D.ssa PENSAVALLI Michela
Psicologa – Psicoterapeuta
Coordinatore didattico S.C.Int. Scuola di Specializzazione di Roma
Professore invitato presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
E’ caratterizzata da un marcato senso personale di separazione rispetto agli altri,
da cui deriva una visione di sé come di una persona destinata ad andare incontro,
nel corso del ciclo di vita, al rischio di sperimentare delusioni, sconfitte e perdite.
Nel ciclo di vita si delinea gradualmente la tendenza ad elaborare in termini di
perdita tutti gli avvenimenti discrepanti che si possono presentare, con spiccata
propensione a rispondere con attivazioni emotive di tristezza, fino alla
disperazione, o di rabbia ad eventi perturbanti anche apparentemente poco
significativi.
Alla polarità disperazione-rabbia corrisponde un andamento a pendolo tra
avvicinamenti – indotti dalla disperazione e associati a rallentamento psicomotorio
che può arrivare fino allo stupor – e allontanamenti –indotti dalla rabbia, con
separazione, rottura del rapporto, nell’ambito di una iperattivazione motoria.
Ne deriva la costruzione di una immagine stabilmente negativa di sé, del mondo e
del futuro
Una persona con questo tipo di
organizzazione di significato
tenderà a rispondere ad eventi
discrepanti
(perturbazioni),
anche
di
portata
apparentemente minima, in
termini di perdita, rifiuto e
delusione, reagendo ad essi
con emozioni di rabbia e
disperazione.
La caratteristica principale: continua
elaborazione di un senso di perdita dovuta
al fatto che il bambino, nel rapporto con i
suoi genitori, non fa esperienza di un
accesso emozionale sicuro e stabile.
La figura di accudimento è percepita come
distante, fredda e abbandonica ed il piccolo
man mano elabora un senso di separazione e
di distacco.
Nella storia del bambino
“depressivo”
si
riscontra
prevalentemente uno stile di
attaccamento evitante e gli
eventi che possono favorire
l’elaborazione di un’esperienza
di perdita possono essere di
diverso tipo, sia vissuti
separatamente
che
in
combinazione tra loro.
Quando ad esempio durante la fanciullezza si verifica la
perdita di un genitore questo evento coincide con una
esperienza di dolore.
Teoria di Guidano: non è il lutto in sè
stesso a determinare l’esperienza di
perdita affettiva tipica di questa
organizzazione di significato: perché
questo possa accadere il bambino
deve attribuirsi la responsabilità di
tale perdita.
E’ IL TIPO DI RELAZIONE CHE C’È CON IL BAMBINO
PRIMA, DURANTE E DOPO LA PERDITA REALE CHE
RENDE PROBABILE CHE TALE PERDITA SIA VISSUTA DAL
BAMBINO CON UN SENSO DI RESPONSABILITÀ.
“Non è la separazione in sé stessa ad avere
un’influenza sul bambino, quanto piuttosto la
relazione che la precede, l’accompagna e la
segue”.
(Guidano, 1998)
La perdita può essere anche rappresentata da una
separazione prolungata da un genitore significativo nel
corso dell’infanzia o dell’adolescenza, (motivi di lavoro o
di salute).
Anche in questo caso il bambino può ritenersi
responsabile di tale distacco, elemento che può
contribuire alla percezione di sé come persona “non
amabile”.
Spesso la perdita affettiva è dovuta al fatto che il bambino non
ha esperienza di un accesso emozionale sicuro e stabile ai
genitori.
Può accadere che i genitori si mostrino poco espansivi e
distaccati e che attribuiscano particolare importanza al
successo e al prestigio personale ottenuto attraverso l’impegno
e il sacrificio.
Tuttavia rispetto a tali modalità educative altamente esigenti,
essi non sono in grado di offrire un sostegno emotivo adeguato
all’impegno richiesto.
CONTROLLO PRIVO DI AFFETTO
L’ aspettativa genitoriale di un elevato livello di prestazione
non è accompagnata da quel calore e da quell’affetto che
sarebbero necessari per raggiungerlo e che potrebbero
favorire un senso adeguato di competenza personale
ALTRETTANTO FREQUENTE È IL CASO IN CUI LA
RELAZIONE GENITORE-BAMBINO SI INVERTE
Il genitore richiede al figlio di prendersi cura di lui,
accusandolo di continuo di non essere degno del suo
affetto, di essere quindi poco amabile e inadeguato.
