Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Servizio Documentazione
Istituto Casa Madre degli Scalabriniani
Commissione diocesana per il dialogo interreligioso
“Il cammino spirituale dell’uomo
nell’islamismo”
27 marzo 2003
dott.sa Jaya Murty
Partecipa come esperta dell’induismo agli incontri del SAE
(segr. Attività Ecumeniche), prof. inglese
Don Giampiero Cassinari, delegato della Commissione, ha coordinato il dibattito, con
l’intervento degli uditori e risposta del relatore. Qui di seguito la relazione letta e
commentata dalla Relatrice. Presenti gli operatori pastorali, insegnanti di religione,
responsabili di associazioni gruppi e movimenti ecclesiali.
SRI KRISHNAYA NAMAHA
Buona sera, prima di tutto vorrei ringraziare Don Gian Piero Cassinari per il suo gentile invito.
Sono molto felice d'essere con voi stasera e di parlare di un argomento affascinante e difficile allo
stesso momento “Il cammino spirituale dell’uomo nell’islamismo” mi occuperò di specifico
dell'Induismo. Secondo il nostro rito prima di iniziare qualsiasi lavoro si prega Dio Ganesha per
togliere ogni ostacolo nel nostro cammino della vita:
AGAJANANA PADMARKAM GAJANANA MAHARNISHAM ANEKA
DANTAM BHAKTANA EKADANTAM UPASMAHE
Prima di iniziare a me sembra opportuno fare un piccolo cenno sull'Induismo.
Che cos'è la religione Hindu?
Che cos'è la religione Hindu? In antichità i Persiani chiamarono la terra Hindu Desha, perché il
fiume Sindhu scorreva in questa regione. La lettera “S” di Sindhu diventa “H” a causa del problema
della loro lingua. La terra è diventata Hindu Desha, gli abitanti furono chiamati Hindu e la loro
religione diventò Hindu. Il suffisso “ism” venne aggiunta dagli inglesi. Il vero nome della religione
Hindu è Sanatana Dharma, il Dharma eterno, perché i suoi valori ricorrono ad un tempo molto
antico e rimarrà eternamente. Satya, Dharma, Shanti, Prema (verità, rettitudine, pace e amore) sono
i quattro pilastri. La radice dell'Induismo è la non-violenza. A proposito di questo Mahatma Gandhi
scrive nella sua autobiografia “ahimsa” che è l'estremo scopo dell'umanità, la mia vita è consacrata
al servizio dell'India attraverso la religione dell'ahimsa che credo sia la radice dell'Induismo.
Come tutte le altre religioni del mondo anche l'induismo si occupa di facilitare il cammino
spirituale. Secondo la definizione del prof. Stefano Piano, il termine Induismo non indica una
religione bensì un’intera cultura, un modo di essere, di vivere, di vestirsi, di nutrirsi, di amare, una
serie di abitudini che si tramandano da millenni, una civiltà estremamente fedele al passato. Lo
scopo di tale fedeltà è sempre stato di mantenere la pace e la giustizia nel mondo, vivendo una vita
serena. In generale, come diceva la professoressa Caterina Conio, gli indiani sono religiosi, quindi
la vita spirituale è coinvolta con la vita quotidiana. La fonte principale della religione è l'antica
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sapienza Veda, 1200 e 500 a. C., si tratta di un insieme di testi, autorivelati da Brahman, il Creatore
dell'universo, sarebbero stati misteriosamente uditi dagli asceti che li avrebbero ascoltati e
tramandati oralmente alle generazioni successive. Quindi i quattro Veda, Rig-veda, Yajur-veda,
Sama-Veda e Atharva-Veda, rispettivamente contengono le regole da seguire per pregare, per
eseguire le feste, per compiere vari rituali, per esempio il battesimo, l'iniziazione, il matrimonio,
ecc., in una parola è una guida spirituale, inoltre si crede che la musica indiana abbia la sua fonte in
Sama-Veda e la medicina nell'Atharva-Veda. Ci sono anche altri testi fondamentali, gli Upanishad,
Bhagavad Gita, ecc., per guidare l'uomo nel passo giusto. Ricordiamo che gli insegnamenti di questi
sacri testi sono resi più semplici dai saggi per facilitare la comprensione dell'uomo comune.
