Adriano Fabris* Etica e comunicazione in Rete (Convegno “Internet: un nuovo Forum per proclamare il Vangelo”, Milano, Università Cattolica, 9-11 maggio 2002) 0. Introduzione metodologica: due possibili impostazioni Dovendo affrontare il mio tema – dovendo cioè discutere il nesso, non solo possibile, ma intrinseco, fra etica e Internet – bisogna anzitutto distinguere due modalità possibili di avvicinarsi ad esso. Schematicamente possiamo dire che, da un lato, vanno considerati i problemi morali che emergono in relazione al configurarsi della struttura stessa della “Rete delle reti”, vale a dire le questioni etico-pratiche connesse all’imporsi di una situazione affatto nuova, a cui stiamo assistendo e nella quale – volenti o nolenti – siamo coinvolti. Possiamo parlare a questo proposito delle problematiche specificamente legate a un’etica di Internet: possiamo riflettere su quel mutamento nei comportamenti e nel pensiero a cui siamo indotti dalle nuove potenzialità della comunicazione in Rete, possiamo approfondire quelle vere e proprie “mutazioni antropologiche” che sono state favorite dal suo sviluppo, possiamo discutere le conseguenze di tali processi. L’etica, infatti, è una disciplina oltremodo interessata, fra l’altro, a mettere in luce tutto ciò che può influenzare i comportamenti umani e a definire le condizioni in cui essi possono di volta in volta trovare la propria realizzazione: il frame, potremmo dire, delle decisioni che, in generale, possiamo prendere. Dall’altro lato, però, vanno prese in esame, all’interno di questa cornice, le questioni morali che emergono quando, movendoci fra le connessioni della Rete, siamo posti di fronte a scelte concrete. Come vedremo, infatti, non solo entro certi limiti Internet aumenta lo spettro delle opportunità e delle scelte, ma soprattutto vincola all’effettuazione di esse il suo stesso procedere. Più precisamente, dunque, si tratta di scelte che riguardano il suo uso, e che dunque richiedono che venga definito in maniera chiara un orizzonte morale, affinché sia consentito di fruire con discernimento di ciò che la Rete offre. In tal senso allora, più che di * Professore ordinario di Filosofia Morale e di Etica della Comunicazione all’Università di Pisa. 1 un’etica di Internet è necessario in questo caso parlare di un’etica in Internet: della possibilità, cioè, di individuare e giustificare ciò che può consentire un’adeguata regolamentazione della comunicazione in Rete. Insomma: da un punto di vista morale due risultano gli aspetti da considerare, e quindi in due parti, di ampiezza comunque diversa, si articolerà il mio discorso: 1. Tematizzando un’etica di Internet, nel senso soggettivo del genitivo, cercherò di precisare quale modello di comportamento la Rete favorisce e sostiene. Si tratta di un passo necessario se si vuole riflettere sulle possibilità e sui modi di governare i suoi processi: giacché è appunto a partire da qui che dev’essere giudicato il suo impatto sulla nostra vita, nell’insieme di opportunità che la Rete ci offre e di pericoli ai quali essa ci espone; ed è proprio questo sfondo generale, all’interno del quale sono promossi particolari comportamenti e s’impone una specifica mentalità, ciò che in primo luogo dev’essere sottoposto al vaglio del principio per cui “i mezzi di comunicazione sociale sono chiamati a servire la dignità umana aiutando le persone a vivere bene e ad essere attive nella comunità”1. 2. Accennando poi, molto più in breve, alcuni aspetti di un’etica in Internet cercherò non solo di formulare delle semplici prescrizioni contingenti – ciò che in vario modo è stato già tentato, elaborando una sorta di “galateo” dell’uso della Rete –, ma soprattutto di collegarle a questo sfondo complessivo di comportamenti che Internet promuove, individuando in esso alcune delle condizioni alle quali il suo effettivo utilizzo deve comunque rispondere. Su entrambi i versanti spero potrà venire un qualche contributo allo specifico tema del convegno: soprattutto allo scopo di favorire un uso eticamente consapevole della comunicazione in Rete, in vista delle nuove forme di evangelizzazione che essa rende possibile. 