La salvezza che Dio offre all’umanità non ha confini, è dono per tutti: il piano di Dio è di fare delle famiglie della terra una sola famiglia. La solennità dell’Epifania (= rivelazione) celebra la manifestazione di Gesù come re, Dio e sposo di tutta l’umanità. Il vangelo interpreta alla luce di Cristo e della chiesa, quale nuovo popolo universale che accoglie l’umanità intera, la profezia della prima lettura: Riconosce nel Signore Gesù la luce che illumina tutta l’umanità. Il riconoscimento dei magi da una parte e il rifiuto di Gerusalemme dall’altra, rappresentano gli atteggiamenti umani possibili di fronte alla rivelazione del progetto di Dio. Per questo l’invito a lasciarsi illuminare e guidare dalla luce del Signore (prima lettura) è sorgente della speranza cristiana: L’immagine della città illuminata rafforza l’impegno per creare quell’umanità che è il sogno di Dio e che non può provenire solo dai nostri sforzi. Lo dice con chiarezza anche la seconda lettura: Il “mistero della grazia di Dio” è ora rivelato in Cristo e consiste nella chiamata di tutte le genti a “condividere la stessa eredità”. I primi due capitoli del vangelo di Matteo vogliono essere il commento teologico del primo versetto con cui si apre il libro: “Libro della genesi di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo” Nello stesso tempo, Matteo fa continui rimandi al racconto della passione, morte e risurrezione. Segno questo che i primi due capitoli, che trattano dell’origine del messia Gesù, sono il frutto della profonda riflessione della comunità cristiana… … alla luce della… Pasqua! Una comunità, quella cui si rivolge l’evangelista Matteo, che, di fronte al rifiuto di gran parte del popolo giudaico, si accorge con stupore e meraviglia che i pagani sono ben disposti ad accogliere il vangelo e a entrare nella chiesa. Non è dunque un ripiego davanti a un fallimento missionario! Fa parte del progetto di Dio. Quello che colpisce il lettore di questa pagina è l’essenzialità dei dati e la stringatezza della narrazione. Si apre con una doppia annotazione. Geografica. Cronologica. “Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode”. La prima notizia è data allo scopo di identificare il luogo della nascita come la città natale del re Davide. La seconda è data per indicare all’incirca il periodo e per capire le reazioni che essa suscitò nel regnante del tempo. Strano a dirsi! La nascita di Gesù fu annunciata a Erode da alcuni magi (màgoi) venuti dall’Oriente. Questi enigmatici personaggi (Matteo non dà ulteriori precisazioni, ne dice solo la provenienza) chiedono informazioni circa “il re dei Giudei”. Questo è il primo rimando al racconto della passione. Due volte al cap. 27 troviamo “il re dei Giudei”. La prima negli insulti della soldataglia a Gesù. La seconda, nella scritta sulla croce. La menzione della stella non dovrebbe stupire più di tanto. Gli antichi credevano che alla nascita di un uomo si accendesse in cielo una stella (tanto più se era re). Però nell’ambito ebraico la stella era diventata il simbolo stesso del Messia: “Una stella spunta per Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Numeri 24,17). Il bello è che una tale notizia, attesa dal mondo ebraico, non provoca la reazione che ci si aspetterebbe! L’annuncio della nascita della Stella provoca… TURBAMENTO! In Erode e in tutta Gerusalemme. Dopo questa prima reazione negativa, Erode non si limita a consultare gli scribi su un argomento scritturistico. Convoca anche il sinedrio. Una tale seduta straordinaria è del tutto inverosimile . Ma serve a Matteo a fare un nuovo rimando agli ultimi capitoli del suo vangelo. Prefigura così, come in filigrana, il processo di Gesù. Anche in quell’occasione si radunerà il sinedrio (26,3-5.59) per decretare la morte di Gesù “il re dei Giudei”. Gesù proclamato re al suo ingresso trionfale nella città santa! Alla domanda di Erode circa il luogo della nascita del messia, gli scribi rispondono con la citazione di Michea 5,1.3 unita a 2 Samuele 5,2. Al tempo di Gesù questa profezia era già letta in senso messianico. Applicata naturalmente a Gesù da Matteo, essa descrive il bambino come un “capo che pascerà il mio