La differenza tra la vita spirituale e la vita materiale
Passando al nostro argomento vediamo la differenza tra la vita spirituale e la vita materiale. Che
cosa vuol dire il cammino spirituale? Il cammino spirituale non è altro che concentrare la nostra
chit, mente, sul divino e dedicare la nostra vita a Dio. Sappiamo che esiste anche la vita materiale,
la quale consiste nel concentrarsi sulla vita mondana, sui piaceri, sui desideri, ecc. Ma io direi che
queste due vie sono due facce della stessa medaglia. Infatti, secondo la concezione indù, le due vie
coincidono anche se camminano come due binari di una ferrovia. La bellezza e il fascino
dell'Induismo stanno nel non negare né l'una né l'altra. Allora possiamo domandarci: perché non
possiamo godere solo la vita materiale? La risposta si trova nelle grandi scritture, come Veda, gli
Upanishad e Bhagavad Gita. Anche i filosofi ci hanno fornito una risposta. Secondo la teoria di
Shankaracharya, il fondatore della filosofia Adwaita, (non-duale tutto è uno in Dio, ed è solo)
questo mondo è solo Maya, illusione. Noi siamo protagonisti, attori e attrici di un dramma umano e
recitiamo solamente sul palcoscenico Maya, ovvero illusione. Il fondatore della dottrina
ADWAITA, Shankaracharya nacque nel 568 dopo Cristo e visse solo 32 anni. In questa breve vita il
maestro ha lasciato scritto tantissime opere, i commenti dei vari testi sacri, autore di varie canzoni,
preghiere per varie divinità le quali sono cantate tuttora. Shankara afferma che Brahman satyam e
jagan mithya, il Brahma è reale e il mondo è irreale. Tale convinzione di Shankara non era
facilmente accettata a quell'epoca. Una teoria che sembrava incredibile. La leggenda narra che una
volta il saggio tornava a casa dopo un dibattito su maya, e all'improvviso un elefante infuriato,
dalle stalle regali discese lungo la strada, attaccando con frenesia e calpestando tutto quello che si
trovava per la strada. Shankara prudentemente volse le terga e cominciò a fuggire di corsa
dall'elefante. A questo punto i critici della teoria maya si misero a ridere e lo presero in giro. Essi
gli gridavano: “Shankara perché corri? L'elefante è una illusione”. Correndo ancora più veloce
gridò il filosofo in risposta: "Lo è anche la mia fuga". La morale della favola è che anche se
sappiamo che la nostra vita è come un bolla d'acqua ed è soggetta a rompersi senza la nostra saputa,
il nostro ego AHAM ci fa pensare che Io sono la prima importanza, e il resto viene dopo. Non
possiamo condurre una vita passiva dicendo che tutto è illusorio, ma bisogna cercare una via
d'uscita da questa felicità momentanea kshanica, che ha poco durata. Invece la salvezza, ovvero il
moksha ha la felicità eterna. Dalla nascita siamo soggetti alla sofferenza, alla vecchiaia e alla
morte. Per capirne di più in breve spieghiamo quali sono i concetti principali della religione indù e
quale il suo ruolo nel guidare l'uomo verso la salvezza.
I concetti principali dell'Induismo sono il Dharma e il Karma
DHARMA
Il termine Dharma deriva dalla radice DHR dalla lingua sanscrito, che vuol dire: sostenere. In altre
parole Dharma significa rettitudine, un insieme di doveri spirituali e morali, è un concetto di
dovere religioso, le norme della vita che uno deve seguire in questo mondo. Il grande saggio Manu
ha scritto un trattato di nome Dharma Shastra, o Manu Smriti che risale a 1250 avanti Cristo. Il
codice di Manu è un testo fondamentale tuttora seguito dagli Hindu. Manu descrive Varna Dharma
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e Ashrama Dharma. “Varna” vuol dire: colore, è la casta. Le caste sono principalmente quattro, e
la classificazione era fatta dagli Aryani, secondo il mestiere che uno svolgeva, per sistemare e
organizzare bene la società.
 La prima casta è di Brahmana: chiamarono Bramini coloro che si occupavano della lettura dei
testi sacri, dell'insegnamento del significato della vita e soprattutto chi dedicava la propria vita al
servizio di Dio.
 La seconda è Kshatriya: chiamarono guerrieri coloro che si occupavano della difesa,
mantenimento della pace e della giustizia.
