Analisi della ricerca: "Two tier reforms of employment protection: a

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Analisi della ricerca: "Two tier reforms of
employment protection: a honeymoon
effect?"
Boeri e Garibaldi, The Economic Review, 2007
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Pablo Picasso, Femme au fauteuil nô. 4, 1949
Manuel Gherardi 1338995
Silvia Marchiori
1576867
Luisa Perino
1577782
Paola Zucchi
1611672
Agenda
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La legislazione a tutela dell'occupazione
Obiettivo e struttura della ricerca
Contesto e dati della ricerca
Il modello teorico
• Elementi principali del modello
• In assenza di turnover: sistema flessibile, rigida, contratti flessibili
a margine
• Il modello teorico in presenza di turnover: impresa rigida,
contratti flessibili a margine
• Simulazione e implicazioni del modello
• La verifica empirica
• Il test delle tre implicazioni
• Conclusioni, limiti del modello e proposte
Legislazione di tutela
dell’occupazione
La Legislazione di tutela dell'occupazione (EPL) si
riferisce a tutti i tipi di misure di protezione dell'occupazione.
Si riferisce sia alla normativa in materia di assunzioni (ad
esempio le norme a favore dei gruppi svantaggiati, le
condizioni per l'utilizzo di contratti temporanei o a tempo
determinato, i requisiti di formazione) sia in materia di
licenziamenti (procedure di licenziamento per esempio, i
periodi anteriori al licenziamento e all’ indennità di
licenziamento). Gli effetti dell’EPL influenzano gli incentivi ad
assumere o licenziare i lavoratori.
Obiettivo della ricerca
Osservare il nesso fra la “growthless job creation” avvenuta negli ultimi anni (la
creazione di posti di lavoro avvenuta in assenza di crescita) e le riforme asimmetriche
dei regimi di protezione dell’impiego approvate in molti paesi. Lo studio pone
particolare attenzione agli effetti dinamici di queste ultime, e sugli effetti temporanei
che tali riforme
Tali riforme sono riforme di flessibilità al margine in quanto in un regime di protezione
rigido viene introdotta la possibilità di assumere lavoratori a tempo determinato. Ne
deriva un sistema di protezione asimmetrico che lascia inalterato il grado di protezione
dei lavoratori insider e rende possibile assumere nuovi lavoratori a tempo determinato.
Da un punto di vista teorico la ricerca si concentra sul problema della domanda di
lavoro in condizioni di incertezza e dimostra che il passaggio da una legislazione rigida
ad un regime “a due velocità” dovrebbe essere associato ad un temporaneo incremento
dell’occupazione e ad un calo della produttività media.
Dal punto di vista empirico, utilizza:
DATI MACRO per descrivere le dinamiche della produttività e dell’occupazione nei
paesi che hanno applicato tali riforme;
DATI MICRO sulle imprese italiane, per osservare le dinamiche della produttività e
dell’occupazione a livello aziendale.
Contesto e dati della ricerca
DATI MACRO
Sono analizzati alcuni dei Paesi che hanno introdotto riforme di flessibilità
al margine, per ogni paese sono presi in considerazione due archi di
tempo (prima e dopo la riforma). Tra i paesi analizzati figurano:
 Belgio (1987 - 1996 e 1997 - 2005)
 Italia (1987 - 1997 e 1998-2005)
 Paesi Bassi (1987 - 1995 e 1996 - 2005)
 Portogallo (1987 - 1996 e 1997 - 2005)
 Spagna (1981 - 1984 e 1985 - 1995)
 Svezia (1987 - 1996 e 1997 - 2005)
 Germania (non analizzata nell’articolo, a causa degli shock esogeni
che la riunificazione ha avuto sul mercato del lavoro di questo paese)
Non è possibile considerare una sola data per l'introduzione di un nuovo regime di
protezione del lavoro, perché tra il momento della riforma e la sua attuazione
intercorre del tempo: la stessa deve infatti essere recepita dalle imprese e dai
contratti collettivi. Per questo è possibile come se le riforme fossero avvenute in un
continuum temporale.
