UNITÀ H1 - 2 MISURA ELETTRONICA LA TECNICA DELLA MISURA EDM La misura elettronica della distanza (EDM: Electronic Distance Measurement), basata sull’emissione di onde, impiega la tecnica operativa delle misure indirette (strumento su un estremo e apparato riflettente sull’altro estremo), ma produce direttamente la distanza misurata sul display dello strumento, che prende il nome di distanziometro elettronico. La distanza misurata è quella che intercorre tra strumento e apparato riflettente, ed è quindi la distanza reale (inclinata); tuttavia i moderni distanziometri elettronici sono in grado di calcolare e di fornire sia la distanza orizzontale sia il dislivello tra strumento e apparato riflettente. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 2 CLASSIFICAZIONE DEGLI APPARATI EDM In relazione alla natura delle onde utilizzate i distanziometri elettronici si differenziano in: GEODIMETRI, in cui vengono utilizzate onde luminose infrarosse o laser (piccole e medie portate, 1-5 km, per impieghi topografici); TELLUROMETRI, in cui vengono utilizzate onde radio (grandi portate, 10-50 km, per impieghi geodetici). A loro volta i geodimetri si distinguono in: GEODIMETRI A MODULAZIONE: prevedono la misura dello sfasamento tra l’onda emessa e quella ricevuta di ritorno dal prisma riflettore; GEODIMETRI A IMPULSI: prevedono la misura del tempo trascorso affinché un impulso (molta energia in brevissimo tempo) ritorni all’apparato emittente dopo una riflessione. Un geodimetro a modulazione prevede che un fascio continuo di onde luminose portanti, perlopiù di tipo infrarosso generate da un fotodiodo, vengano modulate in ampiezza e inviate a un apparato riflettente passivo (prisma) costituito essenzialmente da una serie di specchi, e da qui rimandate all’apparato emittente. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 3 TEORIA DELLE ONDE TRASVERSALI Molti fenomeni naturali possono essere rappresentati con stati oscillatori e vibratori periodici detti ondulatori. Un’onda si dice trasversale quando l’oscillazione (lo spostamento) si sviluppa in modo ortogonale alla direzione di propagazione oscillazione propagazione Christiaan Huygens, nel 1678, teorizza che la luce è costituita da onde che si propagano nello spazio circostante a una sorgente luminosa James Clerk Maxwell (1831-1879): l’onda luminosa è un caso particolare di onda elettromagnetica (con frequenze molto alte), dunque ha comportamenti analoghi alle onde radio, ai raggi X, ecc. e ne segue lo stesso modello matematico; nel vuoto si propaga alla stessa velocità c = 299.792.458 m/sec (~300106 m/sec). Le onde elettromagnetiche trasportano energia, non materia. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 4 TEORIA DELLE ONDE TRASVERSALI Il fenomeno ondulatorio può essere descritto sotto due punti di vista. In un dato istante, lo spostamento trasversale A descrive la forma dell’onda. Questo spostamento cambia via via che ci si muove nello spazio da un punto all’altro dell’onda stessa; di conseguenza esso dipende dalla posizione x del punto considerato sulla direzione di propagazione. Se invece lo si considera su un singolo punto sulla linea di propagazione dell’onda, lo spostamento trasversale A cambia al trascorrere del tempo. Le onde sono un fenomeno la cui descrizione, pertanto, richiede una funzione di due variabili: la posizione spaziale x e il tempo t (A = f (x,t)). Lo spostamento trasversale A, nel caso di onde armoniche, varia secondo una legge sinusoidale che è rappresentata dall’equazione esprimibile con le due seguenti forme: T = periodo t x A = A0 sen [2(--- - ---)] = A0 sen T A = A0 sen (t + 0) A0 = ampiezza (spost. massimo) c f t x 2 ( ) T = lunghezza φ = fase φ0 = fase iniziale = pulsazione Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 2 2 T x0 5 MODULAZIONE