L’idea
dell’Assoluto
nel mondo
attraverso
la storia
L’idea e l’aspirazione all’Assoluto nell’influenzare, sotto i diversi aspetti, la vita
dei popoli, la loro arte e il loro sentire è stata da sempre una costante in tutte le
civiltà: in ogni tempo esse hanno creduto all’esistenza di forze superiori. Greci e
Romani credevano in numerose divinità simili all’uomo, ma molto più potenti;
hanno arricchito i loro pantheon e la loro mitologia di esseri divini e semidivini,
talvolta proiezioni delle loro pulsioni, dei loro desideri e del modo di interpretare
la natura nel suo manifestarsi agli uomini. Gli Ebrei sono stati il primo popolo ad
avere introdotto il monoteismo, ovvero la credenza in un unico Dio Onnipotente.
La stessa fede caratterizza anche il Cristianesimo e l’Islam. Oggi, molti uomini,
pur credendo in Dio, non aderiscono a nessuna confessione in particolare
(agnostici) oppure rifiutano qualunque fede religiosa (atei).
Le religioni tradizionali si fondano per lo più sulla venerazione delle forze
naturali e sul culto degli antenati; quelle rivelate (GIUDAISMO,
CRISTIANESIMO, ISLAM), credono in un Dio che si rivela nella storia,
comunicando con l’uomo che risponde affidandosi alla divinità con un atto di fede.
Le religioni orientali tendono a presentare la divinità come una forza impersonale
e sono state da sempre inclini al panteismo, fin dal tempo in cui anche nelle
antiche civiltà (egizia, mesopotamica, greca, romana ecc….) andavano
diffondendosi le religioni politeistiche …..
LA RELIGIONE GRECO-ROMANA
 I GRECI E IL DIVINO
I ROMANI E IL DIVINO
LA RELIGIONE MISTERICA
Misteri Eleusini
Misteri orfici
Londra British Museum,
Rilievo con apoteosi di Omero (225-205 a.C.)
I GRECI E IL DIVINO
Il mondo greco ha avuto nei confronti
del divino atteggiamenti diversi e
talvolta contrapposti: si va così dal
politeismo tradizionale, consacrato dai
poemi omerici ed esiodei, accolti dal
mito con le loro divinità antropomorfe,
capricciose, litigiose e lascive, agli
atteggiamenti più razionalistici di poeti
e filosofi. Questi, attribuendo alla
divinità una diversa caratterizzazione,
le conferiscono una natura di volta in
volta differente e, abbandonato ogni
antropomorfismo, riescono a
descriverla o come unica e
trascendente o come totalmente
estranea alle umane vicende o come
dotata di una natura tale da risultare
pressoché impossibile all’uomo
comprenderla.
“Stai attento a te, figlio di Tideo:
indietro! Saranno sempre due razze
distinte, quelle degli dèi immortali e
degli uomini che camminano sulla
terra”
Omero, Iliade V, 440-442
Idria attica a
figure rosse del
cosiddetto
“Pittore di
Berlino”: Apollo
sul tripode
delfico. Tra le
maggiori divinità
dell’Olimpo
greco, è il Dio
che manda le
punizioni e
scaccia il male,
ma è
soprattutto il
dio che si
esprime per
mezzo di
numerosi oracoli;
tra i più famosi,
quello di Delfi.
Mantova, Palazzo Tè,
Giulio Romano (14991546): scena in cui è
narrato e descritto
l’episodio mitico
dell’attacco dei
Giganti alla dimora
divina. La grandezza e
la contraddizione
degli dèi trova qui
ampia e potente
rappresentazione.
Il rifiuto della divinità omerica è
presente, per la prima volta in
maniera dichiarata, in Senofane
di Colofone (VI sec. a.C.). Lo
stesso autore è anticipatore di
una ricerca intorno ad una
divinità onnicomprensiva, una e
immobile.
Tutto agli dèi attribuirono Omero ed Esiodo.
Quanto presso gli uomini sono vergogna e biasimo:
rubare, commettere adulterio, e ingannarsi l’un l’altro.
Silli fr. 10 D.
Nella sua totalità vede, nella sua totalità apprende, nella sua
totalità ode.
Della natura fr. 20 D.
D’altra parte sono
altrettanto note le
posizioni di filosofi
che, pur riconoscendo
l’esistenza degli dèi, ne
mettono in discussione
la possibilità di un loro
intervento nel mondo
reale.
Epicuro (IV-III secolo a.C.)
afferma di loro:
“[....] Per prima cosa considera la divinità
come un essere indistruttibile e beato,
secondo quanto suggerisce la comune
nozione del divino, e non attribuire ad
essa niente che sia estraneo
all’immortalità o discorde dalla
beatitudine; riguardo ad essa pensa
invece a tutto ciò che è capace di
preservare la felicità congiunta
all’immortalità. Gli dèi esistono: evidente
è infatti la loro conoscenza; non esistono
piuttosto nella maniera in cui li
considerano i più, perché così come li
reputano vengono a toglier loro ogni
fondamento di esistenza [....]”
Lettera a Meneceo, 123
Protagora (V secolo a.C.), intanto, aveva già dichiarato il suo
scetticismo, a proposito delle possibilità che hanno gli uomini di
giungere ad una comprensione piena del divino:
“Riguardo agli dèi, io non
ho la possibilità di
sapere né che esistono
né che non esistono né
di quale natura siano
nella parvenza
esteriore: molti infatti
sono gli ostacoli che ne
impediscono la
conoscenza, la loro
impercettibilità e la
brevità della vita
umana.”
Degli dèi, fr. 4 D.K.
Una rassegna del pensiero greco, su
come andasse elaborando la sua idea
sulle divinità, sulle qualità da
attribuire loro o su un’entità
superiore, unica e immutabile, non può
certamente trascurare Platone e il
neo-platonismo.
Così Plotino (III secolo a.C.) descrive
l’essenza dell’Uno, “generatrice di
tutte le cose”:
“[....] essa non è nessuna di quelle cose: essa non
è pertanto “qualcosa”, né è qualità, né quantità,
né Spirito, né Anima; non è neppure “in
movimento” né, d’altronde, “in quiete”; non è “in
uno spazio”; non è “in un tempo”; essa è invece
l’Ideale solitario, tutto chiuso in se stesso o,
meglio, l’Informe, che esiste prima di ogni
ideale, prima del moto, prima della quiete;
poiché tali valori aderiscono all’essere e lo fanno
molteplice [....]”.
