Nome comune: INSETTO STECCO
(Inglese: stick insect)
Nome scientifico: Clonopsis gallica
Famiglia: Bacillidi (Bacillidae)
Ordine: Fasmidi (Phasmida)
Classe: Insetti (Insecta)
INTRODUZIONE: I Fasmoidei devono il loro
nome scientifico (dal greco Phasma cioè
fantasma) al singolare caratteristico aspetto
esteriore, la cui
importanza può essere
valutata appieno soltanto osservando questi
insetti nel loro ambiente naturale. Il capo è
piccolo, le zampe hanno lunghezza varia, di
solito tanto
lunghe quanto più è lungo il
corpo. Le ali, quando esistono, hanno l'aspetto
di tegmine, che sono sempre più brevi delle ali
posteriori, che a riposo si ripiegano a
ventaglio. Mancano di organi stridulanti, ma,
esistono, sebbene poco sviluppati, organi
acustici
tibiali. Allo stadio di immagine i
Fasmoidei vivono su arbusti e alberi, ove
riescono a sottrarsi al nemico mimetizzandosi
abilmente tra la vegetazione.
CARATTERISTICHE:
Il nome comune descrive già ampiamente
l’animale. Infatti esso ricorda proprio un
piccolo ramo: il corpo allungato, esile e
slanciato; le zampe lunghe e atte ad un
movimento in genere lento e simile allo
spostamento di un ramoscello; le ali
rudimentali, ed estremamente ridotte. A ciò si
aggiunge la colorazione che riflette l’ambiente
circostante. La femmina raggiunge i 7 cm ed è
di color verdastro o brunastro con una linea
laterale bianca o rosa; il maschio non supera i
6 cm.
VITA ED ABITUDINI:
Questo mimetico Insetto è attivo dall’inizio della primavera sino all’autunno, e vive su
piante di diverse specie delle quali si nutre. Qui grazie all’aspetto, alla colorazione e
all’atteggiamento assunto può facilmente sfuggire all’osservazione dell’uomo e alle
attenzioni di qualche predatore.
Inoltre, in caso di pericolo può cambiare il colore del corpo adattandolo
all’ambiente circostante: il cambiamento può essere rapido e momentaneo o
lento e duraturo. Alcune specie assumo una colorazione chiara di giorno e
una bruna di notte. Si muove lentamente soprattutto nelle ore
notturne,conducendo una vita isolata. Se abbiamo l’occasione di comprimere
il torace di questo animale immediatamente si immobilizza, e rimane
immobile per un certo tempo (si parla di immobilizzazione riflessa). Se poi lo
prendiamo per una zampa, è quasi normale che l’abbandoni. L’arto perso può
essere rigenerato con caratteri simili a quello abbandonato, ma di solito più
piccolo e un po’ difforme. Questo sistema di autodifesa, che comporta la
perdita di una parte del corpo e la sua rigenerazione, si definisce autotomia.
RIPRODUZIONE:
La riproduzione può avvenire
grazie all’incontro di un maschio
e di una femmina, oppure
mediante l’intervento esclusivo
della femmina (riproduzione
partenogenetica): in questo caso
la femmina rilascia sul terreno
80-100 uova; queste attendono
6-24 mesi prima di schiudere (si
dice che hanno un’incubazione
lunga). Quando il momento per
sgusciare dall’uovo è propizio,le
larve fanno forza su un opercolo
(una sorta di piccolo coperchio
dell’uovo) ed escono. Prima di
divenire adulte le larve mutano
per ben quattro volte.
ALLEVAMENTO: fra tutti i Fasmidi, il genere Baculum è uno dei più semplici da allevare.
Si nutre di vari tipi di piante, ma più comunemente di rovo e lamponi. Importante che le
piante non siano trattate con insetticidi. I rami delle piante vanno tenuti in una bottiglia
con acqua, in modo da non farli appassire e cambiarli solo una volta alla settimana (se non
vengono completamente divorati prima). Gli insetti vanno disposti sulle foglie, dalle quali
raramente si spostano. La bottiglia, i rami in essa contenuti e gli insetti verranno collocati
dentro un box dal quale non si possa uscire, ad esempio una scatola di cartone con pareti
di zanzariera o tulle, oppure un box-terrario in plastica con coperchio a grata, in vendita
nei negozi di animali. Almeno una volta alla settimana si deve provvedere a spruzzare rami
e insetti con un vaporizzatore ad acqua, ed a pulire il fondo dagli escrementi. Una volta
diventati adulti, si raccoglieranno le uova, che ben si confondono con gli escrementi, e si
conserveranno in una provetta (anche in un piccolo barattolo di vetro) chiusa con del
cotone.
… DOPO L’IMITAZIONE DEI RAMI, ECCO
QUELLA DELLE FOGLIE!!!!
Veramente sorprendente è il caso della così detta “foglia che cammina" (walking leaf),
un fasmide del genere Phyllium le cui femmine, non volatrici, assomigliano in maniera
strabiliante ad una foglia. I maschi, più piccoli delle femmine e volatori, hanno
coperture alari piccole, con una sola venatura radiale; nelle femmine, invece, tutte le
venature sono disposte a formare un cospicuo ventaglio che assomiglia perfettamente
alle venature di una foglia. In queste ultime l'effetto mimetico viene esaltato anche
dall'appiattimento delle zampe.
Nome comune:
INSETTO FOGLIA GIGANTE
(Inglese: laeaf insect)
Nome scientifico:
phyllium giganteum
Famiglia: Fillidi (Phyllidae)
Ordine: Fasmidi (Phasmida)
Classe: Insetti (Insecta)
HABITAT:foresta tropicale umida della
Malesia, passa pressoché tutta la vita sullo
stesso ramo, e si muove pochissimo.
DESCRIZIONE: il corpo di un adulto (lungo
fino a 12 cm) riproduce perfettamente per
forma, dimensioni e spessore una foglia di
pero indiano e addirittura le zampe, le ali e
la testa sono mimetizzate alla perfezione
assomigliando infatti a dei frammenti di
foglia semi rosicchiati da altri insetti. In
effetti sui bordi del corpo sono riprodotti
dei margini di necrosi vegetale che rendono
l'insieme ancora più veritiero. Quando si
sposta o se viene spaventato il Phyllium
ondeggia come fosse una foglia scossa dal
vento, se poi viene spaventato e con
questa tecnica non riesce a distogliere
l'attenzione del predatore si finge morto
(tanatosi).
