D.ssa PENSAVALLI Michela Psicologa – Psicoterapeuta Coordinatore didattico S.C.Int. Scuola di Specializzazione di Roma Professore invitato presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum E’ caratterizzata da un marcato senso personale di separazione rispetto agli altri, da cui deriva una visione di sé come di una persona destinata ad andare incontro, nel corso del ciclo di vita, al rischio di sperimentare delusioni, sconfitte e perdite. Nel ciclo di vita si delinea gradualmente la tendenza ad elaborare in termini di perdita tutti gli avvenimenti discrepanti che si possono presentare, con spiccata propensione a rispondere con attivazioni emotive di tristezza, fino alla disperazione, o di rabbia ad eventi perturbanti anche apparentemente poco significativi. Alla polarità disperazione-rabbia corrisponde un andamento a pendolo tra avvicinamenti – indotti dalla disperazione e associati a rallentamento psicomotorio che può arrivare fino allo stupor – e allontanamenti –indotti dalla rabbia, con separazione, rottura del rapporto, nell’ambito di una iperattivazione motoria. Ne deriva la costruzione di una immagine stabilmente negativa di sé, del mondo e del futuro Una persona con questo tipo di organizzazione di significato tenderà a rispondere ad eventi discrepanti (perturbazioni), anche di portata apparentemente minima, in termini di perdita, rifiuto e delusione, reagendo ad essi con emozioni di rabbia e disperazione. La caratteristica principale: continua elaborazione di un senso di perdita dovuta al fatto che il bambino, nel rapporto con i suoi genitori, non fa esperienza di un accesso emozionale sicuro e stabile. La figura di accudimento è percepita come distante, fredda e abbandonica ed il piccolo man mano elabora un senso di separazione e di distacco. Nella storia del bambino “depressivo” si riscontra prevalentemente uno stile di attaccamento evitante e gli eventi che possono favorire l’elaborazione di un’esperienza di perdita possono essere di diverso tipo, sia vissuti separatamente che in combinazione tra loro. Quando ad esempio durante la fanciullezza si verifica la perdita di un genitore questo evento coincide con una esperienza di dolore. Teoria di Guidano: non è il lutto in sè stesso a determinare l’esperienza di perdita affettiva tipica di questa organizzazione di significato: perché questo possa accadere il bambino deve attribuirsi la responsabilità di tale perdita. E’ IL TIPO DI RELAZIONE CHE C’È CON IL BAMBINO PRIMA, DURANTE E DOPO LA PERDITA REALE CHE RENDE PROBABILE CHE TALE PERDITA SIA VISSUTA DAL BAMBINO CON UN SENSO DI RESPONSABILITÀ. “Non è la separazione in sé stessa ad avere un’influenza sul bambino, quanto piuttosto la relazione che la precede, l’accompagna e la segue”. (Guidano, 1998) La perdita può essere anche rappresentata da una separazione prolungata da un genitore significativo nel corso dell’infanzia o dell’adolescenza, (motivi di lavoro o di salute). Anche in questo caso il bambino può ritenersi responsabile di tale distacco, elemento che può contribuire alla percezione di sé come persona “non amabile”. Spesso la perdita affettiva è dovuta al fatto che il bambino non ha esperienza di un accesso emozionale sicuro e stabile ai genitori. Può accadere che i genitori si mostrino poco espansivi e distaccati e che attribuiscano particolare importanza al successo e al prestigio personale ottenuto attraverso l’impegno e il sacrificio. Tuttavia rispetto a tali modalità educative altamente esigenti, essi non sono in grado di offrire un sostegno emotivo adeguato all’impegno richiesto. CONTROLLO PRIVO DI AFFETTO L’ aspettativa genitoriale di un elevato livello di prestazione non è accompagnata da quel calore e da quell’affetto che sarebbero necessari per raggiungerlo e che potrebbero favorire un senso adeguato di competenza personale ALTRETTANTO FREQUENTE È IL CASO IN CUI LA RELAZIONE GENITORE-BAMBINO SI INVERTE Il genitore richiede al figlio di prendersi cura di