Nome comune: INSETTO STECCO (Inglese: stick insect) Nome scientifico: Clonopsis gallica Famiglia: Bacillidi (Bacillidae) Ordine: Fasmidi (Phasmida) Classe: Insetti (Insecta) INTRODUZIONE: I Fasmoidei devono il loro nome scientifico (dal greco Phasma cioè fantasma) al singolare caratteristico aspetto esteriore, la cui importanza può essere valutata appieno soltanto osservando questi insetti nel loro ambiente naturale. Il capo è piccolo, le zampe hanno lunghezza varia, di solito tanto lunghe quanto più è lungo il corpo. Le ali, quando esistono, hanno l'aspetto di tegmine, che sono sempre più brevi delle ali posteriori, che a riposo si ripiegano a ventaglio. Mancano di organi stridulanti, ma, esistono, sebbene poco sviluppati, organi acustici tibiali. Allo stadio di immagine i Fasmoidei vivono su arbusti e alberi, ove riescono a sottrarsi al nemico mimetizzandosi abilmente tra la vegetazione. CARATTERISTICHE: Il nome comune descrive già ampiamente l’animale. Infatti esso ricorda proprio un piccolo ramo: il corpo allungato, esile e slanciato; le zampe lunghe e atte ad un movimento in genere lento e simile allo spostamento di un ramoscello; le ali rudimentali, ed estremamente ridotte. A ciò si aggiunge la colorazione che riflette l’ambiente circostante. La femmina raggiunge i 7 cm ed è di color verdastro o brunastro con una linea laterale bianca o rosa; il maschio non supera i 6 cm. VITA ED ABITUDINI: Questo mimetico Insetto è attivo dall’inizio della primavera sino all’autunno, e vive su piante di diverse specie delle quali si nutre. Qui grazie all’aspetto, alla colorazione e all’atteggiamento assunto può facilmente sfuggire all’osservazione dell’uomo e alle attenzioni di qualche predatore. Inoltre, in caso di pericolo può cambiare il colore del corpo adattandolo all’ambiente circostante: il cambiamento può essere rapido e momentaneo o lento e duraturo. Alcune specie assumo una colorazione chiara di giorno e una bruna di notte. Si muove lentamente soprattutto nelle ore notturne,conducendo una vita isolata. Se abbiamo l’occasione di comprimere il torace di questo animale immediatamente si immobilizza, e rimane immobile per un certo tempo (si parla di immobilizzazione riflessa). Se poi lo prendiamo per una zampa, è quasi normale che l’abbandoni. L’arto perso può essere rigenerato con caratteri simili a quello abbandonato, ma di solito più piccolo e un po’ difforme. Questo sistema di autodifesa, che comporta la perdita di una parte del corpo e la sua rigenerazione, si definisce autotomia. RIPRODUZIONE: La riproduzione può avvenire grazie all’incontro di un maschio e di una femmina, oppure mediante l’intervento esclusivo della femmina (riproduzione partenogenetica): in questo caso la femmina rilascia sul terreno 80-100 uova; queste attendono 6-24 mesi prima di schiudere (si dice che hanno un’incubazione lunga). Quando il momento per sgusciare dall’uovo è propizio,le larve fanno forza su un opercolo (una sorta di piccolo coperchio dell’uovo) ed escono. Prima di divenire adulte le larve mutano per ben quattro volte. ALLEVAMENTO: fra tutti i Fasmidi, il genere Baculum è uno dei più semplici da allevare. Si nutre di vari tipi di piante, ma più comunemente di rovo e lamponi. Importante che le piante non siano trattate con insetticidi. I rami delle piante vanno tenuti in una bottiglia con acqua, in modo da non farli appassire e cambiarli solo una volta alla settimana (se non vengono completamente divorati prima). Gli insetti vanno disposti sulle foglie, dalle quali raramente si spostano. La bottiglia, i rami in essa contenuti e gli insetti verranno collocati dentro un box dal quale non si possa uscire, ad esempio una scatola di cartone con pareti di zanzariera o tulle, oppure un box-terrario in plastica con coperchio a grata, in vendita nei negozi di animali. Almeno una volta alla settimana si deve provvedere a spruzzare rami e insetti con un vaporizzatore ad acqua, ed a pulire il fondo dagli escrementi. Una volta diventati adulti, si raccoglieranno le uova, che ben si confondono con gli escrementi, e si conserveranno in una provetta (anche in un piccolo barattolo di vetro) chiusa con del cotone. … DOPO L’IMITAZIONE DEI RAMI, ECCO QUELLA DELLE FOGLIE!!!! Veramente sorprendente è il caso della così detta “foglia che cammina" (walking leaf), un fasmide del genere Phyllium le cui femmine, non volatrici, assomigliano in maniera strabiliante ad una foglia. I maschi, più piccoli delle femmine e volatori, hanno coperture alari piccole, con una sola venatura radiale; nelle femmine, invece, tutte le venature sono disposte a formare un cospicuo ventaglio che assomiglia perfettamente alle venature di una foglia. In queste ultime l'effetto mimetico viene esaltato anche dall'appiattimento delle zampe. Nome comune: INSETTO FOGLIA GIGANTE (Inglese: laeaf insect) Nome scientifico: phyllium giganteum Famiglia: Fillidi (Phyllidae) Ordine: Fasmidi (Phasmida) Classe: Insetti (Insecta) HABITAT:foresta tropicale umida della Malesia, passa pressoché tutta la vita sullo stesso ramo, e si muove pochissimo. DESCRIZIONE: il corpo di un adulto (lungo fino a 12 cm) riproduce perfettamente per forma, dimensioni e spessore una foglia di pero indiano e addirittura le zampe, le ali e la testa sono mimetizzate alla perfezione assomigliando infatti a dei frammenti di foglia semi rosicchiati da altri insetti. In effetti sui bordi del corpo sono riprodotti dei margini di necrosi vegetale che rendono l'insieme ancora più veritiero. Quando si sposta o se viene spaventato il Phyllium ondeggia come fosse una foglia scossa dal vento, se poi viene spaventato e con questa tecnica non riesce a distogliere l'attenzione del predatore si finge morto (tanatosi). VITA E RIPRODUZIONE: i Phyllium raggiungono il loro massimo sviluppo con 8 mute svolte in 8-9 mesi. Una volta adulto vive ancora dai 3 ai 5 mesi. Durante questo lasso di tempo i Phyllium depongono molte uova, questi insetti sono esclusivamente partenogenetici (cioè depongono uova non fecondate) e in particolare del Phyllium giganteum conosciamo solo la femmina, il maschio non è mai stato osservato. Alla schiusa delle uova i piccoli sono lunghi 1,5-2 cm ancora completamente rosso