Il genitore può mostrare un atteggiamento di rifiuto e di
freddezza e caricandolo di responsabilità senza
supportarlo in modo adeguato o minacciandolo di
abbandono.
Esempio: perdita di uno dei due genitori. Il genitore in vita richiede al bambino
cure e assistenza, favorendo in quest’ultimo l’assunzione di un “atteggiamento di
accudimento” e finalizzato alla riduzione dell’angoscia del genitore stesso.
Gli eventi saranno vissuti in termini di
perdita, esperienza che costituirà lo
schema di riferimento attraverso il
quale iniziare a percepirsi ed a cui
saranno connesse sensazioni dirompenti
di tristezza e disperazione.
In relazione ad esse l’emergere della
rabbia costituirà lo strumento più
efficace per impedire che disperazione e
tristezza diventino così intense da
risultare disadattive per l’equilibrio
psichico.
Nel corso dello sviluppo si strutturerà la percezione di sé
come di una persona poco amabile, incapace di suscitare
interesse negli altri e che difficilmente e solo con notevoli
sforzi sarà in grado di costruire e mantenere un rapporto
sicuro e stabile.
SENSO DI SOLITUDINE
Tale sensazione rafforzerà
la percezione di dover
contare solo su se stessi
nel gestire ogni circostanza
e nell’affrontare il mondo
Il comportamento sarà volto a
minimizzare l’espressione dei
propri bisogni e delle proprie
emozioni negative, contando solo
su di sé proprio per evitare la
possibilità di un rifiuto da parte
delle figure di riferimento
La persona con questo tipo di organizzazione strutturerà un
senso di “solitudine epistemologica” che lo porterà, anche
da adulto, all’autosufficienza assoluta e ad elaborare in
termini di perdita tutte le situazioni significative della vita.
Tali caratteristiche determineranno nel bambino una
distanza emotiva e di isolamento dalle figure di
attaccamento, e dal gruppo dei coetanei
con i quali avrà problemi
a stabilire un contatto.
Nel periodo scolare e con
l’emergere
delle
competenze
cognitive
diverrà importante il tema
del “sentirsi riconosciuti”
per la propria bravura dalle
figure di riferimento.
Emozioni come la vergogna di fronte a situazioni difficili,
saranno affrontate con atteggiamenti competitivi volti a ridurre la
paura della sconfitta e accompagnate dalla certezza di non poter
essere consolati.
complessità del significato depressivo
“Sentirsi” una persona impossibile da
amare: percezione negativa di sé come
IMMAGINE NEGATIVA non capace di farsi amare o come persona
con caratteristiche che producono rifiuto
negli altri (sfera emotiva)
Nel significato depressivo è presente
anche un’immagine positiva rispetto alle
proprie capacità cognitive, nel sentirsi
molto più capaci degli altri rispetto alle
proprie competenze intellettuali.
IMMAGINE POSITIVA
SENSO DI SOLITUDINE
Io “che esperisce”:
la realtà è vissuta
con un costante
senso di perdita e
fallimento
Me “che spiega”:
attribuzione
negativa di Sé
come unico modo
possibile per
vivere
Io “che esperisce” e Me “che spiega”:
il bambino organizza il senso di sé nelle due dimensioni
dell’esperienza immediata e della costruzione
dell’immagine cosciente di sé.
Io:
a livello tacito è presente l’esperienza di perdita, cioè di non avere
una base sicura, di non sentirsi amato e di sentirsi solo.
Me:
a livello esplicito da una parte vengono percepiti aspetti negativi
di sé, in quanto questa è l’unica spiegazione del fatto che a lui
succedono cose che ad altri bambini non succedono.
E’ presente tuttavia anche un’immagine positiva
riferita alle proprie capacità cognitive: l’esperienza di
attaccamento ha portato il piccolo a contare solo su
se stesso e a far fronte a situazioni di angoscia senza
chiedere aiuto a nessuno.
Egli sa che deve risolvere i suoi problemi da solo
e non importa quanto grande sia
l’esperienza di angoscia
e di abbandono che
sperimenta.