lui, accusandolo di continuo di non essere degno del suo affetto, di essere quindi poco amabile e inadeguato. Il genitore può mostrare un atteggiamento di rifiuto e di freddezza e caricandolo di responsabilità senza supportarlo in modo adeguato o minacciandolo di abbandono. Esempio: perdita di uno dei due genitori. Il genitore in vita richiede al bambino cure e assistenza, favorendo in quest’ultimo l’assunzione di un “atteggiamento di accudimento” e finalizzato alla riduzione dell’angoscia del genitore stesso. Gli eventi saranno vissuti in termini di perdita, esperienza che costituirà lo schema di riferimento attraverso il quale iniziare a percepirsi ed a cui saranno connesse sensazioni dirompenti di tristezza e disperazione. In relazione ad esse l’emergere della rabbia costituirà lo strumento più efficace per impedire che disperazione e tristezza diventino così intense da risultare disadattive per l’equilibrio psichico. Nel corso dello sviluppo si strutturerà la percezione di sé come di una persona poco amabile, incapace di suscitare interesse negli altri e che difficilmente e solo con notevoli sforzi sarà in grado di costruire e mantenere un rapporto sicuro e stabile. SENSO DI SOLITUDINE Tale sensazione rafforzerà la percezione di dover contare solo su se stessi nel gestire ogni circostanza e nell’affrontare il mondo Il comportamento sarà volto a minimizzare l’espressione dei propri bisogni e delle proprie emozioni negative, contando solo su di sé proprio per evitare la possibilità di un rifiuto da parte delle figure di riferimento La persona con questo tipo di organizzazione strutturerà un senso di “solitudine epistemologica” che lo porterà, anche da adulto, all’autosufficienza assoluta e ad elaborare in termini di perdita tutte le situazioni significative della vita. Tali caratteristiche determineranno nel bambino una distanza emotiva e di isolamento dalle figure di attaccamento, e dal gruppo dei coetanei con i quali avrà problemi a stabilire un contatto. Nel periodo scolare e con l’emergere delle competenze cognitive diverrà importante il tema del “sentirsi riconosciuti” per la propria bravura dalle figure di riferimento. Emozioni come la vergogna di fronte a situazioni difficili, saranno affrontate con atteggiamenti competitivi volti a ridurre la paura della sconfitta e accompagnate dalla certezza di non poter essere consolati. complessità del significato depressivo “Sentirsi” una persona impossibile da amare: percezione negativa di sé come IMMAGINE NEGATIVA non capace di farsi amare o come persona con caratteristiche che producono rifiuto negli altri (sfera emotiva) Nel significato depressivo è presente anche un’immagine positiva rispetto alle proprie capacità cognitive, nel sentirsi molto più capaci degli altri rispetto alle proprie competenze intellettuali. IMMAGINE POSITIVA SENSO DI SOLITUDINE Io “che esperisce”: la realtà è vissuta con un costante senso di perdita e fallimento Me “che spiega”: attribuzione negativa di Sé come unico modo possibile per vivere Io “che esperisce” e Me “che spiega”: il bambino organizza il senso di sé nelle due dimensioni dell’esperienza immediata e della costruzione dell’immagine cosciente di sé. Io: a livello tacito è presente l’esperienza di perdita, cioè di non avere una base sicura, di non sentirsi amato e di sentirsi solo. Me: a livello esplicito da una parte vengono percepiti aspetti negativi di sé, in quanto questa è l’unica spiegazione del fatto che a lui succedono cose che ad altri bambini non succedono. E’ presente tuttavia anche un’immagine positiva riferita alle proprie capacità cognitive: l’esperienza di attaccamento ha portato il piccolo a contare solo su se stesso e a far fronte a situazioni di angoscia senza chiedere aiuto a nessuno. Egli sa che deve risolvere i suoi problemi da solo e non importa quanto grande sia l’esperienza di angoscia e di abbandono che sperimenta. Il significato depressivo è la tendenza ad autoattribuire a sé