VITA E RIPRODUZIONE: i Phyllium raggiungono il loro massimo sviluppo con 8 mute svolte
in 8-9 mesi. Una volta adulto vive ancora dai 3 ai 5 mesi. Durante questo lasso di tempo i
Phyllium depongono molte uova, questi insetti sono esclusivamente partenogenetici (cioè
depongono uova non fecondate) e in particolare del Phyllium giganteum conosciamo solo la
femmina, il maschio non è mai stato osservato. Alla schiusa delle uova i piccoli sono lunghi
1,5-2 cm ancora completamente rosso mattone. A differenza delle forme adulte, le
giovanili si muovono correndo abbastanza velocemente per assomigliare alle formiche e
quindi non essere attaccati.
ALLEVAMENTO
NUTRIMENTO: i Phyllium si nutrono di foglie di rovo o rosa, non sono però molto voraci.
Sarà un'ottima idea
piantare direttamente nel terrario una pianta in modo da non
dover continuamente cambiare le foglie (operazione che porterebbe a stressare molto gli
insetti). Se questo non è possibile potremo mettere un vaso colmo d'acqua nel quale
immergeremo i fusti dei rami recisi di rovo o rosa. Le uova vengono lasciate cadere al suolo
dalla femmina, noi dovremo raccoglierle e porle in una scatoletta con un substrato di sabbia
grossolana o vermiculite o terriccio molto umidi mantenuti a 22-24° costanti, facendo molta
attenzione alla formazione di muffa che può uccidere le uova. In queste condizioni le uova
si schiudono in 4-6 mesi.
ALTRE IMITAZIONI DI FOGLIE FRA GLI
INSETTI
L'imitazione di spine, aculei, foglie o fiori è quasi prerogativa esclusiva degli insetti,
in particolare dei lepidotteri. Esempi molto noti sono quelli di alcune mantidi
esotiche, che imitano in modo spettacolare la corolla dei fiori sui quali vivono. Altri
"maestri" nell'apparire simili a ramoscelli, presenti con alcune specie anche nella
macchia mediterranea, sono i bruchi dei Geometridi, caratteristici per il loro modo
di procedere "a compasso". Questi bruchi sembrano piccoli rami che sporgono dagli
alberi o dagli arbusti sopra i quali si aggirano per nutrirsi. Essi si tengono saldamente
attaccati al ramo per mezzo delle pseudozampe posteriori ed il loro corpo viene
mantenuto inclinato e rigido in modo da rendere più efficace l'effetto mimetico. In
alcune farfalle tropicali la "coda" delle ali somiglia ad un picciolo e l'intero insetto
imita quasi perfettamente una foglia secca. Altri insetti stanno durante il giorno con
il capo rivolto in basso e le ali strettamente aderenti al corpo il cui asse si dispone
normalmente rispetto al ramo su cui si poggiano: in tal modo la somiglianza con il
ramo risulta molto convincente.
LE MANTIDI PREFERISCONO IMITARE
I FIORI
La maggior parte delle 1800 specie
conosciute di mantidi ha colorazione
mimetica. Sono verdi quelle che
vivono tra le foglie, a macchie grigiomarrone quelle che stanno sulle
cortecce. Alcune specie si presentano
come un ramoscello secco e spinoso,
mentre altre sono vistosamente
variopinte. A queste
ultime
appartiene il genere Hymenopus
coronatus, meglio noto come mantide
orchidea. Hymenopus coronatus è
fornita di espansioni a forma di petali
delle
zampe e del torace che
rendono l'animale molto simile ad un
fiore, anche quando è posato altrove.
A LATO: mantide religiosa;
IN BASSO: MANTIDE ORCHIDEA
ALIMENTAZIONE
Tutte le mantidi sono carnivore: divorano mosche, cavallette, farfalle e molti altri
insetti che afferrano con le zampe anteriori Esse proiettano le loro zampe in avanti
velocissime e le richiudono sulla preda. Le spine mantengono ferma la preda mentre la
mantide la divora aiutandosi con le forti mandibole taglienti. In caso di mancanza di
cibo, ma non solo, si possono verificare dei casi di cannibalismo molto feroci dove la
mantide affamata non esita a cibarsi di un suo simile. Generalmente i casi di
cannibalismo che avvengono in natura si possono verificare come è ben conosciuto
durante l'accoppiamento, o in casi in cui un animale eccessivamente affamato trova
sfogo ai suoi bisogni alimentari a discapito di un suo simile capitato sfortunatamente
nelle grinfie dell'affamato.
RIPRODUZIONE
Le uova sono prodotte in una speciale
sacca chiamata ooteca che deriva
dall’indurimento
di
un
liquido
prodotto dalla madre
attraverso
speciali
ghiandole
addominali.
L’ooteca può produrre secondo la
specie da 30 a 300 giovani mantidi.
Una femmina produce
più di un
ooteca in tutta la sua vita in relazione
alla quantità di alimento assunto e
alla durata della vita. L’ooteca
assicura una certa protezione contro
le avversità ambientali e nasconde le
uova da molti predatori. I giovani
fuoriescono velocemente e sono
molto attivi.
UN FIORE ASSASSINO
CHE VIENE DALL’AFRICA
Una specie africana Idolum diabolicum
non si posa sui fiori perché con la sua
conformazione interpreta da solo il
fiore. Questo esemplare lungo 15 cm, si
attacca ai cespugli o agli alberi con due
sole
zampe e distendendo le
altre come se fossero piccoli rametti.
Le
zampe
anteriori
sono
particolarmente
appariscenti
e
somigliano ai petali di un fiore in questo
modo l'insetto attira mosche, farfalle,
e altri insetti attirati dai colori
appariscenti. Un'altra astuzia consiste
nelle macchie presenti sui falsi petali
della mantide, infatti queste piccole
macchie nere funzionano da richiamo
(esca) per le mosche che ai loro occhi
appaiono come dei simili posati su un
luogo apparentemente "interessante"..
Le
mantidi
di
colorazione
normale e anche quelle variopinte che
abitano i fiori come Hymenopus
coronatus, tengono le zampe raptatorie
ripiegate, mentre Idolum diabolicum le
divarica, perché solo così può mettere
in evidenza i colori appariscenti che lo
fanno
assomigliare ad un
fiore.
ALLEVAMENTO DI MANTIDI
L'allevamento delle mantidi non si presenta molto complesso, prima di tutto è necessario
creare un ambiente adeguato che ricrei in grandi linee quello naturale in modo da
eliminare il più possibile la convivenza degli insetti con fattori stressanti; quali ad esempio
la mancanza di umidità o temperature sbagliate. Inoltre è necessario allestire la teca con
materiale trovato in natura che offrirà riparo alle mantidi. L'alimentazione deve essere
integrata essenzialmente con larve della farina e grilli. E’ molto importante una continua
alimentazione in modo da eliminare eventuali casi di cannibalismo dovuti alla mancanza di
cibo. Se si alleva una coppia sarebbe opportuno separarle dopo che la femmina è gravida
(lo si nota perchè l'addome si gonfia notevolmente) dopo la deposizione delle ooteche è
necessario cominciare a stabilire una umidità piu' alta e si consiglia di fare un piccolo
sbalzo di temperatura da freddo a caldo per far nascere prima i piccoli. Una volta nati
devono essere separati se non tenuti in un ambiente abbastanza ampio per evitare che si
nutrano l'uno dell'altro.