Il significato depressivo è la tendenza ad autoattribuire a sé
la responsabilità di tutto: tale aspetto viene definito
attribuzione interna
In una coerenza interna di
significato organizzata sulla perdita,
lo stile di attribuzione interna è
quello che permette di ristabilire la
sensazione di essere “attore” nella
lotta costante per il controllo di sé
Le emozioni basiche che regolano lo spazio intersoggettivo (che
inizialmente sono pari a zero) sono espresse attraverso
L’ATTACCAMENTO che è l’ambito in cui regoliamo le emozioni.
Se l’A. è di tipo evitante, freddo , indifferente la realtà assume i
toni di PERDITA
(tristezza - + attaccamento / Rabbia - - attaccamento).
Risultante è la SOLITUDINE esistenziale:
1) Imprese impossibili (per sentirsi amabile), realtà più
consistenti che durino nel tempo;
2) Sentimento di specialità (nella mia solitudine trovo il senso
della mia vita)---DESTINO ELETTIVO ED INELUTTABILE,
privilegio.
TEMA DELLO SFORZO (…nell’essere meritevoli di amore, nel
rendere la propria diversità/specialità omologata agli altri)
Es. Beethoven
Quando verso l’adolescenza si fa sempre più forte la
percezione di separazione tra sé ed il mondo, l’attribuirsi la
responsabilità, la colpa di tale separazione gli permette di
raggiungere nuovamente il controllo attraverso lo sforzo per
ridurla.
Se la responsabilità dell’insuccesso,
del fallimento venisse attribuita
all’esterno, infatti, ciò non farebbe
altro che mettere la persona in una
condizione di totale impotenza e
aumenterebbe la percezione di sé di
essere senza difese rispetto ad una
realtà ostile ed avversa che non lo
riconosce
Il periodo dell’adolescenza, con l’emergere di modalità
cognitive più astratte e articolate di ordinamento della
realtà, si configurerà come una “lotta attiva” contro le parti
negative del sé, attraverso lo sforzo e l’autosufficienza
L’auto rimprovero e l’autoaccusa (disperazione) sono
alternate ad un senso di efficienza personale quando il
giovane sente di dover lottare contro qualcosa (rabbia)
Questi aspetti espongono la persona a fare esperienze di perdite e
di abbandono proprio a motivo delle difficoltà nel controllo della
rabbia nel rapporto con gli altri, aumentando così il senso di
isolamento.
La difficoltà nei rapporti interpersonali è
riscontrabile maggiormente con le persone
significative, in quanto è proprio con loro che
si verificano scatti di rabbia incontrollabili.
La minima discrepanza con la persona affettivamente
significativa è vissuta immediatamente come una perdita,
una ferita lancinante che lascia il segno e che produce una
reazione di rabbia inadeguata per la situazione.
“Sentirsi l’unico responsabile di una realtà
negativa quindi, vivere la perdita, il
fallimento (l’ “Io”) permette (al “Me”) di non
sentirsi naufrago in un mare incontrollabile
ed oscuro per una improvvisa tempesta”
(Guidano, 1992)
Per riassumere e
memorizzare...
L'aspetto importante di questo tipo di organizzazione è quello di subire gli
eventi discrepanti in termini di perdita e delusione. La rabbia viene vista
come il mezzo più efficace per impedire che la tristezza e la disperazione
diventino così forti da opporsi ad un buon adattamento all'ambiente.
rabbia
disperazione
L’organizzazione depressiva
“Io non sono degno di
essere amato per le mie
caratteristiche più
autentiche, né per il fatto
stesso di esserci”
“Forse posso meritare
un po’ di stima e
attenzione se sto
attento a non dare
fastidio”
“Mi sacrifico
facendomi conoscere
per la mia bravura e
rendendomi utile per
la felicità degli altri”
Le modalità di attaccamento sono di tipo difeso o evitante,
soprattutto nei sottotipi fisicamente e psichicamente inibito (A1,
A2) e genitoriale (A3), nella quali la figura principale di
accudimento viene percepita come evitante, fredda, abbandonica,
portando il soggetto ad elaborare progressivamente un senso
personale di separazione, di distacco e di perdita.
La storia di sviluppo dei soggetti con questa organizzazione può
mettere in evidenza anche pattern di tipo sicuro (B), sia sul
versante inibito che reattivo, oltre che, in casi marcatamente
disfunzionali, pattern di tipo disorganizzato o non integrato (D).