Si è potuta constatare a seguito delle riforme:
• Un’accelerazione della crescita dell’occupazione
• Una diminuzione della crescita della produttività del lavoro
(passaggio dal jobless growth a growthless job creation)
• La crescita dell'occupazione è avvenuta soprattutto per
mezzo di contratti a tempo determinato
È rilevante notare che la crescita dell'occupazione non è
avvenuta soltanto in posizioni poco qualificate.
DATI MICRO
Viene analizzato il comportamento di 1.300 imprese italiane, in un arco di
tempo compreso fra il 1995 e il 2002.
 Documentazione sulla previdenza sociale del Work Histories
Italian Panel (Whip).
 Labour Force Survey datas (LFS).
Insieme, permettono di costruire indicatori statistici di
disoccupazione. Ne risulta un dataset composto da 3500 “celle”
definite in base a caratteristiche dimensionali, settoriali, regionali.
Il set di dati copre il periodo dal 1994 al 1998.
 Survey circa l’occupazione e la produttività, effettuata dal gruppo bancario
Capitalia dal 1992 su 4500 aziende con una media di 263 dipendenti, e
campionate in base alle caratteristiche dimensionali, settoriali, regionali.
Il questionario rileva informazioni sulla dimensione e la composizione della
forza lavoro, circa il livello di istruzione e il principale tipo contrattuale
(contratti a tempo determinato o tempo indeterminato).
 Dati di bilancio delle imprese da Amadeu, attraverso i quali è possibile
ottenere informazioni sul valore aggiunto e sul livello di produttività delle
imprese
Il modello teorico
Elementi principali del
modello:
• Lavoro omogeneo e unico fattore di produzione
• Rendimenti di scala decrescenti del fattore lavoro:
Y = Ai log L
• Ai rappresenta il ciclo economico (favorevole o sfavorevole)
ed influenza la produttività del lavoro.
• Ogni azienda ha probabilità p di essere in un momento di
espansione (Ah) e probabilità (1-p) di essere in un momento
di recessione (Al)
• Prezzi normalizzati=1
• Salario (w) fisso e costante
Impresa flessibile
•L'azienda in regime flessibile assume lavoratori su base
temporanea e può liberamente assumere e licenziare i
lavoratori senza alcun costo.
•Ogni impresa sceglie in ogni periodo il numero di lavoratori
da assumere, in modo da massimizzare in ogni periodo i
profitti
•L’occupazione media aggregata è pari a:
Impresa rigida
• In regime rigido l’azienda può offrire solo contratti a
tempo indeterminato, i lavoratori non possono essere
licenziati
• L’impresa non può scegliere il numero di lavoratori in ogni
periodo al fine di massimizzare i profitti. Assumerà un
numero di lavoratori in modo da massimizzare i profitti
attesi
•L’occupazione media aggregata è pari a:
Implicazioni
Il confronto tra i due EPL porta ad una serie di conseguenze:
1.L’occupazione media aggregata in regime rigido è la stessa
che in regime flessibile
2.La volatilità dell’occupazione è più alta in regime flessibile
3.Le imprese in regime flessibile sono più efficienti ed i profitti
sono più alti
Contratti flessibili a margine
• L’occupazione media aggregata aumenta permanentemente
(aumenta se le aziende sono in un periodo favorevole Ah
mentre rimane invariata in caso di periodo sfavorevole a Al)
• La produttività media cala permanentemente (le aziende in un
periodo favorevole Ah assumono riducendo la produttività
marginale quindi riducendo la produttività media)
• I profitti medi delle aziende aumentano permanentemente
• Obiettivo dello studio: i cambiamenti che avvengono a
seguito dell’introduzione di contratti flessibili a margine sono
tutti permanenti?