mattone. A differenza delle forme adulte, le giovanili si muovono correndo abbastanza velocemente per assomigliare alle formiche e quindi non essere attaccati. ALLEVAMENTO NUTRIMENTO: i Phyllium si nutrono di foglie di rovo o rosa, non sono però molto voraci. Sarà un'ottima idea piantare direttamente nel terrario una pianta in modo da non dover continuamente cambiare le foglie (operazione che porterebbe a stressare molto gli insetti). Se questo non è possibile potremo mettere un vaso colmo d'acqua nel quale immergeremo i fusti dei rami recisi di rovo o rosa. Le uova vengono lasciate cadere al suolo dalla femmina, noi dovremo raccoglierle e porle in una scatoletta con un substrato di sabbia grossolana o vermiculite o terriccio molto umidi mantenuti a 22-24° costanti, facendo molta attenzione alla formazione di muffa che può uccidere le uova. In queste condizioni le uova si schiudono in 4-6 mesi. ALTRE IMITAZIONI DI FOGLIE FRA GLI INSETTI L'imitazione di spine, aculei, foglie o fiori è quasi prerogativa esclusiva degli insetti, in particolare dei lepidotteri. Esempi molto noti sono quelli di alcune mantidi esotiche, che imitano in modo spettacolare la corolla dei fiori sui quali vivono. Altri "maestri" nell'apparire simili a ramoscelli, presenti con alcune specie anche nella macchia mediterranea, sono i bruchi dei Geometridi, caratteristici per il loro modo di procedere "a compasso". Questi bruchi sembrano piccoli rami che sporgono dagli alberi o dagli arbusti sopra i quali si aggirano per nutrirsi. Essi si tengono saldamente attaccati al ramo per mezzo delle pseudozampe posteriori ed il loro corpo viene mantenuto inclinato e rigido in modo da rendere più efficace l'effetto mimetico. In alcune farfalle tropicali la "coda" delle ali somiglia ad un picciolo e l'intero insetto imita quasi perfettamente una foglia secca. Altri insetti stanno durante il giorno con il capo rivolto in basso e le ali strettamente aderenti al corpo il cui asse si dispone normalmente rispetto al ramo su cui si poggiano: in tal modo la somiglianza con il ramo risulta molto convincente. LE MANTIDI PREFERISCONO IMITARE I FIORI La maggior parte delle 1800 specie conosciute di mantidi ha colorazione mimetica. Sono verdi quelle che vivono tra le foglie, a macchie grigiomarrone quelle che stanno sulle cortecce. Alcune specie si presentano come un ramoscello secco e spinoso, mentre altre sono vistosamente variopinte. A queste ultime appartiene il genere Hymenopus coronatus, meglio noto come mantide orchidea. Hymenopus coronatus è fornita di espansioni a forma di petali delle zampe e del torace che rendono l'animale molto simile ad un fiore, anche quando è posato altrove. A LATO: mantide religiosa; IN BASSO: MANTIDE ORCHIDEA ALIMENTAZIONE Tutte le mantidi sono carnivore: divorano mosche, cavallette, farfalle e molti altri insetti che afferrano con le zampe anteriori Esse proiettano le loro zampe in avanti velocissime e le richiudono sulla preda. Le spine mantengono ferma la preda mentre la mantide la divora aiutandosi con le forti mandibole taglienti. In caso di mancanza di cibo, ma non solo, si possono verificare dei casi di cannibalismo molto feroci dove la mantide affamata non esita a cibarsi di un suo simile. Generalmente i casi di cannibalismo che avvengono in natura si possono verificare come è ben conosciuto durante l'accoppiamento, o in casi in cui un animale eccessivamente affamato trova sfogo ai suoi bisogni alimentari a discapito di un suo simile capitato sfortunatamente nelle grinfie dell'affamato. RIPRODUZIONE Le uova sono prodotte in una speciale sacca chiamata ooteca che deriva dall’indurimento di un liquido prodotto dalla madre attraverso speciali ghiandole addominali. L’ooteca può produrre secondo la specie da 30 a 300 giovani mantidi. Una femmina produce più di un ooteca in tutta la sua vita in relazione alla quantità di alimento assunto e alla durata della vita. L’ooteca assicura una certa protezione contro le avversità ambientali e nasconde le uova da molti predatori. I giovani fuoriescono velocemente e sono molto attivi. UN FIORE ASSASSINO CHE VIENE DALL’AFRICA Una specie africana Idolum diabolicum non si posa sui fiori perché con la sua conformazione interpreta da solo il fiore. Questo esemplare lungo 15 cm, si attacca ai cespugli o agli alberi con due sole zampe e distendendo le altre come se fossero piccoli rametti. Le zampe anteriori sono particolarmente appariscenti e somigliano ai petali di un fiore in questo modo l'insetto attira mosche, farfalle, e altri insetti attirati dai colori appariscenti. Un'altra astuzia consiste nelle macchie presenti sui falsi petali della mantide, infatti queste piccole macchie nere funzionano da richiamo (esca) per le mosche che ai loro occhi appaiono come dei simili posati su un luogo apparentemente "interessante".. Le mantidi di colorazione normale e anche quelle variopinte che abitano i fiori come Hymenopus coronatus, tengono le zampe raptatorie ripiegate, mentre Idolum diabolicum le divarica, perché solo così può mettere in evidenza i colori appariscenti che lo fanno assomigliare ad un fiore. ALLEVAMENTO DI MANTIDI L'allevamento delle mantidi non si presenta molto complesso, prima di tutto è necessario creare un ambiente adeguato che ricrei in grandi linee quello naturale in modo da eliminare il più possibile la convivenza degli insetti con fattori stressanti; quali ad esempio la mancanza di umidità o temperature sbagliate. Inoltre è necessario allestire la teca con materiale trovato in natura che offrirà riparo alle mantidi. L'alimentazione deve essere integrata essenzialmente con larve della farina e grilli. E’ molto importante una continua alimentazione in modo da eliminare eventuali casi di cannibalismo dovuti alla mancanza di cibo. Se si alleva una coppia sarebbe opportuno separarle dopo che la femmina è gravida (lo si nota perchè l'addome si gonfia notevolmente) dopo la deposizione delle ooteche è necessario cominciare a stabilire una umidità piu' alta e si consiglia di fare un piccolo sbalzo di temperatura da freddo a caldo per far nascere prima i piccoli. Una volta nati devono essere separati se non tenuti in un ambiente abbastanza ampio per evitare che