1. Etica di Internet: struttura della Rete e questioni morali Riguardo al mio primo tema, all’approfondimento cioè di quei comportamenti che sono indotti e sollecitati dalle possibilità offerte dalla 1 Come viene detto in Etica nelle Comunicazioni Sociali, n. 2. 2 Rete, bisogna partire dalla messa in luce di alcuni elementi che sono propri della struttura della Rete stessa, e valutarne le conseguenze sul piano degli atteggiamenti diffusi. Non posso naturalmente esaminare che pochi aspetti, funzionali al mio discorso e alle finalità di questo colloquio. Per gli opportuni approfondimenti rimando a una letteratura secondaria che sta diventando sempre più vasta e qualitativamente pregevole2. Gli aspetti che soprattutto intendo toccare possono essere individuati così: 1.1. La Rete cambia i modi in cui vengono compiute le scelte e sono organizzati i processi di decisione. È qui in gioco una questione di libertà. 1.2. La Rete muta, attraverso l’interattività, un ordine altrimenti consolidato. È qui in gioco, soprattutto, una questione di senso. 1.3. La Rete risemantizza ulteriormente le tradizionali nozioni di “potenza” e di “atto”, di “possibile” e di “reale”, già soggette a varie peripezie nella storia del pensiero. Emergono le questioni connesse all’ambito del virtuale e i problemi di un corretto modo di intendere questa nozione. 1.4. Tutto ciò (e molto altro, certamente) viene compiuto in una maniera quanto meno ambigua: tale cioè da poter consentire anche comportamenti fra loro opposti. È qui in gioco la questione delle conseguenze di tali processi. Affrontiamo questi nodi, che – non credo sia il caso di sottolinearlo ulteriormente – sono soprattutto nodi etici. 1.1. È indubbio, come già sottolineavo, che Internet, proprio per la sua struttura ipertestuale, richiede che in ogni passo vengano compiute delle scelte. Infatti un ipertesto – per usare le parole di colui che ha coniato il termine: Theodor Nelson – è “un testo che si dirama e consente al lettore Indico qui solo alcuni testi, fra quelli recenti nonché accessibili al pubblico italiano: F. Carlini, Divergenze digitali. Conflitti, soggetti e tecnologie della Terza Internet, Manifestolibri, Roma 2002; C. Catalbiano, M. Lori, G. Nuzzo, Ulisse e le sirene digitali. Internet e lo sviluppo della società dell’informazione in Italia, Angeli, Milano 2002; P. D’Alessandro, Critica della ragione telematica. Il pensiero in Rete e le reti del pensiero, LED, Milano 2002; P. D’Alessandro (a cura di), Internet e la filosofia, LED, Milano 2001; P. Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio (1994), tr. it., Feltrinelli, Milano 1996; M. Migliozzi, G. Ventricelli, I due volti di Internet. I limiti e le possibilità della Rete, Armando, Roma 2001; H. Rheingold, La realtà virtuale (1991), tr. it., Baskerville, Bologna 1993. 2 3 di scegliere: qualcosa che si finisce al meglio davanti a uno schermo interattivo” 3 . Risulta anche evidente, almeno agli occhi del semplice fruitore, che la Rete si costituisce come un ramificarsi di possibilità, come un ambito di potenziali connessioni a disposizione dell’utente. In effetti, è la possibilità di connessione – la connettività, o anche, potremmo dire: la “connettibilità” – ciò che costituisce Internet come spazio delle scelte. Ed è a partire da qui che può realizzarsi tutto il potenziale di liberazione che la Rete offre, consentendo a chi nella propria realtà non si può “muovere” liberamente – in un senso metaforico o letterale – di farlo almeno in uno spazio virtuale. Si comprende in tal modo l’intimo legame che sussiste fra Internet e democrazia. Ma c’è di più. La struttura stessa della Rete, in quanto essa è data dal collegamento di elementi autonomi e separati 4, è tale da risultare aperta a sempre nuove integrazioni. Si tratta davvero di un textum, di un “tessuto” in costante espansione, soprattutto da un punto di vista quantitativo: potremmo dire, con un linguaggio ben noto, di una vera e propria “opera aperta”. Ecco dunque alcuni elementi che contraddistinguono Internet come spazio delle decisioni: decisioni che, certamente, possono essere arbitrarie oppure orientate in base a principî o esigenze assunti in via preliminare. Ecco dunque delinearsi