del Santo Corano Inimitabile, promosso dall'UCOII
(Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia), e dato
alle stampe dalle edizioni Al Hikma di Imperia nel 1994.
Il testo si presenta in un solo volume rilegato di quasi settecento
pagine, e propone solamente la traduzione italiana. Meno
graficamente curato del precedente (i refusi sono piuttosto frequenti)
risponde ad obiettivi trasparentemente diversi. Il punto principale di
interesse di questo volume non sta nella traduzione, condotta
soprattutto a partire da quelle in altre lingue occidentali, ma del
cospicuo apparato di accompagnamento. Il libro infatti oltre al testo
coranico contiene una cronologia, un indice dei nomi, un indice
analitico per parole chiave e alcune appendici esplicative di alcuni
aspetti dell'islam (dai cinque pilastri della fede ai novantanove nomi di
Allah). Ma l'aspetto di gran lunga più interessante è la presenza di un
ampio apparato esplicativo (quasi duemilacinquecento note!) tratto dai
tasfir, i principali commentari di parte islamica che hanno
accompagnato quasi quattordici secoli di interpretazione del testo
coranico.
Non c'è islam senza il suo fondatore, Maometto, che i musulmani
chiamano il sigillo dei profeti. Maometto (che d'ora innazi
chiameremo, come è corretto fare, con il suo vero nome, Muhammad,
e non con la comune trascrizione italiana, che è una corruzione
derivata a sua volta dal francese) fu in realtà molto più che un profeta
nel senso che normalmente attribuiamo alla parola: fu autorità
religiosa, capo politico, condottiero, giudice e legislatore. Maometto
non disse, come Cristo: “Il mio regno non è di questo mondo”. Al
contrario, volle costruire una società religiosa integrale, fondandola
sui principi del Corano, cioè sulla parola di Dio.
Questa impostazione ha marcato indelebilmente l'islam: che non è
solo una religione, ma anche un sistema politico-sociale e una
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legislazione, e dove non c'è, in via di principio, separazione tra potere
temporale e potere spirituale ma, al contrario, voluta sovrapposizione.
Una peculiarità che è però sovente intesa e declinata con eccessiva
superficialità in Occidente, ponendo attenzione più agli epifenomeni
che ai fenomeni profondi. Nello stesso tempo essa spiega perché, oltre
al Corano, siano così importanti per i musulmani anche i detti del
profeta, che mano a mano veniva interrogato dai suoi discepoli su
questo o quel problema, anche molto pratico, concreto, quotidiano.
Detti che, nel loro complesso, costituiscono il nucleo della sunna, la
tradizione, dalla quale prendono il nome i musulmani sunniti, che
costituiscono la grande maggioranza dei musulmani del mondo.
Sul “sigillo dei profeti” si può leggere Maometto profeta dell'Islam di
Sergio Noja (Mondadori), il Maometto di Maxime Rodinson (Einaudi)
e quello di Francesco Gabrieli (De Agostini), e quello più recente,
parte di una collana di 'libri di base' dedicati all'islam, di Claudio Lo
Jacono (Edizioni Lavoro); nonché, di parte islamica, la classica Vita di
Maometto di Tabari, uscita in due versioni (Rizzoli e Mondadori),
nonché Il profeta Muhammad di Martin Lings (Siti - Società italiana
testi islamici).
Due importanti e voluminose raccolte di ahadit, i documenti portanti
della sunna del Profeta, si trovano in Detti e fatti del profeta dell'islam
raccolti da al-Buhari (Utet), e nel volume di Al-Nawawi il Giardino
dei Devoti (Siti), che è forse da consigliarsi, perché racchiude una
celebre scelta di detti del Profeta trasmessi dai più noti compilatori di
raccolte, da al-Buhari a Muslim ad altri. E' in questi testi che si trova
la radice dei comportamenti quotidiani dei musulmani di ieri e di oggi.
Come introduzione generale si può tuttora fare riferimento all'ottimo
L'Islam di Alessandro Bausani (Garzanti), tuttora probabilmente il
miglior testo 'iniziale' tra quelli reperibili in italiano, o agli smilzi e
inevitabilmente più superficiali Islam di Federico Peirone
(Queriniana) e L'Islam di Anne-Marie Delcambre (Edizioni
Associate). Di taglio divulgativo anche L’Islam e il suo Corano di
Sergio Noja (Mondadori) e Il mondo dell’Islam di Biancamaria
Scarcia (Editori Riuniti) nonché, con diversa impostazione, Ideali e
realtà dell'Islam di Seyyed Hossein Nasr (Rusconi), ai quali si può
aggiungere la Storia dell'islamismo curata da Henri-Charles Puech
(oggi negli Oscar Mondadori) e l'Introduzione all’Islam di Giuseppe
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Rizzardi (Queriniana). Recentemente è uscita anche una Introduzione
all’Islam di Paolo Branca, per le edizioni San Paolo. Molto utile per
capire le evoluzioni successive del mondo musulmano è Gli scismi
nell'islam di Henri Laust (Ecig). Un'introduzione onnicomprensiva si
trova nel volume curato da Werner Ende e Udo Steinbach, L'islam
oggi, tradotto dalla EDB.