si nutrano l'uno dell'altro. Altri particolari "travestimenti" che simulano foglie verdi o secche sono molto diffusi in numerose famiglie di lepidotteri, quali Geometridi, Sfingidi, Saturnidi, Lasio campidi, Nottuidi e Pieridi. A LATO: Anthocharis euphenoides – pupa Tra i lepidotteri sono assai comuni i casi di mimetismo criptico: le larve, le pupe o le farfalle adulte hanno cioè la capacità di essere "invisibili" ai predatori possedendo colorazioni simili a quelle dominanti nell’ambiente o una forma del corpo che possa confondersi con strutture naturali come pietre, steli di piante o foglie, escrementi di uccelli, e così via. Molte farfalle tropicali dei generi Kallima, Anaea e Doleschallia, presentano le ali differentemente colorate sulla superficie dorsale e ventrale: in particolare alle colorazioni molto appariscenti della pagina superiore si contrappone la colorazione criptica (marrone, grigia, nera) della parte inferiore e, spesso, sottili disegni che imitano le nervature delle foglie. Kallima inachus: dorso, sulla destra e ventre sulla sinistra Genere Anea SPAVENTARE PER NON PERIRE Zerynthia polyxena larva in atteggiamento intimidatorio. A volte vengono imitati altri animali di per sé pericolosi: così alcuni bruchi presentano forma e colorazioni tali da ricordare dei piccoli serpenti, e se disturbati ne imitano addirittura le posture di attacco. Oppure, sono moltissime le specie di farfalle sia diurne (ad esempio i Satiridi) sia notturne con ali ornate di grossi ocelli colorati. Saturnia pyri Gli ocelli vengono mostrati all’improvviso in caso di pericolo. Si pensa che i disegni imitino i grandi occhi degli uccelli rapaci, riuscendo in tal modo a spaventare e mettere in fuga l’aggressore. Paranthrene tabaniformis (mimo) che imita l'aspetto di una vespa (modello). Esistono specie che, pur essendo prive di sostanze repulsive, imitano in tutto e per tutto livrea, aspetto e comportamenti dei modelli protetti. Sono dunque dei veri e propri mimi che sfruttano le difese chimiche altrui per sfuggire alla predazione. Questo tipo di mimetismo è detto batesiano, a ricordo di Bates che, nel 1862, per primo studiò il mimetismo negli insetti. E’ chiaro che in un determinato ambiente il numero dei modelli inappetibili deve sopravanzare il numero dei mimi appetibili; in altre parole il predatore che per la prima volta assaggia un individuo di una catena mimetica batesiana deve avere un’elevata probabilità di catturare un modello disgustoso e memorizzarne la livrea: in caso contrario, continuerebbe a predare indisturbato i mimi così abbondanti (situazione che non porterebbe loro alcun vantaggio), fino a che non si imbattesse, chissà quando, in un modello. COLORAZIONE DISGREGATIVA: SONO QUI MI VEDI? Per colorazione disgregativa si intende la capacità di nascondere la forma del corpo facendola apparire spezzata in due o più parti non collegate tra loro. Questo effetto si ottiene, per mezzo di una striscia netta che percorre la linea mediana del loro dorso. Tale striscia ha lo scopo di "annullare" la simmetria dell'animale e renderlo quindi meno individuabile da parte dei predatori o delle prede. In generale ogni accorgimento che modifichi la simmetria originaria di un organismo risulta sempre vantaggioso ai fini di una loro efficace mimesi. PESCI FOGLIA ED ALTRI ABILI MISTIFICATORI La rassomiglianza con le foglie la si può riscontrare anche in alcuni vertebrati quali,ad esempio, alcuni pesci dell'Amazzonia, non a caso noti come "pesci-foglia". Il pesce foglia (Monocirrhus polyacanthus) del Sud America vive in acque immobili o con corrente debolissima e presenta il corpo appiattito in senso laterale ed una colorazione molto simile a quella di una foglia secca. Questa somiglianza viene accentuata anche dal fatto che all'estremità della mandibola si trova un'appendice molle che imita perfettamente il picciolo spezzato di una foglia. Ovviamente il comportamento di questo pesce si è modificato in modo adeguato: infatti se nuotasse normalmente la mimesi non sarebbe efficace, per questo il pesce foglia ondeggia molto lentamente ruotando anche su se stesso sino a portare la sua parte ventrale in posizione rovesciata. Questi movimenti non vengono alterati neanche in presenza di eventuali predatori. NASCOSTI E IN AGGUATO Il mimetismo è uno dei molteplici adattamenti legati alle strategie di caccia e di difesa attuati dagli animali che conducono vita bentonica. Fra questi la sogliola, che vive nascosta su fondali sabbiosi o melmosi, quando viene minacciata da un pericolo rimuove il substrato con rapidi movimenti del corpo, fino ad esserne completamente seppellita, lasciando sporgere soltanto gli occhi. A completamento di questa azione aggiunge la sua notevole capacità mimetica di confondersi col substrato, variando la propria colorazione con quella dell’ambiente. I responsabili dei diversi gradienti di colore che può assumere l’animale sono i cromatofori, particolari cellule a forma di stella contenenti i pigmenti, situati nel tessuto sottocutaneo. Sotto il controllo del sistema nervoso, l’intensità cromatica viene regolata diffondendo il pigmento a tutta la cellula o restringendolo ad una piccola area, rendendo così il pesce più o meno visibile a seconda della conformazione del fondo (sabbia, ghiaia, melma, ecc…). I Pleuronettiformi sfruttano le loro capacità mimetiche sia per nascondersi ai predatori che per tendere agguati alle loro prede, che attendono pazientemente infossati sul fondo, da cui sporgono soltanto gli occhi telescopici con cui controllano ogni movimento. Quando la preda è sufficientemente vicina, la risucchiano aspirandola in bocca. NEGLI ANFIBI C’E’ CHI SI NASCONDE E CHI SI METTE IN BELLA MOSTRA La rassomiglianza a foglie non è, tuttavia, prerogativa degli insetti: molti anfibi, infatti, presentano un criptismo che li può confondere quasi perfettamente con l'ambiente circostante. Dendrobates pumilio Dendrobates auratus Queste vistosissime rane vivono in Costa Rica. Le loro ghiandole cutanee producono potenti veleni in grado di dare la morte in pochi minuti. I forti colori sono quindi un segnale d’allarme per i predatori che urla “ NON MANGIARMI SONO TOSSICA!!!!” MIMESI COLLETTIVA Esistono