l’immagine della Rete come spazio di libertà: quanto meno di una libertà che si esercita in modi particolari e seguendo precise coordinate. Ebbene, non posso soffermarmi qui discutere se è proprio vero tutto quello che Internet promette: se è vero che le scelte compiute all’interno di una dimensione di connettibilità sono scelte in senso proprio, oppure se esse risultano compiute, come già accennavo, all’interno di una struttura rigida, programmata, con la quale si può interagire solo in parte, giacché le regole del gioco risultano in qualche modo già stabilite, anche se oggi ci vengono presentate mediante un’interfaccia friendly che esalta l’interattività Né intendo approfondire i caratteri di una liberazione che sembra voler acquisire realtà solo in quanto si pone, propriamente, nello spazio del virtuale, qualificandosi perciò essa stessa come virtuale, né insistere troppo sul carattere meramente quantitativo del pacchetto di scelte che ci vengono proposte, sempre Th. Nelson, Literary Machines 90.1, Muzzio, Padova 1992, p. 0/2. Continua Nelson: “Comunemente inteso un ipertesto è una serie di brani di testo tra cui sono definiti i legami che consentono al lettore differenti cammini”. 4 Ed anzi è nata, come sappiamo, per una preoccupazione di tipo militare: per garantire la possibilità di dominio e di fruizione delle informazioni da parte di una stazione, qualora un’altra o le altre fossero state impossibilitate a trasmettere. 3 4 integrabili e in espansione, ma non suscettibili di un atteggiamento qualitativamente diverso che non sia quello, certamente radicale, di spegnere il computer. Voglio invece domandarmi, più a fondo, qual è l’idea di libertà che, propriamente, emerge in questi vari processi. A ben vedere, si tratta di una libertà che è intesa soprattutto come libertà di fruizione, sulla linea di quell’ampliamento delle possibilità e di quel conseguente aumento di potere da cui una tale fruizione è motivata e trova accrescimento. Tutto ciò è in linea con la trasformazione del concetto stesso di “liberta” che lo sviluppo della tecnica rende possibile. E si ricollega altresì alla necessità – in questo caso tipicamente consumistica – di intendere la libertà di scelta come ampliamento dell’offerta nel quadro di un menu ideale: un ampliamento che, come abbiamo visto, la Rete sembra in grado di poter estendere all’infinito. Resta naturalmente da fare i conti con questa idea, assumendone il carattere particolare e determinato, e rendendoci conto che, anche e soprattutto, ulteriori aspetti debbono essere considerati, i quali rinviano ad altri sensi di “libertà” e di “scelta”: in primo luogo quelli legati all’idea di un agire non già come qualcosa che, unicamente, risulta in costante espansione, bensì come ciò che è in grado, liberamente appunto, di (auto)limitarsi. Ma questa altro non è che l’idea di un agire responsabile. 1.2. D’altronde, la necessità del riferimento a una tale forma di agire si riscontra immediatamente anche prendendo in esame il nostro secondo punto: quello che riguarda la trasformazione, che la Rete comporta, della nozione stessa di “ordine”. Com’è stato da più parti rilevato, già con il medium televisivo si sono modificate le modalità dell’approccio al testo e le caratteristiche della costruzione del testo stesso5. Tuttavia nel rapporto con la Rete ancora più decisamente viene modificato, in virtù della compossibilità dei percorsi che possono essere scelti, quell’ordine logico che privilegiava la sequenzialità e al quale si collegava una particolare concezione del tempo: quella per cui il tempo era inteso nel senso, cronologico, della successione secondo un prima e un poi. Ora invece, navigando nel web, al ragionamento sequenziale sembra sostituirsi il pensiero simultaneo, alla cronologia il “tempo reale”, all’ordine Cfr. ad esempio, oltre agli scritti di Marshall McLuhan, quelli del suo allievo D. de Kerckhove. Di lui si veda soprattutto Brainframes. Mente, tecnologia, mercato (1991), tr. it., Baskerville, Bologna 1993. Considerazioni analoghe, da altri punti di vista, sono quelle svolte da R. Simone nel suo La Terza Fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Roma-Bari 2000 e da K.R. Popper, Cattiva maestra televisione, a cura di G. Bosetti, nuova edizione, Marsilio, Venezia 2002. 