DELLE ONDE Affinchè il raggio luminoso, per essere valutato correttamente, possa disperdere poca energia e ritornare allo strumento dopo la riflessione, occorre che la lunghezza d’onda impiegata sia molto piccola (micrometrica) come la luce infrarossa con = 850 nm. Tuttavia le lunghezze d’onda micrometriche non consentono la misura della distanza, per la quale sono invece necessarie lunghezze d’onda nell’ordine del metro (onde metriche). Queste due contrastanti esigenze sono entrambe recepite ricorrendo alla modulazione Durante un processo di modulazione si utilizzano due tipi di onde, chiamate portante (carrier) e modulante (modulating signal); il risultato del processo è l’onda modulata. 1. L’onda portante è un’onda con una frequenza costante che ha caratteristiche più adatte alla trasmissione ( molto corta). 2. L’onda modulante contiene l’informazione da trasportare, ma non possiede le caratteristiche necessarie ( grandi) per essere trasmessa con affidabilità. Queste 2 onde sono mescolate da un dispositivo chiamato modulatore. 3. L’onda modulata contiene l’informazione mescolata al segnale portante e possiede le caratteristiche sia per la trasmissione sia per un’affidabile ricezione. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 6 MODULAZIONE DELLE ONDE Esistono tre diversi tipi di modulazione: di ampiezza (AM, Amplitude Modulation), di frequenza (FM, Frequency Modulation) e di fase (PM, Phase Modulation). Tuttavia nei distanziometri a onde utilizzati in topografia viene sempre adottata la modulazione di ampiezza. D’ora in poi, quando parleremo di lunghezza d’onda, ci riferiremo a quella (m) dell’onda modulata. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 7 SCHEMA A BLOCCHI DEL GEODIMETRO Quarzo piezoelettrico Fotodiodo (all’arseniuro di Gallio) che emette luce infrarossa con intensità proporzionale alla corrente che lo attraversa. Componente elettronico che può dividere per k (es. k = 100) la frequenza del quarzo piezoelettrico. A questa frequenza, detta frequenza secondaria, corrisponde una lunghezza dell’onda modulante k volte più grande di quella fondamentale. Apparato ricevente, in grado di captare l’onda riflessa da un prisma posto a distanza. Nei distanziometri a modulazione è un dispositivo in grado di misurare lo sfasamento corrispondente a due diversi valori A1 e A2 di intensità dell’onda, e di risalire alla distanza D. Ha una precisione di 1/100 di radiante, che si traduce in un errore sulla misura della distanza valutabile in 1/1000 di mezza lunghezza d’onda impiegata nella misura: D 10-3 /2 = (/2)/1000. Nei distanziometri a impulsi è un oscillatore al quarzo (orologio) in grado di misurare il tempo di percorrenza di un impulso con la precisione di 2-310-8 sec. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 8 I PRISMI RIFLETTORI Il prisma permette di invertire la direzione di propagazione di un fascio di luce parallelamente alla direzione di incidenza. Il prisma più semplice si ottiene tagliando uno spigolo di un cubo di cristallo con un piano di taglio normale alla diagonale del cubo. Il prisma, di solito, è collocato su un’asta telescopica graduata (per rilevarne l’altezza da terra hP), ed è provvisto di uno scopo che consente una migliore individuazione e collimazione a distanza. Può essere utilizzato singolarmente o a gruppi multipli. Il numero di prismi necessario ad assicurare una buona risposta dipende dal tipo di distanziometro e, soprattutto, dalla distanza da misurare. In effetti, maggiore è il numero di prismi, maggiore è la portata dell’apparato distanziometrico. hP Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 9 GEODIMETRI A MODULAZIONE TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE Siano S e P gli estremi del segmento da misurare. Supponiamo che la sua lunghezza SP sia