Altri particolari "travestimenti" che simulano foglie verdi o secche sono molto
diffusi in numerose famiglie di lepidotteri, quali Geometridi, Sfingidi, Saturnidi,
Lasio campidi, Nottuidi e Pieridi.
A LATO: Anthocharis euphenoides – pupa
Tra i lepidotteri sono assai comuni i casi di
mimetismo criptico: le larve, le pupe o le
farfalle adulte hanno cioè
la capacità di
essere "invisibili" ai predatori possedendo
colorazioni
simili a quelle dominanti
nell’ambiente o una forma del corpo che possa
confondersi con strutture naturali come
pietre, steli di piante o foglie, escrementi di
uccelli, e così via.
Molte farfalle tropicali dei generi Kallima,
Anaea e Doleschallia, presentano le ali
differentemente colorate sulla superficie dorsale e ventrale: in particolare alle
colorazioni molto appariscenti della pagina superiore si contrappone la colorazione
criptica (marrone, grigia, nera) della parte inferiore e, spesso, sottili disegni che
imitano le nervature delle foglie.
Kallima inachus: dorso, sulla destra e
ventre sulla sinistra
Genere Anea
SPAVENTARE PER NON PERIRE
Zerynthia polyxena
larva in atteggiamento intimidatorio. A volte
vengono imitati altri animali
di per sé
pericolosi: così alcuni bruchi presentano forma
e colorazioni
tali da ricordare dei piccoli
serpenti, e se disturbati ne imitano addirittura
le posture di attacco. Oppure, sono moltissime
le specie di farfalle sia diurne (ad esempio i
Satiridi) sia notturne con ali ornate di grossi
ocelli colorati.
Saturnia pyri
Gli ocelli vengono mostrati
all’improvviso in caso di
pericolo. Si pensa che i
disegni imitino i grandi
occhi degli uccelli rapaci,
riuscendo in tal modo a
spaventare e mettere in
fuga l’aggressore.
Paranthrene tabaniformis
(mimo) che imita l'aspetto di una vespa
(modello). Esistono specie che, pur essendo
prive di sostanze repulsive, imitano in tutto e
per tutto livrea, aspetto e comportamenti
dei modelli protetti. Sono dunque dei veri e
propri mimi che sfruttano le difese chimiche
altrui per sfuggire alla predazione. Questo
tipo di mimetismo è detto batesiano, a
ricordo di Bates che, nel 1862, per primo
studiò il mimetismo negli insetti. E’ chiaro
che in un determinato ambiente il numero dei
modelli
inappetibili deve sopravanzare il
numero dei mimi appetibili; in altre parole il
predatore che per la prima volta assaggia un
individuo di una catena mimetica batesiana
deve avere un’elevata probabilità di
catturare
un
modello
disgustoso
e
memorizzarne la livrea: in caso contrario,
continuerebbe a predare indisturbato i mimi
così abbondanti (situazione che non
porterebbe loro alcun vantaggio), fino a che
non si imbattesse, chissà quando, in un
modello.
COLORAZIONE DISGREGATIVA: SONO
QUI MI VEDI?
Per colorazione disgregativa si intende la capacità di nascondere la forma del
corpo facendola apparire spezzata in due o più parti non collegate tra loro.
Questo effetto si ottiene, per mezzo di una striscia netta che percorre la
linea mediana del loro dorso. Tale striscia ha lo scopo di "annullare" la
simmetria dell'animale e renderlo quindi meno individuabile da parte dei
predatori o delle prede. In generale ogni accorgimento che modifichi la
simmetria originaria di un organismo risulta sempre vantaggioso ai fini di una
loro efficace mimesi.
PESCI FOGLIA ED ALTRI ABILI
MISTIFICATORI
La rassomiglianza con le foglie la si può riscontrare anche in alcuni vertebrati
quali,ad esempio, alcuni pesci dell'Amazzonia, non a caso noti come "pesci-foglia". Il
pesce foglia (Monocirrhus polyacanthus) del Sud America vive in acque immobili o con
corrente debolissima e presenta il corpo appiattito in senso laterale ed una
colorazione molto simile a quella di una foglia secca. Questa somiglianza viene
accentuata anche dal fatto che all'estremità della mandibola si trova un'appendice
molle che imita perfettamente il picciolo spezzato di una foglia. Ovviamente il
comportamento di questo pesce si è modificato in modo adeguato: infatti se nuotasse
normalmente la mimesi non sarebbe efficace, per questo il pesce foglia ondeggia
molto lentamente ruotando anche su se stesso sino a portare la sua parte ventrale in
posizione rovesciata. Questi movimenti non vengono alterati neanche in presenza di
eventuali predatori.
NASCOSTI E IN AGGUATO
Il mimetismo è uno dei molteplici adattamenti legati alle strategie di caccia e di
difesa attuati dagli animali che conducono vita bentonica. Fra questi la sogliola, che
vive nascosta su fondali sabbiosi o melmosi, quando viene minacciata da un pericolo
rimuove il substrato con rapidi movimenti del corpo, fino ad esserne completamente
seppellita, lasciando sporgere soltanto gli occhi. A completamento di questa azione
aggiunge la sua notevole capacità mimetica di confondersi col substrato, variando la
propria colorazione con quella dell’ambiente. I responsabili dei diversi gradienti di
colore che può assumere l’animale sono i cromatofori, particolari cellule a forma di
stella contenenti i pigmenti, situati nel tessuto sottocutaneo. Sotto il controllo del
sistema nervoso, l’intensità cromatica viene regolata diffondendo il pigmento a tutta
la cellula o restringendolo ad una piccola area, rendendo così il pesce più o meno
visibile a seconda della conformazione del fondo (sabbia, ghiaia, melma, ecc…).
I Pleuronettiformi sfruttano le loro capacità mimetiche sia per nascondersi ai
predatori che per tendere agguati alle loro prede, che attendono pazientemente
infossati sul fondo, da cui sporgono soltanto gli occhi telescopici con cui controllano
ogni movimento. Quando
la preda è sufficientemente vicina, la risucchiano
aspirandola in bocca.
NEGLI ANFIBI C’E’ CHI SI NASCONDE E CHI
SI METTE IN BELLA MOSTRA
La rassomiglianza a foglie non è, tuttavia, prerogativa degli insetti: molti anfibi, infatti,
presentano un criptismo che li può confondere quasi perfettamente con l'ambiente
circostante.