I modelli di attaccamento
I bambini evitanti selezionano pattern
comportamentali
che
limitano
l’espressione dei propri bisogni; essi
dissimulano le proprie emozioni negative
percependo che devono provvedere a se
stessi, evitando di sperimentare così una
mancanza di attenzione o un rifiuto da
parte delle figure di riferimento che
appaiono fredde e rifiutanti.
I bambini genitoriali (o compulsivamente
accondiscendenti) tendono invece ad
attaccarsi e a prendersi cura di una figura
che, se non apertamente rifiutante, appare
comunque distaccata e scarsamente
accudente.
Il genitore attua un controllo anaffettivo,
con intransigenza, indifferenza, freddezza,
punizioni, caricando il figlio di
responsabilità senza supportarlo per
poterle affrontare.
Si sviluppa una percezione di sé come di una persona
che difficilmente e solo con notevoli sforzi, può
essere in grado di ottenere un attaccamento stabile,
che viene comunque messo frequentemente in
discussione o è visto sempre come potenzialmente
prevedibile.
L’esperienza di attaccamento della persona depressa è
caratterizzata dall’isolamento e dalla perdita, precoce
e inspiegabile, di contatto affettivo con la figura
d’attaccamento.
Il bambino prova paura ma anche ostilità
verso un ambiente in cui non trova
sostegno affettivo.
IMMAGINE STABILMENTE NEGATIVA DI SÉ, DEL
MONDO E DEL FUTURO
Lo sviluppo dell’identità
Invariante parentale
Distanza affettiva
(rifiuto/indifferenza)
Invariante del bambino
L’amabilità e il valore personale
sono messi in discussione.
L’immagine di sé che ne deriva è non-amabile, impotente, destinata alla
solitudine. Il bisogno di dover contare solo su di sé porta, d’altro canto, a
sviluppare una fiducia compulsiva in se stessi. Gli altri sono percepiti come
rifiutanti e vengono evitati.
Senso di solitudine sfocia anche in un senso di esplorazione autonoma del
mondo circostante, senza l'aiuto della "base sicura" dei genitori.
In questo contesto il bambino non può far altro che precorrere gli eventi negativi
che, secondo lui, comunque si verificheranno prima o poi attraverso
un'anticipazione mentale di questi eventi, esercitando su di essi una specie di
controllo.
Lo sviluppo dell’identità
Il significato personale è centrato sul senso di solitudine ed è
organizzato in un circuito ricorrente di schemi emozionali che
oscillano tra lo scetticismo e la rabbia; successivamente,
l’ordinamento esplicito o cosciente si configura in un’immagine
negativa di sé e in una attribuzione interna, globale e stabile.
La strategia utilizzata da queste persone, più che lottare contro un mondo ostile,
è quella di affidarsi soltanto a se stessi, come strategia di controllo: caratteristica
che Bowlby ha chiamato autosufficienza compulsiva
SFORZO E SACRIFICIO INDIVIDUALE
categorie che guidano la percezione di sé e la
valutazione degli eventi
Lo sviluppo dell’identità
La fanciullezza
Non fare richieste e dimostrare le abilità valorizzate dalle figure di attaccamento,
appare il comportamento interpersonale più idoneo (compromissione del senso di
autenticità personale) a preservare le relazioni al fine di stabilirne un contatto.
Le competenze cognitive emergenti in questo periodo, possono contribuire a
regolare i propri stati emotivi, assegnando un valore marginale ai propri bisogni
di cura.
Oppure, essere utilizzate, se valorizzate in ambito familiare, per lo sviluppo delle
abilità scolastiche e per l’avvio di un itinerario personale centrato sul
riconoscimento della propria bravura .
ENFATIZZAZIONE
DELLE PRESTAZIONI
COMPETIZIONE
INSUCCESSO
Evitamento
di qualsiasi interazione competitiva
Effetti devastanti sul senso di sé
Accettazione di ogni competizione
con spirito agonistico e aggressivo
Vergogna
Difficoltà a costruire relazioni di carattere cooperativo
La lettura degli eventi relazionali può vedere un’oscillazione dell’attribuzione
della causalità dalla polarizzazione interna a quella esterna (la cattiveria
dell’altro)
Tristezza
rabbia
vergogna
Lo sviluppo dell’identità
La risoluzione adolescenziale.