 La terza casta era Vaishya: chiamarono commercianti chi si occupava di vendere le merci,
teneva i mercati, i negozi.
 La quarta era Sudra: furono chiamati Sudra, chi faceva i lavori manuali, coltivava la terra,
l'agricoltura, ecc.
Secondo Manu bisogna fare il nostro dovere verso la società secondo la casta che noi
apparteniamo. Non c'è da meravigliarsi che tuttora la società indiana crede profondamente nel
sistema delle caste, è vero che ci sono evoluzioni in questo campo, tante cose sono modificate ma
in generale funziona come allora.
Ashrama Dharma: secondo la concezione Hindu la vita umana è diviso in quattro stadi.
 Il primo è Brahmacharyashrama: la vita studentesca, secondo la quale i bambini dall'età tenera
abitavano e trascorrevano la loro infanzia in un eremo (Ashram) di un Guru, per imparare le regole
della vita, studiare Veda, Upanishad; in poche parole era una preparazione per ricevere
l'iniziazione. Durante la cerimonia d'iniziazione era insegnato il Mantra Gayatri da sacerdote.
Tuttora questo sacro mantra è ricevuto dal fanciullo durante la cerimonia di iniziazione.
 Il secondo è Grihasthashrama: dopo questo stadio il ragazzo entrava nella vita coniugale, il suo
compito era di godere della vita matrimoniale, prendere cura della sua famiglia, educare i figli,
badare i genitori. Soprattutto si concentrava sull'importanza dei vari Samskara (rito di
consacrazione), ovvero osservare le feste, fare la puja quotidiana, andare ai pellegrinaggi; è qui che
la vita materiale e spirituale coincideva. Infatti, è facile ottenere il Moksha conducendo una vita
Dharmica in questo periodo della vita, è una promessa fatto da Dio Krishna all'inizio dell'era di
Kali.
 Il terzo era Vanaprastashrama: in antichità i coniugi quando arrivavano alla terza età si
staccavano dall'attaccamento alla famiglia, andavano alla foresta per condurre una vita spirituale, si
impegnavano fare la penitenza, la meditazione, ecc.
 Il quarto era il Sanyasashrama: abbracciare quest'ahrama consiste nello staccarsi completamente
dai piaceri mondani, allontanarsi da ogni passione, incluso i vestiti scegliendo solo gli abiti di color
arancione, e vivere con le elemosine e dedicare tutto il tempo a pregare Dio.
A grandi linee la vita di un indù tuttora è vissuta in questa maniera. Ma nella terza età non si usa
andare in foresta ma si vive dedicandosi alla vita spirituale. Per quanto riguarda il quarto stadio ci
sono i sanyasi ancora in India, vivono nelle città sacre (Benares), alcuni vivono sull'Himalaya per
fare la penitenza, meditazione senza sentire freddo nelle grotte.
In poche parole bisogna praticare il Swadharma, che indica il dovere di ogni uomo a seconda della
sua posizione sociale e stadio della vita.
KARMA
Ora passiamo al concetto del karma. Non si può fuggire dalla legge di Barman. Karma in parole
semplici vuol dire: azione. Ogni azione dell'uomo ha il suo frutto sia positivo e sia negativo.
Il karma positivo sono le azioni buone che consiste nel fare le opere bene, seguire il principio della
non-violenza, non ferire i sentimenti degli altri, obbedire al maestro e ai genitori, ecc.
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Invece le azioni violente verso ogni essere vivente, incluso i regni animali (uccidere gli animali per
cibarsi), sono le azione negative.
Questi risultati non si esauriscono lì per lì, invece continuano nelle prossime nascite. Spiegando
meglio, noi abbiamo una forte credenza nell'incarnazione umana. La vita umana non vive solo una
volta, anzi siamo tutti catturati nella trappola del samsara, sarebbe il ciclo delle nascite e delle
morti. Il ciclo si chiude quando riesce liberarsi da questo cerchio, il quale non è altro che il
risveglio, ovvero Moksha. L'uomo non rinasce più in questo mondo e vive eternamente nel mondo
di Dio e gode della felicità eterna. Inoltre non è più soggetto alla nascita, la malattia, la vecchiaia e
infine alla morte.