Dendrobates pumilio
Dendrobates auratus
Queste vistosissime rane vivono in Costa Rica. Le loro ghiandole cutanee producono
potenti veleni in grado di dare la morte in pochi minuti. I forti colori sono quindi un
segnale d’allarme per i predatori che urla “ NON MANGIARMI SONO TOSSICA!!!!”
MIMESI COLLETTIVA
Esistono in natura numerosi casi di mimesi collettiva,
cioe' di animali che si aggregano tra di loro
assomigliando ad un particolare substrato o ad altri
organismi viventi, piante o animali. Alcuni insetti
omotteri della famiglia dei Fulgoridi, che vivono su
piante le cui parti fiorali sono simili a quelle della
comune ginestra, quando sono posati su di esse si
dispongono in modo tale da somigliare in modo
impressionante a queste infiorescenze. Sempre in
questo gruppo di insetti, gli individui della specie
Ityraea nigrocincta possono essere sia verdi che
gialli e quando si posano sugli steli verticali delle
piante, gli individui verdi si poggiano sulla porzione
apicale, quelli
gialli in basso, simulando
perfettamente una fioritura naturale.
Fulgoridi che mimano un’infiorescenza, sopra le due distinte
forme melaniche
La farfalla Monarca l'insetto migratore più famoso del mondo, ma non è l'unico. Grande,
appariscente con la sua colorazione arancione vivo listata di nero migra dal Nord
America al Messico, dove passa l'inverno. La primavera successiva torna a Nord,
riproducendosi durante il viaggio. Gli alberi dove si posano le Monarca sono diventati in
America delle attrazioni per i turisti, tale è lo spettacolo. Una particolarità di questa
farfalla è poi che nessun uccello la tocca. Subito infatti sentirebbe l'odore ripugnante e,
se la inghiottisse, si ammalerebbe gravemente. La carne, infatti, sia del bruco che della
farfalla, è velenosa. Il veleno viene dalla pianta di cui si nutre il bruco, l'albero della seta,
velenoso per la maggior parte degli animali, eccetto che per la Monarca. Questo veleno
passa poi dal bruco alla larva all'insetto adulto.
Mimesi
collettiva
farfalle monarca
in
ALTRI CASI DI MIMESI CRIPTICA
E' interessante, prima di concludere questa breve escursione sul criptismo, ricordare
il curioso comportamento di alcuni animali che provvedono essi stessi a costruire gli
oggetti che poi imitano. Un caso ben studiato è quello del ragno asiatico Cyclosa
mulmeinensis che provvede ad inserire, durante la costruzione della tela, tutto attorno
alla zona centrale dove si pone in agguato degli ammassi di filo disposti irregolarmente
e compatti, che sulla tela possono essere facilmente scambiati per altri ragni. Questo
allo scopo di dirigere su falsi bersagli
gli eventuali attacchi dei predatori,
rappresentati soprattutto da uccelli.
COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE
I segnali mimetici non necessariamente vengono utilizzati per ingannare un
eventuale predatore, bensì possono anche avere finalità diverse, tra cui quella di
facilitare la cattura di una preda. A questo riguardo alcuni ricercatori parlano di
un vero e proprio mimetismo aggressivo, intendendo per l'appunto con questo
termine il fenomeno per cui un predatore si "maschera" opportunamente,
simulando un altro animale o il substrato, allo scopo di non allarmare prima
dell'attacco la sua preda. Il fenomeno e' abbastanza frequente in natura e
diversi e sofisticati risultano i trucchi ed i camuffamenti messi in atto dai
predatori a questo scopo. Una poiana del continente americano, Buteo
albonotatus, vola, ad esempio, accompagnandosi agli avvoltoi, ai quali somiglia
anche nel colore e nella forma delle ali. Non essendo gli avvoltoi predatori
abituali di piccoli animali, questi ultimi non ne temono la presenza. Tale
comportamento
favorisce, ovviamente, le poiane, le quali con il loro
comportamento riescono ad avvicinarsi alle loro prede che si accorgono troppo
tardi della presenza del predatore.
Buteo albonotatus
COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE
Occasionalmente una cospicua porzione del corpo può assomigliare ad un "ghiotto
boccone" che potrebbe trarre in inganno una potenziale preda. La porzione
terminale della coda di alcune giovani vipere (Agkistrodon contortrix) è di colore
giallo brillante e simula quasi perfetta mente un verme; l'inganno, rivolto a prede
quali
rospi
e
lucertole,
viene,
inoltre,
amplificato
mediante
opportuni"attorcigliamenti" della stessa coda.
Agkistrodon contortrix
Agkistrodon contortrix
COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE
Un altro caso molto particolare di mimetismo che rientra nella simulazione
comportamentale è quello che si riferisce ad alcune specie di lucciole che si
distinguono per il ritmo del lampeggiamento notturno con cui gli individui maschi e
femmine di una determinata specie si riconoscono per l'accoppiamento. Generalmente
il codice di segnalazione specie-specifico viene prodotto e riconosciuto soltanto dagli
individui che appartengono alla stessa specie. Tuttavia, esistono alcune specie del
genere Photuris, le cui femmine riescono a riprodurre correttamente il segnale
luminoso dei maschi di tre specie del genere Photinus: accade così che queste femmine
lampeggino con il codice dei maschi delle specie Photinus in modo da avvicinarli e
mangiarli. Queste femmine attuano una duplice simulazione che consiste, da un lato,
nell'applicare in un contesto predatorio un modulo comportamentale finalizzato alla
riproduzione e, dall'altro, nel fare ciò imitando il codice comunicativo di un'altra
specie.
Photinus pryalis
L’INGANNATO
Photorius pennsylvani
L’INGANNATORE
MIMETISMO CRIPTICO NEGLI ANFIBI
Gli Anfibi sono dotati di notevole talento
criptico che consente loro di camuffarsi in
sassi, muschio, foglie morte, canne di
palude, porzioni di fiori, a seconda
dell’ambiente che hanno colonizzato. Le
rane arboree sudamericane del genere
Phrynohyas, per esempio, si aggrappano
degli alberi dei quali riproducono
perfettamente il disegno della corteccia,
con le zampe così strettamente accollate
al corpo da sembrare una porzione di
ramo.
Anche le raganelle del genere Hyla
si presentano con livree di diverse
tonalità di verde per nascondersi
nell’ambiente arboricolo e palustre,
aderendo alle
foglie con le
ventose a disco che hanno sulla
punta delle dita.
Pressoché invisibile, invece, è la
piccola rana Megophrys nasuta, un
Pelobatide che vive sul suolo delle
foreste asiatiche confondendosi in
mezzo alla lettiera di foglie delle
quali imita non solo i colori, ma anche
le nervature e le chiazze di fango e
muffa grazie a
caratteristiche
sporgenze della pelle, sviluppate
soprattutto sopra gli occhi.
