Provincia di Venezia

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Elezione
del
Doge
Evoluzion
e dogato
Abiti
del
Doge
Origini
e
poteri del
Doge
Etimologia
e
storia
Le
mappe
Ultimi splendori
della
Repubblica,
Risorgimento e
Unità d’Italia
Ascesa
dello stato
mercantile
Nascita
e
sviluppo
Il termine proviene dal latino Venetia, il nome della X Regio delle quattordici in cui era divisa l'Italia al tempo
dei Romani, o dal corrispondente termine greco utilizzato dai Bizantini (Venetikà), che in un primo tempo
indicava l'intera fascia costiera da Chioggia a Grado (Venetia maritima) e in seguito si restrinse ad un'area
sempre più circoscritta, relativa alle isole della laguna di Venezia.
NASCE UNO STATO TRA TERRA E MARE
Chiamata Venetia la "X Regio" nell'Impero Romano era costituita grosso modo dai territori che oggi
conosciamo come Veneto, Friuli, Trentino e Istria. Questa zona, che faceva parte della terra dei Veneti,
assimilati all'Impero, era in epoca romana, abitata da pescatori, "salinari" (addetti, cioè, alle saline), tutti
esperti nell'arte di costruire e manovrare imbarcazioni adatte all'ambiente lagunare e fluviale. La stessa zona,
tra l'altro, forse per la sua "tranquillità", era usata come "luogo di villeggiatura" dai ricchi abitanti delle vicine
città romane (come Padova, Altino, Aquileia).
Col progressivo disgregarsi dell'Impero e con invasioni dei popoli germanici, in particolare nel VI secolo, le
zone lagunari finirono coll'offrire un rifugio a quanti vedevano le loro terre e i loro beni in balia degli invasori:
avventurarsi via fiumi e canali non era facile, per chi non conosceva la zona, e i lidi sabbiosi costituivano
un'ottima protezione da un eventuale attacco (dal mare). Fu in particolare, l'attuale laguna di Venezia a vedere
crescere maggiormente la sua popolazione. Naturalmente questo significò anche un profondo mutamento
della composizione sociale nel territorio lagunare: molti profughi erano benestanti o proprietari terrieri o
allevatori delle città dell'entroterra, come Altino e Oderzo. I primi centri che si vennero a creare furono
Malamocco (su un lido), Torcello (un'isola allo sbocco del fiume Sile) e un altro gruppo di isole al centro della
laguna, la futura Venezia.
Se l'entroterra era in mano alle popolazioni germaniche, le lagune restarono, invece, nell'orbita latina, come
parte dell'Impero d'Oriente, dipendendo direttamente da Ravenna. Fin dall'inizio, dunque, si stabilisce un
profondo legame col mondo bizantino. Alla fine del VII secolo gli abitanti delle lagune non erano più
governati dai "tribuni marittimi", i comandanti militari bizantini, ma avevano un comando autonomo sotto un
"dux", da cui il termine "doge". Nasce in tal modo la prima forma di stato veneziano (seppur legato a
Bisanzio): il "Dogado".
LA NASCITA DELLA CITTÀ DI VENEZIA
Nelle isole lagunari vicino a Malamocco, il trasferimento della sede ducale dovette comportare un
intensificarsi degli insediamenti. Nel 775-776 vi venne creata la sede vescovile di Olivolo (ancora
ricordata nell'840 come castrum Helibolis). Durante il governo di Agnello Particiaco (811-827) la sede
ducale venne quindi trasferita da Malamocco alla meglio difesa "Rivoalto" (l'attuale Rialto). Furono
costruiti il monastero di San Zaccaria, un primo palazzo ducale e la prima basilica di San Marco.
Nell'897 il doge Pietro Particiaco eresse una difesa (civitatis murus) tra Olivolo e Rialto. I materiali da
costruzione per queste edificazioni, secondo l'uso dell'epoca, furono tratti dalle rovine delle antiche
città romane più prossime alla costa, in particolare da Altino.