VI, 9,3
Firenze. Museo degli Uffizi, Vaso
Francois di Vulci (570 a.C.), Ares
Platone aveva già asserito:
“[....] Ne dobbiamo dunque concludere - affermai -
che poiché dio è buono, egli non è la causa di tutto,
come volgarmente si dice: egli è causa di una minima
parte delle cose umane, non della maggioranza ché i
nostri beni sono quasi un nulla di fronte ai nostri
mali: egli è soltanto la causa dei beni; ma dei mali
altrove che in dio va ricercato il principio [....]”.
Platone, Repubblica, XVIII, 379b-d
Roma. Museo Museo Nazionale,
Trono Ludovisi (460 a.C.), Nascita
di Afrodite.
I ROMANI E IL DIVINO
Lo spirito più pragmatico dei romani, meno inclini alla
profondità e alle sottigliezze del pensiero greco, non
li rese di certo estranei alla possibilità di interrogarsi
sull’esistenza degli dèi, come a quella di concepire
un’unità immutabile, eterna e indivisibile.
Nel celebre “Elogio di Epicuro” il filosofo greco è
ampiamente osannato da Lucrezio per avere, per
primo, “infranto le porte dell’universo”
“[....] E dunque prevalse il vivido vigore dell'animo,
ed egli si inoltrò lontano, oltre le fiammeggianti mura del mondo,
e il tutto immenso percorse con la mente e col cuore,
a cui vittorioso riporta a noi quel che possa nascere, quel che non possa,
infine per quale modo ogni cosa abbia un potere finito e un termine, profondamente
confitto. Quindi la religione è a sua volta sottomessa e calpestata,
mentre la vittoria ci uguaglia al cielo. Questo, a tale proposito, io temo: che per caso
tu creda d'essere iniziato ai fondamenti d'una dottrina empia
e d'entrare nella via della scelleratezza. Poiché invece, assai spesso,
proprio la religione cagionò azioni scellerate ed empie [....]”
De rerum Natura, 72-82
Assistiamo, in Lucrezio, ad una
vera e propria condanna della
religio, intesa qui come
superstizione, come sentimento
apportatore di comportamenti
devianti rispetto alla razionalità
(come nel caso di Ifigenia, la figlia
di Agamennone, sacrificata alla
vergine Diana affinché la flotta
greca in partenza per Troia
potesse avere un viaggio fausto e
fortunato). In un vero e proprio
“rovesciamento delle parti” la
religione è sottomessa, mentre al
greco Epicuro va il merito di aver
reso possibile all’uomo di sentirsi
simile ad un dio.
Pompei. Casa del poeta tragico, Affresco
(I secolo d. C.), scena del sacrificio di
Ifigenia.
Da un fronte opposto, Cicerone,
dopo che, in sogno, Scipione
l’Africano ha descritto al nipote
Scipione Emiliano la dimora
ultraterrena destinata ai virtuosi, ai
grandi e ai forti reggitori degli stati
dove potranno godere della meritata
immortalità, fa dire all’Emiliano:
“[....] Allora, o Africano, se davvero per chi vanta dei meriti verso la patria
si apre una sorta di sentiero per l'accesso al cielo, io, sebbene fin
dall'infanzia, calcando le orme di mio padre e le tue, non sia mai venuto meno
al vostro decoro, adesso tuttavia, di fronte a una ricompensa così grande, mi
impegnerò con attenzione molto maggiore». Ed egli: «Sì, impegnati e tieni
sempre per certo che non tu sei mortale, ma lo è questo tuo corpo: non
rappresenti infatti ciò che la tua figura esterna manifesta, ma l'essere di
ciascuno di noi è la mente, non certo l'aspetto esteriore che si può indicare
col dito. Sappi, dunque, che tu sei un dio, se davvero è un dio colui che vive,
percepisce, ricorda, prevede, regge e regola e muove il corpo cui è preposto,
negli stessi termini in cui quel dio sommo governa questo universo; e come
quel dio eterno dà movimento all'universo, mortale sotto un certo aspetto,
così l'anima eterna muove il fragile corpo [....]”.
Cicerone, Dello Stato VI, 8, 26
LA RELIGIONE MISTERICA
Il termine “Misteri” designa alcune
esperienze religiose proprie del mondo
antico (età ellenistico-romana) che offrivano
risposta ai problemi estranei all’orizzonte
della religione pubblica e concernevano il
significato dell’esistenza e la salvezza
dell’individuo. Si posero in alternativa al
culto ufficiale. L’aspetto costitutivo è
l’elemento iniziatico, il segreto nel senso di
árreton, cioè di “indicibile”. Gli iniziati sono
vincolati al silenzio rispetto ai non iniziati (il
termine “mistero” sembra risalire alla radice
indeuropea *mu, indicante il dito sulle labbra
per intimare il silenzio; greco mýō: “sto
chiuso”). La promessa di salvezza era
fondata sul mito di una divinità che muore e
rinasce e si connette ad una “visione
periodica” del mondo, che comprende il
ritmo vita-morte, alla luce dell’alternarsi
delle stagioni e dei fenomeni naturali.
Londra. Tate Gallery, Olio su tela, D. G.
Rossetti (1828-1882), Proserpina.
Misteri Eleusini: I più famosi tra i
misteri del mondo antico sono quelli
di Eleusi, legati al culto di Demetra
e Persefone e celebrati ad Eleusi,
città posta sul golfo saronico, a 20
km da Atene. L’iniziazione avveniva
in due fasi: la prima rendeva mystaí
(“coloro che hanno gli occhi chiusi” e
attendono di vedere con la
rivelazione o “hanno la bocca chiusa”
e non possono rivelare segreti
acquisiti); la seconda rendeva
epóptai (“coloro che hanno la
visione”). Ciò che avveniva all’interno
del Telestérion doveva essere
tenuto segreto. Gli iniziati potevano
così divenire mystagogoí (guide dei
misteri) e seguire così negli anni
successivi il cammino dei nuovi
iniziandi. Questi si preparavano ai
misteri con sacrifici, abluzioni e
alcuni giorni di digiuno rituale.
Pompei. Villa dei Misteri (I secolo d.C.), scena
tratta dalla rappresentazione figurata di una
serie di momenti, probabilmente legati alla
celebrazione di misteri.
Si distinguono i “piccoli misteri” e i “grandi misteri”; i primi si
svolgevano alla presenza dell’arconte re e dei sacerdoti di Eleusi;
avevano una funzione di purificazione preliminare e culminavano con
un sacrificio solenne a Demetra e Persefone e con abluzioni nel fiume
Ilisso. I “grandi misteri” avevano la durata di almeno una settimana;
secondo una tradizione erano stati rivelati da Demetra in occasione
del suo passaggio ad Eleusi, durante la ricerca della figlia Persefone,
rapita dal re degli inferi Ade che concesse a Persefone di tornare
ogni anno sulla terra per un periodo determinato, durante il quale la
terra fioriva, producendo frutti. Pertanto è probabile che i culti di
Eleusi avessero, almeno inizialmente, un carattere agricolo.