Infatti, Shankaracharya spiega nel seguente verso del Bhaja Govindam (inni che spiegano la
filosofia della vita):
Punarapi Jananam, punarapi maranam, punarapi janani jathare shayanam. Iha samsare
bahu dustare, kripaya pare pahimurare.
In questo verso il maestro invoca Dio: “Si rinasce, si rimuore, si dorme nel grembo materno per
rinascere un'altra volta. Questa vita è così dura, si lotta per vivere, ti prego Signore, donami il Moksha”.
Quando uno lascia questo corpo si porta solo il bagaglio del nostro karma. L'anima trasmigra in un altro
corpo. Ciò che siamo oggi, dipende dai risultati delle nostre azioni della vita precedente. Ecco perché si
nasce come ricco o come povero, alcuni hanno buona salute e alcuni no. Un diabetico ricco può
permettersi sempre i cibi ricchi e dolci, ma deve seguire una dieta povera. In India il termine Karma
spesso è inteso anche come destino. È molto comune sentire la gente lamentarsi: “Che karma avevo
fatto nella vita precedente per soffrire così in questa vita?”. Una canzone popolare devozionale dice:
“naa maadida Papa Na Kaleyabeka, Shivana mega Sittagabeda”.
Significa: ognuno per forza deve consumare il proprio Karma (i risultati delle azioni compiute nella vita
passata), tu non puoi arrabbiarti con Shiva (Shiva fa parte della trinità Hindu, gli altri due sono Brahma
e Vishnu. Brahma crea, Vishnu protegge e Shiva distrugge l'universo, quando cresce adharma in questo
mondo e distrugge il mondo, il ciclo cosmico non può fermare Brahma ricrea il mondo un'altra volta).
Tornando al nostro discorso nascere come un uomo è l'ultimo gradino (nascere come Bramino è ancora
più privilegiato).
Allora perché Dio ha creato anche male? Perché senza il male non può esistere il bene. Dio ha creato
tutte due il bene e il male lasciando la scelta libera all'uomo, donandoci la facoltà del ragionamento.
L'induismo consiglia di fare attenzione ad ogni passo della vita per migliorare questa nascita per non
rinascere più, ricordando che bisogna togliere il karma negativo solo tramite il karma, come per esempio
per togliere una spina dal piede ci vuole un'altra spina. Tale convinzione aiuta la gente a vivere
serenamente. In India anche un mendicante è contento perché è convinto che la sua vita è solo quella,
non può sperare per un'altra vita migliore in questa nascita. In India è molto comune incontrare
mendicanti vicino ai templi che cantano i canti devozionali per chiedere l'elemosina (anche sui treni).
UOMO
Adesso vediamo: qual è la definizione dell'uomo, secondo la religione? L'uomo si chiama anche
Manava, significa: colui che osserva la mente. In altre parole, colui che è capace di tenere la mente e i
cinque sensi sotto controllo, che è il primo passo del cammino spirituale. Per natura l'uomo è virtuoso,
intelligente, è capace di vivere secondo la sua scelta, ma non deve mai dimenticare la fede. Infatti, la
pace rimarrebbe eternamente se tutti vivessero con la fede rispettando le leggi del DHARMA e del
KARMA. Purtroppo nel mondo attuale si vede la mancanza di pace, l'uomo è scontento anche se
vive nel mezzo del massimo comforto. Questi sono anche i salienti caratteri del Kali Yuga.
Secondo la dottrina del Taittriya Upanishad l'uomo è costituito da cinque involucri (kosha) che in
qualche modo nascondono l'ultima realtà, quella del Brahman-Atman. Tali involucri sono uno più
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sottile dell'altro, man mano che si procede dall'esterno all'interno tracciano un cammino progressivo
da ciò che è più lontano dalla realtà fino alla realtà stessa.
 Il primo involucro è il corpo fisico, che costituisce l'aspetto più grossolano e materiale di ogni
individuo, e si chiama: Annamaya- kosha, relativo al cibo.
 Il secondo è più sottile della prima, si chiama: prana-maya-kosha, che è fatto da soffio o respiro,
la forza vitale.
 Il terzo involucro, fatto di mente e di pensiero, si chiama: mano-maya-kosha.
 Il quarto è vignanamaya kosha, relativo alla coscienza.
 L'ultimo è Ananda-maya-kosha che è costituito da beatitudine. L'anima individuale si deve
identificare con la beatitudine. È richiesto all'uomo di fare un viaggio interiore per scoprire il suo
Sé.