5 5 prestabilito uno spazio d’anarchia. La Rete sembra allergica ad ogni gerarchia, visto che tutto – siti religiosi e siti porno, chat di approfondimento e indirizzi di promozione commerciale – appare come se si trovasse sullo stesso piano6. Questa, in effetti, è la “logica” dell’ipertesto: che è appunto un collegamento di “testi” senza un ordine prestabilito che non sia quello che si attua nella loro connessione. E tuttavia, proprio perché, di volta in volta, si ha a che fare appunto con un textum, con un “tessuto”, l’utente ha bisogno comunque di identificare un filo conduttore, una via in qualche modo già tracciata, un orientamento preliminare e un senso che gli consenta di seguirla. Ben lo sappiamo: chi non conosce l’indirizzo non va da nessuna parte nel web; e a questo, certo, provvedono i motori di ricerca o riviste, più o meno specializzate, in grado di suggerire percorsi agevoli e adeguati. Ma una tale ricerca, ben lo si vede, è basata su di un’istanza, su di un interesse ben preciso. È questo interesse, anzitutto, che ci fa da guida, che ci consente di mettere ordine nello spazio che ci si apre in rete. È a partire da qui che possiamo cercare un orientamento. E, soprattutto, identificare un punto di riferimento che guidi la nostra ricerca. Due sono allora le conseguenze che qui emergono. Da un lato, l’atteggiamento che finiamo per assumere nelle nostre esplorazioni del web è di considerare lo stesso ipertesto come un testo: un tessuto i cui fili possono essere certamente diversi, ma debbono essere fatti emergere e seguiti. Dall’altro, e soprattutto, la persuasione che si delinea con forza è che vi è un referente che eccede la Rete, che non si risolve in essa e rispetto a cui essa può trovare, di volta in volta, un provvisorio ordinamento. Si tratta dell’uomo. In questo senso possiamo dire che Internet risulta comunque una questione antropologica. 1.3. Ciò significa – e vengo al terzo aspetto che intendo brevemente considerare – che il discorso sulle opportunità che Internet offre e sui pericoli che sono legati al suo uso dev’essere inquadrato all’interno dell’ambiguo rapporto dell’uomo con la tecnica: un rapporto che è ambiguo in quanto, se è vero che la tecnica amplia e prolunga le possibilità dell’uomo e il suo potere, fino a invadere il suo stesso spazio e a trasformarlo radicalmente, è altresì vero che è pur sempre l’uomo che, di Come sottolinea in un suo intervento Gianluca Nicoletti, nel caso della Rete “è un po’ difficile stabilire il concetto del tutore, il concetto della gerarchia, il concetto del possesso, il concetto dello spazio editoriale com’era tradizionalmente concepito in tutti i mezzi di comunicazione di massa” (cfr. Aa.Vv., Chiesa in Rete. Internet: risorsa o pericolo?, Cittadella, Assisi 2000, p. 36. 6 6 fronte a questi eventi, può, se non proprio deve, porsi il problema del loro senso. Aprendosi in tal modo a questioni che trascendono l’imporsi fattuale e, appunto perciò, insensato di certi processi. Questo si riscontra anche di fronte alla mutazione antropologica più significativa che avviene nel cyberspazio: quella relativa alla nozione di “realtà”. Non voglio soffermarmi, qui, sul problema della “realtà virtuale”: un’espressione che, in senso stretto, indica quella particolare tipologia di realtà simulata nella quale ci si può inserire interattivamente con l’aiuto di particolari protesi ottico-tattili-auditive, in un ambiente tridimensionale generato dal computer 7 . In effetti, se intendiamo questa espressione nel modo che ho definito, l’andare in rete del normale utente non ha nulla a che fare con un’esperienza di “realtà virtuale”. Il semplice navigare in rete comporta invece l’esperienza di un altro tipo di realtà, che può integrarsi con la vita di tutti i giorni e che può venire posta al servizio delle esigenze che da essa promanano. Tutto ciò, in altre parole, è in grado di estendere ulteriormente le potenzialità dell’uomo e di ampliare la sua stessa percezione del mondo8. È proprio a partire da tali considerazioni, allora, che possiamo comprendere le precisazioni