“Demetra dalle belle chiome, dea veneranda, io comincio a cantare,
e con lei la figlia dalle belle caviglie, che Aidoneo rapì;
lo conduceva Zeus dal fuoco profondo, che vede lontano,
eludendo Demetra dalla spada d’oro, dea delle splendide messi
mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano,
e coglieva fiori: rose, croco, e belle viole,
sul tenero prato; e le iridi e il giacinto;
e il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto,
la terra, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini accoglie [....]”
Inno a Demetra 1-9
Pompei. Villa dei
Misteri (I secolo d.C.),
scena tratta dalla
rappresentazione
figurata di una serie
di momenti,
probabilmente legati
alla celebrazione di
misteri. Nell’immagine
una scena di gioia
legata verosimilmente
alla nascita di Dioniso.
Orfismo: Il movimento religioso
noto con il nome di orfismo, fu
fondato secondo la tradizione
dal cantore tracio Orfeo.
Possediamo conoscenze
imperfette e frammentarie,
tuttavia gli studi sulla sua genesi
mostrano il movimento come una
riforma iniziata in seno alla
religione di Dioniso e destinata a
rovesciarla in senso ascetico.
Orfeo è visto come l’antico
fondatore delle nuove pratiche
iniziatiche (Vegetarianesimo e
forme di disciplina spirituale). La
dimensione formale poetica è
requisito essenziale della
religione orfica.
Roma. Casa Museo di Giorgio de Chirico,
Orfeo trovatore stanco, 1970.
Napoli. Museo Archeologico Nazionale, Artemide
efesia in alabastro e bronzo (II secolo d.C.).
Venerata come dea della vegetazione e della
fecondità umana e animale, è in particolare
relazione con la vita femminile e con le religioni a
carattere misterico.
“Artemide canto, che strali agita d'oro,
la vergine amica di strepiti,
arciera che i cervi colpisce,
sorella di Apollo che d'oro ha la spada
la dea che su ombrosi monti,
su rupi che il vento flagella,
ebbra correndo alla caccia
l'arco distende tutto fulgido d'oro,
e dardi scocca mortiferi,
treman le balze dei monti sublimi,
l'urlo di fiere ferite riecheggia
per l'ombre dell'immensa foresta;
si turba la terra e il mare pescoso.
Con animo ardente la dea
d'ogni parte s'aggira
e stirpi ferine distrugge.
Se poi finalmente si stanca di strage,
paga nell'animo lieto l'arciera divina
l'arco rallenta e si reca al tempio di Febo,
suo caro fratello,
a Delfi famosa,
per guidare alla danza le Muse e le Cariti.
Ivi arco lasciato e faretra,
si adorna di splendide vesti
e si appresta a danzare.
La voce immortale si eleva:
cantano Leto di snelle caviglie
come diede alla luce i suoi figli eminenti fra i numi
immortali per senno e per opere.
Salute, figli di Zeus e di Leto bella di chiome:
a voi penserò un nuovo inno intonando.“
Inno orfico a Demetra
L’EBRAISMO
 Caratteri generali
 Diffusione
 Simbolo
 Il nome di Dio
 La concezione di Dio
 Brani scelti
CARATTERI GENERALI
L’Ebraismo è una delle religioni più
importanti nell’umanità, non tanto per il
numero dei suoi fedeli, quanto per
l’incidenza culturale e religiosa che ha avuto
nel mondo. Si tratta infatti della storia di
un popolo che ha attraversato circa
quaranta secoli, alcuni molto sofferti e
difficili, arrivando fino ai nostri giorni
ancora forte e vitale; della più antica
religione monoteista dell’umanità da cui
derivano la religione cristiana e quella
islamica. Spesso per indicare questa
religione si usa il termine “giudaismo” che
indica il ritorno degli ebrei nella loro terra,
dopo l’esilio babilonese (tra il 538 e il 515
a.C.).
Gli elementi caratteristici sono la fedeltà a
Dio, alla Torah, al popolo e alla Terra
secondo la promessa fatta da Dio ad
Abramo.
DIFFUSIONE
Il numero totale degli ebrei ammonta
oggi a quasi 18 milioni, ovvero allo
0,4% della popolazione mondiale. Il
44% vive in Nord America, il 22%
nell’Asia Meridionale e il 18% nell’ex
Unione sovietica. La religione ebraica
è diffusa oggi in 112 paesi, ma solo in
Israele costituisce la religione della
maggioranza della popolazione; negli
altri paesi è in posizione minoritaria.
Il 41% di tutti gli Ebrei vive negli
Stati Uniti e costituisce circa il 3%
della popolazione; nell’ex Unione
Sovietica rappresenta l’1,2% degli
abitanti. Del milione e mezzo di ebrei
che vivono in Europa, circa 600.000
si trovano in Francia e quasi 470.000
in Gran Bretagna.
SIMBOLO
La Stella di David, simbolo molto
diffuso nel mondo antico, è
composta dall’intreccio di due
triangolo sovrapposti: uno con il
vertice verso l’alto, l’altro con il
vertice verso il basso. I due
triangoli intrecciati rappresentano
l’unione tra Dio e il popolo.
Il candelabro a sette bracci “menorah”, è
un antico simbolo ebraico che ricorda quelli
che originariamente si trovavano nel
Tempio di Gerusalemme. Il braccio
centrale indica il sabato e gli altri sei i
giorni della creazione. Indica, inoltre la
capacità di Dio di vedere ogni cosa come se
avesse sette occhi. Esso si collega
direttamente ad un passo biblico (Es 25,31
sgg.) in cui si prescrive di ottenere dalla
lavorazione di un unico pezzo d’oro un
candelabro a sette bracci, ciascuno dei
quali terminante in un calice a fiore di
mandorlo.
IL NOME DI DIO
Dio rivela a Mosè il Suo Nome: “Io
sono colui che È”, Io sono il Signore,
“Dirai agli Israeliti: Io sono mi ha
mandato a voi”, “Il Dio dei vostri
padri, di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe mi ha mandato a voi”. La
parola ebraica “Jahwè” deriva dal
verbo “essere”; significa perciò che
Egli è l’Esistente, l’Eterno. Esprime
anche il suo “Essere creativo, la sua
“presenza attiva” con il suo popolo.
JHWH ci viene presentato come il
Dio geloso (nel senso di esclusivo),
“misericordioso e pietoso, lento
all’ira , ricco di grazia e di fedeltà”
(Es. 34,6), pronto al perdono e al
castigo dei colpevoli.