La mancata esperienza di sintonia e reciprocità viene ora a determinare un senso di profonda
diversità dagli altri e di unicità personale, definito solitudine epistemologica.
- Screzi nei rapporti con coetanei o difficoltà nell’appartenenza al gruppo dei pari:
conferma del proprio isolamento.
- Si amplifica la sensazione di incomunicabilità delle esperienze personali.
- Si limitano le possibilità di confronto e condivisione del proprio mondo interiore.
- Radicalizzazione delle rappresentazioni di sé e degli altri: idealizzazione/svalutazione
(genitori).
- Difficoltà nelle relazioni intime: sensazione di essere portatore di qualcosa di brutto +
costante aspettativa di abbandono.
- Grave svalutazione di quei riconoscimenti affettivi che, se apprezzati, potrebbero svolgere
la funzione di correttivi emozionali per alcuni schemi di base (intrinseca non amabilità).
- Evitamento di possibili coinvolgimenti intimi / Relazioni di scarso impegno emotivo.
- Rabbia: modo in cui le paure e i desideri personali più intimi possono essere comunicati.
- Senso del riscatto: vittoria liberatrice sulla propria negatività.
Aspetti dell’organizzazione depressiva
L’attitudine verso di sé.
a.
Una valutazione di sé come persona negativa, scarsamente amabile o
comunque indegna di essere amata, impotente di fronte a gran parte delle
situazioni che deve affrontare e a volte persino malevola (Arieti e Bemporad,
1981).
b.
Il poter contare solo su se stessi, con un continuo senso di autoresponsabilità
che rende pesante anche il minimo insuccesso o il recupero dopo una perdita.
c. Una costante immagine di sé perdente, a cui si reagisce con rassegnazione e
fatalismo dopo una serie di vani e pesanti sforzi che tendono a nasconderla
(Reda e Liotti, 1982; Guidano e Liotti, 1983).
Aspetti dell’organizzazione depressiva
L’attitudine verso la realtà.
a.
Aspettativa di esclusione al momento in cui si scoprirà lo scarso valore, la
scarsa amabilità personale e l’incapacità a tenere fronte alle proprie
responsabilità e ai propri impegni
b.
L’impossibilità ad accettare gratificazione autonome o piaceri incondizionati
che non si sono ricevuti. Per raggiungere una piccola parte delle cose
desiderate è necessario un grande sforzo, che per avere valore deve essere
compiuto senza alcun aiuto. Solo allora sarà possibile un moderato piacere e
riposo. Anche i momenti di piacere sono immeritati e destinati a finire. A
volte in essi non ci si riconosce e diventano motivo di ansia.
c. Gli obiettivi eventualmente raggiunti assumono scarso valore per il depresso,
dal momento che sono stati raggiunti persino da uno come lui. Gli aspetti
positivi della realtà sono sempre quelli non ancora perseguiti o non
perseguibili e l’unico aspetto positivo di sé consiste nello sforzo che bisogna
compiere per tentare di ottenere qualcosa di valido che, una volta ottenuto, non
lo è già più.
Coerenza sistemica
La sua coerenza sistemica ruota attraverso un costante senso di perdita (o dei
genitori, o di non essere in grado di ottenere un calore emotivo stabile, etc.), per
cui la rabbia viene vista come il mezzo più efficace per impedire che la tristezza
e la disperazione diventino così forti da opporsi ad un buon adattamento
all'ambiente.
LETTURA
DELLA
ESPERIENZA
EMOZIONI
DI BASE
PRINCIPALI
Negativa, con Tristezza
separazione
rabbia
dagli altri
POLARITÀ
TACITE
Disperazione/
reazione
ATTEGGIAMENTO
RISPETTO AL
CAMPO
PERCETTIVO
Indipendente
field indipendence
MESSA A
FUOCO
TIPO DI
ATTACCAMENTO
Dall’interno A1-3, B, D
inward
Lo squilibrio del sistema: i sintomi
È possibile in diverse circostanze, assistere al raggiungimento
di un discreto livello di benessere.
eccessiva responsabilizzazione
pessimismo nelle aspettative
vulnerabilità nel livello di autostima
Ciò che caratterizza lo scompenso è l’intensità della sofferenza e la
sua profondità e pervasività nell’investire il senso stesso dell’identità
personale e nel generalizzarsi a tutti gli aspetti della vita.