la responsabilità di tutto: tale aspetto viene definito attribuzione interna In una coerenza interna di significato organizzata sulla perdita, lo stile di attribuzione interna è quello che permette di ristabilire la sensazione di essere “attore” nella lotta costante per il controllo di sé Le emozioni basiche che regolano lo spazio intersoggettivo (che inizialmente sono pari a zero) sono espresse attraverso L’ATTACCAMENTO che è l’ambito in cui regoliamo le emozioni. Se l’A. è di tipo evitante, freddo , indifferente la realtà assume i toni di PERDITA (tristezza - + attaccamento / Rabbia - - attaccamento). Risultante è la SOLITUDINE esistenziale: 1) Imprese impossibili (per sentirsi amabile), realtà più consistenti che durino nel tempo; 2) Sentimento di specialità (nella mia solitudine trovo il senso della mia vita)---DESTINO ELETTIVO ED INELUTTABILE, privilegio. TEMA DELLO SFORZO (…nell’essere meritevoli di amore, nel rendere la propria diversità/specialità omologata agli altri) Es. Beethoven Quando verso l’adolescenza si fa sempre più forte la percezione di separazione tra sé ed il mondo, l’attribuirsi la responsabilità, la colpa di tale separazione gli permette di raggiungere nuovamente il controllo attraverso lo sforzo per ridurla. Se la responsabilità dell’insuccesso, del fallimento venisse attribuita all’esterno, infatti, ciò non farebbe altro che mettere la persona in una condizione di totale impotenza e aumenterebbe la percezione di sé di essere senza difese rispetto ad una realtà ostile ed avversa che non lo riconosce Il periodo dell’adolescenza, con l’emergere di modalità cognitive più astratte e articolate di ordinamento della realtà, si configurerà come una “lotta attiva” contro le parti negative del sé, attraverso lo sforzo e l’autosufficienza L’auto rimprovero e l’autoaccusa (disperazione) sono alternate ad un senso di efficienza personale quando il giovane sente di dover lottare contro qualcosa (rabbia) Questi aspetti espongono la persona a fare esperienze di perdite e di abbandono proprio a motivo delle difficoltà nel controllo della rabbia nel rapporto con gli altri, aumentando così il senso di isolamento. La difficoltà nei rapporti interpersonali è riscontrabile maggiormente con le persone significative, in quanto è proprio con loro che si verificano scatti di rabbia incontrollabili. La minima discrepanza con la persona affettivamente significativa è vissuta immediatamente come una perdita, una ferita lancinante che lascia il segno e che produce una reazione di rabbia inadeguata per la situazione. “Sentirsi l’unico responsabile di una realtà negativa quindi, vivere la perdita, il fallimento (l’ “Io”) permette (al “Me”) di non sentirsi naufrago in un mare incontrollabile ed oscuro per una improvvisa tempesta” (Guidano, 1992) Per riassumere e memorizzare... L'aspetto importante di questo tipo di organizzazione è quello di subire gli eventi discrepanti in termini di perdita e delusione. La rabbia viene vista come il mezzo più efficace per impedire che la tristezza e la disperazione diventino così forti da opporsi ad un buon adattamento all'ambiente. rabbia disperazione L’organizzazione depressiva “Io non sono degno di essere amato per le mie caratteristiche più autentiche, né per il fatto stesso di esserci” “Forse posso meritare un po’ di stima e attenzione se sto attento a non dare fastidio” “Mi sacrifico facendomi conoscere per la mia bravura e rendendomi utile per la felicità degli altri” Le modalità di attaccamento sono di tipo difeso o evitante, soprattutto nei sottotipi fisicamente e psichicamente inibito (A1, A2) e genitoriale (A3), nella quali la figura principale di accudimento viene percepita come evitante, fredda, abbandonica, portando il soggetto ad elaborare progressivamente un senso personale di separazione, di distacco e di perdita. La storia di sviluppo dei soggetti con questa organizzazione può mettere in evidenza anche pattern di tipo sicuro (B), sia sul versante