Mostrandosi nel relativo della storia
JHWH è apparso come liberatore
possibile, per un popolo eletto in
modo unico. All’avvicinarsi dell’era
cristiana, il giudaismo eviterà, per
rispetto, di pronunciare il nome
divino e gli sostituirà l’appellativo
Adonai, il Signore (in greco Kyrios).
Solo il sommo sacerdote ne
pronunciava ancora il nome, entrando
nel luogo santissimo il giorno del gran
perdono ( Kippur).
LA CONCEZIONE DI DIO
La professione di fede d’Israele in JHWH suo
Dio non ha mai trascurato di prendere
radicalmente le distanze dagli idoli (idolatria),
cioè dai quasi innumerevoli titolari dei pantheon
egiziano e assiro babilonese e delle divinità
cananee. Jhwh è l’unico Dio dell’universo,
onnipotente creatore del cielo e della terra. La
professione di fede giudaica sull’eternità e
sull’unicità di Dio è basata sulle parole bibliche:
“Ascolta Israele, Jhwh è il tuo Dio, Jhwh è
unico”
L’affermazione di JHWH è stata l’accettazione
di un Assoluto che non tollerava alcuna
immagine scolpita ( Es. 20,4), alcuna
rappresentazione forgiata a misura degli uomini
e delle loro necessità. Sostenendo che Dio è
unico (monoteismo) e che tutto il resto è opera
sua o non esiste, la fede in Dio ha come
corollario e condizione la mondanizzazione del
cielo e dellaTerra.
Importante è il concetto di elezione,
realtà che conferisce una missione
ad un popolo specifico, non ad uso
interno, ma a favore di tutto
l’universo. Il monoteismo ebraico non
è che il nome astratto di un rapporto
concreto che è l’Alleanza. La nazione
ebraica è testimone, attraverso la
sua esistenza provvidenziale,
umanamente inspiegabile, di un
Signore che le dice: “ In mezzo alle
nazioni che ti opprimono, io sono qui
per te, io, l’Unico che denuncia questi
idoli tanto vani quanto opprimenti”.
BRANI SCELTI
Lo Shema (letteralmente “ascolta”), è il credo della fede ebraica
che proclama l’unicità di Dio, la ricompensa per i giusti, l’invito alla
preghiera rituale in ricordo dell’alleanza.
“Ascolta, Israele, [….] il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno
solo. Tu amerai il Signore tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutte le forze [….] Ora, se obbedite ai comandi che
oggi vi do, amando il Signore, vostro Dio e servendolo con tutto il
cuore e con tutta l’anima, io darò al vostro presente la pioggia al suo
tempo [….]. Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole;
ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un
pendaglio tra gli occhi” [….]. (Dt. 6,3-8; 11,13-21)
“Tu sia lodato, Eterno, Dio nostro, re
dell’universo”.
Benedizione
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto,
dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti
farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è
quaggiù sulla Terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti
prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io il Signore, sono il tuo
Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e
alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo
favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano ed osservano i miei
comandi. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il
Signore non lascerà impunito chi pronuncia il nome invano.
Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e
farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore,
tuo Dio , tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il
tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che
dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la
terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò
il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese
che ti dà il Signore, tuo Dio.
Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare
falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la moglie del
tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo
asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”.
DECALOGO (Es. 20,2-17)
IL CRISTIANESIMO
 Caratteri generali
 Diffusione
 Simbolo
 Concezione di Dio
 Dio nel messaggio
evangelico
 Un Dio trinitario
 Le eresie cristologiche
 Cristo nell’arte
 Brani scelti
CARATTERI GENERALI
Il Cristianesimo è la più
grande religione dell’umanità ,
fondata sul messaggio di Gesù
di Nazareth, nato a Betlemme
tra l’8 e il 4 a.C., riconosciuto
dai credenti come Cristo (dal
greco “unto”, consacrato da
Dio ed equivalente al termine
ebraico Messia) e Signore.
Esso annuncia al mondo la
“Buona notizia” dell’Amore di
Dio nei confronti di tutti gli
uomini, soprattutto per i più
poveri e bisognosi, non solo da
un punto di vista materiale, ma
anche spirituale.
DIFFUSIONE
Il Cristianesimo, che ha connessioni
profonde con l’Ebraismo , è fra le
religioni più diffuse del mondo.
Attualmente il numero totale dei
cristiani è di circa un miliardo e
mezzo, cioè il 32% della popolazione
mondiale.
Il 27% dei cristiani vive in Europa,
il 25% nell’America Latina.
IL Cristianesimo è diffuso in 223
paesi ed è la religione maggioritaria
( più del 50% della popolazione) in
138 Stati.
SIMBOLO
La croce, simbolo della crocifissione
di Gesù, rappresenta
il suo amore per l’umanità e
sintetizza, anche visivamente,
il messaggio cristiano.
L’asta verticale si richiama
direttamente a Dio, mentre quella
orizzontale abbraccia tutti gli
uomini.
Il Cristianesimo con l’Incarnazione e
la Resurrezione del Cristo è
l’incrocio tra il cielo e la terra, tra la
divinità e l’ umanità, testimoniando
una speranza senza fine.
LA CONCEZIONE DI DIO
Nella religione cristiana Dio è
considerato il Creatore e il Signore
dell’universo che si è gradualmente
rivelato all’uomo. Tale manifestazione
ha raggiunto il compimento con il
mistero dell’Incarnazione: Dio si è
incarnato in Cristo, assumendo tutti i
pregi e i limiti della condizione umana,
fino a vincere anche sulla morte.
Con la sua Risurrezione Cristo ha
redento il mondo, riscattando e
valorizzando ogni aspetto materiale
(anche i corpi mortali risorgeranno),
aprendolo ad una speranza senza fine.
DIO NEL MESSAGGIO EVANGELICO
Il nucleo della “Buona notizia” trasmesso da Gesù
Cristo è incentrato sulla venuta imminente del
Regno di Dio.
Gesù riprende la presentazione che Dio aveva fatto
di se stesso a Mosè: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio
di Isacco e di Giacobbe” e conclude: “Non è un Dio
dei morti ma dei viventi” (Mc 12,26 ss.)
Il Dio di Gesù è un Padre buono e misericordioso
(Lc 15). Gesù non si stanca di testimoniare
l’amore del Padre per i piccoli, i bambini, gli
emarginati, i pubblici peccatori… L’affermazione
più importante del cristianesimo riguardo al divino
è che “Dio è Amore” ( 1 Gv 4,8).
Se Dio è comunità d’Amore, gli uomini sono chiamati
ad essere fratelli vivendo lo stesso Amore di Dio
(Carità).
Il Dio di Gesù Cristo non è un Padre
bonario, ma il Giudice che fa la cernita tra
il grano buono e la zizzania.