Sul piano clinico, gli scompensi DEP si esprimono soprattutto
attraverso i disturbi dell’umore (depressione maggiore, distimia ma
anche fasi maniacali di apparente euforia che maschera il senso di
precarietà e identità personale), talora attraverso disturbi psicotici di
tipo delirante (deliri di rovina, di negazione di sé e del mondo)
Mantenimento e scompensi
Situazioni di perdita
Le situazioni che più frequentemente provocano scompenso in un’organizzazione
depressiva sono tutte quelle che implicano o richiamano il concetto di perdita.
Beck fornisce un dettagliato elenco di eventi perdita:
I. La perdita di un oggetto tangibile che è considerato motivo di gratificazione o ha comunque valore
per altre ragioni
II. La perdita di un bene non materiale quale ad esempio la perdita di stima in se stessi dovuta ad un
insulto o ad una manifestazione di disprezzo
III. Un cambiamento di opinione circa una delle componenti del proprio dominio personale; ad
esempio, ciò che prima era considerata una qualità assume ora un significato negativo
IV. Discrepanza tra ciò che ci si aspetta e ciò che effettivamente si riesce ad ottenere, cioè una
delusione.
V. La fantasia o la previsione di una perdita futura: l’individuo tende a vivere in anticipo la perdita
come se stesse accadendo in quel momento
VI. Una perdita ipotetica: non si è verificata nessuna perdita ma potrebbe accadere
VII.Una pseudoperdita: la persona erroneamente percepisce un evento come una perdita di qualche
elemento del dominio personale
Mantenimento e scompensi
Autonomia forzata
L’estremizzazione del concetto di efficienza personale si collega a quello forzato di
mantenimento della stima in se stesso e del dominio personale. Questo provoca, in casi di
scompenso, una situazione di crisi esistenziale che non sempre si può far risalire ad un
avvenimento che direttamente l’abbia provocato.
Si tratta di persone che basano la stima di sé su una grande efficienza, meticolosità e
precisione, ed hanno la pretesa di risolvere ogni problema rapidamente e senza eccessivi
sforzi.
Di fronte alle difficoltà, reagiscono cercando di nascondere a se stessi e agli altri le
“debolezze” e trovando nell’impegno la sensazione di ritrovata capacità.
Con l’aumento delle richieste e delle difficoltà, si acuisce l’aspettativa di impegno e
sforzo personale, senza concepire la possibilità di aiuto di altre persone che non è
accettata dalla propria modalità organizzativa.
Si abbina una sensazione di fatica e schemi emotivi di stanchezza ed insoddisfazione che
all’inizio possono essere mascherati con una sintomatologia somatica.
Tale tentativo disperato di reazione costituisce, a volte, l’esordio di un quadro depressivo.
Lo squilibrio del sistema: i sintomi
DISTURBI DELL’UMORE
Disturbo depressivo maggiore
Distimia
Disturbi bipolari
Disturbi ciclotimici
DISTURBI SOMATOFORMI
DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE
DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
DISTURBI DELLA CONDOTTA
DISTURBI SCHIZOFRENICI E SCHIZO-AFFETTIVI
DISTURBI PSICOSESSUALI
DISTURBI DI PERSONALITÀ
Stile affettivo
depressivo
STILE D’ATTACCAMENTO
Evitante tipo A
SENSO DI SÉ
Negativo nel dominio affettivo
IMMAGINE COSTRUITA DELL’ALTRO NELLA
RELAZIONE AFFETTIVA
messa in relazione con il senso di solitudine e esclusione interpersonale:
- in modo positivo (redenzione dal destino di solitudine)
- in modo negativo (conferma di questo destino)
- Il bambino cerca di mantenere una certa distanza dai genitori e
s’irrigidisce se questi gli si avvicinano
- Per ottenere l’indispensabile grado di prossimità con le figure
di accudimento e controllare la relazione impiega le sue risorse
cognitive
Sottotipi (Crittenden):
- Sprezzanti (A0)
- Idealizzanti (A1)
- Distanzianti (A2)
- Genitoriali / Accudimento compulsivo (A3)
- Acquiescenza compulsiva (A4)
- Compulsivamente autosufficienti e isolati (A5)
- Promiscui (A6)
“Non ti merito… È meglio se sto solo”
“Io vado bene così… Stiamo insieme!”
