Archimede

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ARCHIMEDE
In questa relazione troverete alcune notizie su Archimede ...
quello di Siracusa…
... quello che facendo il bagno si accorse che l'acqua lo
spingeva verso l'alto ... e ne tirò fuori il famoso "principio"
Quando, nel 212 a.C., le truppe romane saccheggiarono Siracusa,
i soldati poterono finalmente rifarsi dei molti tentativi andati a
vuoto; la città era finalmente a loro disposizione, ma l'ordine era
"catturare Archimede".
Il "nemico" Archimede era ben noto a Roma per le sue
straordinarie capacità di inventore e non si voleva che tale genio
fosse una delle tante vittime della guerra contro Cartagine; egli
non era uno dei tanti destinati al massacro, possedeva conoscenza
e genialità, e solo salvandogli la vita i Romani avrebbero potuto
beneficiarne ...ma non andò così.
LA VITA
Archimede nacque a Siracusa nel 287 a.C. e morì nel 212 a.C.
La sua tomba fu scoperta e restaurata da Cicerone (senatore di
Roma) nel 75 a.C.
Il suo nome è legato a fondamentali studi dell’idrostatica
(equilibrio dei liquidi) e soprattutto sul calcolo delle aree e dei
volumi.
Archimede studiò ad Alessandria d'Egitto, dove conobbe
Eratostene da Cirene (studioso dell’epoca).
Rientrato a Siracusa, si applicò ai suoi studi: la matematica, la
fisica, la geometria, l’ottica e l’astronomia.
Egli riteneva anche di avere delle idee sulla quadratura del
cerchio, il rompicapo di tutti i matematici.
Il padre Fidia molto stupito dall’intelligenza del figlio, decise
di presentarlo al re Gerone II, che lo tenne sempre in grande
considerazione.
Nel 212 a.C. le truppe romane saccheggiarono la città di
Siracusa; un soldato entrò in casa di Archimede e gli chiese
chi fosse, ma Archimede, preso dal suo lavoro, gli rispose
male, quindi il soldato sentendosi offeso lo uccise.
Archimede volle che sulla sua tomba fosse scolpita una sfera
racchiusa da un cilindro (che indicava il rapporto fra il
volume dei due solidi).
SIRACUSA
Nel 733 a.C. i Greci giunsero su quel tratto di costa sicula e la
fondarono.
In seguito il re Gelone se ne impadronì con un intrigo
politico, e cercò di difenderla dall’ellenismo d’Occidente
contro i Cartaginesi, da lui sconfitti a Imera.
All'epoca di Archimede gli succedette il fratello Gerone,
amante della cultura, che sconfisse gli Etruschi nella battaglia
navale di Cuma.
Il governo divenne poi democratico con il re Trisibulo.
Seguì una lunga serie di re e tiranni che si concluse con
Gerone II che, fattosi proclamare tiranno, cercò di unificare la
Sicilia greca e alleandosi con i Cartaginesi; per questo motivo
i romani la assediarono e, nonostante l'ingenioso contributo di
Archimede, la conquistarono (212 a.C.).
Dopo diverse vicende Siracusa divenne città romana,
conservando comunque una certa autonomia.
In seguito fu dominata da Vandali, Goti, Bizantini (535 d.C.),
Arabi (878 d.C.), Normanni (1085 d.C.), seguendo infine le
sorti del Regno di Sicilia.
LE SUE INVENZIONI
Archimede fu un personaggio poliedrico.
Fu un matematico, un fisico, uno scienziato complesso e
quindi non ci stupisce che fosse anche un inventore di
sorprendente genialità.
A lui furono attribuite numerosissime invenzioni fra le quali il
peso specifico e il principio della spinta idrostatica, la vite
senza fine (coclea), la leva, il planetario e le dimensioni
dell’universo, la misura del cerchio e potenti e originali
macchine belliche (la catapulta, la balestra, gli specchi ustori
e la “Manus ferrea”…).