in natura numerosi casi di mimesi collettiva, cioe' di animali che si aggregano tra di loro assomigliando ad un particolare substrato o ad altri organismi viventi, piante o animali. Alcuni insetti omotteri della famiglia dei Fulgoridi, che vivono su piante le cui parti fiorali sono simili a quelle della comune ginestra, quando sono posati su di esse si dispongono in modo tale da somigliare in modo impressionante a queste infiorescenze. Sempre in questo gruppo di insetti, gli individui della specie Ityraea nigrocincta possono essere sia verdi che gialli e quando si posano sugli steli verticali delle piante, gli individui verdi si poggiano sulla porzione apicale, quelli gialli in basso, simulando perfettamente una fioritura naturale. Fulgoridi che mimano un’infiorescenza, sopra le due distinte forme melaniche La farfalla Monarca l'insetto migratore più famoso del mondo, ma non è l'unico. Grande, appariscente con la sua colorazione arancione vivo listata di nero migra dal Nord America al Messico, dove passa l'inverno. La primavera successiva torna a Nord, riproducendosi durante il viaggio. Gli alberi dove si posano le Monarca sono diventati in America delle attrazioni per i turisti, tale è lo spettacolo. Una particolarità di questa farfalla è poi che nessun uccello la tocca. Subito infatti sentirebbe l'odore ripugnante e, se la inghiottisse, si ammalerebbe gravemente. La carne, infatti, sia del bruco che della farfalla, è velenosa. Il veleno viene dalla pianta di cui si nutre il bruco, l'albero della seta, velenoso per la maggior parte degli animali, eccetto che per la Monarca. Questo veleno passa poi dal bruco alla larva all'insetto adulto. Mimesi collettiva farfalle monarca in ALTRI CASI DI MIMESI CRIPTICA E' interessante, prima di concludere questa breve escursione sul criptismo, ricordare il curioso comportamento di alcuni animali che provvedono essi stessi a costruire gli oggetti che poi imitano. Un caso ben studiato è quello del ragno asiatico Cyclosa mulmeinensis che provvede ad inserire, durante la costruzione della tela, tutto attorno alla zona centrale dove si pone in agguato degli ammassi di filo disposti irregolarmente e compatti, che sulla tela possono essere facilmente scambiati per altri ragni. Questo allo scopo di dirigere su falsi bersagli gli eventuali attacchi dei predatori, rappresentati soprattutto da uccelli. COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE I segnali mimetici non necessariamente vengono utilizzati per ingannare un eventuale predatore, bensì possono anche avere finalità diverse, tra cui quella di facilitare la cattura di una preda. A questo riguardo alcuni ricercatori parlano di un vero e proprio mimetismo aggressivo, intendendo per l'appunto con questo termine il fenomeno per cui un predatore si "maschera" opportunamente, simulando un altro animale o il substrato, allo scopo di non allarmare prima dell'attacco la sua preda. Il fenomeno e' abbastanza frequente in natura e diversi e sofisticati risultano i trucchi ed i camuffamenti messi in atto dai predatori a questo scopo. Una poiana del continente americano, Buteo albonotatus, vola, ad esempio, accompagnandosi agli avvoltoi, ai quali somiglia anche nel colore e nella forma delle ali. Non essendo gli avvoltoi predatori abituali di piccoli animali, questi ultimi non ne temono la presenza. Tale comportamento favorisce, ovviamente, le poiane, le quali con il loro comportamento riescono ad avvicinarsi alle loro prede che si accorgono troppo tardi della presenza del predatore. Buteo albonotatus COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE Occasionalmente una cospicua porzione del corpo può assomigliare ad un "ghiotto boccone" che potrebbe trarre in inganno una potenziale preda. La porzione terminale della coda di alcune giovani vipere (Agkistrodon contortrix) è di colore giallo brillante e simula quasi perfetta mente un verme; l'inganno, rivolto a prede quali rospi e lucertole, viene, inoltre, amplificato mediante opportuni"attorcigliamenti" della stessa coda. Agkistrodon contortrix Agkistrodon contortrix COSA SI DEVE FARE PER MANGIARE Un altro caso molto particolare di mimetismo che rientra nella simulazione comportamentale è quello che si riferisce ad alcune specie di lucciole che si distinguono per il ritmo del lampeggiamento notturno con cui gli individui maschi e femmine di una determinata specie si riconoscono per l'accoppiamento. Generalmente il codice di segnalazione specie-specifico viene prodotto e riconosciuto soltanto dagli individui che appartengono alla stessa specie. Tuttavia, esistono alcune specie del genere Photuris, le cui femmine riescono a riprodurre correttamente il segnale luminoso dei maschi di tre specie del genere Photinus: accade così che queste femmine lampeggino con il codice dei maschi delle specie Photinus in modo da avvicinarli e mangiarli. Queste femmine attuano una duplice simulazione che consiste, da un lato, nell'applicare in un contesto predatorio un modulo comportamentale finalizzato alla riproduzione e, dall'altro, nel fare ciò imitando il codice comunicativo di un'altra specie. Photinus pryalis L’INGANNATO Photorius pennsylvani L’INGANNATORE MIMETISMO CRIPTICO NEGLI ANFIBI Gli Anfibi sono dotati di notevole talento criptico che consente loro di camuffarsi in sassi, muschio, foglie morte, canne di palude, porzioni di fiori, a seconda dell’ambiente che hanno colonizzato. Le rane arboree sudamericane del genere Phrynohyas, per esempio, si aggrappano degli alberi dei quali riproducono perfettamente il disegno della corteccia, con le zampe così strettamente accollate al corpo da sembrare una porzione di ramo. Anche le raganelle del genere Hyla si presentano con livree di diverse tonalità di verde per nascondersi nell’ambiente arboricolo e palustre, aderendo alle foglie con le ventose a disco che hanno sulla punta delle dita. Pressoché invisibile, invece, è la piccola rana Megophrys nasuta, un Pelobatide che vive sul suolo delle foreste asiatiche confondendosi in mezzo alla lettiera di foglie delle quali imita non solo i colori, ma anche le nervature e le chiazze di fango e muffa grazie a caratteristiche sporgenze della pelle, sviluppate soprattutto