semantiche che Pierre Lévy introduce e sviluppa nel suo noto libro Il virtuale 9 . “Virtuale”, qui, è qualcosa di originariamente umano, qualcosa che rimanda alla nozione di “evento”, e dunque alla dimensione dell’interazione uomo-macchina, piuttosto che ai processi predeterminati che sono propri della macchina stessa e che si svolgono nello spazio che essa circoscrive. Infatti, come Lévy afferma molto chiaramente: “Mentre lo svolgersi puramente logico di un programma informatico è riconducibile alla coppia possibile/reale, l’interazione tra l’uomo e i sistemi informatici fa capo alla dialettica del virtuale e dell’attuale”10. Il che significa, in altri termini: l’espansione dello spazio virtuale della Rete favorisce e sviluppa potenzialità che sono Cfr. su queste tematiche T. Maldonado, Reale e virtuale, Feltrinelli, Milano 1992. A proposito del significato ristretto di “realtà virtuale” va tuttavia ancora segnalato, almeno, il fatto che uno spazio virtuale così concepito denuncia tutto il suo carattere tendenzialmente “assorbente” e “inglobante”: un aspetto che è certamente da non trascurare, nella misura in cui un tale spazio è caratterizzato da una chiusura autoreferenziale, da una capacità di auto-organizzazione stabilita dai rigidi vincoli del programma. È proprio questo carattere, a ben vedere, ciò che spaventa coloro che, come ad esempio Virilio e Baudrillard, sottolineano con forza le conseguenze “apocalittiche” connesse all’uso dei nuovi strumenti multimediali. 9 Qu’est-ce que le virtuel?, La Découverte, Paris 1995, tr. it., Cortina, Milano 1997. 10 Ivi, tr. it. cit., p. 7. 7 8 7 strutturalmente implicite nell’uomo, e che chiamano in causa ancora una volta, da parte sua, l’esercizio della libertà. 1.4. Questo fatto non va dimenticato quando, molto giustamente, si segnalano alcune conseguenze di segno negativo che, accanto a quelle di carattere positivo, contraddistinguono i processi che stiamo esaminando. Menzioniamone alcune: l’isolamento, ad esempio, a cui sembra spingere l’uso degli strumenti multimediali; e poi la dissimulazione del proprio carattere e della propria personalità che sono favoriti dalle interazioni anonime e dai giochi di ruolo che si attuano nello spazio delle chat lines; ma soprattutto, ponendoci in una prospettiva più globale, l’imporsi del digital divide e il fatto che, in generale, Internet può farsi veicolo incontrollato di ideologie e posizioni fra le più disparate. Tutto, naturalmente, ciò non può che preoccupare; tutto ciò richiede di essere governato11. Ma l’uomo lo può fare. Se da un lato infatti, come abbiamo visto, Internet provoca la trasformazione di concetti come quelli di “scelta”, di “ordine”, di “virtuale” e – soprattutto – produce concretamente l’ambito in cui tali concetti, caricati di nuovi significati, possono trovare la loro esplicazione, dall’altro i suoi processi, lo abbiamo pure rilevato, chiamano in causa, sempre e comunque, l’uomo stesso. A lui si richiede l’assunzione di responsabilità del tutto nuove. Queste responsabilità, a ben vedere, sono di due tipi: sono relative, appunto, alle conseguenze che l’uso delle Rete comporta; riguardano, insieme, l’assunzione della Rete stessa come ambito privilegiato di espressione e di azione. Su questi due versanti va dunque sviluppata la possibilità di un’etica che si confronti con questi processi. Come ho detto all’inizio: un’etica di Internet e un’etica in Internet12. Si vedano in proposito i recenti documenti del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali su Etica in Internet e La Chiesa e Internet. 12 Non sono molti gli studi specifici sull’argomento, almeno in ambito italiano (e non solo in esso). Si possono menzionare comunque i volumi di D. Massaro e A. Grotti, Il filo di Sofia. Etica, comunicazione e strategie argomentative nell’epoca di Internet, Bollati Boringhieri, Milano 2000; V.E. Limburg, Etica dei media elettronici. I nuovi scenari della comunicazione, SEI, Torino 1997 (solo in piccola parte, comunque, utilizzabile per le nostre questioni). Ancora molto utile e stimolante, anche se non parla propriamente di Internet, è il volume di G. Bettetini, L’occhio in vendita. Per una logica e un’etica della comunicazione audiovisiva, Marsilio, Venezia 1985. Si veda anche, dello stesso autore, insieme ad A. Fumagalli, Quel che resta dei media. Idee per un’etica della comunicazione, Angeli, Milano 1998. 