I primi movimenti socialisti

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Integrazioni al manuale
Joseph De Maistre (1753-1821)
A parere del De Maistre, le cause della Rivoluzione erano da ricercare lontano, dall'Illuminismo
indietro fino al razionalismo cartesiano e più oltre al Protestantesimo di Lutero, che inaugurò una
prospettiva individualista in materia religiosa.
Di qui tutti gli errori moderni: il principio della sovranità popolare, quello delle costituzioni scritte,
ecc. In realtà la vita civile va guidata secondo le consuetudini che ogni popolo e ogni tradizione ha
elaborato nel tempo e che non possono essere immobilizzate in un codice scritto.
Contro il nemico dell'individualismo, l'unica forza capace di vincere la battaglia é la Chiesa
Cattolica grazie al principio del primato e della infallibilità del Pontefice; di qui si deduce la
necessitàdi una restaurazione del Primato della Chiesa Cattolica nella vita politica e civile d'Europa.
Sempre di qui consegue l'esemplificazione della teocrazia medievale come modello da seguire.
Occorre dire che il De Maistre fu tanto acceso nell'opposizione all'illuminismo quanto fu
inizialmente, pur se cattolico, catturato da alcune degli ideali dei philosophes. 1
Il De Maistre, conscio della decadenza che l'Europa stava vivendo, aderì alla Massoneria (1774)
nella speranza di un rinnovamento data dalla unificazione delle Chiese, ad opera di un'azione
diplomatica segreta che la Massoneria svolgeva. Tuttavia maturerà un distacco dalla stessa per il
motivo che la Massoneria non accettava il principio di autorità che De Maistre andava formulando,
anzi fondava nella negazione dello stesso, la sua propaganda anticattolica.
Dunque De Maistre elabora una prospettiva di ritorno all'Ancien Regime, prospettiva che si fonda
su di una ripresa della centralità del momento religioso, considerato dal punto di vista istituzionale,
nella vita politica. A questo obbedisce l'intenzione di porre il Papato come nerbo centrale della vita
politica europea. Si tenga presente che in questa prospettiva si inserisce una considerazione negativa
della storia che, abitata da una forza negativa, va indirizzata verso il Bene mediante l' obbedienza
allo strumento della Provvidenza (il Papa). Questa visione della storia, permane al De Maistre dalla
sua appartenenza massonica2, e si inserisce nella sua fede cattolica.
Specifichiamo meglio la sua critica alla costituzione: nessuna costituzione scritta a priori può
esprimere la vera legge che non é scritta e che non é determinabile una volta per tutte dall'uomo.
Difatti tale legge abbraccia infinite condizioni che l'uomo non può dominare, quindi va intesa volta
per volta, momento per momento. L'uomo non può creare con successo una costituzione poiché non
può connettere le parti al tutto. Scrivere una costituzione significa elaborare un'astrazione che non
calza con la situazione reale dell'uomo.
Se questo é vero, allora per un governo legittimo bisogna risalire a chi ha fatto si che tutte le cose
siano ordinate e viventi, ovvero alla Parola ordinatrice di Dio. Tale sovranità di Dio la si può
trovare manifesta nel cristianesimo e nell'opera del papa. (Il De Maistre trova a riprova di questo
efficaci elementi come l'universalità della Chiesa, della lingua latina, la continuità del culto, ecc.)
L'autorità del papa non é per De Maistre dispotismo; infatti egli obbedisce alla Legge universale e
rivendica nel mondo i diritti della stessa. Ovvero egli é garante per i popoli che l'autorità dello Stato
sia legittima (obbediente alla legge universale divina); nello stesso tempo egli dà legittimità
all'autorità dei governi e quindi credibilità ad essi.
1
Maria A. Raschini, I tradizionalisti francesi in Grande Antologia Filosofica, op. cit., pp. 145-ss.
la Massoneria vede questa lotta di forze irrazionali nella storia, e si pone come tentativo di far prevalere quelle
positive sulle negative. Vedi: Maria A. Raschini, I tradizionalisti francesi in Grande Antologia Filosofica, op. cit., pp.
146.
2
Abbiamo alla base di ciò una visione pessimistica dell'umanità come votata al peccato e al male
(polemica contro la natura “buona” dell'uomo affermata da Rosseau), ma anche una fiducia
nell'opera di Dio per la salvezza dell'umanità.