Salamandrina dagli occhiali
Hyla arborea
Megophrys
nasuta,
Le salamandrina dagli occhiali,, hanno il dorso
scuro ed il ventre di un vivace color rossoarancio che diventa visibile quando, disturbati o
minacciati,
incurvano il tronco.
Tale
particolare atteggiamento ha probabilmente un
significato
difensivo, di ammonizione ai
potenziali predatori attraverso l’esibizione dei
vivaci colori ventrali, dato che queste specie,
come tutti gli Anfibi, secernono un secreto
viscoso ed irritante.
QUANDO LA MUTEVOLEZZA E’ UN PREGIO
La strategia difensiva adottata dai Rettili sta nell’aver sviluppato una cute squamosa e
coriacea, spesso armata di spine e protezioni ossee che nelle tartarughe si
ulteriormente rafforzata a formare il carapace, una robusta ed inespugnabile corazza
di piastre cornee. Come nei Pesci e negli Anfibi, anche in numerose specie di Rettili
sotto le squame l’epidermide contiene cellule pigmentate capaci di un’ampia variabilità
cromatica. L’esempio più classico – entrato a far parte dei luoghi comuni come simbolo di
mutevolezza – è il camaleonte (Chamaleo chamaleon).
Questo Rettile Squamato si è altamente
specializzato
nel
condurre
una
vita
arboricola, per la quale ha sviluppato
singolari adattamenti, di cui la più nota è la
straordinaria capacità mimetica: è infatti in
grado di uniformarsi all’ambiente mutando
rapidamente i propri colori nelle più diverse
tonalità di verde della vegetazione che lo
circonda. Tali cambiamenti cromatici sono
regolati non solo da fattori esterni – quali la
luminosità, la temperatura ed altri fattori
fisici – ma anche da fattori intrinseci
all’animale, come ogni particolare fase del
ciclo vitale. Come è possibile osservare,
questo animale sfoggia i suoi colori più
brillanti se esposto ad una luce intensa e ad
elevata temperatura, mentre al buio o a
temperature più basse di quelle che gli sono
congeniali la sua
livrea assumerà una
colorazione piuttosto sbiadita ed uniforme.
Durante il periodo riproduttivo, per esempio,
i maschi presentano colori accesi
che
segnalano ai loro conspecifici di tenersi alla
larga dal proprio territorio e, in caso di
combattimento,
il
maschio
sconfitto
abbandona il campo con una livrea di un
dimesso color grigio chiaro. Le eccezionali
doti mimetiche insieme all’assoluta immobilità
di cui è capace, rimanendo a lungo sospeso sui
rami in attesa di una preda fanno del
camaleonte un maestro assoluto dell’arte
della simulazione, soprattutto all’interno del
suo abituale habitat arboreo.
LA LUCERTOLA CORNUTA DISORIENTA E SI
DA’ ALLA FUGA
Quasi tutti i Lacertiliani hanno adottato livree che ben si confondono sul
terreno, dalle spettrali trasparenze dei geki alle vivaci punteggiature delle
comuni lucertole, fino ai camuffamenti più sofisticati, che riproducono non solo
i colori ma anche determinate forme dell’ambiente. La lucertola cornuta,
Phrynosoma coronatum, mescola i suoi colori con quelli delle pietre e della
sabbia del deserto messicano, aumentandone l’effetto visivo con numerose
appendici cutanee spinose che riprendono la forma della rada vegetazione
secca e irsuta di quelle zone. Se scoperta, ed il suo aspetto terrifico non basta
a scoraggiare un predatore come il coyote, ricorre ad un mezzo estremo di
difesa: tramite la rottura di un vaso capillare dell’occhio riesce a spruzzare
sangue contro il nemico che, disorientato, le lascia una via di fuga.
Phrynosoma cornuta
COCCODRILLI E DINTORNI
Anche chi fra i Rettili non possiede la capacità di mimetizzarsi variando l’intensità della
propria pigmentazione, come i coccodrilli o le tartarughe, è comunque riuscito in altri
modi a celarsi alla vista di eventuali predatori o prede. I grandi rettili come i Loricati
(coccodrilli, caimani, alligatori) hanno assunto un’uniforme colorazione brunastra che
ben si adatta alle acque fangose e stagnanti nelle quali vivono nascosti, nonostante le
loro dimensioni, anche grazie alle loro abitudini subacquee che li rendono invisibili fino
a che non sferrano i loro micidiali attacchi. I giovani invece presentano una livrea a
vistose strisce gialle che però li aiuta a nascondersi nella fitta vegetazione ripariale
dove essi si rifugiano durante il loro periodo di accrescimento.
Crodylus niloticus
Caiman crocodylus
Alligator mississipensis
ALTRO CHE INCANTATORI DI SERPENTI…I SERPENTI
SONO FRA I PIU’ ABILI MISTIFICATORI DELLA
NATURA
Sicuramente gli esempi più temibili di mimetismo aggressivo si trovano fra gli
Ofidi, i serpenti, diffusi un po’ ovunque con una grande variabilità di forme e di
strategie per la sopravvivenza, che devono parte del loro successo alla capacità
di mimetizzazione. Nascosti infatti fra la vegetazione, sotto la sabbia, fra i
sassi, nell’acqua, i serpenti cacciano le ignare prede attendendole immobili ed
invisibili nei loro molteplici travestimenti. Così anche animali di dimensioni
ragguardevoli, come il boa smeraldino (Corallus caninus) o il pitone verde
(Chondrophyton viridis), passano inosservati stando attorcigliati sui rami con le
loro avvolgenti spire verdi, che lasciano talvolta penzolare come innocue liane,
ma sempre pronti a scattare e stritolare nel loro terribile abbraccio anche
prede molto più grosse di loro. Del resto anche il serpente più grande e lungo
del mondo, la gigantesca anaconda (Eunectes murinus), che può superare i 10 m
di lunghezza ed arrivare a pesare mezza tonnellata, caccia le sue prede
nascosta negli acquitrini del Sud America riuscendo perfino ad ingannare altri
astuti e grandi predatori come i caimani, i quali diventano prede a loro volta.
Corallus caninus
Eunectes murinus
Chondrophyton viridis
I SERPENTI CORALLO E I RELATIVI “FALSI”
La diffusa fobia ancestrale che si
evoluta nei confronti dei serpenti è
stata però da alcuni sfruttata per il
proprio vantaggio, come avviene per
l’inganno inscenato da certi innocui
Ofidi che imitano appunto specie
particolarmente velenose: è il caso
dei colubridi non velenosi detti "falsi
corallo" per la livrea identica a quella
dei letali serpenti corallo.