Come la religione Hindu facilita tale percorso e dona la possibilità di raggiungere il Brahman
Un’impresa assai difficile ed anche complessa è vedere come la religione Hindu facilita tale
percorso e dona la possibilità di raggiungere il Brahman
L'uomo si chiama anche Purusha, secondo il concetto Hindu lui deve raggiungere quattro fini
durante l'arco della sua vita per diventare purushartha Sadhaka, ovvero un uomo perfetto. Essi sono
Dharma, Artha, Kama e Moksha.
 Il concetto del Dharma l’abbiamo già spiegato; in sintesi l'uomo deve mantenere l'ordine, la
giustizia e la moralità, e deve rispettare il suo swadharma, ossia il Dharma proprio.
 Il secondo è Artha, il successo derivante dai beni terreni, dalla ricchezza e del potere. Si può
possedere la ricchezza, ma rispettando le norme del Dharma, la trasgressione della quale è un
peccato imperdonabile ma potrebbe essere anche la causa del turbamento delle acque serene della
pace e della giustizia. Infatti, è quello che sta succedendo nel mondo d'oggi. Anche la salute è
importante, mens sana in corpor sano per procedere verso la spiritualità.
 Il terzo è il Kama, il desiderio e la passione e la loro soddisfazione. Gli innumerevoli desideri
sono le cause negative, le quali conducano l'uomo ad andare oltre le norme giuste. I saggi
consigliano di avere un controllo sulle passioni eccessive. Ma questo fine è anche importante per
vivere una vita soddisfatta.
 Moksha, è il quarto scopo, la liberazione dal ciclo della nascita e della morte. Ma il termine ha
ancora un significato molto più profondo: l'unione dell'Atman e il Paramatman. I testi sacri
affermano che il Brahman risiede nel cuore di ciascun individuo come una scintilla di luce. Quindi
Egli è Paramatma (una parola composta) l'anima suprema, l'atman il soffio vitale, indica il respiro la
parte essenziale della personalità umana. I vari Upanishad praticamente parlano di Atman e Brahman
e descrivono il percorso spirituale; secondo le quali staccarsi da tutto ciò che è umano la strada
migliore è raggiungerla. Maha Vakya la frase chiave degli Upanishad è "TATWAM ASI", “Io sono
quello”. Si può spiegare meglio con la seguente affermazione: "Io sono nella luce, la luce è in me, io
sono la luce". La filosofia Adwaita di Sri Shankaracharya dice che, il Sé e il supremo non sono duali.
In questo senso siamo tutti divini, bisogna capire questa grande verità e cosa comporta il divino.
Quali sono i passi da camminare per arrivare a questo stato, e approfondiamo anche come la
religione Hindu facilita questo cammino.
Adesso vediamo quali sono i passi da camminare per arrivare a questo stato e approfondiamo anche
come la religione Hindu facilita questo cammino.
Il sentiero della perfezione sappiamo che non è una strada liscia come un’autostrada, anzi è come un
sentiero per salire sulla vetta di una montagna, ovvero come leggiamo nel primo verso della Divina
Commedia, l’Inferno:
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura”.
Perché il velo degli innumerevoli desideri possono creare l'oscurità per andare avanti.
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Anche nel Buddismo il primo consiglio di Buddha è di abbandonare i desideri. La causa del dolore è
il desiderio, insegna Gautama Buddha.
Un altro ostacolo sono i sei vizi umani Arishadwarga. KAMA, KRODHA, LOBHA, MOHA, MADA,
MATSARYA. Per diventare un uomo di virtù bisogna allontanarsi da questi. Questo non è banale. Per
esempio, cerchiamo di chiedere a qualcuno: “È vero che non ti arrabbi mai?”. L'altro risponde, con
calma: “Certo io non mi arrabbio mai”. Proviamo fare la seconda domanda: “Sei sicuro che non ti
arrabbi?”. Già il tono cambia, risponderebbe dicendo: “Certo che non mi arrabbio”. Insistiamo con la
terza domanda: “Dici la verità: non ti arrabbi mai?”. L'altro perde la pazienza e risponde con un tono
arrabbiato: “Oh, quante volte ti devo dire, non mi capisci? Perché mi rompi le scatole?”. Questo è
l'atteggiamento umano.