Nell'828 il trasferimento del corpo dell'evangelista san Marco da Alessandria d'Egitto a Rialto ne
accrebbe il prestigio, non solo come capitale ducale, ma come sede religiosa e comportò in seguito il
trasferimento della sede patriarcale.
LO SVILUPPO DI VENEZIA
Venezia, posta alla frontiera dell'Impero Bizantino, sviluppò un forte spirito d'indipendenza che la
portò ad essere la più potente tra le quattro più celebri Repubbliche marinare. Rivaleggiava con
Genova e il suo predominio sull'Adriatico era tale che i veneziani lo indicavano con il nome di "Golfo di
Venezia"; le repubbliche marinare di Ancona e di Ragusa (Dalmazia) solo con una stretta alleanza
reciproca riuscirono a rimanere indipendenti e a continuare i loro traffici con l'Oriente, altrimenti
dominio esclusivo dei navigatori veneziani. In questa chiave si deve leggere l'alleanza stretta nel 1174
da Venezia con il Sacro Romano Impero nel tentativo di danneggiare Ancona. Il capo del governo era il
Doge (corrispondente al latino dux), teoricamente eletto a vita, ma in pratica, spesso costretto a
rimettere il proprio mandato a seguito di risultati insoddisfacenti del proprio governo. Nei secoli
Venezia divenne la capitale della Repubblica Serenissima Veneta, che fu la più lunga e duratura
repubblica della storia (sia pur una repubblica aristocratica, circa 1100 anni), fu per secoli una delle
maggiori potenze europee e centro di cultura per tutto il continente europeo. Le sue lingue ufficiali
furono il latino, il veneto e l'italiano (allora fiorentino). Non divenne mai signoria principesca né
monarchia e impero, restando sempre fedele allo spirito repubblicano.
Il successo riportato con la IV Crociata dava
modo a Venezia di consolidare i suoi traffici con la
"Romània" (ciò che era stato l'Impero d'Oriente) e
l'"Oltremare", cioè quelle zone costiere della Siria e
della Palestina in cui i crociati avevano fondato i loro
effimeri regni. Ma la concorrenza diventa facilmente
rivalità e questa può a sua volta mutarsi in conflitto. È
quello che successe tra Venezia e Genova. La
repubblica marinara genovese si era insediata anche lei
nell'Oltremare e, per gli aiuti dati ai Crociati, aveva
ottenuto più privilegi. Ad una serie di incidenti avvenuti
in Tiro, seguirono quattro violente guerre, che nello
spazio di circa 120 anni, sfiancarono e provarono
duramente le due contendenti. L'ultimo conflitto fu il
più drammatico per Venezia, perché vide compromessa
la sua stessa sopravvivenza: pressata a nord-est dal re
d'Ungheria e dalla Signoria padovana dei Carrara, si
ritrovò coi Genovesi in laguna, dato che nel 1378
conquistarono Chioggia. Ma fu tutta la città a unirsi
strettamente nel momento di maggior pericolo e
Venezia riuscì a resistere e a riconquistare Chioggia. La
pace che ne seguì (Torino, 1381) lasciò irrisolti i
problemi di fondo che avevano provocato il lungo
conflitto con Genova, ma alla lunga, il solo fatto di
essere sopravvissuta e aver mantenuto le colonie
principali la resero la vera vincitrice della lotta.
Il pericolo corso durante la guerra di Chioggia,
convinse i Veneziani della necessità di un controllo sul
retroterra, per impedire che una qualsiasi potenza
bloccasse le vie di accesso alla laguna, vitali sia per la
sopravvivenza che per i commerci e per
l'approvvigionamento di materie prime. Iniziò così una
fase di espansione in terraferma. Alleandosi al Signore
di Milano, Gian Galeazzo Visconti, Venezia sterminò i
Carraresi di Padova e, agli inizi del '400, conquistò
Padova, Vicenza e Verona. Poco più tardi acquistò
anche Bergamo e Brescia, penetrando profondamente
in Lombardia. In questo periodo la potenza navale
raggiunge l'apogeo e la Repubblica di S. Marco assume
l'appellativo di "Serenissima" e il doge quello di
"Serenissimo Principe".