inibito che reattivo, oltre che, in casi marcatamente disfunzionali, pattern di tipo disorganizzato o non integrato (D). I modelli di attaccamento I bambini evitanti selezionano pattern comportamentali che limitano l’espressione dei propri bisogni; essi dissimulano le proprie emozioni negative percependo che devono provvedere a se stessi, evitando di sperimentare così una mancanza di attenzione o un rifiuto da parte delle figure di riferimento che appaiono fredde e rifiutanti. I bambini genitoriali (o compulsivamente accondiscendenti) tendono invece ad attaccarsi e a prendersi cura di una figura che, se non apertamente rifiutante, appare comunque distaccata e scarsamente accudente. Il genitore attua un controllo anaffettivo, con intransigenza, indifferenza, freddezza, punizioni, caricando il figlio di responsabilità senza supportarlo per poterle affrontare. Si sviluppa una percezione di sé come di una persona che difficilmente e solo con notevoli sforzi, può essere in grado di ottenere un attaccamento stabile, che viene comunque messo frequentemente in discussione o è visto sempre come potenzialmente prevedibile. L’esperienza di attaccamento della persona depressa è caratterizzata dall’isolamento e dalla perdita, precoce e inspiegabile, di contatto affettivo con la figura d’attaccamento. Il bambino prova paura ma anche ostilità verso un ambiente in cui non trova sostegno affettivo. IMMAGINE STABILMENTE NEGATIVA DI SÉ, DEL MONDO E DEL FUTURO Lo sviluppo dell’identità Invariante parentale Distanza affettiva (rifiuto/indifferenza) Invariante del bambino L’amabilità e il valore personale sono messi in discussione. L’immagine di sé che ne deriva è non-amabile, impotente, destinata alla solitudine. Il bisogno di dover contare solo su di sé porta, d’altro canto, a sviluppare una fiducia compulsiva in se stessi. Gli altri sono percepiti come rifiutanti e vengono evitati. Senso di solitudine sfocia anche in un senso di esplorazione autonoma del mondo circostante, senza l'aiuto della "base sicura" dei genitori. In questo contesto il bambino non può far altro che precorrere gli eventi negativi che, secondo lui, comunque si verificheranno prima o poi attraverso un'anticipazione mentale di questi eventi, esercitando su di essi una specie di controllo. Lo sviluppo dell’identità Il significato personale è centrato sul senso di solitudine ed è organizzato in un circuito ricorrente di schemi emozionali che oscillano tra lo scetticismo e la rabbia; successivamente, l’ordinamento esplicito o cosciente si configura in un’immagine negativa di sé e in una attribuzione interna, globale e stabile. La strategia utilizzata da queste persone, più che lottare contro un mondo ostile, è quella di affidarsi soltanto a se stessi, come strategia di controllo: caratteristica che Bowlby ha chiamato autosufficienza compulsiva SFORZO E SACRIFICIO INDIVIDUALE categorie che guidano la percezione di sé e la valutazione degli eventi Lo sviluppo dell’identità La fanciullezza Non fare richieste e dimostrare le abilità valorizzate dalle figure di attaccamento, appare il comportamento interpersonale più idoneo (compromissione del senso di autenticità personale) a preservare le relazioni al fine di stabilirne un contatto. Le competenze cognitive emergenti in questo periodo, possono contribuire a regolare i propri stati emotivi, assegnando un valore marginale ai propri bisogni di cura. Oppure, essere utilizzate, se valorizzate in ambito familiare, per lo sviluppo delle abilità scolastiche e per l’avvio di un itinerario personale centrato sul riconoscimento della propria bravura . ENFATIZZAZIONE DELLE PRESTAZIONI COMPETIZIONE INSUCCESSO Evitamento di qualsiasi interazione competitiva Effetti devastanti sul senso di sé Accettazione di ogni competizione con spirito agonistico e aggressivo Vergogna Difficoltà a costruire relazioni di carattere cooperativo La lettura degli eventi relazionali può vedere un’oscillazione dell’attribuzione