LA VITA SPIRITUALE CRISTIANA
di ENZO BIANCHI , priore della comunità monastica di Bose
Incontro per l’inaugurazione di Villa Pace, 4 ottobre 2005
Premessa
Se ho accettato questa sera di offrire una riflessione dopo aver fatto già una
conferenza a San Barnaba, ve lo dico francamente, è solo perché siete dell’Azione
Cattolica. Altrimenti (applausi) – no! la mia non è una captazio benevolentiae – ma
data la mia età e il mio essere ormai sempre più restio a fare conferenze, non avrei
accettato. Ma vi posso dire due cose, la prima che io ho fatto tutto il tragitto
dell’Azione Cattolica da fiamma bianca … forse non ci sono più le fiamme bianche …
ai miei tempi c’erano: fiamma bianca, fiamma verde, fiamma rossa, poi sono
arrivato alla Fuci e come sono arrivato io la Fuci si è sciolta, non perché sono
arrivato io, ma perché in quel anno … insomma la Fuci in tutta Italia gemeva, e in
quel anno l’Assistente della Fuci lasciò la Fuci e lasciò il sacerdozio, il cardinal
Pellegrino ne nominò un altro e lasciò la Fuci e lasciò il sacerdozio. Allora dopo due
assistenti diocesani si sciolse la Fuci a Torino, e così io pensai di percorrere altre
strade. E poi dire che un merito anche se forse …, va’ be’ ve lo dico poi voi non lo
divulgate, ma è la verità, … se c’è un paragrafo preciso che distingue l’Azione
Cattolica rispetto ai movimenti e a tutto il resto negli orientamenti della Chiesa
Italiana per il prossimo decennio è dovuto esclusivamente a me, che ho insistito
perché non ci fosse un paragrafo generale sui Movimenti, ma che si distinguesse dai
movimenti l’Azione Cattolica. Sappiatelo!
La vita spirituale oggi non è una vita al disopra della realtà quotidiana ma è vissuta
nell’esistenza di tutti i giorni
Questa sera vorrei parlavi della vita spirituale oggi, della spiritualità cristiana oggi, e tento di
farlo, per quanto è possibile, attraverso una meditazione che non può essere certamente
lunga, ma vorrei indicare il profilo della vita spirituale cristiana oggi, e di conseguenza quali
sono i mezzi per viverla in pienezza, secondo la misura della fede vissuta e dei doni ricevuti dal
Signore.
Voglio subito dire che la vita spirituale non è una vita al disopra della realtà quotidiana, ma è
una vita vissuta nell’esistenza di tutti i giorni senza evasioni e senza esenzioni.
Guai a chi contrappone la vita spirituale a una vita materiale, perché in realtà la vita spirituale
riguarda la vita materiale. Riguarda tutta la persona del credente: la sua carne, il suo sangue,
il suo quotidiano, la sua psiche e il suo spirito. Va anche detto che l’espressione “vita
spirituale” è molto ampia, perfino ambigua, oggi. Sia perché riguarda tutti gli uomini, ogni
uomo - credente o no, cristiano o appartenente ad altre vie religiose - ma soprattutto perché è
una dimensione della esperienza umana.
Ogni uomo vive anche spiritualmente - in ogni uomo c’è lo Spirito Santo
Noi possiamo dire che ogni uomo vive anche spiritualmente.
Quando nell’uomo insorge la domanda di senso, quando l’uomo attratto dalla conoscenza di sé
stesso inizia ad esplorare ciò che a lui è interiore, quando inizia ad osservare ed ascoltare il
mondo, a pensare, a meditare e a interpretare, in conseguenza a scegliere, a decidere, ad
assumere sentimenti e comportamenti … ebbene in quel uomo inizia la vita spirituale.
In ogni uomo c’è certamente lo spirito – con la “s” minuscola – ma nessuno di noi sa quando lo
spirito con “s” minuscola è animato dallo Spirito con la “S” maiuscola.
Sicché dire “vita animata dallo Spirito Santo” significa mai escludere che questo avvenga nella
vita di “ogni” uomo.