Il modello teorico in
presenza di turnover
Imprese rigide in presenza di
turnover
• In ogni periodo una percentuale δ di lavoratori abbandona
volontariamente il lavoro (pensione o dimissioni volontarie,
quindi δ rappresenta il tasso di turnover)
• L’azienda sceglierà il numero di lavoratori in modo che lu
massimizzi i profitti attesi, ricordando che ora, in presenza
di turnover, pur non potendo licenziare, l’azienda in caso di
periodo sfavorevole (Al) può non rimpiazzare i lavoratori
che ne vanno volontariamente
•Un’azienda in un periodo favorevole (Ah) vorrà mantenere la
forza lavoro lu (rimpiazzando quindi i lavoratori in uscita)
•Un’azienda in un periodo sfavorevole (Al) desidererà non
rimpiazzerà i lavoratori uscenti, rimanendo quindi con una
forza lavoro totale pari a (1- δ)lu .
•In tale contesto, le aziende massimizzeranno i loro profitti
attesi (si tralasci la dimostrazione) assumendo una quantità
ottimale di lavoratori pari a:
•Se ne deduce che lu :
1.
2.
3.
Diminuisce all’aumentare del salario w
Converge all’equilibrio in assenza di turnover se δ0
Aumenta all’aumentare di δ
Contratti flessibili a margine in
presenza di turnover
• Si assuma ora che improvvisamente sia data all’azienda la
possibilità di assumere lavoratori con contratti a termine,
pur non potendo licenziare i lavoratori a tempo
indeterminato già assunti in precedenza
• Ogni periodo una quantità δ di lavoratori a tempo
indeterminato lasceranno volontariamente il lavoro, e
l’azienda non assumerà più lavoratori a tempo
indeterminato. I lavoratori a tempo indeterminato
diminuiranno quindi irreversibilmente
•L’azienda assumerà lavoratori precari in ogni periodo di
espansione (Ah), e ne assumerà un numero tale affinché la
produttività marginale dei lavoratori sarà uguale al loro
salario (condizione già vista per le imprese flessibili). In
periodi di recessione non assumerà invece lavoratori precari.
•In presenza di turnover quindi una riforma di flessibilità
al margine porta il mercato di lavoro a spostarsi
gradualmente da un regime rigido a un sistema
flessibile, man mano che i lavoratori a tempo
indeterminato se ne vanno e non sono rimpiazzati (o
sono rimpiazzati con lavoratori precari)
•La transizione è conclusa nel momento in cui lo stock rimasto
di lavoratori a tempo determinato è così basso da essere
ottimale anche in un periodo di recessione (Al). Si è entrati
completamente in un mercato del lavoro flessibile.
• Come dimostra la simulazione, la transizione da un regime rigido a
un regime con contratti flessibile a margine provoca diversi effetti:
1.
2.
3.
4.
Una riduzione permanente delle aziende che si affidano al solo
turnover per diminuire la propria forza lavoro
Un aumento temporaneo dell’occupazione media (e un aumento
permanente della volatilità dell’occupazione)
Una diminuzione temporanea della produttività media (e una
diminuzione permanente della volatilità della produttività)
Un aumento permanente dei profitti delle imprese
Risultati – evidenza
empirica
(1) Una riduzione permanente delle aziende che si affidano al
solo turnover per diminuire la propria forza lavoro
Conclusione abbastanza ovvia. Aumentando la flessibilità, sempre
più imprese useranno la cancellazione dei contratti a termine per
ridimensionare la propria forza lavoro.
Si è testata questa tesi confrontando dati dal database Whip (Work
Histories Italian Panel, database con dati sulla forza lavoro italiana)
e dati LFS (Labour Force Survey, contenente dati riguardanti le
imprese).
(2) Un aumento temporaneo dell’occupazione media (e un
aumento permanente della volatilità dell’occupazione)
È un risultato molto importante: l’aumento dell’occupazione non
è permanente (come la teoria, non considerando il naturale
turnover sosteneva), ma ha un effetto temporaneo destinato ad
esaurirsi una volta completata la transizione verso il regime
completamente flessibile.