Abbiamo il concreto rischio di rendere il cristianesimo un semplice supporto istituzionale-religioso
per l'ordine civile; si avverte chiaramente una riduzione dell'aspetto spirituale, dell'energia di fede,
della bellezza e pregnanza della dogmatica cristiana ad uno schematico principio di autorità.
E' come se il contenuto proprio del cristianesimo rimanesse nello sfondo, mai tematizzato, mentre si
presta la propria attenzione solo al momento della necessaria obbedienza alla fede, per una garanzia
politica. Si può parlare allora per il De Maistre di una teologia politica.3
Il Liberalismo
Questa corrente, che riguarda innanzitutto l'aspetto politico, ma influenza poi il piano economico,
filosofico e culturale in senso ampio, si sviluppa già nel periodo napoleonico e sarà portata avanti
dalla grande borghesia insieme all'aristocrazia progressista, nonché dalla corrente romantica
dell'Ottocento.
I Liberali non misconoscono gli ideali dell' 89, tuttavia rifiutano il radicalismo giacobino e le
soluzioni rivoluzionarie. Essi si pongono su di un piano decisamente moderato. Concretamente ciò
significa che pur riconoscendo i diritti di uguaglianza e libertà, e che la legge quindi debba essere
eguale per tutti, essi ritengono che solo i proprietari (le classi abbienti) abbiano una predisposizione
per il governo, per garantire tale libertà. La predisposizione in questione si fonda sulla capacità e
competenza professionale, sull'abilità di governo, sull'interesse a mantenere l'ordine sociale
(interesse che spesso manca, per ovvi motivi, alle classi nullatenenti).
Tra gli antesignani di questo movimento possiamo considerare Benjamin Constant (1767-1830), il
quale nel saggio Libertà degli antichi e dei moderni, sostiene che la superiorità della libertà dei
moderni sta nel fatto che essa si incentra sull'individuo. Occorre dunque difendere l'individuo da
qualsiasi fattore che limiti la sua libertà. Lo Stato stesso, dunque, deve permette tale libertà
ritraendosi il più possibile dalle attività sociali, economiche e politiche. Garanzia perché lo Stato
rispetti le libertà dell'individuo, é la separazione dei poteri già ipotizzata dal Montesquieu e
realizzata in Inghilterra. Oltre a questo occorre la presenza di gruppi d'opinione (i partiti) e la
formazione di autonomie locali, che bilancino il potere centrale dello Stato. Siamo agli antipodi
della sovranità popolare rousseuaniana e propugnata dai giacobini francesi. Siamo in un regime di
poteri bilanciati, che garantisce la grande proprietà e il libero agire delle grandi forze economiche.
Di qui il bisogno di uno Stato ordinato e capace di far rispettare la legge; la legalità rimane il
contesto fondamentale in cui inserire la propria azione politica.
Il sistema di governo migliore dunque risulta la monarchia costituzionale a base censitaria.
Tra gli autori sostenitori del liberalismo, tuttavia, vi fu chi pensava che l'allargamento democratico
della base di rappresentanza per il governo dovesse necessariamente attuarsi. E' il caso di Alexis de
Tocqueville (1805-1859) il quale profeticamente intuì la formazione di grandi movimenti di massa
desiderosi di una maggior partecipazione al governo. In Democrazia in America (1835),
suggestionato dalla situazione socio-politica americana, affermò l'inarrestabile movimento della
democrazia, destinato ad affermarsi nella società moderna.
Tuttavia questa democrazia ha potenzialità negative che Tocqueville mette in luce. Massificando il
popolo e dividendo la società in due grandi classi (aristocrazia industriale e popolo salariato), la
democrazia, a causa della reazione del popolo oppresso (che é la maggioranza democratica), può
incontrare il rischio di cadere in una nuova presenza oppressiva dello Stato (dovendo il popolo
3
ovvero la teologia si livella al piano politico, perdendo la propria specificità. Si noti come una posizione di tal
genere non possa che presentare una assoluta sterilità culturale, in quanto non fondata su solide basi dottrinarie, ma su
di una semplice difesa dell'ordine costituito.
richiedere, per ottenere maggior giustizia, un intervento dello Stato che limiti la libertà degli
individui). Dunque, per evitare questa dinamica, occorre far si che la libertà non sia formale, ma tale
da permettere a gruppi, associazioni economiche, culturali e religiose una creativa azione nel
sociale; ovvero occorre che la democrazia si trasformi in un reale pluralismo di posizioni e attività.