Krishna, il nono Avatar di Dio Vishnu, che è protagonista principale dell'epopea Mahabharatha e il
messaggero della pace per evitare la battaglia di Kurukshetra, una guerra combattuta tra cinque fratelli
Pandava, contro i loro cento cugini Kaurava. Arjuna, il terzo fratello dei Pandava, poco prima
dell'inizio della guerra decide di non combattere contro suoi cugini. A questo punto Krishna consiglia
di combattere perché era necessario per ripristinare il Dharma scomparso. Questo è la Bhagavad Gita.
(Un testo molto importante e conosciuto in tutto il mondo. Spiega il sentiero della perfezione. È stato
tradotto anche in Italiano).
Il messaggio universale del Krishna indica tre sentieri: Jnana Yoga, Karma Yoga e Bhakti
Yoga.
In questo messaggio universale Krishna indica tre sentieri, Jnana Yoga, Karma Yoga e Bhakti
Yoga.
“Yoga” significa: unione, ovvero giogo, che unisce uomo e Dio. Non è la ginnastica come spesso
s’intende, più che altro sono esercizi mentali per la concentrazione e per la meditazione, e anche una
guida per allontanarsi dai vizi.
Il primo sentiero: Jnana voga, la della conoscenza.
Si tratta di condurre l'anima alla liberazione facendole prendere la coscienza della sua totale
distinzione dalla materia. Il vero Jnani, saggio conoscitore, ha i seguenti caratteri: la purificazione
dell'esistenza, il controllo di Sé, l'assenza della collera, la non-violenza. È un sentiero dell'interrogare,
analizzare, staccarsi da tutto. È una via difficile, fattibile solo ai rinuncianti, ossia ai sanyasi. Ma in
India esistono tuttora Sanasi. Fanno la penitenza sui monti di Himalaya supportando il freddo e il
gelo. Salgono fino a Gangotri, dove nasce il Gange e fanno il bagno e pregano.
In questo contesto bisogna ricordare il grande monaco Henry Le Saux, un monaco Benedettino
Francese, che andò in India a cercare i valori della religione Hindu, apprezzò la filosofia Adwaita,
diventò Sanyasin e prende il nome Abhishiktananda, e fa proprio un pellegrinaggio con suo amico
Raimon Panikkar (un teologo di fama mondiale) fino alla sorgente del Gange e officia una messa.
La sua esperienza è molto commovente. La professoressa Caterina Conio, la quale era grandissima
amica del SAE, ha fondato a Milano il Centro Studi Henry Le Saux, tuttora pienamente attivo.
Questi sono veri Jnani.
Il secondo sentiero è Karma Yoga: il sentiero delle azioni e delle opere
Uomo di natura continuamente compie qualche azione, per esempio mentre si dorme il cervello è in
azione. Si sogna. Krishna dice che l'azione è meglio dell'inazione. Nel seguente verso Krishna
spiega: “Compi il tuo dovere prescritto perché l'azione è migliore dell'inazione. Senza agire non è
possibile nemmeno mantenere questo corpo, il quale è un mezzo efficace per camminare sul
sentiero spirituale” (cap. 3, ver. 8).
Gli insegnamenti di Krishna consistono nel non aspettare un frutto dalle tue azioni. Se facciamo
un’opera di carità, non si deve subito pensare, “Io godo il Paradiso”, è completamente sbagliato. Il
sentiero di Karma è fattibile da tutti.
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Il terzo sentiero è quello della devozione, Bhakti Marga
La Bhakti significa la devozione ovvero fede. La fede è importante per un uomo come una bussola
per un navigatore. Il termine deriva dalla radice della lingua sanskrito Bhaj, che significa: servire,
condividere, onorare, adorare, preferire semplicemente di essere devoto. Letteralmente Bhakti vuol
dire il servizio, onore. La devozione crea un rapporto intimo tra Dio e devoto. Un cammino molto
semplice e caldamente consigliato specialmente nel Kali yuga la quarta di quattro ere (Satya, Treta
e Dwapara furono le ere precedenti). Anche un piccolo gesto della devozione basta per essere
accettato da Dio. A questo proposito nella Bhagavad Gita Krishna si afferma in seguente verso:
patram, pushpam, phalam, toyam, yome bhaktya
prayacchati
bhaktya upahrutam, sanami priyatatmanaha
“Chiunque sospinto dall'amore mi offre una sola foglia, o un solo fiore, o solo una frutta, o
semplicemente l'acqua, io lo gradisco”.