Micrurus frontalis
Lampropeltis triangularis
campbelli
I serpenti corallo devono il loro nome alla
brillante livrea dai colori rossi, gialli, neri che
si susseguono in una serie di anelli diversa nelle
differenti specie. Talvolta la distinzione fra i
falsi coralli e quelli veri può essere fatta
semplicemente osservando il colore della testa
che nel colubride Lampropeltis triangularis
campbelli è di un colore rosso vivo, mentre è
sempre nera nei veri serpenti corallo.
Invece, fra il velenosissimo serpente
corallo Micrurus frontalis e l’innocuo
colubro Simophis rhinostoma di
diverso c’è solo la differente
lunghezza degli anelli ed una diversa
disposizione dei colori, ma le due
specie sono talmente simili da poter
essere identificate e distinte solo
comparandole da vicino. In questo
complesso caso di mimetismo i
modelli da imitare non sono, come si
potrebbe pensare, quelle specie di
serpenti
corallo
mortalmente
velenose, bensì le specie intermedie
moderatamente velenose: queste
infatti vengono imitate sia da Ofidi
del tutto
innocui come i falsi
corallo, sia dai veri serpenti corallo
dal veleno micidiale.
Simophis
rhinostoma
Nel caso degli innocui colubridi, si avvantaggiano
dell’imitazione delle forme velenose, venendo evitati
insieme alle specie pericolose; nel caso invece dei
serpenti corallo dal veleno mortale il vantaggio sta
nel non dover sprecare il loro veleno su animali che
non costituiscono prede.
LE TARTARUGHE E IL MIMETISMO DI
PREDAZIONE
Nei Cheloni, le tartarughe, il
mimetismo svolge una funzione
generalmente
protettiva,
data
l’indole lenta e pacifica di questi
animali, fra i quali esistono però
almeno due vistose eccezioni: la
mata-mata
e
la
tartaruga
alligatore.
La
prima
(Chelus
fimbriatus) vive nelle acque del
bacino amazzonico, dove tende
agguati a piccoli pesci che inganna
camuffata in mezzo alle foglie
morte del fondo:
l’orlo del
carapace sfrangiato, dai colori
simili alle foglie decomposte, la
testa appuntita e le zampe
provviste di lembi di pelle
fluttuanti nell’acqua, fanno di
questa testuggine un invisibile
predatore, capace di percepire
anche in acque torbide i movimenti
dei pesci che le passano attorno,
grazie a particolari recettori del
Chelus fimbriatus
tatto situati intorno alla bocca.
Macroclemys temmincki
L’altra cacciatrice,
la tartaruga
alligatore
del
Nord-America
(Macroclemys temmincki) è un animale
che può raggiungere dimensioni notevoli
(anche 200 kg per 1,50 m di lunghezza),
adattata alla vita sul fondo dei corsi
d’acqua dolce dove caccia all’agguato
mimetizzata dalle alghe che le ricoprono
il carapace. Specie pesante e sedentaria,
ha sviluppato una singolare tecnica di
pesca che le permette di procurarsi il
cibo senza spostarsi: la sua lingua è
infatti fornita di un’appendice carnosa,
rossa e mobile, che la tartaruga agita
come un’esca davanti ai pesci, i quali, per
afferrarla, finiscono dritti fra le sue
fauci spalancate.
FINGERSI MORTI PER NON MORIRE
LA TANATOSI (dal greco thanatos = morte) è un singolare adattamento protettivo
assunto da numerose specie animali che in caso di estremo pericolo fingono di essere
morti. Tale comportamento è caratterizzato dall’immediata ed assoluta immobilità,
dovuta ad un’intensa e prolungata contrazione muscolare mediata dal sistema nervoso
centrale, che permette al soggetto di assumere una postura del tutto simile ad un
animale morto. Questa catalessi rappresenta un fenomeno
istintivo di auto
conservazione a cui ricorrono sia gli invertebrati (soprattutto ragni e insetti) che i
vertebrati (Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi) quando l’aggressore ha precluso
loro ogni possibilità di fuga, sfruttando il fatto che di solito i predatori non attaccano
prede già morte perché le loro carni potrebbero essere inappetibili o tossiche per il
processo di decomposizione. Il predatore di fronte ad una preda morta, che non si
muove, allenta la sua concentrazione alla caccia, così che , approfittando della sua
distrazione, il finto cadavere può rapidamente "resuscitare" e sfuggire sopravvivendo
all’attacco. Non sempre però il trucco funziona: infatti se è vero che i predatori più
specializzati preferiscono cibarsi di prede vive e che, comunque, esse non vengono
quasi mai consumate dopo il decesso altri cacciatori si accontentano, in mancanza di
meglio, anche di carogne.
Cheirodon axerodi
Heterodon nasicus
Fra i Pesci un caso senz’altro conosciuto è quello
dei pesci-neon e pesci cardinali, entrambi
appartenenti alla famiglia dei Caracidi, i quali si
fingono morti non appena pescati, galleggiando
inerti nel retino o nel sacchetto dove li abbiamo
momentaneamente posti, salvo poi schizzare via
una volta rimessi nell'acquario.
Nei Rettili la tanatosi è piuttosto comune:,
diversi serpenti sfruttano l’espediente della
finta morte come fanno la biscia dal collare
(Natrix natrix) o il muso di porcello (Heterodon
nasicus). Quest’ultimo quando viene molestato si
rovescia immobile sul dorso mostrando il ventre
pallido, con la bocca spalancata e l’apertura
cloacale estroflessa dal colore della carne
putrida; contemporaneamente emette anche uno
sgradevole odore marcescente che contribuisce
a rafforzare il suo aspetto cadaverico. La
simulazione di morte si può quindi considerare
come una sorte di mimetismo in extremis, che
interviene quando le altre armi o difese naturali
non sono servite e bisogna inscenare un
espediente finale e drammatico, ma che il più
delle volte riesce a salvare la vita.
LA RECITA DI MAMMA QUAGLIA
Per difendere i suoi piccoli dall'aggressione dei predatori, la quaglia, un piccolo
uccello migratore che viene a nidificare nei nostri campi a primavera, si è
inventata una strategia che ha il sapore della beffa. Quando si accorge che un
predatore (una volpe, per esempio) è troppo vicina al nido dove alleva i suoi
pulcini se lo tira dietro con un volo scomposto per dare l'impressione di
essere ferita e quindi una preda facile. Riprende poi il volo normale quando si
accorge che il predatore è ormai lontano dal nido e lo lascia a bocca asciutta.