L'islam, oltre che libro e tradizione, è anche mistica: il sufismo, forse
più conosciuto e amato in Occidente che non nei paesi d'origine,
presso i quali mantiene in qualche caso un vago sentore di eresia, più
o meno esplicitato; e questo a dispetto del fatto che in alcuni paesi il
ruolo delle confraternite di origine mistica sia significativo, e
l'adesione ad esse popolare.
Per conoscerlo si può ricorrere a I mistici musulmani di Marijan Molé
(Adelphi), e Introduzione alla mistica dell'islam di Arthur J. Arberry
(Marietti), due piccoli testi tra i più seri, o eventualmente a Il sufismo
di Nasr (Rusconi), e I sufi di Idries Shah (Mediterranee). Di taglio
divulgativo è Esperienze mistiche nell'islam di Giuseppe Scattolin,
della EMI, di cui è uscito per ora il primo di tre volumi previsti. Chi
vuole indirizzarsi direttamente alla fonte, potrà cominciare con il
Diwan di Al-Hallaj (Marietti), una splendida raccolta di poesie
mistiche tra le più belle del patrimonio spirituale dell'umanità, o le
Poesie mistiche, anch'esse splendide, di Rumi (Rizzoli), nonché i testi
spirituali di una donna, raro esempio islamico di mistica al femminile,
I Detti di Rabi'a, bellissimi, pubblicati da Adelphi. Tra i testi
collettivi, un'antologia curata da Eva de Vitray-Meyerovitch, I mistici
dell'islam (Guanda), oltre il tascabile Vite e detti di santi musulmani
(Tea). Si potranno poi leggere diversi scritti di Al-Ghazali pubblicati
dalla Siti (L'inizio della retta guida e Il libro della meditazione), e La
sapienza dei profeti di Ibn Arabi (Mediterranee). Testi di esoterismo
islamico, in numero sproporzionato rispetto al peso del sufismo
nell'islam, ma proprio per questo indicativi dell'islam che più attrae gli
occidentali, si trovano presso numerose case editrici minori.
Chi volesse avanzare nei più ardui sentieri della riflessione intorno
all'islam, su un piano speculativo anziché su quello mistico (con
l'avvertenza che la falsafa, la filosofia, se non era un corpo estraneo
nell'islam, comunque non è mai stata un elemento cruciale della
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riflessione intorno a Dio), può affrontare la Storia della filosofia
islamica di Henry Corbin (Adelphi) o quella più divulgativa di
Carmela Baffioni (Oscar Mondadori). E' disponibile anche La filosofia
islamica medievale di Oliver Leaman (Il Mulino).
L'islam nasce arabo, ma in seguito alla sua successiva, rapidissima
diffusione gli arabi hanno finito per diventare una minoranza statistica
rispetto al miliardo circa di musulmani che abitano la terra.
Mantengono però un ruolo centrale nella leadership del mondo
islamico. Perché Muhammad era arabo e in questa lingua è stato
rivelato e scritto il Corano, e perché nella penisola araba si trova il
luogo a cui simbolicamente ogni musulmano, tutti i giorni, si rivolge
nella preghiera e presso il quale compie il pellegrinaggio, due dei
cosiddetti “cinque pilastri” dell'islam: la Mecca. Se a questi fattori
aggiungiamo il prestigio delle università teologiche arabe, a
cominciare da Al-Azhar in Egitto, il peso non solo economico dei
petrodollari che supporta l'espansione islamica in Africa come in Asia
e in Europa, e infine l'ignoranza occidentale per quanto avviene
nell'islam non arabo, il quadro risulta abbastanza completo.