sopra gli occhi. Salamandrina dagli occhiali Hyla arborea Megophrys nasuta, Le salamandrina dagli occhiali,, hanno il dorso scuro ed il ventre di un vivace color rossoarancio che diventa visibile quando, disturbati o minacciati, incurvano il tronco. Tale particolare atteggiamento ha probabilmente un significato difensivo, di ammonizione ai potenziali predatori attraverso l’esibizione dei vivaci colori ventrali, dato che queste specie, come tutti gli Anfibi, secernono un secreto viscoso ed irritante. QUANDO LA MUTEVOLEZZA E’ UN PREGIO La strategia difensiva adottata dai Rettili sta nell’aver sviluppato una cute squamosa e coriacea, spesso armata di spine e protezioni ossee che nelle tartarughe si ulteriormente rafforzata a formare il carapace, una robusta ed inespugnabile corazza di piastre cornee. Come nei Pesci e negli Anfibi, anche in numerose specie di Rettili sotto le squame l’epidermide contiene cellule pigmentate capaci di un’ampia variabilità cromatica. L’esempio più classico – entrato a far parte dei luoghi comuni come simbolo di mutevolezza – è il camaleonte (Chamaleo chamaleon). Questo Rettile Squamato si è altamente specializzato nel condurre una vita arboricola, per la quale ha sviluppato singolari adattamenti, di cui la più nota è la straordinaria capacità mimetica: è infatti in grado di uniformarsi all’ambiente mutando rapidamente i propri colori nelle più diverse tonalità di verde della vegetazione che lo circonda. Tali cambiamenti cromatici sono regolati non solo da fattori esterni – quali la luminosità, la temperatura ed altri fattori fisici – ma anche da fattori intrinseci all’animale, come ogni particolare fase del ciclo vitale. Come è possibile osservare, questo animale sfoggia i suoi colori più brillanti se esposto ad una luce intensa e ad elevata temperatura, mentre al buio o a temperature più basse di quelle che gli sono congeniali la sua livrea assumerà una colorazione piuttosto sbiadita ed uniforme. Durante il periodo riproduttivo, per esempio, i maschi presentano colori accesi che segnalano ai loro conspecifici di tenersi alla larga dal proprio territorio e, in caso di combattimento, il maschio sconfitto abbandona il campo con una livrea di un dimesso color grigio chiaro. Le eccezionali doti mimetiche insieme all’assoluta immobilità di cui è capace, rimanendo a lungo sospeso sui rami in attesa di una preda fanno del camaleonte un maestro assoluto dell’arte della simulazione, soprattutto all’interno del suo abituale habitat arboreo. LA LUCERTOLA CORNUTA DISORIENTA E SI DA’ ALLA FUGA Quasi tutti i Lacertiliani hanno adottato livree che ben si confondono sul terreno, dalle spettrali trasparenze dei geki alle vivaci punteggiature delle comuni lucertole, fino ai camuffamenti più sofisticati, che riproducono non solo i colori ma anche determinate forme dell’ambiente. La lucertola cornuta, Phrynosoma coronatum, mescola i suoi colori con quelli delle pietre e della sabbia del deserto messicano, aumentandone l’effetto visivo con numerose appendici cutanee spinose che riprendono la forma della rada vegetazione secca e irsuta di quelle zone. Se scoperta, ed il suo aspetto terrifico non basta a scoraggiare un predatore come il coyote, ricorre ad un mezzo estremo di difesa: tramite la rottura di un vaso capillare dell’occhio riesce a spruzzare sangue contro il nemico che, disorientato, le lascia una via di fuga. Phrynosoma cornuta COCCODRILLI E DINTORNI Anche chi fra i Rettili non possiede la capacità di mimetizzarsi variando l’intensità della propria pigmentazione, come i coccodrilli o le tartarughe, è comunque riuscito in altri modi a celarsi alla vista di eventuali predatori o prede. I grandi rettili come i Loricati (coccodrilli, caimani, alligatori) hanno assunto un’uniforme colorazione brunastra che ben si adatta alle acque fangose e stagnanti nelle quali vivono nascosti, nonostante le loro dimensioni, anche grazie alle loro abitudini subacquee che li rendono invisibili fino a che non sferrano i loro micidiali attacchi. I giovani invece presentano una livrea a vistose strisce gialle che però li aiuta a nascondersi nella fitta vegetazione ripariale dove essi si rifugiano durante il loro periodo di accrescimento. Crodylus niloticus Caiman crocodylus Alligator mississipensis ALTRO CHE INCANTATORI DI SERPENTI…I SERPENTI SONO FRA I PIU’ ABILI MISTIFICATORI DELLA NATURA Sicuramente gli esempi più temibili di mimetismo aggressivo si trovano fra gli Ofidi, i serpenti, diffusi un po’ ovunque con una grande variabilità di forme e di strategie per la sopravvivenza, che devono parte del loro successo alla capacità di mimetizzazione. Nascosti infatti fra la vegetazione, sotto la sabbia, fra i sassi, nell’acqua, i serpenti cacciano le ignare prede attendendole immobili ed invisibili nei loro molteplici travestimenti. Così anche animali di dimensioni ragguardevoli, come il boa smeraldino (Corallus caninus) o il pitone verde (Chondrophyton viridis), passano inosservati stando attorcigliati sui rami con le loro avvolgenti spire verdi, che lasciano talvolta penzolare come innocue liane, ma sempre pronti a scattare e stritolare nel loro terribile abbraccio anche prede molto più grosse di loro. Del resto anche il serpente più grande e lungo del mondo, la gigantesca anaconda (Eunectes murinus), che può superare i 10 m di lunghezza ed arrivare a pesare mezza tonnellata, caccia le sue prede nascosta negli acquitrini del Sud America riuscendo perfino ad ingannare altri astuti e grandi predatori come i caimani, i quali diventano prede a loro volta. Corallus caninus Eunectes murinus Chondrophyton viridis I SERPENTI CORALLO E I RELATIVI “FALSI” La diffusa fobia ancestrale che si evoluta nei confronti dei serpenti è stata però da alcuni sfruttata per il proprio vantaggio, come avviene per l’inganno inscenato da certi innocui Ofidi che imitano appunto specie particolarmente velenose: è il caso dei colubridi non velenosi detti "falsi corallo" per la livrea identica a quella dei letali serpenti corallo. Micrurus frontalis Lampropeltis triangularis campbelli I serpenti corallo devono il loro nome alla brillante livrea dai colori rossi, gialli, neri che si susseguono in una serie di anelli