Malattie infiammatorie croniche dell`intestino (MICI)

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Malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI)
Importanza del problema
La malattia di Crohn (MC) e la colite ulcerosa (CU) sono malattie infiammatorie
croniche dell’intestino (MICI) la cui eziologia è tuttora ignota. La loro prevalenza è
estremamente variabile nelle diverse casistiche circa 40/100.000 per il MC e 100/100.000
per la CU. Il tasso di incidenza annuo oscilla intorno a 4/100.000 abitanti per la MC e
8/100.000 per la CU.
Attuali strategie diagnostiche e loro limiti (cenni)
L’intestino è un organo che risponde in modo stereotipato ai più differenti insulti (virus,
batteri, farmaci, sostanze chimiche, traumi, processi autoimmunitari etc.) per cui esiste
una notevole sovrapposizione clinica delle differenti patologie che si manifestano più
spesso con diarrea, dolore addominale e talora ematochezia.
La scarsa sensibilità e specificità dei principali markers plasmatici di infiammazione (Ves,
PCR, fibrinogeno etc) rendono attualmente impossibile un approccio diagnostico non
invasivo. Per tali motivi un corretto inquadramento diagnostico è attualmente possibile
solo grazie a complesse ed invasive tecniche strumentali come l’endoscopia con
biopsie mucose e metodiche di diagnostica per immagini come il clisma opaco,
l’esame radiologico dell’intestino tenue, la TAC dell’addome etc.; da ciò deriva la
necessità di identificare semplici strumenti di screening che, associati alla clinica,
possano discriminare con sufficiente accuratezza tra presenza e assenza di patologia
organica gastro-intestinale ed indirizzare così il successivo iter diagnostico in modo
accurato, rapido ed economico.
Il dosaggio nelle feci dei principali markers biologici di flogosi, appare il test ideale per
la valutazione di un eventuale coinvolgimento della mucosa intestinale. Le proteine di
derivazione leucocitaria sembrano possedere queste caratteristiche ed offrono valori di
sensibilità e specificità superiori rispetto alla ricerca del sangue occulto fecale ed
all'esame microscopico dei leucociti fecali.
Innovazione nella strategia diagnostica (diagnosi differenziale,
follow-up)
Diagnostica differenziale
Lo spettro clinico delle MICI è estremamente variabile, esprimendosi talora in forme lievi,
sfumate e paucisintomatiche, che nel caso della MC pongono spesso problemi di
diagnosi differenziale soprattutto con la sindrome dell’intestino irritabile (SII). Il corretto
approccio diagnostico alla diarrea e/o al dolore addominale cronico è attualmente
per il gastroenterologo un problema tanto comune quanto complesso. Infatti,
l’incidenza (nuovi casi/anno) è fra l’1% ed il 2,9. Inoltre con 3,5 milioni di visite
mediche/anno, l’IBS è la principale diagnosi gastroenterologica (25% di tutti i pazienti
che si rivolgono al gastroenterologo). Anche se l’applicazione dei cosiddetti “criteri di
Roma” consente teoricamente una diagnosi in positivo della SII, nella pratica clinica
essa rimane comunemente una diagnosi di esclusione di patologie organiche.
Follow-up
L’esigenza di un test non invasivo che riveli in modo affidabile la presenza di flogosi nella
mucosa intestinale non è limitata alla diagnosi ma anche al follow-up ed al
monitoraggio della terapia dei pazienti con MICI. Non essendo nota l’eziologia delle
MICI non esiste a tutt’oggi una terapia medica risolutiva e l’opzione chirurgica non
rappresenta sempre una valida alternativa.
Attualmente, pertanto, il trattamento è fondamentalmente rivolto al controllo e alla
remissione della sintomatologia ed al miglioramento dell’attività clinica, correntemente
valutata mediante indici clinici specifici.
Il loro uso fornisce tuttavia una informazione approssimativa in quanto basata su
parametri clinico-laboratoristici in larga parte soggettivi, e in assenza di una diretta
valutazione del processo flogistico parietale. In un considerevole numero di pazienti con
MICI, quindi, nonostante il miglioramento clinico e la negativizzazione degli indici di
attività, permane una flogosi parietale latente potenzialmente responsabile di future
riaccensioni della malattia.
Studi recenti hanno chiaramente dimostrato che, almeno nella CU, per la prevenzione
delle recidive è necessaria la remissione istologica oltre a quella endoscopica e clinica.
L’assenza di indicatori che riflettano fedelmente l’intensità della flogosi mucosale
implica che la scelta del tipo, durata e posologia della terapia sia in gran parte
empirica. Alla luce di questi dati è probabile che il concetto di “remissione” clinica
inteso come end-point terapeutico non sia oggi più accettabile perché lascerebbe un
considerevole numero di pazienti con attività flogistica senza trattamento. La messa a
punto di nuove metodiche non invasive, in grado di quantificare l’entità della flogosi
parietale in corso di MICI, potrebbe consentire un notevole progresso, oltre che nella
diagnosi e nel monitoraggio, anche nella ottimizzazione della terapia medica.
Recentemente nei pazienti con MICI è stata dimostrata una stretta correlazione positiva
tra il dosaggio della calprotectina fecale, una proteina presente in grande quantità nei
granulociti neutrofili, e l’escrezione nelle feci di granulociti marcati con 111In. È stato
quindi ipotizzato che questa proteina possa valutare e quantificare in modo non
invasivo, il grado di infiammazione intestinale.
Perché dosare la Calprotectina nelle feci ?
La presenza di Calprotectina, rilevata direttamente da Calprest* nelle feci, è indice di
infiammazione in atto. I granulociti neutrofili infatti, se attivati producono Calprotectina.
Calprest aiuta a differenziare la “sindrome dell’intestino irritabile” ( patologia funzionale)
dalla “malattia infiammatoria cronica intestinale”( patologia organica).
Quando il risultato ottenuto con Calprest è negativo, in base ai dati riportati dalla
letteratura internazionale più recente, si può ritenere che non esista infiammazione
intestinale, infatti la concentrazione di Calprotectina, sempre elevata in caso di flogosi,
non è significativa se non è presente una patologia infiammatoria in atto.
L’utilizzo di Calprest quindi rappresenta la miglior scelta per definire in modo non
invasivo lo stato reale di infiammazione della mucosa intestinale e come tale può
essere utilizzato:

nel follow-up

come end-point terapeutico

per intraprendere la strategia terapeutica più adatta.
Calprest
Calprest è un test di laboratorio per il cui utilizzo viene richiesto al paziente soltanto un
piccolissimo quantitativo di feci , in modo che si possa ricercare per la calprotectina.
Il metodo pertanto è assolutamente non in invasivo e non provoca alcun dolore od
inconveniente al paziente.
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