della causalità dalla polarizzazione interna a quella esterna (la cattiveria dell’altro) Tristezza rabbia vergogna Lo sviluppo dell’identità La risoluzione adolescenziale. La mancata esperienza di sintonia e reciprocità viene ora a determinare un senso di profonda diversità dagli altri e di unicità personale, definito solitudine epistemologica. - Screzi nei rapporti con coetanei o difficoltà nell’appartenenza al gruppo dei pari: conferma del proprio isolamento. - Si amplifica la sensazione di incomunicabilità delle esperienze personali. - Si limitano le possibilità di confronto e condivisione del proprio mondo interiore. - Radicalizzazione delle rappresentazioni di sé e degli altri: idealizzazione/svalutazione (genitori). - Difficoltà nelle relazioni intime: sensazione di essere portatore di qualcosa di brutto + costante aspettativa di abbandono. - Grave svalutazione di quei riconoscimenti affettivi che, se apprezzati, potrebbero svolgere la funzione di correttivi emozionali per alcuni schemi di base (intrinseca non amabilità). - Evitamento di possibili coinvolgimenti intimi / Relazioni di scarso impegno emotivo. - Rabbia: modo in cui le paure e i desideri personali più intimi possono essere comunicati. - Senso del riscatto: vittoria liberatrice sulla propria negatività. Aspetti dell’organizzazione depressiva L’attitudine verso di sé. a. Una valutazione di sé come persona negativa, scarsamente amabile o comunque indegna di essere amata, impotente di fronte a gran parte delle situazioni che deve affrontare e a volte persino malevola (Arieti e Bemporad, 1981). b. Il poter contare solo su se stessi, con un continuo senso di autoresponsabilità che rende pesante anche il minimo insuccesso o il recupero dopo una perdita. c. Una costante immagine di sé perdente, a cui si reagisce con rassegnazione e fatalismo dopo una serie di vani e pesanti sforzi che tendono a nasconderla (Reda e Liotti, 1982; Guidano e Liotti, 1983). Aspetti dell’organizzazione depressiva L’attitudine verso la realtà. a. Aspettativa di esclusione al momento in cui si scoprirà lo scarso valore, la scarsa amabilità personale e l’incapacità a tenere fronte alle proprie responsabilità e ai propri impegni b. L’impossibilità ad accettare gratificazione autonome o piaceri incondizionati che non si sono ricevuti. Per raggiungere una piccola parte delle cose desiderate è necessario un grande sforzo, che per avere valore deve essere compiuto senza alcun aiuto. Solo allora sarà possibile un moderato piacere e riposo. Anche i momenti di piacere sono immeritati e destinati a finire. A volte in essi non ci si riconosce e diventano motivo di ansia. c. Gli obiettivi eventualmente raggiunti assumono scarso valore per il depresso, dal momento che sono stati raggiunti persino da uno come lui. Gli aspetti positivi della realtà sono sempre quelli non ancora perseguiti o non perseguibili e l’unico aspetto positivo di sé consiste nello sforzo che bisogna compiere per tentare di ottenere qualcosa di valido che, una volta ottenuto, non lo è già più. Coerenza sistemica La sua coerenza sistemica ruota attraverso un costante senso di perdita (o dei genitori, o di non essere in grado di ottenere un calore emotivo stabile, etc.), per cui la rabbia viene vista come il mezzo più efficace per impedire che la tristezza e la disperazione diventino così forti da opporsi ad un buon adattamento all'ambiente. LETTURA DELLA ESPERIENZA EMOZIONI DI BASE PRINCIPALI Negativa, con Tristezza separazione rabbia dagli altri POLARITÀ TACITE Disperazione/ reazione ATTEGGIAMENTO RISPETTO AL CAMPO PERCETTIVO Indipendente field indipendence MESSA A FUOCO TIPO DI ATTACCAMENTO Dall’interno A1-3, B, D inward Lo squilibrio del sistema: i sintomi È possibile in diverse circostanze, assistere al raggiungimento di un discreto livello di benessere. eccessiva responsabilizzazione pessimismo nelle aspettative vulnerabilità nel livello di autostima Ciò che caratterizza lo scompenso è