Questo garantirebbe dal ritorno di una invadenza da parte dello stato.
I democratici e i radicali
Contributo determinante per lo sviluppo di un pensiero democratico sarà quello offerto dal
radicalismo politico e del liberismo economico.
Il radicalismo politico trova le sue origini nelle riflessioni di Jeremy Bentham (1748-1832).
Bentham sostiene che il principio della vita sociale non sono né valori, né diritti naturali, ma
semplicemente l'utilità e l'interesse individuale. L'ideale dunque sarebbe uno stato che non
intervenisse affatto sulla vita sociale. Tuttavia ciò é un'utopia, per il disordine che si creerebbe,
dunque occorre accettare le leggi come "male minore". Lo scopo che lo Stato deve perseguire
dunque é far si che le sue decisioni coincidano il più possibile con la somma degli interessi
individuali, somma che costituisce l'interesse generale. L'utilità al maggior numero é dunque il
criterio dell'azione politica. I radicali adotteranno questo principio che politicamente si
concretizzerà da una parte nella difesa di un radicale individualismo utilitaristico e dall'altra nella
difesa di aspirazioni sociali (che corrispondono ai diritti del maggior numero). L'atteggiamento,
come si vede, è solo apparentemente contraddittorio. Di qui l'impegno dei radicali inglesi a favore
di rivendicazioni sociali e democratiche, la critica al sistema di governo conservatore (diviso in
Whigh e Tories), la lotta per un allargamento della rappresentanza politica. La loro attività
prevalentemente di tipo propagandistico e associativo, si incentrò specialmente sull'abolizione del
protezionismo (che faceva lievitare i prezzi), l'introduzione del suffragio universale, la diffusione
dell'istruzione, negazione della schiavitù e diverso ordinamento delle colonie, ecc.
Il liberismo economico trova uno dei suoi più interessanti rappresentanti in David Ricardo 4
(1772-1823). Ricardo sostenne che la politica difensiva delle forze agrarie era controproducente.
Occorre dar libero svolgimento al regime di mercato ovvero lasciar libera attività (al di fuori di ogni
protezionismo e mercantilismo) alle forze industriali del paese consentendo un libero commercio tra
gli stati5. Questo conflitto tra agrari ed industriali tuttavia sarà superato da un nuovo e più grave
conflitto; precisamente quello tra capitalisti ed operai, il cui salario sarà destinato a diminuire
sempre più, rendendo sempre più dure le condizioni di vita delle classi più deboli. 6 Insieme a
questo fenomeno si realizzerà una diffusa disoccupazione dovuta alla ottimizzazione tecnologica
del ciclo di produzione. Inoltre gli stessi proventi dei capitalisti, sull'onda della legge di domanda e
offerta e della crescita della produzione, tenderà a diminuire7. Lo stato però non dovrà intervenire,
contravvenendo al principio del libero mercato 8 (é il mercato che deve definire i prezzi dello
stipendio, delle merci, ecc.), ma dovrà abbandonare le politiche mercantiliste, dando così la spinta
necessaria per un calo dei prezzi delle merci alimentari (per il miglioramento delle condizioni
operaie) e per un aumento del volume d'affari delle classi industriali.
4
come si vedrà nelle lezioni di filosofia sarà importante la sua influenza su Karl Marx.
politica che l'Inghilterra adotterà e che renderà il paese l'indiscussa potenza economica mondiale fino agli inizi
del novecento.
6
il calo del salario é prevedibile con sicurezza perché il profitto del capitalista é inversamente proporzionale
all'aumento dei salari, essendo costituito dal valore che l'operaio produce col suo lavoro meno il valore della sua paga.
Dunque minore é la paga, maggiore é il guadagno del capitalista.
7
per influenza della concorrenza che obbliga a diminuire i prezzi.
8
questo principio é indiscusso per i liberisti; proprio su questo punto si muoverà una dura critica di Marx agli
stessi. Marx, pur riprendendo molte analisi dei liberisti, li accuserà di rendere quella che é una situazione di fatto (lo
stato del commercio incentrato sulla proprietà privata) una legge (la legge indiscutibile del mercato).