Nome scientifico : Coturnix coturnix
Famiglia:fasianidi
Descrizione:
17 cm. Somiglia ad una minuscola
Starna. Di solito il primo segno di
riconoscimento è dato dalla voce
caratteristica del maschio. Colore
generale giallo sabbia fortemente
striato di bianco, fulvo e nero di
sopra, più chiaro di sotto, con strie
chiare e scure ai fianchi. Vertice
bruno scuro, con una stria crema
lungo la parte mediana ed un'altra
stria crema sopra l'occhio. Il
maschio ha la gola con striature
nerastre. La femmina ha la gola
fulviccia
senza
strie
e
petto
finemente macchiettato.
Habitat:
Frequenta e nidifica nelle pasture
incolte, nei colti, in terreno aperto con
cespugli d'erba.
Note, caratteristiche e curiosità:
Volo più lento e di solito più corto di
quello della Starna. Molto difficile da
far "alzare". Solitaria tranne che
durante
la
migrazione.
Voce:
ventriloqua. Il caratteristico richiamo
del maschio è trisillabico ed ha l'accento
sulla
prima
sillaba:
un
ripetuto
quit/qui/quit; in primavera quit/ma/mau.
Femmina: quip/quip. Si ode di notte e di
giorno.
MIMESI NEGLI UCCELLI
I piccoli di piviere dorato (Charadrius apricanus), a sinistra, e quelli di piviere tortolino
( Charadrius morinellus) a destra, sono difficilmente visibili nel loro biotopo
Bisogna fare molta attenzione per scorgere la giovane
pavoncella (Vanellus vanellus) che si nasconde nel seminato
Quando un animale risulta completamente indistinguibile rispetto al suo ambiente si parla
di somatolisi (letteralmente “fuso con l’ambiente”) . In alcuni casi invece la colorazione
suddivide il corpo in tante porzioni in modo da spezzarne i contorni e rendere difficile
l’avvistamento. In questo caso si parla di colorazione disgregativa. Non meno importante è
che nessuna parte del corpo spicchi sulle altre perché la presenza di un eventuale preda
può essere tradita anche solo dal luccicare di un occhio o dal giallo intenso di un becco. Va
sottolineato, per l’ennesima volta, che nessun camuffamento è completo se ad esso no è
associato un particolare comportamento. Molti pulcini restano completamente immobili
fino al ritorno dei genitori, altri non emettono suoni o restano accovacciati a lungo per
evitare brutti incontri. È quindi abbastanza palese che, anche il migliore dei travestimenti,
risulta inefficace in un animale in movimento. Molto spesso a questo punto l’animale vuole
essere visto. È il caso di una fagiannella in cova che, all’avvicinarsi di un predatore, urla,
corre e strepita in modo tale da attirare su di sé l’attenzione salvando le uova dal peggio.
L’OCCHIO E’ UN ELEMENTO APPARISCENTE
L’occhio di un animale può tradirne con estrema facilità la presenza: in primo
luogo perché ha una forma tondeggiante, poi perché è lucente, e infine perché di
solito, è in parte almeno nero. Non è quindi un caso che nel mondo animale al
mascheramento dell’occhio, venga dedicata cura particolare. In generale gli occhi
vengono inseriti e confusi, grazie a particolari motivi o strutture, con il resto
dell’organismo.
Infine vale la pena di ricordare che il modo più semplice per camuffare gli occhi è
chiuderli. In molti casi, per esempio l’Occhione, la palpebra lascia una minuscola fessura
che permette all’animale di sorvegliare l’ambiente circostante e di rendersi il meno
evidente possibile.
Il pesce farfalla ( famiglia
Chenodonti) inserisce l’occhio
in una fascia di color nero che
circonda il capo e inganna
l’avversario con un finto occhio
posto in prossimità della pinna
caudale. In questo modo
ottiene un duplice vantaggio
infatti da un lati il suo
camuffamento
risulta
più
efficace
e
dall’altro
se
aggredito è in grado di fuggire
in direzione opposta rispetto a
quella prevista.
UN COLORE PER OGNI STAGIONE
Il colore ha una grande importanza nella vita di tutti gli animali, uomo compreso. Esso serve
per nascondersi, per farsi notare e per trovare anche il partner sessuale più giusto. In
generale è possibile distinguere il mondo animale in tre grandi categorie “cromatiche”:
animali che mantengono un’unica colorazione per tutta la vita; quelli che cambiano livrea in
modo stagionale e quelli che possono cambiare colore nel giro di pochi secondi e adattarsi a
molteplici ambienti. Una colorazione duratura è vantaggiosa in ambienti costanti in cui la
stagionalità sia minima o assente. Ne sono un esempio le foreste tropicali sempreverdi, i
deserti sabbiosi o rocciosi e i luoghi perennemente innevati.
Il cambiamento di colore avviene attraverso la muta, cioè parziale o totale rinnovamento
del tegumento ( pelliccia, piume e penne e talora pelle). Tra i mammiferi, particolarmente
degni di nota in questo senso sono, l’ermellino (Mustela erminea) e la lepre bianca (Lepus
timidus). L’ermellino d’inverno presenta solo la punta della coda nera mentre nella lepre
alpina rimangono nere solo le punte delle orecchie.
La pernice bianca (Lagopus
mutus) in inverno assume una
livrea completamente bianca
eccezione fatta per le penne
della coda che restano brune
mentre, in estate la livrea è
scura con le penne delle ali
bianche sulla punta. Nel
periodo della muta l’animale è
chiazzato bruno e bianco ma
rimane ben mimetico con
l’ambiente circostante che si
presenta a tratti bruno e a
tratti
chiaro
per
la
progressiva scomparsa della
neve.
MIMETISMO FANERICO NEI MAMMIFERI
CARATTERISTICHE:
Le dimensioni della iena ricordano quelle di un cane
lupo, con la porzione posteriore molto schiacciata. Il
pelo non è particolarmente lungo e la schiena
presenta una folta e ruvida criniera. Il mantello della
iena maculata (Crocuta crocuta) varia dal giallo scuro
al rossastro con macchie nere. Gli arti anteriori sono
evidentemente più lunghi di quelli posteriori e le
quattro dita delle zampe sono provviste di unghie
non retrattili e forti, estremamente utili per
scavare. La iena possiede una mascella poderosa e
una dentatura potente, che hanno un ruolo
fondamentale per strappare la carne e triturare le
ossa. In prossimità dell’ano è presente una grossa
ghiandola che produce delle sostanze dall’odore
molto forte (quasi nauseante) che si diffondono su
tutto il corpo: queste consentono il reciproco
riconoscimento tra gli individui del medesimo branco.
VITA ED ABITUDINI:
La iena maculata vive in branchi di 10-30 individui,
ognuno dei quali instaura forti ed articolati legami con
gli altri componenti (relazioni intraspecifiche).