11 8 Possiamo dunque riepilogare in maniera più schematica ciò che è stato detto finora. Abbiamo visto che Internet trasforma, ridefinisce e struttura alcuni comportamenti umani. I nodi etici che sono emersi hanno riguardato appunto gli ambiti della libertà, del senso, delle possibilità dell’uomo e della loro realizzazione. Ecco perché Internet risulta propriamente una questione antropologica. Non solo perché esso pone l’uomo di fronte a determinate scelte, legate al suo uso od abuso, e apre uno spazio ambiguo di conseguenze, delle quali è necessario tenere conto per operare con il giusto discernimento. Ma soprattutto perché, considerata la sua struttura e l’interagire dell’uomo con essa, la Rete dischiude già un particolare spazio etico, prescrive già, in qualche modo, specifici comportamenti. E dunque, da questo punto di vista, Internet è certamente un mezzo da utilizzare, ma è anche qualcosa di più: è qualcosa che veicola già, di per sé, e promuove certi atteggiamenti. Il principale di essi è la connettività. L’imperativo di Internet è “stare connessi”, e promuovere e incrementare le connessioni. Un tale implicito comando, così formulato, naturalmente risulta equivoco: può significare la richiesta di favorire una connessione alla Rete, senza impedimenti o censure; può indicare l’esigenza di sperimentare ed ampliare le connessioni nella Rete, al suo interno; può essere l’espressione di un’istanza volta a tenere assieme, attraverso la Rete, i suoi vari utenti e fruitori. “Stai in Rete” è dunque ciò che è richiesto perché la Rete sia: affinché la sua virtualità sia reale per noi. La connettività, in altre parole, realizza la Rete. Questa condizione sembra anche essere il modo in cui viene ad esprimersi la chiusura della Rete su di sé: quasi l’imperativo del suo autoalimentarsi, che rischia di essere compiuto a spese dell’uomo che ad essa si collega. E, in questa prospettiva, un tale collegarsi e incrementare i collegamenti non sarebbe altro che una funzione della sopravvivenza e dell’espansione della Rete stessa, alla quale il suo utente sarebbe asservito. Ma le cose, in verità, non stanno proprio così. Lo spazio della Rete è lo spazio virtuale dell’interazione. La connettività è essa stessa il frutto di una scelta, è essa stessa sottoposta, costantemente, a una scelta dell’uomo: io posso sempre non collegarmi; io posso sempre, come si diceva, spegnere il computer. Qui emerge un ulteriore aspetto dell’etica di Internet, che si lega più in generale alla struttura di ogni linguaggio inteso come sistema segnico. Attraverso i segni io mi collego ad altro (alla cosa designata, all’uomo con il quale comunico), ma nel contempo, proprio per mezzo di essi, io 9 distinguo questo “altro”, lo metto a fuoco, e mi differenzio da esso. Ecco perché anche nella connettività, che alimenta la Rete e di cui la Rete si alimenta, è sempre insita anche una presa di distanza: una presa di distanza anche dallo spazio sempre incrementabile che essa disegna. Ed è grazie a questa presa di distanza che si può evitare l’assorbimento all’interno di una dimensione virtuale. È perciò, è rendendomi conto di ciò, che io sono sempre in grado di spegnere il computer. Non solo. È proprio a questo punto, quando mi pongo consapevolmente di fronte all’ambito a cui la macchina mi fa accedere, che scopro di aver bisogno di indicazioni chiare di comportamento, le quali vanno ben al di là di quanto la Rete, con la sua struttura, è in grado di suggerirmi o di impormi. Riassumendo, insomma: un’etica di Internet può essere pensata come apertura di uno spazio di scelte, che debbono essere compiute a partire da valori consapevolmente assunti. Ma l’ambito in cui queste scelte possono poi concretamente realizzarsi è dato dalla struttura stessa di Internet, dalla sua “logica”, dai nodi etici che la Rete, dal canto suo, è in grado di risemantizzare e di trasformare. Questo sfondo, in generale, è dato dal principio di connettività, che la Rete impone e alimenta. Ma, come accade ogni qual volta si fa uso di segni e di simboli, il legame che viene attuato comporta anche un distacco, una presa di distanza. Si può dunque scegliere riguardo allo spazio stesso delle scelte. Solo a partire da qui possiamo scoprirci in grado di governare eticamente questi processi. 