diversa nelle differenti specie. Talvolta la distinzione fra i falsi coralli e quelli veri può essere fatta semplicemente osservando il colore della testa che nel colubride Lampropeltis triangularis campbelli è di un colore rosso vivo, mentre è sempre nera nei veri serpenti corallo. Invece, fra il velenosissimo serpente corallo Micrurus frontalis e l’innocuo colubro Simophis rhinostoma di diverso c’è solo la differente lunghezza degli anelli ed una diversa disposizione dei colori, ma le due specie sono talmente simili da poter essere identificate e distinte solo comparandole da vicino. In questo complesso caso di mimetismo i modelli da imitare non sono, come si potrebbe pensare, quelle specie di serpenti corallo mortalmente velenose, bensì le specie intermedie moderatamente velenose: queste infatti vengono imitate sia da Ofidi del tutto innocui come i falsi corallo, sia dai veri serpenti corallo dal veleno micidiale. Simophis rhinostoma Nel caso degli innocui colubridi, si avvantaggiano dell’imitazione delle forme velenose, venendo evitati insieme alle specie pericolose; nel caso invece dei serpenti corallo dal veleno mortale il vantaggio sta nel non dover sprecare il loro veleno su animali che non costituiscono prede. LE TARTARUGHE E IL MIMETISMO DI PREDAZIONE Nei Cheloni, le tartarughe, il mimetismo svolge una funzione generalmente protettiva, data l’indole lenta e pacifica di questi animali, fra i quali esistono però almeno due vistose eccezioni: la mata-mata e la tartaruga alligatore. La prima (Chelus fimbriatus) vive nelle acque del bacino amazzonico, dove tende agguati a piccoli pesci che inganna camuffata in mezzo alle foglie morte del fondo: l’orlo del carapace sfrangiato, dai colori simili alle foglie decomposte, la testa appuntita e le zampe provviste di lembi di pelle fluttuanti nell’acqua, fanno di questa testuggine un invisibile predatore, capace di percepire anche in acque torbide i movimenti dei pesci che le passano attorno, grazie a particolari recettori del Chelus fimbriatus tatto situati intorno alla bocca. Macroclemys temmincki L’altra cacciatrice, la tartaruga alligatore del Nord-America (Macroclemys temmincki) è un animale che può raggiungere dimensioni notevoli (anche 200 kg per 1,50 m di lunghezza), adattata alla vita sul fondo dei corsi d’acqua dolce dove caccia all’agguato mimetizzata dalle alghe che le ricoprono il carapace. Specie pesante e sedentaria, ha sviluppato una singolare tecnica di pesca che le permette di procurarsi il cibo senza spostarsi: la sua lingua è infatti fornita di un’appendice carnosa, rossa e mobile, che la tartaruga agita come un’esca davanti ai pesci, i quali, per afferrarla, finiscono dritti fra le sue fauci spalancate. FINGERSI MORTI PER NON MORIRE LA TANATOSI (dal greco thanatos = morte) è un singolare adattamento protettivo assunto da numerose specie animali che in caso di estremo pericolo fingono di essere morti. Tale comportamento è caratterizzato dall’immediata ed assoluta immobilità, dovuta ad un’intensa e prolungata contrazione muscolare mediata dal sistema nervoso centrale, che permette al soggetto di assumere una postura del tutto simile ad un animale morto. Questa catalessi rappresenta un fenomeno istintivo di auto conservazione a cui ricorrono sia gli invertebrati (soprattutto ragni e insetti) che i vertebrati (Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi) quando l’aggressore ha precluso loro ogni possibilità di fuga, sfruttando il fatto che di solito i predatori non attaccano prede già morte perché le loro carni potrebbero essere inappetibili o tossiche per il processo di decomposizione. Il predatore di fronte ad una preda morta, che non si muove, allenta la sua concentrazione alla caccia, così che , approfittando della sua distrazione, il finto cadavere può rapidamente "resuscitare" e sfuggire sopravvivendo all’attacco. Non sempre però il trucco funziona: infatti se è vero che i predatori più specializzati preferiscono cibarsi di prede vive e che, comunque, esse non vengono quasi mai consumate dopo il decesso altri cacciatori si accontentano, in mancanza di meglio, anche di carogne. Cheirodon axerodi Heterodon nasicus Fra i Pesci un caso senz’altro conosciuto è quello dei pesci-neon e pesci cardinali, entrambi appartenenti alla famiglia dei Caracidi, i quali si fingono morti non appena pescati, galleggiando inerti nel retino o nel sacchetto dove li abbiamo momentaneamente posti, salvo poi schizzare via una volta rimessi nell'acquario. Nei Rettili la tanatosi è piuttosto comune:, diversi serpenti sfruttano l’espediente della finta morte come fanno la biscia dal collare (Natrix natrix) o il muso di porcello (Heterodon nasicus). Quest’ultimo quando viene molestato si rovescia immobile sul dorso mostrando il ventre pallido, con la bocca spalancata e l’apertura cloacale estroflessa dal colore della carne putrida; contemporaneamente emette anche uno sgradevole odore marcescente che contribuisce a rafforzare il suo aspetto cadaverico. La simulazione di morte si può quindi considerare come una sorte di mimetismo in extremis, che interviene quando le altre armi o difese naturali non sono servite e bisogna inscenare un espediente finale e drammatico, ma che il più delle volte riesce a salvare la vita. LA RECITA DI MAMMA QUAGLIA Per difendere i suoi piccoli dall'aggressione dei predatori, la quaglia, un piccolo uccello migratore che viene a nidificare nei nostri campi a primavera, si è inventata una strategia che ha il sapore della beffa. Quando si accorge che un predatore (una volpe, per esempio) è troppo vicina al nido dove alleva i suoi pulcini se lo tira dietro con un volo scomposto per dare l'impressione di essere ferita e quindi una preda facile. Riprende poi il volo normale quando si accorge che il predatore è ormai lontano dal nido e lo lascia a bocca asciutta. Nome scientifico : Coturnix coturnix Famiglia:fasianidi Descrizione: 17 cm. Somiglia ad una minuscola Starna. Di solito il primo segno di riconoscimento è dato dalla voce caratteristica del maschio. Colore generale giallo sabbia fortemente striato di bianco, fulvo e nero di sopra, più chiaro di sotto, con strie chiare e scure ai fianchi. Vertice bruno