All’interno del gruppo sono le femmine a stabilire le
relazioni ed i maschi non hanno alcuna voce in capitolo
(vige, quindi, il matriarcato). Tra le femmine stesse si
instaura un rapporto gerarchico, evidenziando una netta
dominanza di una femmina e delle sue figlie rispetto agli
altri componenti. La iena, oltre ad essere una specie
sociale, è territoriale: ossia il gruppo difende una
superficie di circa 15-30 km quadrati, marcando
continuamente l’area con l’urina e con le secrezioni della
ghiandola perianale.
Nome Nome scientifico: Crocuta crocuta
CURIOSITA’:
La femmina di iena dimostra
il suo carattere aggressivo e
belligerante sin dalla giovane
età, quando aggredisce i
fratelli. Alcuni studi hanno
sottolineato
che
questo
particolare comportamento è
imputabile alla presenza di
sostanze nel sangue (ormoni)
simili a quelli che inducono il
comportamento
aggressivo
nel
maschio.
Questo,
associato agli evidenti organi
sessuali (simili a quelli del
maschio),
aveva
fatto
erroneamente supporre che
la iena fosseermafrodita,
ossia
un
individuo
con
caratteri
maschili
e
femminili.
La iena maculata è un feroce predatore.
La sua fama è tanto grande che nemmeno i
leopardi, abituali predatori di iene e
sciacalli, si attentano ad avvicinarsi. Il
Protele, qui a lato, è un innocuo
insettivoro che deve la sua sopravvivenza
alla somiglianza con la iena maculata
LA RESURREZIONE DELL’OPOSSUM
Se l’opossum si sente minacciato e stima di non riuscire a difendersi con i denti e le
unghie affilate ricorre al trucco di "fingersi morto", cioè: corpo immobile, occhi vitrei e
bocca semiaperta e contratta per un periodo di tempo variabile tra alcuni secondi e
qualche ora.
CARATTERISTICHE:
La dimensione dell’opossum può variare da
quella di un topo sino a quella di un gatto.
Anche il pelo varia molto con le specie. Può
essere corto, lungo, lanoso oppure fine.
Quando
l’opossum
viene
svegliato
all’improvviso o si sente minacciato apre la
bocca e porta all’indietro i denti, così da
porre in evidenza i 50 affilatissimi e
taglienti denti.
VITA ED ABITUDINI:
Didelphis marsupialis
La maggior parte degli opossum riesce
ad arrampicarsi molto bene sugli alberi,
grazie alla capacità di tutte le zampe di
afferrare perfettamente i rami. Ogni
piede ha cinque dita e il dito più grande
(il pollice) è opposto alle altre. Oltre
alle dita la presa ai rami è assicurata
anche dalla lunga coda, non molto
pelosa, che avvolge il ramo o il tronco
(si parla di coda prensile). Gli opossum
sono degli opportunisti, cioè si possono
adattare a cibi diversi in relazione alla
disponibilità stagionale o all’abbondanza
locale. La loro dieta include frutti,
insetti, piccoli vertebrati, ma anche
In generale, l’opossum è un animale solitario,
anche se più individui si possono aggregare in
prossimità di risorse di cibo, quando
scarseggia. Qualora due animali si incontrino
si minacciano reciprocamente aprendo la
bocca e mettendo in evidenza i denti. Di
solito gli incontri sgraditi sono evitati perché
ogni animale emette dei particolari odori
facilmente riconosciuti dai propri simili.
carogne e rifiuti.
CURIOSITA’:
L’unico Marsupiale adattato alla vita acquatica è l’opossum d’acqua o
yapok. Le sue zampe posteriori sono palmate. Durante le immersioni
la femmina riesce a chiudere perfettamente il marsupio,
proteggendo l’interno dalle infiltrazioni d’acqua.
COOPERAZIONE: LA COSTRUZIONE DI UN
FAVO NATURALE (ATTIVITA’ DI API E VESPE)
Sciamatura e fondazione di un nuovo nido
E' noto che una colonia di api sciama quando il numero di individui che la costituiscono è troppo elevato
rispetto alla cavità che ha a disposizione. Il processo di sciamatura porta la vecchia regina con circa la
metà degli abitanti della colonia iniziale ad allontanarsi dal vecchio nido per trovare un luogo dove
fondare una nuova colonia. In genere, i giorni successivi all'allontanamento dalla colonia di origine lo
sciame staziona su un ramo di un albero e da qui fa base per perlustrare i dintorni in cerca di un posto
idoneo dove costruire il nuovo nido. In realtà, non è l'intero sciame che effettua la ricerca ma sono solo
alcune operaie che, in qualità di esploratrici, vagano nella campagna circostante in cerca di una cavità
appropriata per la nuova colonia. Una esploratrice che ritorna allo sciame dopo aver ispezionato una
cavità potenzialmente idonea come luogo di nidificazione comunica alle altre api, tramite una danza
scodinzolante (simile a quella usata per l'indicazione delle fonti di cibo), la direzione e la distanza del
luogo individuato. Ma circa il cinque per cento degli individui che compongono lo sciame svolge il ruolo di
esploratrice e quindi molti di loro danzeranno contemporaneamente sullo sciame per indicare diversi
luoghi potenzialmente buoni per la nidificazione. Nel giro di qualche giorno, comunque, tutte le
esploratrici raggiungeranno un accordo e saranno effettuate solo danze che danno indicazioni per il
medesimo luogo. Quando ciò accade, lo sciame parte compatto per raggiungere il luogo indicato.
Il favo naturale è sempre costruito in pura cera. La cera
impiegata , nella costruzione dei favi, è quella appena secreta
dalle api, dal colore bianco acqua. A volte viene impiegata cera
più scura, ottenuta rosicchiando favi più vecchi. La cera sotto
forma di esili scaglie, fuoriesce dalla regione ventrale dell'ape
operaia. scaglie vengono raccolte dalle operaie con le spazzole
delle zampe del terzo paio e successivamente afferrate dalle
zampe del primo paio, vengono inumidite con la saliva e
lavorate. La costruzione del favo naturale ha inizio di solito
dall'alto e si origina in due-tre punti diversi mentre gli angoli
inferiori pendono liberamente e si restringono a forma di U.
Nella costruzione, le api, formano catene a gruppi compatti,
all'interno la temperatura si mantiene sui 35° necessaria per
modellare la cera. I favi sono costituiti da due tipi di celle, di
grandezza diversa, celle per le api operaie e celle per i fuchi.
Le celle costruite, per decimetro quadro,sono variabili a
seconda della specie. Nella costruzione, regolare delle celle, le
api percepiscono il campo gravitazionale e il campo magnetico
terrestre. La gravità è avvertita da un gruppo di sensilli
filiformi che consentono di costruire i favi in modo verticale.
In natura le api costruiscono i favi in serie parallele secondo
una direzione costante, questo modo di costruire sembra per
l'influenza del campo magnetico terrestre.