Il grido “Abbà! Padre” manifesta l’intimità,
ma anche la dipendenza radicale, lo stare di
fronte, ma anche la distanza. Il termine
affettuoso usato nei confronti di Dio, non
era abituale nell’ebraismo del tempo.
E’ lo stesso Gesù che può dire:
“Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e
nessuno conosce il Padre se non il Figlio”
(Mt. 11,27) e nel Getsemani: “Padre mio, se
è possibile, passi da me questo calice!” ( Mt.
26,39).
UN DIO TRINITARIO
Le rappresentazioni di Dio mutuate
dalla religione ebraica sono articolate
in maniera trinitaria nel Cristianesimo.
La Trinità (dal latino trinitas) indica
la fede, basata sulle Scritture del
Nuovo Testamento, in un unico Dio
(monoteismo) che si manifesta in tre
persone (triade), uguali e distinte:
Padre, Figlio e Spirito Santo. La
formulazione del dogma trinitario è
avvenuta gradualmente nei primi secoli
della cristianità ed è stata definita
dai Concili di Nicea (325) e
Costantinopoli (381).
Attualmente, insieme alla fede in
Cristo risorto, è alla base del credo
riconosciuto dalle principali
confessioni cristiane.
Quadro di scuola fiamminga (secolo XVI)
raffigurante la Santa Trinità .
Madrid, Prado. Tiziano, Visione della SS.
Trinità (1551-1554).
LE ERESIE CRISTOLOGICHE
Durante la prima età cristiana vi sono state diverse interpretazioni circa il Dio uno
e trino, composto da tre persone perfettamente uguali per natura e dignità
• I Monarchiani che volevano conservare intatta e illimitata la “monarchia” di Dio,
cioè la sua assoluta unicità, interpretarono la persona di Gesù Cristo come un
uomo che è legato a Dio solo dal fatto di ospitare in sé la forza divina.
• L’Adozionismo è una definizione globale per le diversi correnti che considerano
Gesù Cristo un uomo provvisto di spirito divino adottato da Dio come figlio, e
quindi tale per adozione, non per natura.
• Il Modalismo è una concezione secondo la quale Cristo rappresenta un modo di
manifestarsi di Dio.
• Il Subordinazionismo ovvero la concezione della subordinazione del Figlio al
Padre.
• L’Arianesimo è la cristologia secondo cui Cristo non è per natura consustanziale
al Padre, ma è solo la creatura più eccelsa di Dio.
• I Macedoniani per i quali non è ammissibile l’estensione allo Spirito Santo della
sostanza divina del Padre e del Figlio.
• Gli Arminiani credono, invece, che l’Essere Divino sia composto da tre persone
uguali per natura, ma di grado diverso.
• Per i Sociniani Cristo è un uomo elevato da Dio a maestà divina ed è, da allora, Dio
per l’eternità, mentre lo Spirito Santo è una forza che agisce per la
santificazione degli uomini.
CRISTO NELL’ARTE
Tra le iconografie più potenti
dell’arte si distingue quella del
CRISTO PANTOCRATORE,
affermatasi in età bizantina e
medievale, soprattutto presente
nei mosaici ed affreschi absidali.
Gesù è ritratto in atteggiamento
maestoso e severo, seduto su
un trono, nell'atto di benedire
con le tre dita della mano destra,
secondo l'uso ortodosso.
Il Cristo Pantocratore è
raffigurato nei ricchi mosaici
dorati che decorano le più
importanti chiese cristiane, come
la Basilica cattedrale di Morreale
a Palermo o la basilica di Santa
Sofia a Costantinopoli.
BRANI SCELTI
In Principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra
era informe e deserta e le tenebre ricoprivano
l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
(Genesi 1,1-2)
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò:
maschio e femmina li creò.
(Genesi 1,27)
“Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di
Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché
aveva paura di guardare verso Dio.
( Es. 3,6)
“Il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se
voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro
perdonerà le vostre colpe”.
(Mt. 6,14-15)
“Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla
condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né
immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla Terra, né di
ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.
Perché io il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei
figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che
dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano ed osservano
i miei comandi. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il
Signore non lascerà impunito chi pronuncia il nome invano.
Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo
lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio , tu non farai
alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né
il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il
Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il
giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato
sacro.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà
il Signore, tuo Dio.
Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa
testimonianza contro il tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né
il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che
appartenga al tuo prossimo”.
DECALOGO (Es. 20,2-17)
SIMBOLO DI NICEA – COSTANTINOPOLI
Credo in un solo Dio onnipotente
creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili ed invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre,
prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di Lui
tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato,
morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture,
e salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti,
ed il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio:
con il Padre e il Figlio
è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa,
una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo Battesimo
per il perdono dei peccati.
Aspetto la Risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà.
Amen
Religione islamica






Simbolo
Diffusione attuale
Caratteristiche generali
Il fondatore
Dio nell’Islam
Brani scelti
CARATTERI GENERALI
L’Islam nasce nel VI sec. d.C. nella
penisola arabica. Il termine deriva
dall’arabo al-islam e indica
l’abbandono o la sottomissione a Dio.
Esso fonda il suo credo, il culto e la
pratica di vita sul sublime Corano e
sulla nobile Sunna, abbracciando
tutti gli aspetti dell’esistenza umana.
Infatti è inseparabilmente religione
(din), sistema di governo (dawla) e
vita quotidiana (dunya).
DIFFUSIONE ATTUALE
I musulmani costituiscono la
seconda comunità religiosa del
mondo: il loro numero complessivo
equivale a circa il 17% della
popolazione mondiale. Di essi, circa
il 65% vive nell’Asia Occidentale e
Meridionale e il 26% in Africa.
Attualmente l’Islam è diffuso in
162 paesi.
Dei nove milioni circa di
Musulmani che vivono in Europa,
oltre due si trovano nella ex
Iugoslavia, un milione e mezzo in
Francia e un altro milione nella
Repubblica Federale Tedesca.
SIMBOLO
La mezzaluna o hilal è diventato il
simbolo universale dell’Islam.
Ricorda l’evento miracoloso
descritto nel Corano (sura 54) e il
calendario lunare che regola la vita
dei credenti.
La mezzaluna insieme alla stella
nascente è il simbolo di Allah che
rischiara la vita di ogni fedele,
come la luna di notte, indicandogli la
strada da seguire, come la stella
che indica il Nord.
IL FONDATORE
Maometto (Muhammad in arabo)
era originario de La Mecca. A
circa quarant’anni Dio gli si rivelò
attraverso l’arcangelo Gabriele.
Con la predicazione della
rivelazione del Corano promosse il
culto della Ka’ba per l’adorazione
di un unico Dio (Allah).