scuro, con una stria crema lungo la parte mediana ed un'altra stria crema sopra l'occhio. Il maschio ha la gola con striature nerastre. La femmina ha la gola fulviccia senza strie e petto finemente macchiettato. Habitat: Frequenta e nidifica nelle pasture incolte, nei colti, in terreno aperto con cespugli d'erba. Note, caratteristiche e curiosità: Volo più lento e di solito più corto di quello della Starna. Molto difficile da far "alzare". Solitaria tranne che durante la migrazione. Voce: ventriloqua. Il caratteristico richiamo del maschio è trisillabico ed ha l'accento sulla prima sillaba: un ripetuto quit/qui/quit; in primavera quit/ma/mau. Femmina: quip/quip. Si ode di notte e di giorno. MIMESI NEGLI UCCELLI I piccoli di piviere dorato (Charadrius apricanus), a sinistra, e quelli di piviere tortolino ( Charadrius morinellus) a destra, sono difficilmente visibili nel loro biotopo Bisogna fare molta attenzione per scorgere la giovane pavoncella (Vanellus vanellus) che si nasconde nel seminato Quando un animale risulta completamente indistinguibile rispetto al suo ambiente si parla di somatolisi (letteralmente “fuso con l’ambiente”) . In alcuni casi invece la colorazione suddivide il corpo in tante porzioni in modo da spezzarne i contorni e rendere difficile l’avvistamento. In questo caso si parla di colorazione disgregativa. Non meno importante è che nessuna parte del corpo spicchi sulle altre perché la presenza di un eventuale preda può essere tradita anche solo dal luccicare di un occhio o dal giallo intenso di un becco. Va sottolineato, per l’ennesima volta, che nessun camuffamento è completo se ad esso no è associato un particolare comportamento. Molti pulcini restano completamente immobili fino al ritorno dei genitori, altri non emettono suoni o restano accovacciati a lungo per evitare brutti incontri. È quindi abbastanza palese che, anche il migliore dei travestimenti, risulta inefficace in un animale in movimento. Molto spesso a questo punto l’animale vuole essere visto. È il caso di una fagiannella in cova che, all’avvicinarsi di un predatore, urla, corre e strepita in modo tale da attirare su di sé l’attenzione salvando le uova dal peggio. L’OCCHIO E’ UN ELEMENTO APPARISCENTE L’occhio di un animale può tradirne con estrema facilità la presenza: in primo luogo perché ha una forma tondeggiante, poi perché è lucente, e infine perché di solito, è in parte almeno nero. Non è quindi un caso che nel mondo animale al mascheramento dell’occhio, venga dedicata cura particolare. In generale gli occhi vengono inseriti e confusi, grazie a particolari motivi o strutture, con il resto dell’organismo. Infine vale la pena di ricordare che il modo più semplice per camuffare gli occhi è chiuderli. In molti casi, per esempio l’Occhione, la palpebra lascia una minuscola fessura che permette all’animale di sorvegliare l’ambiente circostante e di rendersi il meno evidente possibile. Il pesce farfalla ( famiglia Chenodonti) inserisce l’occhio in una fascia di color nero che circonda il capo e inganna l’avversario con un finto occhio posto in prossimità della pinna caudale. In questo modo ottiene un duplice vantaggio infatti da un lati il suo camuffamento risulta più efficace e dall’altro se aggredito è in grado di fuggire in direzione opposta rispetto a quella prevista. UN COLORE PER OGNI STAGIONE Il colore ha una grande importanza nella vita di tutti gli animali, uomo compreso. Esso serve per nascondersi, per farsi notare e per trovare anche il partner sessuale più giusto. In generale è possibile distinguere il mondo animale in tre grandi categorie “cromatiche”: animali che mantengono un’unica colorazione per tutta la vita; quelli che cambiano livrea in modo stagionale e quelli che possono cambiare colore nel giro di pochi secondi e adattarsi a molteplici ambienti. Una colorazione duratura è vantaggiosa in ambienti costanti in cui la stagionalità sia minima o assente. Ne sono un esempio le foreste tropicali sempreverdi, i deserti sabbiosi o rocciosi e i luoghi perennemente innevati. Il cambiamento di colore avviene attraverso la muta, cioè parziale o totale rinnovamento del tegumento ( pelliccia, piume e penne e talora pelle). Tra i mammiferi, particolarmente degni di nota in questo senso sono, l’ermellino (Mustela erminea) e la lepre bianca (Lepus timidus). L’ermellino d’inverno presenta solo la punta della coda nera mentre nella lepre alpina rimangono nere solo le punte delle orecchie. La pernice bianca (Lagopus mutus) in inverno assume una livrea completamente bianca eccezione fatta per le penne della coda che restano brune mentre, in estate la livrea è scura con le penne delle ali bianche sulla punta. Nel periodo della muta l’animale è chiazzato bruno e bianco ma rimane ben mimetico con l’ambiente circostante che si presenta a tratti bruno e a tratti chiaro per la progressiva scomparsa della neve. MIMETISMO FANERICO NEI MAMMIFERI CARATTERISTICHE: Le dimensioni della iena ricordano quelle di un cane lupo, con la porzione posteriore molto schiacciata. Il pelo non è particolarmente lungo e la schiena presenta una folta e ruvida criniera. Il mantello della iena maculata (Crocuta crocuta) varia dal giallo scuro al rossastro con macchie nere. Gli arti anteriori sono evidentemente più lunghi di quelli posteriori e le quattro dita delle zampe sono provviste di unghie non retrattili e forti, estremamente utili per scavare. La iena possiede una mascella poderosa e una dentatura potente, che hanno un ruolo fondamentale per strappare la carne e triturare le ossa. In prossimità dell’ano è presente una grossa ghiandola che produce delle sostanze dall’odore molto forte (quasi nauseante) che si diffondono su tutto il corpo: queste consentono il reciproco riconoscimento tra gli individui del medesimo branco. VITA ED ABITUDINI: La iena maculata vive in branchi di 10-30 individui, ognuno dei quali instaura forti ed articolati legami con gli altri componenti (relazioni intraspecifiche). All’interno del gruppo sono le femmine a stabilire le relazioni ed i maschi non hanno alcuna voce in capitolo (vige, quindi, il matriarcato). Tra le femmine stesse si instaura un rapporto gerarchico, evidenziando una netta