inferiore alla metà della lunghezza d’onda modulata: D = SP < /2. In S l’apparato distanziometrico emette un’onda luminosa (modulata) la cui legge di oscillazione trasversale sinusoidale è fornita dall’espressione: A = A0 sen =A0 sen(t + 0) Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 11 TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE in un istante t lo stato dell'oscillazione in S è: A1 = A0 sen1 = A0 sen(t + 0) nello stesso punto S l’onda riflessa da uno specchio posto a una distanza D (minore di /2) ha uno stato di oscillazione pari a: A2 = A0 sen2 = A0 sen[(t + t) + 0 = A0 sen(t + t + 0) dove t è il tempo impiegato dall’onda a coprire la distanza 2D (da S a P e da P a S). 2 ∆ A2 Si produce quindi tra le due onde uno sfasamento =t (misurabile dall’apparato elettronico EDM) Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 12 TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE A1 = A0 sen(t + o); A2 = A0 sen(t + t + 0) Osservando le entità delle due oscillazioni A1 e A2, e ricordando che: = 2 /T ; t = 2D/v; λ = vT, è possibile scrivere lo sfasamento come: 2 2 D 2 t 2D T v Dalla misura dello sfasamento si ottiene: D 2 2 Il fattore ∆/2 è un numero sempre compreso tra 0 e 1 (infatti 0 < ∆ < 2); la distanza è espressa dunque come frazione di mezza lunghezza d’onda /2, per questo viene detta parte frazionaria (tale formula è vera per distanze misurate D inferiori a /2). Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 13 TEORIA DEI GEODIMETRI A MODULAZIONE Immaginiamo ora che l’estremo P della distanza, quello sul quale l’onda si riflette, sia allontanato esattamente di mezza lunghezza d’onda lungo la direttrice SP. Lo sfasamento non cambia, in quanto sul percorso da SP e da PS viene a inserirsi una lunghezza onda completa (/2 tra SP + /2 tra PS). La stessa osservazione vale se P viene spostato di un numero intero n di mezze lunghezze d’onda. Possiamo quindi stabilire l’equazione fondamentale dei distanziometri a modulazione che fornisce la distanza D=SP: D n 2 2 2 Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 14 GEODIMETRI A MODULAZIONE: sintesi D n 2 2 2 Il geodimetro è provvisto di un misuratore di fase che, valutando le intensità delle oscillazioni A1 e A2, è in grado di misurare lo sfasamento con un errore di 1/100 di radiante. Con esso la distanza D può essere determinata con un’incertezza valutabile mediamente sull’ordine del millesimo di mezza lunghezza dell’onda: D 10-3/2. Se si vuole determinare una distanza con la precisione del centimetro, occorre dunque generare un’onda che presenti una lunghezza dell’ordine di = 20 m (10/1000 = 0,01 m); se invece la precisione deve essere dell’ordine del millimetro, l’onda che deve essere generata deve avere una lunghezza dell’ordine di =2m. Al contrario di e , nell’equazione dei distanziometri a onde il numero n di mezze lunghezze d’onda è incognito, e per questa ragione viene chiamato ambiguità; esso pertanto dovrà venire determinato dal geodimetro con diverse tecniche. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 15 DETERMINAZIONE DELLA AMBIGUITÀ n (nei geodimetri a modulazione) AMBIGUITÀ n PER DECADI Con questa tecnica il geodimetro utilizza due (o più) frequenze a cui corrispondono le conseguenti lunghezze d’onda. La prima di queste serve per determinare un valore grossolano della distanza, mentre la seconda, 10 o 100 volte più piccola, viene usata per effettuare la misura affinata della distanza. Il processo può essere esteso anche a una terza lunghezza d’onda, 10 volte più piccola della precedente, per affinare ulteriormente la precisione. ESEMPIO: se la prima frequenza usata ha il valore f1= 149,85 kHz, la seconda sarà f2= 14985 kHz =14,985 MHz. A queste frequenze corrisponderanno le seguenti lunghezze : 300 106 1 2000m 14,985 104 300 106 2 20m 14,985 106 Le misure delle distanze effettuate dal geodimetro con le precedenti lunghezze d’onda, presenteranno le seguenti precisioni: misura effettuata con lunghezza d’onda 1: D 1000/1000 = 1 m misura effettuata con lunghezza d’onda 2: D 10/1000 = 0,01 m = 1 cm È poi necessario che la prima lunghezza d’onda 1 utilizzata dal distanziometro sia maggiore del doppio della distanza massima che può misurare il distanziometro (portata), dunque: 1/2>D. Nel nostro esempio, essendo 1 = 2000 m, la portata dello strumento sarà di 1000 m = 1 km. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 17 AMBIGUITÀ n PER DECADI Questa condizione è necessaria affinché la misura della distanza utilizzando la prima lunghezza d’onda 1 presenti il valore dell’ambiguità n sempre nullo. Dunque la distanza in prima approssimazione (con 1) si ottiene dalla seguente espressione: 1 1 D 2 2 [ D 1m] Per una misura più precisa il distanziometro utilizza la frequenza f2, a cui corrisponde la lunghezza d’onda 2 100 volte più piccola di 1 (2 = 20 m), dunque in grado di permettere la misura di D in modo 100 volte più preciso. Per 2 però si ha 2/2 < D, pertanto il valore dell’ambiguità n non è più nullo. Il valore dell’ambiguità n, tuttavia, può essere facilmente determinato utilizzando il valore grossolano (ma adeguato per questa operazione) di D, ricavato nella fase precedente. Infatti basta tenere conto che esso deve essere un numero intero, tale che il valore della distanza che si ricaverà utilizzando 2 non dovrà risultare troppo diverso dal valore della stessa distanza calcolato in precedenza utilizzando 1. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 18 AMBIGUITÀ n PER DECADI ESEMPIO: Ipotizziamo che il valore approssimato della distanza ricavato utilizzando 1 = 2000 m sia stato di 773,8 m, con incertezza valutata in 1 m, e che il fattore frazionario misurato dal geodimetro utilizzando 2 = 20 m sia stato: 2 2 4,324m 1cm 2 2 Il valore dell’ambiguità n viene così ricavato n 2 4,324 773,8 2 n 773,8 4,324 76,95 77 (20 / 2) Quindi, il geodimetro ricava il valore della distanza utilizzando 2 D n 2 2 2 2 2 2 D 77 20 4,324 774,324 1cm 2 Per avere la distanza con precisione dell’ordine di 1 mm, il distanziometro utilizza una terza lunghezza d’onda 3, 10 volte più piccola di 2 (nel nostro esempio 1 = 2 m), a cui corrisponde la precisione del millimetro. In questo caso la misura non è più istantanea (come avveniva nella misura con 1 e 2 ), ma richiede un tempo che mediamente è di alcuni secondi. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 19 AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE Il distanziometro utilizza tre frequenze: in una prima fase vengono impiegate due frequenze f1 e f2, molto prossime tra loro, che portano a una stima grossolana del valore della distanza; successivamente, con una seconda fase, viene impiegata la terza frequenza f3 di un ordine di grandezza più alto, per determinare con precisione D. 1a FASE Ipotizziamo di misurare la distanza modulando l’onda infrarossa con due frequenze f1 e f2 a cui corrispondono due lunghezza d’onda 1 e 2 (poniamo 1 > 2) con valori molto prossimi e dell’ordine del km (es. 1 = 2000 m; 2 = 1980 m). La scelta di due frequenze tanto vicine permette senz’altro di considerare il valore dell’ambiguità n IDENTICO per entrambe le misure che si possono ottenere, utilizzando 1 e 2, per la distanza D, che si potrà scrivere attraverso la seguente espressione: D n 1 2 L1 n 2 2 L2 I termini L1 e L2 sono le parti frazionarie dell’equazione fondamentale: L1 1 1 2 2 Dalla precedente si ricava n: L2 n 2 2 2 2 2( L2 L1 ) 1 2 Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 20 AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE Il calcolo di n richiede due osservazioni: 1) il valore dell’ambiguità n rimane uguale