Il NOME DI DIO
Il termine Allah, contrazione dell’espressione araba
al-ilah, “la Divinità” per eccellenza, designa l’unico
Essere Supremo. Con la parola ilah (siriano: alaha,
ebraico: el) già usata in epoca preislamica, viene
designata qualsiasi divinità in senso generico,
mentre col termine Allah s’intende la divinità sola e
unica; nel Corano il nome di Dio risulta
accompagnato da numerosi attributi; la pietà
islamica li ha raccolti formulandone l’elenco dei 99
bei nomi di Dio, di cui Allah è l’ultimo.
C’è anche un centesimo nome che Dio rivela,
personalmente, a pochi eletti.
Dio nell’Islam
La teologia islamica afferma la fede in Allah,
Dio unico, trascendente, dotato di un’assoluta
libertà. Tutto è creato da Dio ed è bene solo
ciò che Egli vuole. All’uomo non resta, dunque,
che affidarsi totalmente a Lui e adorarlo.
Nel Corano il nome di Dio è frequente. In esso
è affermata con insistenza l’unicità di Dio. Egli
è potente, potentissimo, onnipotente, forte,
dominatore, dominante, invincibile, signore e
re….. La sua potenza si manifesta in modo
primario nella creazione.
Il libro sacro presenta anche la misericordia di
Dio. Versetti rari ma espliciti esprimono la sua
vicinanza all’uomo e il loro amore reciproco.
La misericordia di Dio si misura
soprattutto in base a questo immenso
beneficio: la direzione o guida che Egli
concede agli uomini dirigendoli verso di
sé, attraverso l’invio dei profeti e il dono
della sua Rivelazione.
L’uomo deve tornare a Dio, in quanto
suo creatore e giudice.
“Dio solo è grande”: questa
esclamazione apre la preghiera rituale
musulmana e la scandisce con la sua
ripetizione, stabilendo il primato
assoluto di Dio.
BRANI SCELTI
“ Egli è l’unico Dio, il Dio eterno. Egli non genera e non è
generato, e nessuno è pari a lui.
(Corano 112)
“La carità non consiste nel volgere i volti verso
l’Oriente e l’Occidente,
ma nel credere in Allah e nell’Ultimo giorno,
negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare,
dei propri beni,
per amore suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri,
ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per
liberare gli schiavi,
e assolvere la sâlat e versare la zakat.
Coloro che mantengono fede agli impegni presi,
coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle
ristrettezze e nella guerra, ecco coloro che sono
veritieri, ecco i timorati”.
(Corano 2,177)
“ Dite: <<Crediamo in Allah e in quello
che è stato fatto
Scendere su di noi e in quello che è
stato fatto
Scendere su Abramo, Ismaele, Isacco,
Giacobbe
E sulle tribù e in quello che è stato
dato a Mosè.
E a Gesù e in tutto quello che è stato
dato
ai Profeti da parte del loro Signore,
non facciamo differenza alcuna tra di
loro
e a Lui siamo sottomessi>>”
(Corano 2,13)
“Gloria a te o Allah con la tua lode.
Benedetto sia il tuo nome ed esaltata
sia la tua magnificenza . Non c’è Dio
tranne te”
“Nel nome di Dio, clemente e misericordioso! Sia lode a
Dio, il Signore del creato, il Clemente, il Misericordioso,
il Padrone del giorno del Giudizio!
Te noi invochiamo in aiuto: guidaci per la retta via, la via
di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, la via di
coloro con i quali non sei adirato, la via di quelli che non
vagano nell’errore!”
(Corano 1)
“O Allah , allontanami dai miei peccati
come allontani l’ Oriente dall’ Occidente;
o Allah, purificami, dalle mie colpe come
si purifica la veste bianca dalla sporcizia;
o Allah, lava i miei peccati con l’ acqua la
neve e la grandine”
 Caratteri generali della religione
 Origine e diffusione
 Simbolo
 I molteplici aspetti dell’induismo
 Samsara, Kama e Karma
 Divinità:
la Trimurti e le divinità secondarie
 Brani scelti
ORIGINE E DIFFUSIONE
Il termine “indù”, come il nome dell'India, deriva dal sanscrito
Shindu, fiume che i persiani chiamavano Hindu ed i greci
traducevano come Indoí. Più tardi, a seguito dell'invasione
islamica, l'India fu chiamata Hindustan. Il termine “Induismo” è di
origine persiana e veniva usato per indicare gli abitanti dell’India
non islamizzati; oggi per Induismo intendiamo quel complesso
mosaico di religioni e di culture che, antico di tremila anni, nasce
nel grande museo dell’umanità “India”. La storia dell'Induismo più
antico viene suddivisa in due fasi: la fase vedica, caratterizzata
dalla pratica dei sacrifici e dal culto di un numero molto elevato di
divinità e la fase post-vedica o brahmanica, in cui sia il sacrificio,
sia molte delle divinità vediche perdono importanza, e compare il
dio creatore Prajapati (identificato con il Brahmā, l'Assoluto).
Gli induisti rappresentano la terza comunità religiosa del mondo.
La maggior parte di essi vive in Asia meridionale, e in particolare
in India. Sono 650.000.000, cioè il 13% della popolazione
mondiale, per il 99% in Asia e, in particolare, nella repubblica
indiana.
Distribuzione dei principali
gruppi religiosi in India. Il
colore rosa evidenzia la
maggiore presenza induista
rispetto alle altre, pur
presenti, confessioni
(mussulmana, cristiana,
sikh).
SIMBOLO
Om (o Aum), la parola più santa per la
religione Indù, è il più importante simbolo
religioso dell‘Induismo, il suono primordiale,
sintesi di ogni preghiera, rituale o formula
sacra. È un segno carico di un messaggio
simbolico profondo: è considerato come la
vibrazione divina primitiva (Pranava) da cui
ha avuto origine l'universo manifesto;
rappresenta quindi la base metafisica di
tutte le esistenze, l'abbraccio e la fusione
di tutta la natura nella Verità Ultima. Da un
punto di vista descrittivo, il “3” indica la
trinità di dio, che crea, conserva e
distrugge; la “O” è il simbolo meditativo del
contatto con la divinità.
CONCEZIONE DEL DIVINO
L‘Induismo è contemporaneamente una religione
monolatrica, panteista e politeista. È monolatrica perché
non vi è alcuna difficoltà per gli indù nel definire l‘Assoluto,
come unico, inconoscibile, misterioso e trascendente.
Oltre alla trascendenza, altro carattere del divino è la sua
onnipresenza (panteismo): ogni aspetto della natura e del
cosmo è pervaso della presenza divina. Innumerevoli infine
sono le potenze soprannaturali cui si tributa un culto: per
questo possiamo parlare di politeismo.