IL PESO SPECIFICO
(rapporto fra peso e volume di una sostanza)
Cerone II, tiranno di Siracusa, volle offrire nel tempio una
corona d’oro, ma l’orafo sostituì una parte dell’oro con
dell’argento, che combinò con la restante parte d’oro in una
lega.
All’apparenza la corona risultava perfetta ma, essendo sorto il
sospetto della contraffazione e non potendo far nulla per dare
corpo a tale sospetto, Gerone pregò Archimede di risolvere il
problema.
Archimede iniziò a pensarvi intensamente, e mentre si
accingeva a fare il bagno, osservò che entrando nella tinozza
usciva acqua in proporzione al volume del corpo che entrava.
Intuì così di colpo il sistema con cui avrebbe potuto accertare la
purezza dell’oro della corona: avrebbe preparato due blocchi, uno
d’oro e uno d’argento, ciascuno di peso uguale a quello della
corona e li avrebbe immersi in acqua misurandone il volume
spostato da ciascuno e la relativa differenza, poi avrebbe
accertato se la corona avesse spostato un volume d’acqua uguale
a quello spostato dal blocco d’oro; se non fosse accaduto ciò,
questo avrebbe significato, che l’oro della corona ,era stato
alterato.
…un corpo immerso in un liquido, riceve una spinta dal basso
verso l'alto, pari al peso del liquido spostato…
Per l’entusiasmo della scoperta si precipitò fuori dalla tinozza, e
corse a casa nudo com’era, gridando in greco “Eureka”, ho
trovato!, esclamazione che tuttora è in uso.
IL PRINCIPIO DELLA
SPINTA IDROSTATICA
Qualsiasi solido più leggero di un fluido, se collocato nel
fluido, si immergerà in misura tale che il peso del solido sarà
uguale al peso del fluido spostato (I, 5)
Un solido più pesante di un fluido, se collocato in esso,
discenderà in fondo al fluido e se si peserà il solido nel
fluido, risulterà più leggero del suo vero peso, e la differenza
di peso sarà uguale al peso del fluido spostato (I, 7)
LA VITE SENZA FINE O COCLEA
(chiamata così perché la sua forma ricorda una chiocciola)
Uno dei più grandi problemi dell’antichità fu quello di
riuscire a far salire l’acqua dai pozzi.
Ad Archimede venne attribuita l’invenzione di un ingegnosa
macchina che permetteva di sollevare l’acqua con facilità :
LA VITE DI ARCHIMEDE.
Questo strumento è costituito da un cilindro all’interno del
quale era situata una grossa spirale di legno; esso veniva
collocato inclinato nell’acqua.
Era aperto solo alle estremità, in modo che l’acqua passando
attraverso le volute della spirale, potesse salire fuoriuscendo
dalla sommità del cilindro.
Azionando una manovella, la spirale spingeva l’acqua verso
l'alto.
L’inclinazione della spirale era regolabile tramite un argano
ma non poteva raggiungere la posizione verticale perché in tal
caso l'acqua sarebbe ricaduta verso il basso.
Archimede, inoltre, era anche esperto di ingegneria nautica.
Tito Livio ci racconta il primo incontro tra il re Gerone e lo
scienziato. Il re di Siracusa aveva fatto costruire un'immensa nave
come dono per il re d'Alessandria. L'imbarcazione, però, era così
possente che si temeva di non riuscire a portarla dai cantieri al
mare. Archimede, però, comodamente seduto sulla spiaggia,
impartì gli ordini necessari e anche grazie ai macchinari costituiti
da corde, carrucole e pulegge da lui inventati, portò a termine il
compito senza imprevisti. Infatti:
"Là dove tutti i siracusani uniti non potevano assolutamente
muoverla, Archimede fece sì che Gerone da solo potesse porla in
mare."