Di utile consultazione può essere Islam. Le grandi date, a cura di
Robert Mantran (Paoline). Gli arabi è il titolo di tre volumi che
possono costituire una buona introduzione al tema: rispettivamente di
Rodinson (Sansoni), di Gabrieli (Le Lettere) e di Jacques Berque
(Einaudi). Ad essi si può aggiungere la corposa Storia dei popoli arabi
di Albert Hourani (Mondadori). Su alcuni periodi storici di particolare
interesse si può scegliere tra L'espansione musulmana dal VII all'XI
secolo di Mantran (Il Mulino), Splendore e apogeo dell’Islam di
Maurice Lombard (Rizzoli), L'Islam e l'Europa medioevale di
Montgomery Watt (Oscar Mondadori), Gli arabi e l'Europa nel
medioevo di Norman Daniel (Il Mulino). Per venire a tempi più vicini
a noi ci si può indirizzare ai divulgativi L'Islam moderno di Noja
(ancora negli Oscar Mondadori) e a I paesi arabi di Pier Giovanni
Donini (Editori Riuniti); quest'ultimo è autore anche dell'introduttivo
Il mondo arabo-islamico (Edizioni Lavoro). Limitatamente a una
regione peraltro cruciale, segnaliamo la Storia del Medio Oriente di
Peter Mansfield (SEI). Importante la Storia delle società islamiche di
Ira Lapidus, pubblicata in tre volumi da Einaudi
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Una ottima introduzione ai rapporti tra islam ed Europa può essere I
musulmani alla scoperta dell'Europa di Bernard Lewis (Laterza);
questo testo può essere integrato, dal punto di vista storico, con
L’Islam e l'Europa medioevale di Montgomery Watt (Oscar
Mondadori), e Gli arabi e l'Europa nel medioevo di Norman Daniel (Il
Mulino). Il significato di questi rapporti, interpretato da vari punti di
vista e con un approccio interdisciplinare che arriva fino ai giorni
nostri, comprendendo l'immigrazione islamica in occidente, viene
affrontato nel recentissimo L'occidente di fronte all'islam, curato da
Stefano Allievi (Angeli), che contiene una decina di saggi di alcuni tra
i migliori specialisti italiani in materia. Introduttivo anche L'islam e
l'occidente di Enzo Pace (Edizioni Lavoro) e, in chiave storica ma
meno attento alla contemporaneità, Noi e l’Islam di Franco Cardini
(Laterza). Utile anche, per le comprensioni degli studiosi occidentali
dell'islam, L’Islam nel pensiero europeo, efficace sintesi di Albert
Hourani (Donzelli), più noto, a questo proposito, ma decisamente
meno equilibrato, anche Orientalismo di Edward Said (Bollati
Boringhieri); mentre limitatamente alla percezione dell'islam da parte
della cristianità segnalo La sfida dell’Islam di Giuseppe Rizzardi
(CdG). Per uno sguardo su di noi con gli occhi dell'altro si veda
invece, seppur limitato a un importante periodo della nostra storia,
Storici arabi delle crociate, curato da Francesco Gabrieli (Einaudi), e
Le crociate viste dagli arabi di Amin Maalouf (SEI) e, per la
contemporaneità, Islam e modernità di Abdallah Laroui (Marietti), che
è innanzitutto un'importante riflessione sui dilemmi attuali dell'islam.
Sull'impatto politico del mondo arabo-islamico, quello più presente
nei mass media, si vedano invece Il linguaggio politico dell’Islam e
La rinascita islamica (Il Mulino), entrambi di Lewis, e L'islamismo
radicale di Bruno Etienne (Rizzoli), nonché Voci dell'Islam moderno
(Marietti), curato da Paolo Branca, che raccoglie i testi di molti
importanti pensatori islamici.
Un altro tema molto mediatizzato è quello del ruolo della donna
nell'islam, periodicamente rinnovato dalle polemiche sul velo che qua
e là si ripropongono, soprattutto nel mondo francese rimbalzando poi
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anche sulle pagine dei nostri giornali. Tema su cui si è molto parlato
ma poco veramente 'detto', e meno ancora compreso, è inevitabilmente
un tema su cui molto, anche troppo, è stato scritto, anche se la quantità
di rado va di pari passo con la qualità. Tra i molti titoli ormai
disponibili anche in italiano, segnaliamo i seguenti: Oltre il velo, di
Leila Ahmed (La Nuova Italia), e Le donne velate dell'Islam, di Hinde
Taarj (Essedue edizioni), nonché la ricerca Al di là del pudore, di
Soumaya Naamane Guessous (La Luna). In forma romanzata
segnalerei anche due testi della scrittrice algerina Assia Djebar: Donne
d'Algeri nei loro appartamenti e Lontano da Medina. Figlie d'lsmaele,
entrambi pubblicati da Giunti nella collana Astrea. Molto noti i libri di
esplicita rivendicazione del ruolo anche politico delle donne nell'islam
pubblicati dalla sociologa marocchina Fatima Mernissi: in italiano
Donne del Profeta. La condizione femminile nell’Islam (Ecig) e Le
sultane dimenticate. Donne capi di Stato nell’Islam (Marietti).