per le due lunghezze d’onda 1 e 2 fino a una determinata distanza Dlim, chiamata distanza limite, oltre la quale l’ambiguità non è più determinabile con certezza: Dlim 1 2 2(1 2 ) 2) occorre valutare l’affidabilità del valore di n: infatti il risultato dell’espressione non fornisce un numero intero, e ciò pone un dilemma in merito all’affidabilità del valore di n. Si accetta allora che il valore n ricavato differisca dall’intero di una quantità massima pari a 0,20 (n = 0,20). Calcolato senza incertezza il valore dell’ambiguità n, possiamo ora determinare il valore grossolano della distanza utilizzando la 1 e (o la 2): D n 1 2 L1 [ D 1m] Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 21 AMBIGUITÀ n PER FREQUENZE VICINE La distanza D ricavata nella 1a fase contiene errori dell’ordine del metro [(2000/2)/1000 = 1 m], dunque non sufficiente. Pertanto il geodimetro procede con la 2a fase. 2a FASE Per ottenere la misura della distanza con precisione, il distanziometro emette una terza frequenza f3 (molto più grande di f1 e f2), a cui corrisponde una lunghezza d’onda 3 molto più piccola delle precedenti (es. 3 = 10 m). Con questa frequenza il distanziometro misura con elevata precisione (per es. (10/2)/1000 = 0,005 m), la parte frazionaria L3 della distanza, mentre la nuova ambiguità n viene ricavata in modo affidabile utilizzando la distanza misurata nella fase precedente (come nel metodo per decadi), certamente in modo grossolano, ma comunque con incertezza (1 m) inferiore a 3/2: 3 3 L3 2 2 D n 3 2 L3 [ D 0,005m] Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 22 GEODIMETRI A IMPULSI GEODIMETRI A IMPULSI Prevedono la misura di tempi trascorsi tra due brevi impulsi d’onda (da cui la denominazione “a impulsi”). Questa tecnica ha il grosso vantaggio di concentrare una grande quantità di energia in un ristrettissimo intervallo di tempo, permettendo di superare grandi distanze con l’uso del prisma riflettente, o piccole distanze senza l’uso del prisma. Il principio teorico è molto semplice ma, sino a qualche tempo fa, impossibile da attuare per la scarsa precisione (rispetto a quella necessaria) con la quale era possibile misurare questi brevissimi intervalli di tempo. Il concetto di misura nei distanziometri a impulsi, come detto, è lineare: nota la velocità v di propagazione dell’onda luminosa, il tempo ∆t tra andata e ritorno del segnale verso il prisma è funzione della distanza D secondo la nota legge: D Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] v t 2 24 GEODIMETRI A IMPULSI L’elevata velocità del segnale luminoso rende essenziale l’esatta misurazione del tempo di volo dell’impulso; in effetti, la distanza di 1 mm (precisione richiesta ai geodimetri) viene percorsa in andata e ritorno (2 mm) in 6,7 picosecondi (1 picosecondo=10-12sec). Dunque un metodo così semplice nel principio presenta un grosso problema pratico: affinché la distanza D abbia precisione dell’ordine di 10-6 (1 ppm= 1 mm/km), occorre che sia v sia soprattutto ∆t vengano misurati con grande precisione. Infatti, nell’ipotesi che v=c sia approssimativamente 300106 m/sec, ∆t dovrebbe possedere una precisione di 10-13 sec, ottenibile solo con orologi atomici, non disponibili per strumenti come i geodimetri topografici. Nei geodimetri a impulsi esiste un orologio, molto stabile, ma di precisione più limitata (a t 310-8 sec), governato da un oscillatore a una frequenza f = 14,985 MHz pari a = 20 m. Tuttavia è possibile, anche se solo in un breve intervallo, valutare periodi di tempo con precisioni maggiori (a 10-8 sec), grazie a un metodo di interpolazione a cui accenneremo brevemente in seguito. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 25 GEODIMETRI A IMPULSI Nel trasmettitore del geodimetro, il fotodiodo viene attraversato per un tempo ristrettissimo (12 nanosecondi), da una forte corrente di 30 Ampere, ed emette un fascio di luce laser (l’impulso). Dopo un certo intervallo di tempo ∆t, al ricevitore arriva il segnale di ritorno: questo intervallo di tempo consente di avere un valore approssimato della distanza D con un errore medio pari a: D (300 106) (3 10-8)/2 = 4,5 m Rimane allora il problema di «affinare» la misura della distanza. L’oscillatore al quarzo del geodimetro, cioè l’orologio, non è perfettamente sincronizzato con i segnali emessi per la misura della distanza. È quindi necessario misurare frazioni del periodo di oscillazione, in particolare è necessario valutare la frazione di periodo tA compreso tra l’istante di invio (start) e la prima oscillazione di riferimento successiva a questo evento. Così come è necessario valutare la frazione di periodo tB compreso tra l’istante di ritorno (stop) e la prima oscillazione di riferimento successiva a questo secondo evento. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 26 GEODIMETRI A IMPULSI I periodi tA e tB sono chiamati tempi residui, e la loro misura permette di ottenere il tempo ∆t con maggior precisione, che viene espresso dalla seguente formula: ∆t = nT + tA tB Il valore di n (numero intero di lunghezze d’onda dell’oscillatore-orologio) è facilmente ricavabile, in quanto, misurando ∆t in prima approssimazione, la distanza approssimata è nota con precisione migliore del decametro, dunque sufficiente allo scopo. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 27 GEODIMETRI A IMPULSI Per misurare con precisione periodi residui di tempo tA e tB si usa un trasduttore tempotensione a “rampa” (così detto perché la tensione V, dipende dal tempo di carica in modo lineare), basato su un condensatore, del quale è noto il tempo necessario per la carica completa, e su un rilevatore di tensione. Dopo ogni misura di tensione, ed entro un intervallo che deve durare meno di un ciclo di volo dell’impulso, il condensatore viene scaricato. Questo condensatore viene cioè aperto dal segnale di start (o di stop) e chiuso dalla prima rampa del segnale dell’oscillatore alla ricarica completa. La sua tensione dipende in modo lineare dal tempo di carica e il trasduttore trasforma la misura di questa tensione nella misura dei tempi residui tA e tB. Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 28 GEODIMETRI A IMPULSI I geodimetri a impulsi, in teoria, permettono di eseguire la misura anche emettendo un solo impulso. Tuttavia, la misura della distanza fornita dagli strumenti è in realtà frutto dell’elaborazione statistica su numerose misure operate in ristretti intervalli di tempo. CONFRONTO IN PARALLELO TRA LE CARATTERISTICHE MEDIE DEI DUE TIPI DI DISTANZIOMETRI A ONDE GEODIMETRI A MODULAZIONE GEODIMETRI A IMPULSI Richiedono almeno due frequenze per poter modulare il segnale e misurare la distanza senza ambiguità sul numero di cicli Un solo impulso (teoricamente) permette di determinare la distanza in modo univoco con precisione centimetrica in un millisecondo Precisione: dipende dalla risoluzione del dispositivo di misura della fase e dalla stabilità dell’oscillatore al quarzo che genera le frequenze utilizzate Precisione: dipende dalla stabilità del quarzo dell’oscillatore (orologio); in ogni caso la misura è più rapida Portata media con 1 prisma: 2 Km Portata media con 1 prisma: 5 Km Misura senza prisma: impossibile Misura senza prisma: portata da 200 fino a 800 m in relazione a colore e natura della superficie collimata Componente fissa della precisione: tra 3 e 5 mm Componente fissa della precisione: 5 mm Componente variabile della precisione per instabilità del quarzo: da 1 a 5 ppm Componente variabile della precisione per instabilità del quarzo: da 1 a 5 ppm Copyright © 2009 Zanichelli editore S.p.A., Bologna [6629] 29