Da quel momento, affascinato da tanto genio, Gerone volle sempre
al suo fianco Archimede.
LA LEVA
Macchina semplice che consiste in un asta rigida che ruota
intorno a un punto fisso detto "fulcro".
A un'estremità dell'asta si applica la forza che deve essere
vinta, "resistenza" e all'altra estremità la forza vincitrice,
"potenza".
La distanza dal fulcro alla resistenza è detta: "braccio della
resistenza" (br).
La distanza tra la potenza e il fulcro è detta: "braccio della
potenza" (bp).
leva di primo genere:
il fulcro è posto fra resistenza e potenza
vantaggiosa solo se bp>br
leva di secondo genere:
la resistenza è posta tra il fulcro e la potenza
sempre vantaggiosa
leva di terzo genere:
la potenza è posta fra fulcro è resistenza
sempre svantaggiosa
per "vantaggio" si intende che la potenza impiegata è inferiore alla resistenza da vincere,
ma è da ricordare che il vantaggio in forza viene pagato con un maggior movimento della
potenza rispetto quello della resistenza; la maggior parte delle macchine richiedono
grande possibilità di movimento e adottano quindi leve svantaggiose.
IL PLANETARIO
Cicerone narra che il console Marcello, di ritorno dall'assedio
di Siracusa, portò con sé un macchinario che riproduceva la
sfera celeste e i pianeti. L'equivalente dei nostri planetari!
Per diverso tempo si pensò che anche questo facesse parte
della leggenda, fino a che non fu scoperto, nel 1902, il
"Meccanismo di Anticitera", così chiamato perché ritrovato
nel relitto di una nave vicino all'isola Anticitera.
E' costituito da diversi ingranaggi con ruote dentate e serve a
calcolare (lo si capì verso il 1950) il sorgere del Sole, le fasi
lunari, gli equinozi, i mesi e i giorni della settimana, nonché il
moto dei pianeti. Il tutto con un'estrema precisione.
Rappresenta il più antico calcolatore meccanico finora
conosciuto ed è attualmente custodito presso il Museo
Nazionale di Atene.
schema degli ingranaggi della macchina
LE DIMENSIONI DELL’UNIVERSO
Archimede aveva inventato un metodo per esprimere numeri molto
grandi.
Il sistema consisteva nel raggruppare i numeri in ottadi, cioè in
potenze in base 10 con esponente multiplo di 8: la prima ottade è
108, pari a 100 milioni, la seconda ottade parte da 108+1 e giunge a
1016 e così di seguito fino a 10800000000.
Questo nuovo sistema di numerazione permetteva di superare la
difficoltà insite nel modo usato dai Greci per rappresentare i
numeri, cioè le lettere dell'alfabeto, quando si trattava di scrivere
cifre di grande entità.
Lo scienziato si servì delle ottadi per calcolare il numero di granelli
di sabbia necessari per riempire tutto l'Universo.
Calcolò le dimensioni di un granello di sabbia, pari alla
decima parte di un seme di papavero, conoscendo poi, grazie
agli studi di Aristarco di Samo e di Eratostene, la
circonferenza della Terra e la sua distanza dal Sole (allora
valutata in 925 milioni di chilometri, mentre in realtà si tratta
di 150 milioni di chilometri), prende poi in esame "il cielo
delle stelle fisse" ed arriva alla conclusione che l’universo
abbia un diametro di 9 miliardi di chilometri.
Tale grandezza sarebbe stata riempita da un numero di
granelli di sabbia pari a 1063, praticamente nemmeno 8
ottadi.
LA MISURA DEL CERCHIO
Le tre proposizioni
1- Ogni cerchio è equivalente a un triangolo rettangolo nel
quale un cateto è uguale al raggio del cerchio e la base è
uguale al perimetro.
2- Il cerchio ha rapporto con il quadrato del diametro, di
undici quattordicesimi (11/14).