popolo”. Termini riferiti in origine al re Davide. Così facendo Matteo introduce anticipandolo un tema specifico del suo vangelo. Quello del re-pastore venuto per le pecore disperse della casa di Israele (10,6). L’adorazione dei magi e il rifiuto degli abitanti di Gerusalemme costituiscono per Matteo l’adempimento delle profezie sull’ingresso dei pagani nel popolo di Dio e l’indurimento del popolo eletto. Questo episodio diventa per Matteo il preannuncio di quanto accadrà durante la vita pubblica di Gesù e specialmente nei primi decenni di vita della chiesa. Mentre i pagani mostrano una grande fede in Gesù e lo accolgono come salvatore, Israele rifiuta sempre più il suo messia. Fino al drammatico grido pronunciato da tutto il popolo davanti a Pilato: “Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli”. (27,25). A questo punto del racconto, l’informazione del v. 9 sembra superflua: “Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva…”. Superflua perché, dal momento che i magi sapevano ormai di dover andare a Betlemme, non era più necessario che la stella riapparisse per guidarli. Essa, ora, non solo ricompare, ma li precede e si ferma lì dove si trova il bambino. La stella non è tanto un astro straordinario del cosmo, quanto piuttosto il segno stesso di chi i magi cercavano. La stella lascia il posto alla Parola, Gesù, suscitando l’immensa gioia dei magi. Dopo il fallimento della rivolta ebraica contro Roma a cui seguì la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d. C., il pluralismo che dominava la società ebraica praticamente scomparve. A resistere fu il partito farisaico. Verso l’85 circa il giudaismo farisaico decretò l’espulsione del cristianesimo dalla religione ebraica. Questo taglio traumatico fece in modo di aumentare il risentimento dei cristiani contro i farisei che osteggiavano Gesù. Lo capiamo da come Matteo sottolinei fortemente la genealogia di Gesù quale discendente di Davide e la sua nascita a Betlemme. Matteo, però, non ha solo intenti ‘difensivi’. Egli vuole istruire ed educare la sua comunità costituita da Ebrei e Gentili. Matteo pone infatti l’accento sul fatto che Gesù rivolse il suo ministero esclusivamente a Israele (10,5-6; 15,24)… Ma il Cristo risorto invia i suoi discepoli a evangelizzare i popoli pagani (28,18). La comunità di Matteo aveva visto giungere alla fede un numero sempre più crescente di pagani. E ora con l’espulsione dei cristiani dalla sinagoga, sembrava che il regno venisse tolto e dato a una “nazione” che avrebbe dato frutto. In una situazione del genere, Matteo si preoccupa di mostrare che Gesù ha sempre avuto un significato sia per gli Ebrei sia per i Gentili. Matteo lo fa componendo i due capitoli, primi del suo libro. Lo fa ricorrendo a una genealogia che abbraccia tutta la storia di Israele, da Abramo fino a Gesù, a un racconto basato su alcuni avvenimenti salienti nella Bibbia (Mosè ad es.) e a citazioni esplicite dei profeti. Nello scrivere il suo racconto dell’infanzia, Matteo fa di questo dunque il luogo di incontro dell’AT e del vangelo. Gesù è venuto anche per gli Ebrei! Se i gentili stanno divenendo al tempo in cui scrive Matteo, il fattore dominante della chiesa e se le autorità ebraiche hanno respinto Gesù come messia… Ebrei fedeli però hanno dato ascolto al messaggio di Dio su Gesù e hanno sfidato le autorità pur di recare Cristo ai gentili. Così facendo sono rimasti fedeli alla legge e ai profeti (5, 17-18). L’efficacia dell’arte narrativa di Matteo a descrivere queste idee è testimoniata dal fatto che il suo racconto dell’infanzia è conosciuto da tutti, dando vita a… Innumerevoli drammi, poesie, inni e rappresentazioni. Ma ciò significa dimenticare il fatto che il racconto dell’infanzia contiene sia la croce che il trionfo per l’opera di Dio. Erode insegue le tracce dei magi, fatto questo carico di minacce, che ripropone alla mente che, sebbene la stella sia apparsa in tutta la sua purezza e semplicità… Esistono persone che cercheranno di cancellare la sua luce. Se il racconto dell’infanzia è dramma attraente che conquista la fantasia… Esso è pure una proclamazione sostanziale della venuta del regno e del suo possibile rifiuto.