Nel prossimo verso Krishna continua dire che “Coloro che mi venerano con la devozione essi
abitano in Me ed Io in loro”.
La fonte della devozione già si trova nel Rigveda. Ci interessa sapere che già nel Rig-Veda si
riscontrano bellissimi brani che descrivono i sentimenti della devozione verso la divinità.
Lo slogan dell'Induismo, AHIMSEYE PARAMODHARMA.
Non basta solo la devozione, bisogna rispettare lo slogan dell'Induismo, AHIMSEYE
PARAMODHARMA. La non-violenza è l'atteggiamento migliore dell'uomo, fa parte della
devozione. Infatti, uccidere gli animali per cibarsi è un’ingiustizia. (Io, essendo vegetariana insieme
con la mia famiglia, ribadisco che il primo passo del cammino spirituale è di diventare vegetariani)
Gandhi usò il metodo della non-violenza per liberare l'India.
Nell'era di Kali basta ricordare il nome di Dio costantemente per raggiungere la salvezza.
L'induismo proclama che, specialmente quando l'anima lascia il corpo, se si ricorda il nome di Dio
il Moksha è assicurato.
Certo per arrivare a quel livello si deve condurre una vita perfetta, almeno deve essere vissuta con la
fede. Capita solo alle persone sante, per esempio Mahatma Gandhi pronunciò prima di morire HE
RAM, quando era stato colpito da un assassino. Capitò anche ad Angela da Foligno e a Meera Bai
trovare il loro rifugio in Dio prima di lasciare il loro corpo.
Invocare il nome di Hari Vishnu, può essere fatto attraverso Sravanam, ascoltare il nome di Dio
sempre, e leggere sacre scritture. (Mia nonna all'età di ottant’anni andava in tutte le biblioteche per
procurarsi i sacri testi da leggere. Ci raccontava in un linguaggio semplice. Mangiava solo la sera
per avere il tempo di leggere! Noi ci lamentiamo spesso che non abbiamo tempo, invece basta avere
la volontà).
 Mananam, tramite la meditazione e la penitenza.
 Kirtanam, tramite i canti devozionali.
Infatti, la musica e la danza indiana sono sacre. Essi non sono altro che lode del Signore.
La contemplazione, la preghiera, il digiuno osservare le feste religiose, rispettare i riti nelle
cerimonie, l'offerta del cibo anna danam , fare la carità, essere generosi verso i poveri, aiutare i
malati, tutto fa parte del sentiero della devozione ed è uno strumento efficace per arrivare alla
salvezza. I saggi dicono di cantare i Bhajan, i canti devozionali in famiglia o nei centri religiosi, che
danno benefici enormi. Inoltre il compito della giornata consiste nell'alzarsi presto a fare il bagno
all'alba, e pregare il sole sorgente, l'ora indicata per la preghiera è l'alba, il momento in cui la luce e
il buio si incontrano, e si chiama Brahma Muhurtha. Dopo eseguire la puja, offrire il cibo alla
divinità e consumare il cibo sacro che diventa Prasada. Ma come ogni cosa del mondo anche questo
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è facilitato, si può dedicare alle preghiere anche un tempo minimo, basta mantenere il rito.
Ricordiamo che ogni famiglia ha un altare, e un piccolo angolo della cucina è dedicato a Dio.
Per facilitare questo cammino i saggi hanno divinizzato ogni cosa, perché per natura l'uomo si
concentra sempre su questo mondo materiale. Lo scopo di divinizzare ogni cosa consiste
nell’attirare e far ricordare Dio anche quando l’uomo è impegnato nell'attività materiale. Per
esempio, l'induismo ha identificato la ricchezza e ben-essere con la Dea Lakshmi. Perciò un uomo
che corre sempre dietro ai quattrini è costretto a pregare la Dea Lakshmi. La sapienza è identificata
con la Dea Saraswathi. Tuttora i libri sono considerati sacri. Calpestare o maltrattare la carta è un
atto non permesso. Si vedono la foto di Saraswathi nelle scuole, nei centri di studi, e così la
fotografia di Lakshmi nei negozi. Nelle scuole tuttora i bambini e i ragazzi fanno la preghiera di
Saraswathi prima che iniziano le lezioni.