dominanza di una femmina e delle sue figlie rispetto agli altri componenti. La iena, oltre ad essere una specie sociale, è territoriale: ossia il gruppo difende una superficie di circa 15-30 km quadrati, marcando continuamente l’area con l’urina e con le secrezioni della ghiandola perianale. Nome Nome scientifico: Crocuta crocuta CURIOSITA’: La femmina di iena dimostra il suo carattere aggressivo e belligerante sin dalla giovane età, quando aggredisce i fratelli. Alcuni studi hanno sottolineato che questo particolare comportamento è imputabile alla presenza di sostanze nel sangue (ormoni) simili a quelli che inducono il comportamento aggressivo nel maschio. Questo, associato agli evidenti organi sessuali (simili a quelli del maschio), aveva fatto erroneamente supporre che la iena fosseermafrodita, ossia un individuo con caratteri maschili e femminili. La iena maculata è un feroce predatore. La sua fama è tanto grande che nemmeno i leopardi, abituali predatori di iene e sciacalli, si attentano ad avvicinarsi. Il Protele, qui a lato, è un innocuo insettivoro che deve la sua sopravvivenza alla somiglianza con la iena maculata LA RESURREZIONE DELL’OPOSSUM Se l’opossum si sente minacciato e stima di non riuscire a difendersi con i denti e le unghie affilate ricorre al trucco di "fingersi morto", cioè: corpo immobile, occhi vitrei e bocca semiaperta e contratta per un periodo di tempo variabile tra alcuni secondi e qualche ora. CARATTERISTICHE: La dimensione dell’opossum può variare da quella di un topo sino a quella di un gatto. Anche il pelo varia molto con le specie. Può essere corto, lungo, lanoso oppure fine. Quando l’opossum viene svegliato all’improvviso o si sente minacciato apre la bocca e porta all’indietro i denti, così da porre in evidenza i 50 affilatissimi e taglienti denti. VITA ED ABITUDINI: Didelphis marsupialis La maggior parte degli opossum riesce ad arrampicarsi molto bene sugli alberi, grazie alla capacità di tutte le zampe di afferrare perfettamente i rami. Ogni piede ha cinque dita e il dito più grande (il pollice) è opposto alle altre. Oltre alle dita la presa ai rami è assicurata anche dalla lunga coda, non molto pelosa, che avvolge il ramo o il tronco (si parla di coda prensile). Gli opossum sono degli opportunisti, cioè si possono adattare a cibi diversi in relazione alla disponibilità stagionale o all’abbondanza locale. La loro dieta include frutti, insetti, piccoli vertebrati, ma anche In generale, l’opossum è un animale solitario, anche se più individui si possono aggregare in prossimità di risorse di cibo, quando scarseggia. Qualora due animali si incontrino si minacciano reciprocamente aprendo la bocca e mettendo in evidenza i denti. Di solito gli incontri sgraditi sono evitati perché ogni animale emette dei particolari odori facilmente riconosciuti dai propri simili. carogne e rifiuti. CURIOSITA’: L’unico Marsupiale adattato alla vita acquatica è l’opossum d’acqua o yapok. Le sue zampe posteriori sono palmate. Durante le immersioni la femmina riesce a chiudere perfettamente il marsupio, proteggendo l’interno dalle infiltrazioni d’acqua. COOPERAZIONE: LA COSTRUZIONE DI UN FAVO NATURALE (ATTIVITA’ DI API E VESPE) Sciamatura e fondazione di un nuovo nido E' noto che una colonia di api sciama quando il numero di individui che la costituiscono è troppo elevato rispetto alla cavità che ha a disposizione. Il processo di sciamatura porta la vecchia regina con circa la metà degli abitanti della colonia iniziale ad allontanarsi dal vecchio nido per trovare un luogo dove fondare una nuova colonia. In genere, i giorni successivi all'allontanamento dalla colonia di origine lo sciame staziona su un ramo di un albero e da qui fa base per perlustrare i dintorni in cerca di un posto idoneo dove costruire il nuovo nido. In realtà, non è l'intero sciame che effettua la ricerca ma sono solo alcune operaie che, in qualità di esploratrici, vagano nella campagna circostante in cerca di una cavità appropriata per la nuova colonia. Una esploratrice che ritorna allo sciame dopo aver ispezionato una cavità potenzialmente idonea come luogo di nidificazione comunica alle altre api, tramite una danza scodinzolante (simile a quella usata per l'indicazione delle fonti di cibo), la direzione e la distanza del luogo individuato. Ma circa il cinque per cento degli individui che compongono lo sciame svolge il ruolo di esploratrice e quindi molti di loro danzeranno contemporaneamente sullo sciame per indicare diversi luoghi potenzialmente buoni per la nidificazione. Nel giro di qualche giorno, comunque, tutte le esploratrici raggiungeranno un accordo e saranno effettuate solo danze che danno indicazioni per il medesimo luogo. Quando ciò accade, lo sciame parte compatto per raggiungere il luogo indicato. Il favo naturale è sempre costruito in pura cera. La cera impiegata , nella costruzione dei favi, è quella appena secreta dalle api, dal colore bianco acqua. A volte viene impiegata cera più scura, ottenuta rosicchiando favi più vecchi. La cera sotto forma di esili scaglie, fuoriesce dalla regione ventrale dell'ape operaia. scaglie vengono raccolte dalle operaie con le spazzole delle zampe del terzo paio e successivamente afferrate dalle zampe del primo paio, vengono inumidite con la saliva e lavorate. La costruzione del favo naturale ha inizio di solito dall'alto e si origina in due-tre punti diversi mentre gli angoli inferiori pendono liberamente e si restringono a forma di U. Nella costruzione, le api, formano catene a gruppi compatti, all'interno la temperatura si mantiene sui 35° necessaria per modellare la cera. I favi sono costituiti da due tipi di celle, di grandezza diversa, celle per le api operaie e celle per i fuchi. Le celle costruite, per decimetro quadro,sono variabili a seconda della specie. Nella costruzione, regolare delle celle, le api percepiscono il campo gravitazionale e il campo magnetico terrestre. La gravità è avvertita da un gruppo di sensilli filiformi che consentono di costruire i favi in modo verticale. In natura le api costruiscono i favi in serie parallele secondo una direzione costante, questo modo di costruire sembra per l'influenza del campo magnetico terrestre.