l’intensità della sofferenza e la sua profondità e pervasività nell’investire il senso stesso dell’identità personale e nel generalizzarsi a tutti gli aspetti della vita. Sul piano clinico, gli scompensi DEP si esprimono soprattutto attraverso i disturbi dell’umore (depressione maggiore, distimia ma anche fasi maniacali di apparente euforia che maschera il senso di precarietà e identità personale), talora attraverso disturbi psicotici di tipo delirante (deliri di rovina, di negazione di sé e del mondo) Mantenimento e scompensi Situazioni di perdita Le situazioni che più frequentemente provocano scompenso in un’organizzazione depressiva sono tutte quelle che implicano o richiamano il concetto di perdita. Beck fornisce un dettagliato elenco di eventi perdita: I. La perdita di un oggetto tangibile che è considerato motivo di gratificazione o ha comunque valore per altre ragioni II. La perdita di un bene non materiale quale ad esempio la perdita di stima in se stessi dovuta ad un insulto o ad una manifestazione di disprezzo III. Un cambiamento di opinione circa una delle componenti del proprio dominio personale; ad esempio, ciò che prima era considerata una qualità assume ora un significato negativo IV. Discrepanza tra ciò che ci si aspetta e ciò che effettivamente si riesce ad ottenere, cioè una delusione. V. La fantasia o la previsione di una perdita futura: l’individuo tende a vivere in anticipo la perdita come se stesse accadendo in quel momento VI. Una perdita ipotetica: non si è verificata nessuna perdita ma potrebbe accadere VII.Una pseudoperdita: la persona erroneamente percepisce un evento come una perdita di qualche elemento del dominio personale Mantenimento e scompensi Autonomia forzata L’estremizzazione del concetto di efficienza personale si collega a quello forzato di mantenimento della stima in se stesso e del dominio personale. Questo provoca, in casi di scompenso, una situazione di crisi esistenziale che non sempre si può far risalire ad un avvenimento che direttamente l’abbia provocato. Si tratta di persone che basano la stima di sé su una grande efficienza, meticolosità e precisione, ed hanno la pretesa di risolvere ogni problema rapidamente e senza eccessivi sforzi. Di fronte alle difficoltà, reagiscono cercando di nascondere a se stessi e agli altri le “debolezze” e trovando nell’impegno la sensazione di ritrovata capacità. Con l’aumento delle richieste e delle difficoltà, si acuisce l’aspettativa di impegno e sforzo personale, senza concepire la possibilità di aiuto di altre persone che non è accettata dalla propria modalità organizzativa. Si abbina una sensazione di fatica e schemi emotivi di stanchezza ed insoddisfazione che all’inizio possono essere mascherati con una sintomatologia somatica. Tale tentativo disperato di reazione costituisce, a volte, l’esordio di un quadro depressivo. Lo squilibrio del sistema: i sintomi DISTURBI DELL’UMORE Disturbo depressivo maggiore Distimia Disturbi bipolari Disturbi ciclotimici DISTURBI SOMATOFORMI DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI DISTURBI DELLA CONDOTTA DISTURBI SCHIZOFRENICI E SCHIZO-AFFETTIVI DISTURBI PSICOSESSUALI DISTURBI DI PERSONALITÀ Stile affettivo depressivo STILE D’ATTACCAMENTO Evitante tipo A SENSO DI SÉ Negativo nel dominio affettivo IMMAGINE COSTRUITA DELL’ALTRO NELLA RELAZIONE AFFETTIVA messa in relazione con il senso di solitudine e esclusione interpersonale: - in modo positivo (redenzione dal destino di solitudine) - in modo negativo (conferma di questo destino) - Il bambino cerca di mantenere una certa distanza dai genitori e s’irrigidisce se questi gli si avvicinano - Per ottenere l’indispensabile grado di prossimità con le figure di accudimento e controllare la relazione impiega le sue risorse cognitive Sottotipi (Crittenden): - Sprezzanti (A0) - Idealizzanti (A1) - Distanzianti (A2) - Genitoriali / Accudimento compulsivo (A3) - Acquiescenza compulsiva (A4) - Compulsivamente autosufficienti