La vita di un indù è divinizzata dalla culla alla tomba. C'è sempre un rito associato con ogni aspetto
della vita. Il passaggio dalla nascita alla morte non è altro che una serie di rituali, cerimonie
religiose, le preghiere e le venerazioni, che per un Hindu sono le sacre le montagne, i fiumi e i mari.
Fare un tuffo nei fiumi sacri è un atto religioso. L'idea è di ricordare la mente dell'uomo agitata
costantemente; lo scopo della sua esistenza in questo mondo è di realizzare quattro Purushartha i
quattro fini della vita, e per arrivare a realizzare il suo Sé e capire la grande frase degli Upanishads
TA TWAMASI. Tu sei quello.
Le promesse fatte da Dio per salvare l’uomo che è circondato da un mondo
complesso
Quali sono le promesse fatte da Dio per salvare l’uomo che è circondato da un mondo complesso?
Krishna promette all'uomo quanto è scritto nel seguente verso della Bhagavad Gita:
Paritranaya Sadhunam Vinashaya chadushkrutam
Dharma Samsthapanarthaya Sambhavami yuge Yuge
Tradotto vuole dire: discendo di era in era per liberare le persone pie, per annientare (Destroy) i
miscredenti e ristabilire i principi della religione.
Quindi quando il Dharma, rettitudine, scompare in questo mondo e Adharma, dappertutto, si crede
che Vishnu scende nella forma umana per aiutare il mondo. Vishnu protettore dell'Universo ha già
fatto nove incarnazioni, l'ottavo fu di Rama e il nono fu di Krishna. Secondo le profezie, Vishnu fa
l'incarnazione di Kalki alla fine di Kali Yuga. (L'avatar di Krishna si è verificato alla fine
dell'ultimo Dwapara yuga, che ha preceduto l'attuale kali yuga, il quale ha avuto proprio l'inizio con
la scomparsa di Krishna che si colloca tradizionalmente nel 3102 a.C. Secondo gli hindu noi
viviamo nel crepuscolo del mattino di kali yuga, che ha la durata di 432.000 anni, dei quali ne sono
trascorsi solo 5000).
Questo non vuol dire che Dio non esiste sempre, infatti Dio è onnipresente, si manifesta
invisibilmente in tutti gli oggetti del mondo, e sicuramente salvaguarda i suoi devoti. Alcuni grandi
maestri spirituali hanno avuto il suo Darshan, la visione. Per esempio Kalidasa, (Sanskrit poet),
Ramakrishna Paramahamsa, i famosi compositori della musica indiana Purandara Dasa, Tyagaraja,
e questi tanto per nominare alcuni nomi.
L'induismo insegna anche, come spiega un saggio vivente, che questo corpo è come una barca che
percorre un fiume, dove una riva è il mondo materiale e l'altra è la meta spirituale. Il fiume è la
vita, e con l’ausilio del corpo, lo dobbiamo attraversare. Importante è che dobbiamo usarlo e
raggiungere la meta prima che si riveli qualche fessura. Se la barca subisce qualche fessura la
barca procede male già nel mezzo del percorso, e non possiamo arrivare all’altra sponda. Non c'è
alcun pericolo se la barca rimane in acqua per molto tempo, il pericolo c'è solo se entra l'acqua.
Noi siamo in famiglia e non ci sono pericoli, mentre non lasciate che la famiglia entri in voi.
Questo vorrà dire che bisogna staccarsi dall'attaccamento. In altre parole l’uomo deve vivere
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come un fiore di loto. In una palude sotto c'è tanto fango ma il fiore di loto rimane sopra pulito e
puro.
Ma insegna anche che la vita spirituale non è abbandonare la propria abitazione per vivere in un
luogo solitario. La vita spirituale significa vivere nella convinzione che tutti sono uno e che
l'individuo è uno con tutti. Concludo con queste parole:
Se nel cuore c'è rettitudine,
ci sarà bellezza nel carattere
Se c'è bellezza nel carattere,
ci sarà armonia nella casa.
Se c'è armonia nella casa,
ci sarà ordine nelle nazioni.
Se c'è ordine nelle nazioni,
ci sarà pace nel mondo.
Om shanti, shanti shantihi
ci sia pace per tutti.
dott.sa Jaya Murthy.
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