Nel grafico (microdati Capitalia) si può comunque vedere come
in Italia l’occupazione media sia effettivamente aumentata dopo
l’introduzione della riforma del mercato del lavoro. Tale effetto è
comunque permanente e destinato a rientrare.
(3) Una diminuzione temporanea della produttività media (e
una diminuzione permanente della volatilità della produttività)
Un altro risultato molto importante: la diminuzione della produttività
non è permanente (come la teoria, non considerando il naturale
turnover sosteneva), ma ha un effetto temporaneo destinato ad
esaurirsi una volta completata la transizione verso il regime
completamente flessibile.
Come può essere visto dal grafico, non vi è però stata una chiara e
costante diminuzione della produttività media per lavoratore dopo
l’approvazione della riforma.
La tabella mostra il risultato della regressione tra la variabile
dipendente “variazione della produttività per lavoratore” e le
variabili indipendenti “% dei lavoratori a tempo determinato” e “% di
lavoratori con basso livello di istruzione” ed altre variabili dummy
(settore, dimensione aziendale, localizzazione geografica).
La correlazione tra “% dei lavoratori a tempo determinato” e la
produttività per lavoratore è sempre negativa e statisticamente
significativa.
Conclusioni
Il modello presentato è notevolmente differente da quello
presentato inizialmente e studiato in classe, in quanto questo ha il
pesante limite di considerare “eterno” lo stock di lavoratori a tempo
indeterminato già presenti nelle aziende.
Inserire l’esistenza del turnover altera notevolmente le conclusioni,
rendendo solo temporaneo l’aumento dell’occupazione, pur
essendo tale momento di transizione pari a quasi una intera
generazione (il tempo necessario a far fuoriuscire dal mercato del
lavoro l’attuale generazione di lavoratori a tempo indeterminato).
E' tuttavia opportuno tenere in considerazione alcuni limiti del
modello:
1. Non sempre è possibile rinnovare i contratti temporanei
2. Assumere lavoratori temporanei spesso comporta costi aggiuntivi,
non computati dal modello
3. La motivazione dei lavoratori a tempo determinato potrebbe essere
bassa: essi potrebbero abbandonare il posto di lavoro non appena
trovassero un nuovo impiego a tempo indeterminato
Tale modello si avvicina comunque moltissimo alla realtà. I dati
empirici esposti hanno dimostrato come il numero di contratti a
tempo indeterminato sia negli anni andato diminuendo e hanno
dimostrato come l’occupazione sia aumentata nel periodo 19952000. In quel periodo infatti, l’economia italiana stava vivendo un
momento sostanzialmente favorevole (vogliamo chiamarlo Ah?) e le
aziende si sono fortemente avvalse di contratti a tempo determinato,
aumentando l’occupazione.
Il forte calo dell’occupazione negli ultimi anni non dovrebbe far
dubitare circa la veridicità del modello, anzi dovrebbe rafforzarla.
Essendo entrata l’economia italiana e mondiale in profonda
recessione dopo la crisi del 2008 (Al) molti contratti precari non sono
stati rinnovati (come previsto dal modello in periodi Al) e ciò ha
causato una diminuzione dell’occupazione molto forte rispetto al
passato. Ma si ricordi che il permanente aumento della volatilità
dell’occupazione era già previsto dal modello.
In definitiva, tali riforme traghetteranno il mercato del lavoro
italiano verso un regime sempre più flessibile rispetto l’attuale, ma
al contempo gli effetti positivi in termini di occupazione
diminuiranno gradualmente. È ancora troppo presto per poter
valutare empiricamente la diminuzione dell’occupazione, ma è
ragionevole pensare che ciò avverrà nei prossimi anni così come
previsto dal modello.
I governi europei dovranno quindi sviluppare riforme differenti per
poter garantire anche in futuro un aumento dell’occupazione, una
volta che gli effetti positivi transitori dei contratti flessibili a
margine verranno meno.
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