Prof Raffaele Barone Università degli studi di Messina Dipartimento patologia umana Corso di laurea in infermieristica Canale di Caltagirone La schizofrenia colpisce circa lo 0,3-0,7% delle persone.24 milioni di persone in tutto il mondo nel 2011 Essa si verifica 1,4 volte più frequente nei maschi rispetto alle femmine L'età di picco di insorgenza è tra i 20 e i 28 anni per i maschi e tra i 26 e i 32 anni per le femmine La schizofrenia La schizofrenia è una forma di malattia psichiatrica caratterizzata, secondo le convenzioni scientifiche, dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell'affettività, da un decorso superiore ai sei mesi (tendenzialmente cronica o recidivante), con una gravità tale da limitare le normali attività della persona I sintomi sintomi più comuni includono allucinazioni uditive, deliri paranoidi e pensieri o discorsi disorganizzati. È accompagnata da un significativo deficit nella vita sociale e professionale. La diagnosi si basa sull'osservazione dei comportamenti del paziente e sulle esperienze riportate da esso. Fattori etiologici La genetica, fattori ambientali precoci e processi psicologici e sociali sembrano essere importanti fattori che contribuiscono al suo sviluppo. L'assunzione di alcune droghe o farmaci sembra causare o peggiorare i sintomi. Il rapporto individuo-contesto è importante. l termine significa "suddivisione delle funzioni mentali" a causa della presentazione sintomatica della malattia Grava malattia mentale L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) (2001) definisce “grave patologia mentale” ciascuna condizione psicopatologica che può portare al suicidio o alla morte per incidente dovuto alla inabilità che ne deriva o ad una tragica riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita del paziente. Ritornando alla definizione più generale del livello grave di una qualsiasi patologia, l’OMS (2001) ricorda che questo indica un quadro clinico potenzialmente e statisticamente in grado di portare alla morte o di ridurre drasticamente gli anni e la qualità di vita a causa dell’inabilità che ne deriva. La stima (il carico) di quest’ultima è data dalle statistiche DALY (Disability Adjusted Life Years), il cui indice di annualità di vita o di buona salute perdute a causa di una malattia, integra due fattori: gli anni di vita perduti per mortalità prematura (YLL – Years of Life Lost ), gli anni di vita produttiva perduti per inabilità (YLD – Years Lived with Disability ). (OMS, 2001) trattamento La base del trattamento è la somministrazione di un farmaco antipsicotico, che sopprime principalmente l'attività del recettore della dopamina e talvolta della serotonina. L'intervento psicoterapico e la riabilitazione professionale e sociale sono altresì importanti nel trattamento. Nei casi più gravi, in cui vi sia il rischio di sé e degli altri, il trattamento sanitario obbligatorio può essere necessario, anche se ciò avviene meno frequentemente di una volta comorbidità Le persone affette da schizofrenia possono avere ulteriori comorbidità, tra cui la depressione maggiore e disturbi d'ansia. Sono altresì frequenti i casi di abuso di sostanze (riscontrabili in quasi il 50%),[5] problemi sociali, come la disoccupazione e la povertà. L'aspettativa di vita media delle persone affette dalla condizione varia da 12 a 15 anni di meno rispetto alla popolazione in generale. Ciò è il risultato di un aumento dei problemi di salute fisica e un tasso di suicidi più elevato, circa il 5%.[2] Sintomi Ad una persona con diagnosi di schizofrenia possono verificarsi allucinazioni (la maggior parte riporta di sentire delle voci), deliri (spesso di natura bizzarra o persecutoria), e disordine nel pensiero e nel linguaggio. Quest'ultime possono variare da perdita del filo logico di un discorso a frasi solo vagamente collegate nei casi più gravi. L'abbandono dalla vita sociale, la sciatteria nel vestire e nell'igiene personale, la perdita di motivazione e di giudizio sono tutti elementi comuni nella schizofrenia.[31] Si osservano spesso difficoltà emotive, come la mancanza di reattività.[32] Difficoltà nel lavoro, nella memoria a lungo termine, nell'attenzione e nella velocità di elaborazione anche delle pratiche comuni si verificano frequentemente.[2] Sintomi negativi Essi solitamente comprendono una sfera affettiva piatta o poco accentuata, scarsità a provare emozioni, povertà del linguaggio (alogia), incapacità di provare piacere (anedonia), mancanza di desiderio di formare relazioni (asocialità) e la mancanza di motivazione (abulia) La ricerca suggerisce che i sintomi negativi contribuiscano maggiormente alla scarsa qualità di vita, alla disabilità funzionale e comportano un peso per gli altri più di quanto non facciano i sintomi positivi.