e isolati (A5) - Promiscui (A6) “Non ti merito… È meglio se sto solo” “Io vado bene così… Stiamo insieme!” L’oscillazione emotiva che accompagna costantemente i soggetti che vivono l’amore inconsolabile è tra la rabbia e la disperazione. Nell’infanzia hanno vissuto una relazione di attaccamento evitante. In questo stile di attaccamento molto spesso si trovano situazioni di inversione di ruolo: il bambino si deve prendere cura dell’adulto in una dinamica in cui deve dimostrare di meritare l’affetto del genitore. La storia personale è densa di esperienze di perdita fantasticata o concreta e di rifiuti, a causa di morte o per un divorzio o una separazione prolungata. L’immagine di sé è negativa; la visione del mondo è quella di un luogo con persone inaffidabili e incontrollabili. La rabbia e la disperazione sono le emozioni che il bambino sente di fronte alle esperienze di abbandono e di rifiuto della sua persona. Impara fin da piccolo a riversare tutta la sua attenzione verso lo sviluppo di capacità di autonomia e di indipendenza emotiva e concreta. Impara che deve provvedere a sé stesso e che nessuno sarà mai lì a valorizzare i suoi risultati, ne’ lo potrà e vorrà aiutare quando sarà in difficoltà e si sentirà smarrito. Tenderà a contare solo su di sé, in una ricerca di autosufficienza assoluta che esclude anche il confronto. Ogni rapporto verrà sempre ricondotto a quella ferita primordiale che ha lacerato la persona e l’ha avviata sulla strada della solitudine e del rifiuto. Vive in una costante tonalità di tristezza, senza eccessi di gioia né di rabbia. Talvolta la tristezza lascia il posto alla vera disperazione vissuta sempre in solitudine. La rabbia è l’emozione che viene espressa solo quando la ferita abbandonica viene riaperta dai vissuti di relazione. L’amore è una situazione ad alto rischio. Nella formazione del legame la prima strategia che viene messa in atto è quella del non coinvolgimento. La “sensazione” che provano queste persone è di non essere meritevoli dell’altro. Per prevenire la perdita e la separazione possono mettere in atto due strategie: - negare l’attaccamento all’altro e non legarsi, riproponendo l’attaccamento evitante sperimentato da bambini - messa in atto di comportamenti atti a percepire di poter meritare l’altro (prendersi cura dell’altro) Il mantenimento della relazione è costellato da scatti di ira incontrollabili dovuti spesso alla non corrispondenza da parte dell’altro anche ad una richiesta banale; tali eventi sono vissuti come se tutto il rapporto fosse in crisi. Questo atteggiamento di recriminazione spesso fa nascere una perdita reale perché l’altro si stanca di subire l’aggressività. La perdita è sempre attesa e prevista e in conseguenza di ciò viene rafforzata l’idea di non meritare la relazione con l’altro. •Arciero G. (2002). Studi e dialoghi sull’identità personale. Riflessioni sull’esperienza umana. Bollati Boringhieri •Bara B. (1996-2005). Nuovo Manuale di Psicoterapia cognitiva. Vol. II. Bollati Boringhieri •Beck, A.T., (1976). Cognitive therapy and emotional disorders, tr. it. Principi di terapia cognitiva, Astrolabio, Roma, 1984 •Bowlby, J. (1969-1980). Attachment and loss: vol. 1 Attachment. New York. Basic Books. Trad. it. (1972-1983) Attaccamento e perdita. Vol. I-II-III Torino: Boringhieri •Bowlby, J. (1988). A secure base. New York. Basic Books. Trad. it. (1990) Una base sicura. Milano: Cortina •Dodet, M. (2001). Psicoterapia cognitiva post-razionalista: il modello, la clinica, la formazione, Studi di psichiatria, vol. 3, n. 2. •Guidano V., (1988). La complessità del Sé. Bollati Boringhieri, Torino •Nardi B. (2001). Processi psichici e psicopatologia nell'approccio cognitivo : nuove prospettive in psicologia e in psichiatria clinica. Franco Angeli •Reda M.A. (1998-2003). Sistemi cognitivi complessi e psicoterapia. Carocci Grazie per l’attenzione!!! D.ssa PENSAVALLI Michela Via Ravenna, 24 – Roma Recapito: 328/9446432 [email protected]