5
Dalle idee di Ricardo si sviluppò una serie di pensatori politici ed economici, che presero nome di
Scuola di Manchester. Essi presero le difese delle emergenti classi industriali (contro quelle dei
possidenti agrari), appoggiando uno sviluppo del sistema economico in senso industriale.
Saranno questi gli ispiratori del partito liberale, che romperà il monopolio dei Whigh e dei Tories,
rinnovando la vita politica inglese.
I primi movimenti socialisti
Tra i frutti delle grandi trasformazioni economiche che si preparano e in parte si attuano nel primo
ottocento in Europa, abbiamo la nascita delle prime idee socialiste.
Decisamente interessante la riflessione del Sismondi (1773-1842), il quale, riprendendo le linee del
pensiero degli economisti classici (Ricardo), ritiene tuttavia che le crisi che il capitalismo incontra
non possano essere sanabili e dunque ritiene che occorra una profonda trasformazione del
capitalismo stesso. Ciò a cui mira il Sismondi é però un ritorno ad una economia pre-capitalistica,
secondo canoni corporativistici oramai estinti.
In Francia la riflessione é più stimolante sulla scia del dibattito intorno alla Rivoluzione, dibattito
che in alcuni intellettuali generò la convinzione della opportunità di volgersi verso prospettive
socialiste.
I primi assertori del socialismo si raccolgono in due distinte linee di fondo:
a)
i teorici dell'azione finalizzata alla conquista del potere politico.
b)
i teorici di una nuova organizzazione sociale derivata dal progresso delle scienze.
Nella prima linea si scorge l'eredità di Gracco Babeuf 9 ; qui troviamo tra i più accesi attivisti
Filippo Buonarroti (1761-1837) il quale, erede della tradizione giacobina, porta avanti una linea
pragmatico-rivoluzionaria. Lo scopo é formare un gruppo agguerrito di rivoluzionari capaci di
prendere il potere. Una volta al potere il primo punto da realizzare é una rivoluzione agraria, ovvero
collettivizzare la terra. E' interessante notare come il Buonarroti, ispiratore di numerose società
segrete in Italia 10, non sempre disvelava il suo programma radicale e rivoluzionario, ritenendo non
ancora matura la situazione per lo stesso. Così nella società segreta, spesso solo ai livelli gerarchici
più alti si era coscienti dell'intero programma, mentre a livelli più bassi si puntava su conquiste più
generiche e condivisibili dai più (ad esempio: la costituzione, la libertà di pensiero, ecc.). Così si
giungeva all'assurdo che gli obiettivi dei livelli più bassi potevano essere contraddittori rispetto agli
obiettivi ultimi. Ad esempio si poteva iniziare una lotta politica per le libertà borghesi di proprietà e
libero commercio, tuttavia intenti (e di ciò erano coscienti solo i massimi gerarchi) in realtà a
negarle in una forma di socialismo comunitaristico. Descrive efficacemente il Francovich: "I
Sublimi Maestri Perfetti professano nel primo grado l'osservanza della religione e del diritto
naturale, nel secondo si fanno sostenitori degli ideali democratici e repubblicani, nel terzo si
proclama il fine ultimo di una rivoluzione sociale: la comunità dei beni".
Sempre sulla linea di una rivoluzione portata avanti da gruppi preparati allo scopo, opererà più
avanti il Blanqui (1805-1881), personaggio che incontreremo nuovamente.
All'interno della seconda linea spicca invece la figura di Saint-Simon (1760-1825). Qui é espressa
una fiducia estrema nella scienza e nella tecnica, ritenute capaci di creare un nuovo ordine sociale.
Il problema di Saint Simon in particolare é eliminare i ceti improduttivi. Quindi alla dialettica
capitalisti-operai, sostituisce la dialettica ceti improduttivi - ceti produttivi. L'unico titolo di merito
nella società é il lavoro ed occorre eliminare qualsiasi ceto improduttivo. L'avvento di questa
situazione porterà ad una nuova epoca organica 11 che supererà quella critica della Rivoluzione12.
9
Congiura degli Eguali - 1796, in cui tra i protagonisti troviamo anche Filippo Buonarroti.
tra cui va ricordata la società da lui guidata dei Sublimi Maestri Perfetti.
11
ovvero la società vivrà una profonda unità ed armonia, grazie alla razionalizzazione di tutte le istituzioni sociali
senza più sprechi, né sacche di privilegiati, sfruttando al meglio le risorse del paese. La società sarà come un grande
organismo, dove ogni elemento svolge la sua funzione sociale.