[44] Gli individui con importanti sintomi negativi spesso presentano una storia di scarso adattamento già prima della comparsa della malattia e la risposta alla terapia farmacologica è spesso limitata.[31][45] recovery Il ricovery è un processo di natura sociale ed il paziente può maturare un nuovo approccio alla sua sofferenza secondo tempi e modi del tutto personali, improntati ad esempio a linee guida semplici, ma non semplicistiche, fortemente interconnesse tra loro, valide anche per gli operatori e i manager/responsabili dei Servizi di Salute Mentale, e che Davison e collaboratori (2009) hanno riassunto nel seguente modo: recovery Rinnovare la speranza e l’impegno Essere sostenuto dagli Altri (avere delle persone che sono dalla propria parte, che hanno fiducia in me anche quando io l’ho persa; avere qualcosa da dare in cambio e percepirmi capace di dare aiuto a chi ne ha bisogno Trovare il proprio posto nella comunità (per perseguire una vita sociale sicura, dignitosa, gratificante); recovery Ridefinire se stessi (prendere coscienza che la malattia mentale è solo una parte di ciò che si è e che si possono fare delle esperienza anche al di fuori dai Servizi di Salute Mentale, ecc..); Assimilare la malattia (conoscere la natura dei propri sintomi psichiatrici, imparare a evitare le situazioni/cosa che mi fanno stare male e ad occuparmi di me stesso nei momenti piacevoli e in quelli difficili, ecc..); Gestire i sintomi (trovare strategie per fronteggiare la mia condizione, capire quale terapia è più utile e vantaggiosa, comprendere in che modo la malattia psichiatrica mi influenza, ecc..); Assumere il controllo (non rinunciare ad esprimere la propria opinione, accettare le conseguenze delle mie decisioni anche quando ho sbagliato ed imparare dagli errori, ecc..); recovery Combattere lo stigma (compreso quello internalizzato, ovvero considerarsi cittadini di “serie B”) (non vergognarmi di avere una disturbo mentale, difendere me stesso se vengo maltrattato, ecc..); Maturare empowerment (decidere dove vivere e come trascorrere le proprie giornate, condividere le mie esperienze con altre persone che stanno intraprendendo un percorso di recovery, essere un cittadino responsabile che ad esempio fa volontariato, vota, paga le tasse, ecc..). 1 La patologia mentale ed il disagio psico-socio-economico la povertà, l’emigrazione forzata, la violenza, l’abbandono nell’infanzia e nell’adolescenza) e/o dall’emarginazione sociale (dovuta a malattia, handicap, status sociale, condizioni politiche) alcolismo, abuso di sostanze, suicidi e tentativi di suicidio, violenza contro le donne, abuso e abbandono di bambini, prostituzione coatta, crimini e violenza nelle strade, conflitti etnici, dislocazione e migrazioni forzate. Situazioni di questo genere tendono ad autoriprodursi e a rinforzarsi reciprocamente, innescando, mantenendo ed incrementando una spirale perversa La povertà e la vulnerabilità psicosociale L’OMS nel rapporto redatto nel 2001 mette in risalto la stretta connessione esistente tra fattori biologi, psicologici e sociali nel determinare patologie sia fisiche che mentali. Il fattore di rischio sociale al quale viene dato maggiore risalto è senza dubbio la povertà, condizione che raccoglie tutti gli elementi sociali potenzialmente patogeni individuati e viene analizzato nella sua complessa relazione con l’insorgenza, il mantenimento, l’aggravarsi e il perpetuarsi di disagi e patologie psicologiche . Tale condizione di deprivazione include, secondo le categorie dell’OMS (2001) tre fattori di base: livelli minori di acquisizione educativa, disoccupazione e, in casi estremi, mancanza di una casa in cui vivere. Povertà e violenza producono infatti sia problemi psichiatrici che problemi sociali. “Innumerevoli ricerche hanno mostrato che il problema mentale è biopsicosociale, che le variabili macro e microeconomiche hanno peso sulle politiche di salute mentale e che le culture locali sono variabili importanti di un progetto di salute rispettoso dei diritti umani” (Barone, Bellia, 2000a, pp 4 Le guarigioni possibili ed i “tempi” della cura Alcuni pazienti possono vivere una guarigione detta “sociale”, ovvero continuare ad avere i sintomi del processo psicopatologico che li coinvolge esistenzialmente, senza però essere disturbati nella stessa misura o nello stesso modo degli esordi, recuperando la maggior parte delle proprie capacità relazionali ed affettive, sviluppando tutte le autonomie primarie e secondarie, ed infine mantenendo un soddisfacente ruolo familiare e sociale. Altri invece possono guarire “clinicamente”, nel senso che non hanno più i sintomi psichiatrici e conseguentemente sono nella condizione di sospendere i trattamenti sanitari (Warner, 1984; Curtis, 1997; Copeland, 1997