L’oscillazione
emotiva
che
accompagna
costantemente i soggetti che vivono l’amore
inconsolabile è tra la rabbia e la disperazione.
Nell’infanzia hanno vissuto una relazione di
attaccamento evitante.
In questo stile di attaccamento molto spesso si
trovano situazioni di inversione di ruolo: il bambino
si deve prendere cura dell’adulto in una dinamica in
cui deve dimostrare di meritare l’affetto del
genitore.
La storia personale è densa di esperienze di perdita
fantasticata o concreta e di rifiuti, a causa di morte o
per un divorzio o una separazione prolungata.
L’immagine di sé è negativa; la visione del mondo è
quella di un luogo con persone inaffidabili e
incontrollabili.
La rabbia e la disperazione sono le
emozioni che il bambino sente di fronte alle
esperienze di abbandono e di rifiuto della
sua persona.
Impara fin da piccolo a riversare tutta la sua
attenzione verso lo sviluppo di capacità di
autonomia e di indipendenza emotiva e
concreta.
Impara che deve provvedere a sé stesso e
che nessuno sarà mai lì a valorizzare i suoi
risultati, ne’ lo potrà e vorrà aiutare quando
sarà in difficoltà e si sentirà smarrito.
Tenderà a contare solo su di sé, in una ricerca di autosufficienza
assoluta che esclude anche il confronto.
Ogni rapporto verrà sempre ricondotto a quella ferita
primordiale che ha lacerato la persona e l’ha avviata sulla strada
della solitudine e del rifiuto.
Vive in una costante tonalità di tristezza, senza eccessi di gioia
né di rabbia.
Talvolta la tristezza lascia il posto alla vera disperazione vissuta
sempre in solitudine.
La rabbia è l’emozione che viene espressa solo quando la ferita
abbandonica viene riaperta dai vissuti di relazione.
L’amore è una situazione ad alto rischio.
Nella formazione del legame la prima strategia che viene messa in
atto è quella del non coinvolgimento.
La “sensazione” che provano queste persone è di non essere
meritevoli dell’altro.
Per prevenire la perdita e la separazione possono mettere in atto due
strategie:
- negare l’attaccamento all’altro e non legarsi, riproponendo
l’attaccamento evitante sperimentato da bambini
- messa in atto di comportamenti atti a percepire di poter meritare
l’altro (prendersi cura dell’altro)
Il mantenimento della relazione è costellato da scatti di ira
incontrollabili dovuti spesso alla non corrispondenza da parte
dell’altro anche ad una richiesta banale; tali eventi sono vissuti
come se tutto il rapporto fosse in crisi.
Questo atteggiamento di recriminazione spesso fa nascere una
perdita reale perché l’altro si stanca di subire l’aggressività.
La perdita è sempre attesa e prevista e in conseguenza di ciò
viene rafforzata l’idea di non meritare la relazione con l’altro.
•Arciero G. (2002). Studi e dialoghi sull’identità personale. Riflessioni
sull’esperienza umana. Bollati Boringhieri
•Bara B. (1996-2005). Nuovo Manuale di Psicoterapia cognitiva. Vol. II. Bollati
Boringhieri
•Beck, A.T., (1976). Cognitive therapy and emotional disorders, tr. it. Principi di
terapia cognitiva, Astrolabio, Roma, 1984
•Bowlby, J. (1969-1980). Attachment and loss: vol. 1 Attachment. New York. Basic
Books. Trad. it. (1972-1983) Attaccamento e perdita. Vol. I-II-III Torino:
Boringhieri
•Bowlby, J. (1988). A secure base. New York. Basic Books. Trad. it. (1990) Una
base sicura. Milano: Cortina
•Dodet, M. (2001). Psicoterapia cognitiva post-razionalista: il modello, la clinica,
la formazione, Studi di psichiatria, vol. 3, n. 2.
•Guidano V., (1988). La complessità del Sé. Bollati Boringhieri, Torino
•Nardi B. (2001). Processi psichici e psicopatologia nell'approccio cognitivo :
nuove prospettive in psicologia e in psichiatria clinica. Franco Angeli
•Reda M.A. (1998-2003). Sistemi cognitivi complessi e psicoterapia. Carocci
Grazie
per
l’attenzione!!!
D.ssa PENSAVALLI Michela
Via Ravenna, 24 – Roma
Recapito: 328/9446432
[email protected]