Porto Venezia
1486
Ultimi splendori della Repubblica
Nel XVIII secolo Venezia fu una delle città più raffinate d'Europa, con una forte influenza
sull'arte, l'architettura e la letteratura del tempo. Il suo territorio comprendeva Veneto,
Friuli, Istria, Dalmazia, Cattaro, parte della Lombardia e le isole Ionie. Ma dopo 1070 anni
d'indipendenza, il 12 maggio 1797 la città si arrese a Napoleone Bonaparte. Il Doge
Ludovico Manin fu costretto ad abdicare, il Consiglio venne sciolto e fu proclamato il
Governo Provvisorio della Municipalità di Venezia.
Risorgimento ed Unità d'Italia
Il 16 maggio 1797 le truppe francesi invasero Venezia. Con la restaurazione ed il Trattato di
Campoformio tra francesi ed austriaci, il 17 ottobre 1797 termina la Municipalità
provvisoria di Venezia e vengono ceduti all'Austria Veneto, Friuli, Istria, Dalmazia, Cattaro,
e le isole Ionie. Nasce la Provincia Veneta dell'Austria, comprendente all'incirca gli attuali
Veneto e Friuli, una comune provincia, non uno stato Veneto, sotto Francesco II d'Asburgo
Lorena, con l'ingresso degli austriaci in città il 18 gennaio 1798. La perdita economica e di
potere della città fu elevata.
A seguito della restaurazione dopo il periodo napoleonico, il 9 giugno 1815 con il
congresso di Vienna Venezia passò al Regno Lombardo-Veneto, di cui divenne uno dei due
capoluoghi. La città partecipò alle lotte risorgimentali. Il 17 marzo 1848, i patrioti veneziani
insorsero e liberarono Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. Dopo il ritiro degli austriaci,
venne nuovamente proclamata la Repubblica, affidata ad un triunvirato. Nel 1849, Venezia
resistette per quattro mesi ad un lungo assedio austriaco, arrendendosi solo il 18 agosto,
a causa della fame e di una grave epidemia di colera. Nel 1866, dopo la Terza Guerra
d'Indipendenza, fu annessa al Regno d'Italia.
Il doge è una figura del potere che nasce nel 697 DC con la conferenza indetta a Eraclea dal Patriarca di Grado, e a
Grado (oggi provincia di Gorizia), infatti, della cattedrale che celebrò la nascita di questa figura resta uno splendido
mosaico. Il primo Doge fu Paolo Lucio Anafesto che fu eletto dalle 12 antiche casate veneziane, ma fu eletto dai
"liberi" secondo l'eredità lasciata dalla defunta Repubblica Romana. Non è un principe, ma un "primus inter pares",
anticipando così di secoli la moderna figura del Capo di Stato.
Le origini
Il Doge nasce come necessaria figura di coordinamento per i poteri temporali, e tuttavia acquisisce ben presto
connotazioni religiose, diventanto anche il Capo della Chiesa Marciana, la chiesa di San Marco Evangelista. Si narra
infatti che San Marco, in viaggio evangelico da Alessandria d'Egitto verso Aquileia, venne sorpreso da una tempesta, e
riparato nelle isole di Rivo Alto (oggi Rialto) nella notte un Angelo gli apparve salutandolo con le parole "Pax Tibi,
Marce Evangelista Meus", le parole poi incise sul libro del leone marciano. San Marco le intese come la profezia che
quella terra sarebbe stata il luogo dell'eterno riposo del suo corpo. Infatti, sepolto ad Alessandria d'Egitto, dato che i
cristiani vi venivano perseguitati, le spoglie dell'Evangelista furono traslate nell'827 o 828 da due veneziani e portate a
Venezia. Il Doge del tempo, Giustiniano Partecipazio, vincolò i suoi successori a costruire una grande chiesa per
ospitare le spoglie di San Marco; nacque così la Cappella personale dei dogi che divenne poi la famosa Basilica di
Venezia, dove tutt'ora San Marco riposa.