Nell’Induismo vi è la consapevolezza che dio è Infinito e si
manifesta in infiniti modi: ogni singola divinità sottolinea un
particolare aspetto di dio. Vengono attribuiti un nome e un
aspetto diversi a ogni manifestazione e a ogni caratteristica
dell’Assoluto.
LA CONCEZIONE DELL’UOMO
L’uomo è considerato una manifestazione divina;
attraverso la scoperta del suo ātman (principio
spirituale, il sé, l’anima individuale, eterna immutabile,
non creata, indistruttibile) si manifestano le
caratteristiche proprie del divino. La condizione
umana può essere superata per giungere a quella
divina, solo il divino è permanente: tutto quanto è
temporaneo (maya: i rapporti con la famiglia, la casta,
il corpo e la materia) deve annullarsi. L’uomo è legato
al ciclo del tempo e delle eterne rinascite (saṃsāra) e
ciò che determina la reincarnazione è il karma, ovvero
l’effetto delle azioni nella vita successiva. La vita
dell’uomo è perciò regolata, come il cosmo, dall’eterna
legge del dharma (destino). Interesse e compito
dell’uomo è quello di reincarnarsi in una forma di vita
superiore a quella precedente, sino al raggiungimento
della liberazione dal saṃsāra (moksa).
LA TRIMURTI E LE DIVINITÀ SECONDARIE
Nel pantheon induista numerose sono le figure di dèi e semidei, come pure
personificazioni della natura , spiriti e demoni, di volta in volta guidati da una
divinità centrale: Vishnu , Śiva o Durga. Vishnu (conservatore), Śiva
(distruttore), insieme a Brahmā (creatore) costituiscono la Trimūrti. Il
termine “trimurti” è composto da “tri-”, radice che rimanda al numero “tre” e
da “mūrti”, “corpo solido”, “materia”, “forma” e, principalmente, “statua” o
“immagine”. Alla Trimurti sono associate varie divinità secondarie.
Brahmā: il regolatore
della legge del karma e
creatore dell'universo. 
Śiva: il distruttore e, nello
stesso tempo, rigeneratore
del mondo, colui che dispensa
la morte, ma anche la vita.

Vishnu: il conservatore del mondo. Egli si
manifesta in determinati momenti della storia
del cosmo attraverso un'incarnazione, per
riportare l'ordine fra gli uomini, minacciati da
una condizione di instabilità. 
Parvati: sposa di Siva, rappresenta la duplice
personificazione dell’Assoluto. Rispecchia l’aspetto della
madre del mondo che è al tempo stesso dispensatrice e
distruttrice della vita. È particolarmente venerate dalle
donne sposate che pregandola chiedono salute e
longevità per i loro mariti. 
Sarasvati: colei che scorre. E’ protettrice
della musica, della poesia, della sapienza e
del discorso.
E’ moglie di Brahma ed il suo attributo
fondamentale è il suo Sithar.

Ganesha: figlio di Siva e Parvati. E’ venerato sia da Buddhisti,
Induisti e
Giainisti.
E’ il Dio della saggezza.
Ganesha è protettore della scienza, della scrittura e della
scuola.

Inoltre viene invocato quando si deve sostenere qualche prova,
perché elimina qualsiasi ostacolo e difficoltà.
Ganesha viene considerato un essere colmo di amore e difficile
da snervare.
…"Privo di suono, senza forma, intangibile, non
decadibile, senza sapore e odore, senza inizio e
fine, immutabile, eterno, trascendente tutta la
natura, ineffabile. Coloro i quali possono
realizzarlo, ed essi solamente, sono liberi dalle
fauci della morte"
Katha Upanishad
…"È attraverso la conoscenza superiore
che raggiungeremo l'informale. La
scienza divina ci svela la conoscenza di
quella realtà che trascende i sensi, rivela
il principio, la causa incausata di tutto,
l'Uno che non ha forma né nome“
Mundaka Upanishad
“Questo supremo Brahman, atman
universale, immensa dimora di tutto
ciò che esiste, più sottile di ogni
cosa sottile, costante: in verità te
stesso, perché Tu sei Quello”
Kaivalya Upanishad
“Quando si è conosciuto l’atman supremo,
che riposa in un posto nascosto, senza
parti e senza dualità, quale Testimone,
esente dall’essere e dal non-essere, si
perviene alla condizione dell’atman
universale”
Kaivalya Upanishad
“Solo lo stolto crede nella staticità e nel
principio dell’immodificabilità”.
“Attraverso il solo studio delle scritture o
con l’erudizione non si può realizzare l’
Atman, e nemmeno tramite
l’intellettualismo e i dibattiti in aula”
Katha Upanishad
“Realtà, Conoscenza, Infinito sono Brahman. Nel mondo delle cose
periture: nome, forma, tempo, spazio, causalità; quello che non perisce
è l’Imperituro. Colui che dimora eternamente anche al di la del nome,
della forma, del tempo-spazio e della causalità, e che viene designato
con la parola Quello, ha nome Atman supremo. Io non posso esser
scorto sotto le forme dello spazio, del soffio vitale e altre limitazioni.
Sono libero dalla forma, dal nome e dall’azione. Sono il Brahman, fatto
di Esistenza, Coscienza e Beatitudine. Questa è la Reale Scienza”
Sarvasara Upanishad
IL BUDDHISMO
 Caratteri generali
Diffusione
Simbolo
 L’idea di Dio
 Le divinità e il cosmo
Il Buddha nelle diverse
interpretazioni
 Il Nirvāna
Brani scelti
CARATTERI GENERALI
Il termine “Buddhismo” deriva dal titolo
onorifico del Buddha (sanscrito “il risvegliato”),
attribuito al principe Siddhārta Gautama
originario di Kapilavastu, nella regione
himalayana. Il Buddhismo ebbe origine in India
nel VI secolo a.C., in alternativa al
Brahmanesimo, dopo che il principe scoprì, al
termine di una lunga ricerca, la soluzione al
problema del dolore umano; rimasto turbato
all’incontro causale con la sofferenza e con la
morte dedicò tutta la vita a questo problema. Il
Buddhismo non si pone domande che considera
metafisiche, come ad esempio l’esistenza di Dio,
ma nasce proprio con l’intento di insegnare a
tutti quello che il giovane Siddhārta ha scoperto
dopo una lunga notte di meditazione, in cui era
diventato Buddha: l’origine del dolore e la via per
liberarsene (Nirvāna).
Rilievo della stele di
Barhut (India),
Immagine del Buddha.
“il risvegliato”, principe
indiano fondatore del
Buddhismo. È
rappresentato mentre
la “buona legge” rivela
agli dèi che ancora non
ne erano a conoscenza.