In quasi tutti i paesi europei, Italia compresa, l'islam è ormai diventato
la seconda religione per numero di seguaci. Pochi se ne sono accorti,
ma questo cambiamento è di portata storica, tanto per i destini
dell'islam quanto per quelli europei.
La presenza musulmana in Europa è molto discussa ma poco studiata,
e costituisce più oggetto di interesse giornalistico che di ricerca
scientifica. L'unica sintesi esistente in italiano, basata su ricerche
compiute dagli autori, è Europa: nuova frontiera dell’Islam di Felice
Dassetto e Albert Bastenier (Edizioni Lavoro). Del solo Dassetto è
uscito anche un più recente L'islam in Europa per le Edizioni della
Fondazione Agnelli, che costituisce un primo tentativo di
interpretazione del ruolo giocato dall'immigrazione islamica in
Europa. Della stessa casa editrice si può leggere anche la raccolta a
più voci intitolata I musulmani nella società europea, che contiene
saggi sulla situazione nelle più importanti realtà europee; e, sempre
sullo stesso tema, L'islam della diaspora di Chantal Saint-Blancat
(Edizioni Lavoro).
Per quanto concerne il nostro paese non posso che rinviare all'unico
studio finora dedicato a questo tema, Il ritorno dell’Islam. I
musulmani in Italia, frutto di una lunga ricerca sul campo condotta da
Stefano Allievi e Felice Dassetto, pubblicata da Edizioni Lavoro. Su
un caso specifico di presenza islamica nel nostro paese, quello della
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confraternita senegalese dei Muridi, si veda anche Islam, solidarietà e
lavoro, di Ottavia Schmidt di Friedberg, sempre per le Edizioni della
Fondazione Agnelli.
Infine, se vogliamo che la presenza si trasformi in comunicazione, e la
comunicazione in dialogo tra gli uomini come tra le religioni, un
accenno va fatto ai libri nati con questo scopo. In particolare i testi di
Maurice Borrmans raccolti in Orientamenti per un dialogo tra
cristiani e musulmani (Pontificia università urbaniana) e Islam e
cristianesimo. Le vie del dialogo (Edizioni Paoline). Segnalo anche
un'opera a due voci, una cristiana e una musulmana: il volume di
Mohamed Talbi e Olivier Clément Rispetto nel dialogo, della San
Paolo. Utile opera di consultazione può essere anche Ebraismo,
Cristianesimo, Islam. Dizionario comparato delle religioni
monoteistiche, edito dalla Piemme. Sintesi efficace di un noto studioso
recentemente scomparso è Islam e Cristianesimo. L'incontro tra due
culture nell'occidente medievale, di Georges Anawati (Vita e
Pensiero). Per alcune riflessioni sui rapporti interreligiosi a partire
dall'esperienza dell'immigrazione islamica richiamo anche il mio Il
libro dell'altro. Il Vangelo secondo lo straniero (EDB).
Diventa difficile invece segnalare dei titoli di letteratura, perché di
principio e di fatto non esiste una lettura, in senso proprio, islamica.
Esiste semmai una letteratura dei singoli paesi, nazioni ed etnie (araba,
turca, persiana, ecc.), che peraltro assume più la forma della poesia,
del mito e della leggenda, che quella della letteratura nel senso
occidentale del termine (in particolare il romanzo), che in queste aree
ha una data di nascita molto più recente che non in Europa. Parlare di
letteratura islamica diventa quindi un controsenso: sarebbe come
parlare di letteratura cristiana a proposito di Flaubert o, peggio, di un
qualsiasi Moravia. Cito solo, quindi, un testo di carattere 'esotico', ma
che è letteratura tout court anche se nata in paesi islamici, che non può
mancare nemmeno in una biblioteca occidentale; e si tratta,
ovviamente, di quel capolavoro della letteratura di tutti i tempi che è
Le mille e una notte (consigliabile l'edizione in quattro volumi
dell'Einaudi). Giusto per citare il nome di un contemporaneo, segnalo
almeno i libri di Nagib Mahfuz, scrittore egiziano premio Nobel per la
letteratura, tradotto dall'editore Feltrinelli.
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Per concludere, letteralmente, in bellezza, lustrandosi gli occhi con le
immagini della civilizzazione araba in Europa, quella stessa che ci fa
parlare di ritorno dell'islam e non di novità assoluta, si può prendere in
mano Europa islamica (De Agostini), e lo splendido, e purtroppo
anche caro, Gli Arabi in Italia, di Francesco Gabrieli e Umberto
Scerrato (Garzanti-Scheiwiller), nonché Eredità dell’Islam. Arte
islamica in Italia, catalogo di una importante mostra allestita di
recente al Palazzo Ducale di Venezia, predisposto da Giovanni
Curatola (Silvana Editoriale).
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