I poteri del doge
Il doge era anche capo di una chiesa perché a questa speciale cappella si dedicavano dei preti (i pievani) nominati dal
"primicerio di S.Marco", il cappellano del Doge da esso solo nominato, erano ben formati con tanto di lettura della
Bibbia. il Doge esercitò per secoli delle prerogative infine riconosciute dalla stessa Chiesa Cattolica e da Clemente V.
Fra le prerogative vi erano quelle che limitavano il potere del Papa nella nomina dei Vescovi, riducendo la sua scelta ai
3/4 nomi che il doge gli offriva. Proprio per questo continue furono le tensioni con il vescovo di Roma, continuo fu il
bisticcio fra Doge e Patriarca di Venezia (l'erede del Patriarca di Grado e Dalmazia). Fu l’indipendenza religiosa di
Venezia e della Repubblica che permise agli spiriti liberi perseguitati di trovare riparo presso di essa, come Giordano
Bruno che per ben 12 anni visse a Venezia e non fu consegnato all'inquisizione che poco dopo lo arse a Roma. Dato
che non è possibile sintetizzare 1200 anni di storia in poche righe, è certo che a seconda dei tempi e delle situazioni il
Doge agiva da condottiero o da notaio, o da grande innovatore (come il Doge Foscari), e alcuni divennero anche
Santi. Per cui, tralasciando la grande varietà di situazioni, si può solo dire che sempre all'interno dell'ordinamento
politico vi erano una serie di disposizioni che limitavano pesantemente le prerogative del Doge e perfino la sua stessa
vita quotidiana dato che era costretto a soggiornare nel Palazzo Ducale. Per cui in pratica possiamo solo verificare
che la funzione certa del Doge era il ruolo di rappresentante ufficiale di Venezia nelle cerimonie pubbliche e nelle
relazioni diplomatiche con gli altri stati.
Presentazione del nuovo doge
al popolo
Il metodo di elezione del doge era studiato per
impedire brogli e corporativismi. Si facevano diverse
estrazioni multiple di palline (chiamate "baote") da una
urna. Le palline, metalliche e indistinguibili al tatto,
venivano estratte con delle manine di legno, delle
specie di pinze, e contenevano il nome del votato. Da
queste "Baote" deriva la moderna parola ballottaggio.
Prima di prendere i poteri, il Doge doveva giurare
fedeltà e fare una "promissione", ossia giurare di
rispettare alcuni limiti che il Maggior Consiglio gli
imponeva "personalizzati", contrastando i suoi
interessi. In questa maniera si impediva che il Doge
potesse abusare del suo ufficio, e per garantire la
cosa gli si faceva un processo da dopo morto,
condannando gli eredi a restituire il mal tolto.
Il Doge non poteva rinunciare alla carica a meno che il
Maggior consiglio lo invitasse a farlo; non poteva
mescolarsi alla popolazione, ma non aveva guardie
del corpo; non poteva esibire stemmi sul suo palazzo,
ma solo uno all'interno del suo appartamento, e una
volta che si insediava nel palazzo dei Dogi doveva
vivere esclusivamente lì. Non poteva avere altra
attività che non fossero politiche, rinunciando al
commercio e alla professione che aveva prima
dell'elezione. Perfino i funerali del doge erano solenni
sì, ma privati.
Ringraziamento del doge
al Maggior Consiglio
Evoluzione del dogato
Il realizzarsi di questa figura non è stato così pacifico, perché in un mondo governato da Principi e
despoti, il doge "primus inter pares" non era cosa semplice, né amata dagli altri principi, un cattivo
esempio per il popolo. Nei primi tre secoli di Venezia vi furono ventotto dogi, di cui quattordici
deposti, con accecamento, taglio della barba e dei capelli per sfregio, oppure uccisi in rivolte; quattro
preferirono abdicare, uno cadde in battaglia e solo nove morirono di morte naturale.