12
la quale ha portato ad individualismo sfrenato, conflitti, scissioni.
10
L'epoca organica avrà poi una sua religione, un nuovo cristianesimo, configurata come una
laicizzazione del cristianesimo tradizionale.13
Saint-Simon lascerà una scuola di seguaci che svilupperanno il suo pensiero talvolta travisando il
maestro. E' certo che nel 1831 i saint-simoniani non solidarizzarono con gli operai di Lione (in
sciopero), e questo fatto li squalificò notevolmente, smascherando una posizione che non affine agli
interessi operai, sembrava esserlo solo con quelli dell'industria rampante. Se si riflette infatti, la
prospettiva di Saint-Simon é del tutto congeniale ad una classe industriale e borghese preoccupata
di ottimizzare il sistema economico.
Su altre prospettive invece si muove la riflessione di Charles Fourier (1772-1837). Anch'egli
vagheggia una società produttiva, ma conscio dell'alienazione che produce il lavoro delle fabbriche,
propone una negazione della divisione del lavoro14, protestando contro l'astrazione, la repressione
dei sentimenti creativi e della personalità che tale divisione produce. Allo scopo di ribaltare la
situazione e quindi di liberare l'uomo dalla scissione 15 , propone l'istituzione dei falansteri. I
falansteri sono abitazioni per le falangi, ovvero gruppi di 1800 persone circa che vivono
comunitariamente (famiglie in comune, lavoro in comune, vita in comune). Per preparare questo
occorrerà costruire forme di cooperativismo e di associazionismo, quali primi passi verso i
falansteri.
Meno radicale la prospettiva di Owen (1771-1858). Industriale, mosso a pietà dei suoi operai e di
coloro che abitavano nei quartieri sovraffollati dei sobborghi delle città inglesi, prospetta l'idea di
creare una industria dal volto umano. Si preoccupò quindi di realizzare quartieri più vivibili per gli
operai, scuole per i bambini (allora spesso costretti al lavoro), condizioni igieniche migliori, ecc.
Egli, ispirato da un generico sentimento filantropico, pensò anche che le crisi del capitalismo
fossero dovute alla poca capacità di acquisto delle classi operaie e, quindi, intuì l'importanza che il
lavoratore potesse godere del "reddito integrale del lavoro", con la conseguente scomparsa del
profitto16. Owen pensava ad un sistema cooperativistico, dove i lavoratori erano anche proprietari
delle fabbriche.
Estremamente ricche ed interessanti le riflessioni di Proudhon (1809-1865) e del Blanc
(1811-1882), che incontreremo anche in seguito. Ricordiamo solo che il Proudhon mise in
discussione il presupposto di qualsiasi sistema economico di ispirazione capitalistica, ritenendo la
proprietà privata un furto, perpetrato a danno dei piccoli lavoratori. Al posto della grande proprietà
si sarebbe dovuto realizzare un sistema cooperativistico fondato su una frammentazione della
proprietà privata (data a chi lavora). La prospettiva che ne esce é quella di una società priva di
autorità centrale, ma basata sulla aggregazione di comunità libere; dunque é una prospettiva
anarchica.
Blanc propone invece un socialismo governativo, ovvero lo Stato avrebbe dovuto garantire il lavoro
tramite sue proprie fabbriche ed iniziative capaci di equilibrare il sistema economico.
Un peso determinante ha in questo contesto la riflessione di Karl Marx. Noi però non tratteremo
qui tale pensiero in quanto sarà affrontato analiticamente in sede filosofica.
Elenchiamo solamente i punti fondamentali (a modo di schema) del suo progetto politico:
1
la storia procede per lotta di classe (dialettica materialista = scientificità dell'analisi);
2
il sistema produttivo di mercato é imposto dalla borghesia e non é l'unico possibile;
3
il sistema produttivo di mercato implica un furto perpetrato ai danni delle classi operaie;
13
opere principali del Saint-Simon: L'industria (1812); Il sistema industriale (1812); Il Nuovo Cristianesimo
(1821)
14
la divisione del lavoro é un fattore tipico dell'economia capitalistica. Il Ricardo aveva messo bene in luce
questo aspetto, in particolare quella divisione basilare tra capitalisti ed operai, sulla quale poi si incentrano tutte le altre.