DIFFUSIONE
Il Buddhismo si diffuse attraverso due scuole
principali: quella mahāyāna (del “Grande Veicolo”)
presente soprattutto in Tibet, in Cina, in Corea e in
Giappone e che ha reinterpretato più ampiamente il
pensiero del fondatore, e quella hināyanā (del “Piccolo
Veicolo”) o theravāda (“dottrina degli anziani”), forma
più antica e classica del Buddhismo, che conquistò il
Sud-est asiatico.
Il Buddhismo, diffuso in 84 paesi, ha una comunità di
fedeli nel mondo pari a 360 milioni (dato aggiornato al
2004), in massima parte concentrati nell’Asia
Sudorientale. In Europa comunità buddhiste vivono
tra Gran Bretagna, Francia e Germania.
Espansione del
Buddhismo dalle
origini al XV
secolo con
l’indicazione dei
principali luoghi di
culto con reliquie
(stūpa), templi
scavati nella
roccia “caitya”,
montagne sacre e
altri importanti
centri. I tre colori
diversi fanno
riferimento alle
tre diverse
principali scuole e
correnti:
Hināyāna,
Mahāyāna e
Vajrayāna.
SIMBOLO
La “ruota della legge”
(dharmacakra) è il simbolo della
dottrina del Buddha: si richiama
nella tradizione indiana, al sole, il
cui dio, Sūrya, siede in basso.
La “ruota della vita” tibetana
rappresenta il perpetuo ciclo delle
nascite e delle morti nell’infinità
circolare del tempo.
L’IDEA DI DIO
Il Buddha non ha mai risposto alla domanda
sull’esistenza di Dio, non considerandola
fondamentale ai fini della salvezza. Quando
gli veniva chiesto se esisteva una divinità
trascendente, egli si limitava ad indicare
come via la strada che conduce gli esseri
umani alla liberazione.
Il Buddhismo è portatore di un’intuizione
molto profonda della realtà dell’Assoluto,
che può essere espresso solo
“negativamente”, ovvero, dichiarando ciò che
“non è”: così, negli Udāna (III,3), si
afferma: “C’è un non-nato, non-causato, noncreato, non-formato....”.
Tutto nel cosmo, esseri e cose, è
impermanente, destinato al mutamento e alla
distruzione; tutto è puro fenomeno: non vi è
dunque né anima individuale, né Dio unico
eterno e creatore.
LE DIVINITÀ E IL COSMO
Il posto e l’importanza della divinità sono del tutto secondari: la
contestazione radicale del divino comporta la relativizzazione
degli esseri celesti o divini.
La cosmologia buddhista, accettando le diverse divinità
appartenenti alle tradizioni religiose induiste, è tale da dare
ampio spazio ad esseri concepiti come celesti incorporei ma
“mortali”, dalla natura superiore a quella dell’uomo; con essi gli
uomini devono trattare come con degli umani più potenti. Queste
divinità non possono, però, concorrere alla salvezza dell’uomo ed
esse stesse hanno bisogno di essere liberate dalla catena delle
rinascite per accedere al Nirvāna. L’universo è costituito da più
strati; il mondo degli uomini si trova tra i cieli al di sopra e gli
inferi al di sotto. A ciascuno strato fanno capo classi differenti
di esseri celesti, suddivisi in cinque categorie: dèi, esseri umani,
animali, fantasmi e demoni. Tutti possono comparire sulla terra,
ma di solito gli dèi abitano il cielo, i demoni gli inferi.
Miniatura
ottocentesca da
Bali (Indocina):
Buddha
nell’incontro con
gli spiriti del
Bene e del Male
IL BUDDHA NELLE DIVERSE
INTERPRETAZIONI
A seconda delle grandi correnti del Buddhismo, il Buddha e i Bodhisattva sono
onorati come divinità e soggetti a diverse interpretazioni. La Hināyāna (Piccolo
Veicolo) lo considera l’essere più saggio, più nobile e più benevolo dell’attuale
era cosmica; egli stesso non si considera una divinità, bensì colui che indica la
via della salvezza. Il Buddhismo Mahāyāna (Grande Veicolo) considera Gautama
la manifestazione visibile di un Buddha ultraterreno dalla triplice essenza
(trikaya “i tre corpi” del Buddha): il corpo della “creazione”, legata al tempo e
allo spazio “il corpo del godimento”, “il corpo della legge”. Nel suo terzo
aspetto il Buddha coincide con l’Assoluto: è pura essenza, illuminazione
suprema; è la buddhità presente nella dimensione più profonda di tutti gli
esseri e di tutte le cose. I tre corpi vengono concepiti come emanazione di un
“Buddha originario” (Adibuddha), pura luce che, attraverso cinque meditazioni
creano i cinque episodi centrali della vita del Buddha storico. I cinque
Bodhisattva non possono però rendere partecipi l’uomo del loro Nirvāna. A
farlo sono perciò i cinque Dhyani Bodhisattva (Bodhisattva della meditazione),
creatori del mondo nel corso delle ere cosmiche. Il più celebrato tra questi è
Avalokitésvara che rinuncia al Nirvāna per far sì che tutta l’umanità possa
conseguire l’illuminazione.
Bronzo indiano del XVI-XVII
secolo con la raffigurazione
del Bodhisattva
Avalokitésvara con undici
teste
IL NIRVANA
Secondo la dottrina del Hināyāna, il Nirvāna è la liberazione, già
realizzabile in questa vita, dai legami che trattengono l’essere nel
ciclo delle trasmigrazioni (saṃsāra ): i legami dell’ignoranza, del
desiderio e dell’odio, dell’illusione e delle varie passioni.
Vi si perviene grazie all’osservanza di una morale rigorosa e con la
pratica assidua di meditazioni ed esercizi simili allo yoga. Il Nirvāna
(letteralmente “dispersione estinzione” perciò, coincide con la
liberazione definitiva da ogni rinascita.
Divenuto arhant, l’uomo, così liberato, può ancora vivere a lungo, ma
alla sua morte non rinascerà più in nessun modo: se quest’ultimo ha
infatti ottenuto il suo Nirvāna è liberato dal ciclo delle
trasmigrazioni.
Seguire però la lunga Via della Liberazione per arrivare il più
presto possibile al Nirvāna comporta l’obbligo di rinunciare alla vita
ordinaria e di condurre una vita errante, di asceta “mendicante”
(bhiksu, parola che viene di solito tradotta con “monaco”).
BRANI SCELTI
"In primo luogo a tutto ciò che è male
rinuncia, e poi a credere nell'Io, renditi
infine libero da tutto, e allora certo
diverrai un saggio".