Ecco che naturalmente, sopratutto nei secoli IX-XII, alcuni dogi cercarono di trasformare il potere
dogale in ereditario o di fare del doge un Principe "sopra" gli altri. Inizialmente si rimediò con il
cavare gli occhi agli attentatori, ma in alcuni casi si dovette ricorrere all'esercito, come nel caso della
cospirazione di Bajamonte Tiepolo.
L'ultimo doge fu Manin, il quale passò nel 1797 il potere dogale a Napoleone, interrompendo una
sequenza ininterrotta di Dogi veneti succedutisi per circa 1000 anni (uno dei più longevi sistemi di
potere dell'umanità). Ma su questo passaggio si discute ancora se esso fu legale (mancando il
consenso del Maggior Consiglio) o se esso fu il passaggio della sola città di Venezia e non di tutto il
dogato. Ma d'altra parte ai bordi della laguna i cannoni francesi erano puntati su Venezia.
Nonostante tutto, la carica di Doge era comunque ambita per il valore simbolico che donava alle
famiglie aristocratiche. Seppure lo sfarzo e la pompa che circondavano le cerimonie dogali
rendevano la carica ambita da tutti coloro che aspiravano ad essere qualcosa di più che dei semplici
nobili, bisogna dire che i Dogi stessi contribuivano pesantemente al loro mantenimento, ed era
quindi una carica molto costosa e di fatto appannaggio della aristocrazia ricca (vi era anche una
aristocrazia povera e poverissima). Ma dopotutto nell'essere Doge c'era la gloria di Venezia, anche se
si faceva di tutto per evitare che tale gloria passasse dalla carica all'uomo. Gli altri poteri di Venezia
vigilavano e lasciavano fare, sapendo che alla fine per il sistema costituzionale vigente il Doge non
avrebbe potuto nuocere concretamente alla città in alcun modo, per esempio per la promissione
ducale.
Non mancarono Dogi che furono eletti per i loro alti meriti militari (come lo Zen), o spirituali, e a
seconda dei tempi ne veniva eletto uno vecchio che non intervenisse o uno giovane che durasse e
facesse riforme.
Gli abiti del doge s’ispiravano al gusto bizantino. Il particolare più noto
è il tradizionale berretto che si chiamava "corno" per la sua
caratteristica forma a punta. All'inizio però era morbido e ricordava
alcuni berretti del vicino oriente. In seguito, intorno al '200, è diventato
più rigido e ha preso la forma a cono, che conosciamo, assumendo
anche il valore di corona. Il doge, infatti, veniva incoronato con la
"zogia", un corno ricoperto di pietre preziose, mentre per uso
normale portava un corno di broccato d'oro, di damasco, di velluto o di
panno scarlatto. Sotto il corno indossava una cuffietta di un tessuto
finissimo, di nome "rensa" che gli copriva anche le orecchie. La sua
veste era di seta o di lana rossa lunga fino a terra e sopra questa il
doge metteva un manto ampio e maestoso dello stesso colore. In
inverno poteva portare un altro manto di ermellino. Ai piedi calzava
stivaletti di stoffa o pelle che naturalmente erano rossi come le calze. Il
costume del doge sostanzialmente non è cambiato nel corso dei secoli.
A partire dal 1320 i dogi dovevano portare un manto d'oro. Il doge
Andrea Gritti usava vesti di vari colori. Ma un colore il doge non poteva
mai portare: il nero. Quindi in caso di lutto si metteva una toga speciale
di colore rosso scarlatto.
Ritratto di
G. Mocenigo
VENEZIA NEL 1346
VENEZIA NEL 1500
VENEZIA NEL 1913
VENEZIA NEL 1528
VENEZIA 1888
San Giorgio
Venezia al tramonto
Piazza S.Marco
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