15
liberazione che riguarda tutti gli aspetti, della vita: liberazione dell'uomo, della donna dalle convenzioni,
educazione dei figli in libertà ed in comune, ecc.
16
é evidente che se il lavoratore usufruisse della somma totale che produce col suo proprio lavoro, il reddito del
capitalista (profitto) scomparirebbe, essendo esso sostanzialmente la differenza tra valore prodotto dalla mano d'opera e
valore pagato alla mano d'opera. Se i due valori coincidono il valore del profitto (differenza tra i due) é zero.
4
5
6
7
il sistema produttivo di mercato presenta elementi di inevitabile crisi;
tali elementi di crisi consistono nella forza necessariamente espandentesi della classe
proletaria;
la rivoluzione condotta dalla classe proletaria porterà ad una dittatura del proletariato;
la dittatura del proletariato sarà solo un necessario passaggio per giungere ad un società
priva di stato, leggi e coercizioni. Ad ognuno sarà dato secondo i suoi bisogni.
Il Cattolicesimo
Dall'esperienza della Rivoluzione francese in poi, il cristianesimo si trova a fronteggiare uno spirito
laico che non é solo espressione di minoranze intellettuali, ma é vero e proprio fenomeno diffuso,
teso oramai a divenire lo spirito della società intera. Questo indirizzo diviene palese alla fine
dell'ottocento, per il concorrere di più aspetti. Da una parte le classi imprenditoriali si dimostrano
del tutto orientate verso una logica del profitto che trova la sua base teorica non nella prospettiva
etica cristiana (in particolare cattolica), ma in un generico scetticismo ed agnosticismo. La vita
borghese, se continua a dare una certa importanza alla religione, la considera semplicemente come
un aspetto interiore, relegato nell'intimo umano e privo di incidenza sociale.
Dall'altra parte le grandi masse operaie cominciano ad essere attratte dal movimento socialista,
dichiaratamente ateo, anzi, profeta di una società dove religione e Dio non avranno più motivo di
esistere. Il cristianesimo si trova dunque di fronte ad un mondo sempre più laico ed irreligioso.
La reazione a questa situazione, come vedremo, é variegata: dalla opposizione più intransigente al
mondo moderno considerato di per sé ateo, frutto del rifiuto di Dio (gli intransigenti); al tentativo
di conciliazione, dove si tenta di distinguere tra le libertà democratiche e la laicità della vita sociale
e politica da una parte, e dall’altra l'irreligione dell'ateismo pratico e teorico.
Coloro che tentarono questa conciliazione tra idee liberali e principi cristiani furono generalmente
chiamati “cattolici liberali”. Il cattolicesimo liberale, decisamente avversato dalle gerarchie
cattoliche, si ispira indubbiamente all'opera di Lamennais e dello Chateaubriand17 e, se l'attrito con
la Chiesa ufficiale fu dovuto ad una certa cecità delle gerarchie cattoliche, é ben vero che vi furono
non poche ambiguità nel pensiero del cattolicesimo liberale stesso. In ogni caso i francesi
Montalambert (1810-1870) e Lacordaire si impegnarono a conquistare i cattolici alle prospettive
liberali con un certo successo, sia in Francia ma anche in Belgio ed in Italia. In Belgio, peraltro, si
ebbe anche un decisivo peso politico di questa corrente nelle vicende della unificazione nazionale.18
Occorre citare anche un protestante svizzero, il Vinet (1797-1847), quale deciso assertore della
libertà religiosa e della laicità dello stato; quest'ultimo deve difendere l'ordine pubblico e non la
verità religiosa, che non é di sua competenza.
In Italia il cattolicesimo liberale si sviluppò più tardi e con connotazioni specifiche; il Manzoni, il
Rosmini ed il Gioberti in realtà difficilmente si possono collocare in un unico filone (quello
cattolico liberale) senza precisare le posizioni assai specifiche dei vari autori19.
In Inghilterra prospettive religiose come quelle del metodismo20 daranno sviluppo alla negazione
dell'idea di Chiesa di Stato.
17
vedi sopra.
vedi moti del 1830-1.
19
si pensi ai rapporti tra un Rosmini ed un Gioberti.
20
in piena rinascita, esso riprendeva la prospettiva della predicazione di John Wesley (1705-1791), con un forte
prevalere delle istanze progressiste, intrecciandosi con tesi radicali e democratiche laiche.
18
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