2. Etica in Internet: etica ed etichetta Proprio in questo quadro – all’interno di ciò che ho chiamato l’“etica di Internet” – va pensato e può trovare una sua possibile configurazione ciò che bisogna più precisamente definire l’“etica in Internet”: quell’insieme di comportamenti che si debbono seguire utilizzando le possibilità del web e navigando in rete. A questo proposito sono state già elaborate specifiche indicazioni e prescrizioni, che si fondano su motivi di carattere giuridico, di opportunità, o anche di semplice galateo. C’è stato addirittura chi, come Arlene Rinaldi, ha elaborato dieci comandamenti a cui ci si deve rifare nell’uso del computer13. Cfr. www.fau.edu/rinaldi/net/intro.html . I comandamenti sono: 1. Non userai un computer per danneggiare altre persone 13 10 A ben vedere, però, in questo come in altri casi, più che di etica si tratta di etichetta. O più precisamente, come si dice, di netiquette. D’altra parte, non essendo Internet gestito da un ente supervisore, unico e riconosciuto, ogni utente è in qualche modo chiamato ad assumersi le proprie responsabilità e a trovare in se stesso le motivazioni che consentono di seguire un comportamento corretto. Vi sono, certamente, siti a cui possono essere segnalati gli eventuali abusi. Ma allo stato attuale, nella misura in cui è oltremodo difficile comminare sanzioni, siamo ancora demandati a meccanismi di autoregolamentazione del sistema e, appunto, al senso di responsabilità dell’utente. Ciò vale, lo ripeto, in casi e situazioni anche sensibilmente diversi fra loro. Giacché un conto sono violazioni perseguibili anche penalmente (si pensi agli hackers, o all’uso di siti web da parte di pedofili, speculatori o truffatori); un conto sono le violazioni del galateo del web ( ad esempio l’inondare la posta elettronica altrui di una quantità di messaggi inutili: il cosiddetto spamming; oppure le questioni che si collegano ai modi, non sempre trasparenti, di interagire all’interno di una chat); un conto, infine, sono le questioni di carattere più propriamente morale14. Rispetto ad esse, quelle che appunto investono in maniera specifica le questioni legate a un’“etica in Internet”, è necessaria non solo un’adeguata collocazione nel contesto più generale delle problematiche della Rete e dei nodi etici che esse coinvolgono – l’“etica di Internet” –, né unicamente – sebbene ciò risulti fondamentale – l’indicazione di quei valori di fondo ai quali richiamarsi nelle scelte concrete che vengono di volta in volta compiute. Insieme a tutto ciò, e come condizione del suo realizzarsi, va soprattutto fatta emergere e va effettivamente sperimentata una consapevolezza, da parte dell’uomo, sia dei limiti del suo agire, sia del carattere limitato di quegli stessi prodotti della tecnica che, pur tendendo all’autonomia e all’autoalimentazione, ancora dipendono da lui. È in 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Non interferirai con il lavoro al computer di altre persone Non curioserai nei file di altre persone Non userai un computer per rubare Non userai un computer per portare falsa testimonianza Non userai o copierai software che non hai dovutamente pagato Non userai le risorse di altri senza autorizzazione Non ti approprierai del risultato del lavoro intellettuale altrui Penserai alle conseguenze sociali dei programmi che scrivi 10. Userai il computer in modo da dimostrare considerazione e rispetto. 14 Tocca questi argomenti Barbara Fiorentini nel suo e-v@ngelo. La pastorale nell’era di Internet, Berti, Piacenza 2001. 11 questo senso del limite – volendoci esprimere con un linguaggio cristiano: è in questo senso di creaturalità – che risiede la radice ultima dell’essere responsabili. E dunque di un’etica come tale. Anche di fronte a fenomeni che, al pari di Internet, sono in grado di aprire nuove possibilità e orizzonti inediti nel mondo in cui viviamo. 12