3- Il perimetro di ogni cerchio è il triplo del diametro,
aumentato di un segmento compreso tra un settimo del
diametro e i dieci settantunesimi dello stesso.
LE ARMI CONTRO I ROMANI
Archimede è noto anche per le sue macchine da guerra che
permisero ai siracusani di dare del filo da torcere al potente
esercito romano.
Nel 215 a.C., infatti, i romani, guidati dal console Marcello,
assediarono la città, accusata di essersi alleata con Annibale
(cartaginese).
L'esito del conflitto sarebbe stato scontato e rapido senza l'aiuto
dello studioso.
I romani furono così meravigliati dall'ingegno di Archimede (che
consideravano un mago) che Cicerone ordinò di rapirlo a fine
conflitto per portare il suo genio a servizio di Roma, anche se
purtroppo non andò così.
L'assedio, che doveva durare 5 giorni, in realtà si prolungò di
molti anni.
I romani, che attaccavano sia via terra che via mare,
possedevano fionde, balestre e la sambuca (una torre di legno
molto che, posta sulle navi a ridosso delle città, permettevano
di scavalcare le mura cittadine).
I siracusani, però, riuscirono a sovrastarli sempre, grazie a
potenti macchine quali la "catapulta", perfezionata da
Archimede e munita di ruote, con la quale scagliavano enormi
pesi per affondare le navi, anche se molto lontane.
Massi di spropositata grandezza venivano lanciati dalla
sommità delle colline grazie ad appositi sistemi di leve per
annientare l'esercito di terra.
la catapulta
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La catapulta fu inventata dai Greci nel
IV secolo a.C. e perfezionata da
Archimede.
Era un’enorme costruzione di legno,
provvista di ruote, con la quale si
lanciavano grosse pietre.
La forza della catapulta era fornita dalle
corde ritorte.
Prima si rilasciavano un po’ per porre il
"braccio" della catapulta in posizione
orizzontale. Una volta caricato il
cucchiaio, si tendevano le corde e si
sparava.
Il "braccio" scattava in posizione
verticale e il proiettile veniva lanciato.
la balestra
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La balestra era un’arma da guerra per
lanciare frecce, formata da un arco
d'acciaio fissato a un fusto di legno,
avente la forma della cassa di un
fucile.
La balestra poteva avere diverse forme
e funzioni:
– balestra a mano, non molto
pesante, che poteva essere
trasportata anche da un uomo
solo;
– balestra da posta, di grosse
dimensioni, fissata sulle mura
delle fortezze.
Archimede migliorò di gran lunga queste micidiali armi utilizzandole contro i Romani.
gli specchi ustori
Un'altra invenzione attribuita ad Archimede è quella degli "specchi
ustori": grandi lamine concave di bronzo che erano in grado di
concentrare i raggi solari e bruciare a distanza le navi romane.
L'idea alla base della costruzione degli specchi ustori è quella di
usare una superficie riflettente che raggruppa in un punto (detto
"fuoco") i raggi che raggiungono l'intera area (concetto anche alla
base delle centrali solari).
Tutto ciò permetterebbe di incendiare un materiale infiammabile
posto esattamente nel fuoco.
La forma più semplice per tali specchi è un paraboloide di
rotazione ottenuto facendo ruotare una parabola attorno a un
suo asse. Questa conica, infatti, è dotata di un fuoco tale che i
raggi paralleli all'asse (come possono essere considerati i
raggi solari, essendo il Sole molto distante da noi) passano
tutti per il fuoco stesso. Il fuoco dipende dalla curvatura,
quindi se si vuole bruciare lontano, lo specchio deve essere
relativamente piatto.
"Manus Ferrea“
un artiglio meccanico in grado di ribaltare le imbarcazioni
nemiche e spezzarle al centro.
Oggi è ricordato ancora per
“i giochi di Archimede”
- olimpiadi della matematica che si svolgono ogni anno
in autunno
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