Noi cristiani non dovremmo mai dimenticarlo, anche se oggi ho l’impressione si tenti di negare
questa verità che appartiene alla grande tradizione cattolica: e cioè che ogni uomo, credente o
non credente, cristiano o non cristiano, peccatore o giusto, ogni uomo è sempre fatto ad
immagine e somiglianza di Dio, per una volontà creativa di Dio… e che in ogni uomo c’è lo
Spirito Santo.
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In ogni uomo c’è lo Spirito Santo! Perché il sigillo dell’immagine e della somiglianza di Dio in
ogni uomo, cristiano e non cristiano, è lo Spirito Santo. E quindi in ogni uomo c’è una vita
spirituale che noi non sappiamo misurare, soprattutto nella dinamica in cui agisce lo Spirito
dell’uomo e in cui agisce lo Spirito di Dio.
D’altronde la Bibbia ce lo testifica fin dall’inizio. “Dio soffiò nelle narici del terrestre uno Spirito
vivente” (Gen. 2, 7). Certo è lo spirito degli uomini che si distingue dallo spirito degli animali.
Ma tutta la lettura che hanno fatto i Padri della Chiesa di questo versetto dice che Dio soffiò
nell’uomo lo Spirito Santo, quello Spirito che è la vita in Dio stesso.
Fondamento della vita spirituale è l’esigenza di senso
Fondamento della vita spirituale è l’esigenza di senso che abita gli umani. Per trovare questo
senso l’uomo deve cercare, vivere, sperimentare in profondità. Di conseguenza la vita
spirituale può anche essere detta vita interiore. E quando noi pensiamo alla vita interiore di
una persona noi cerchiamo di intravedere ciò che in essa c’è di più profondo: le sue
motivazioni ultime, il suo fondamento, i suoi ideali, ciò che lo anima.
L’oracolo di Delfi, non a caso un oracolo pagano, continua a chiedere: “Uomo conosci te
stesso”.
Vita spirituale chiede interiorizzazione, integrazione dell’esperienza e degli eventi vissuti,
interpretazione di tutto ciò che l’uomo conosce, per giungere, pur accettando l’enigma e le
ombre che ci abitano, a conoscerci.
Ci sono delle domande che siccome ci sono state tramandate dalla “gnosi”1 sono state troppo
facilmente espunte da una certa spiritualità cristiana, che tuttavia secondo me sono le
domande fondamentali, voi le conoscete: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, cosa ci
arde nel cuore, chi sono gli altri per noi.
Queste domande non sono solo quelle soltanto della gnosi tramandate a noi da Valentiniano,
ma sono quelle domande che devono essere ripetute nella struttura dialogica interiore di ogni
uomo. Se l’uomo vuole aprire vie, itinerari di senso e di speranza deve porsi queste domande.
Ogni uomo, dunque, può sviluppare la vita spirituale. Oppure può non custodirla, può
soffocarla. Soprattutto oggi in cui certamente c’è grande spazio a “a quell’omologazione
dell’intimo cui tendono le società conformiste” (U.Galimberti).
La vita spirituale dunque è quella di ogni uomo, interiore.
È in questa vita spirituale, che deve assolutamente esserci, che può innestarsi la vita spirituale
cristiana, la quale trascende la vita spirituale umana, non appartiene certamente a tutti, ma è
quella vita possibile a causa dello Spirito creatore, che la fa essere, la sostiene, la ispira, la
porta ad una pienezza impossibile da raggiungersi con le sole forze umane.
Ecco la vita spirituale cristiana ha relazione con la vita spirituale interiore umana ma la
trascende. Può essere solo, infatti, una risposta di fede, di speranza e di carità al Dio che
chiama, una risposta al Dio che si lascia raccontare da Gesù Cristo e che si fa presenza efficace
nello Spirito Santo.
Quando inizia la vita spirituale cristiana?
La vita spirituale cristiana nasce nel Battesimo, quando risuona la parola di Dio rivolta al
cristiano: “Tu sei mio figlio! Tu sei mio figlio”. Questa è la vera parola che il cristiano dovrebbe
ascoltare nel battesimo perché in quel momento Dio lo costituisce figlio amato, figlio che
Gnosticismo è un termine che contiene in sé diversi sistemi religiosi-filosofici, sviluppatisi a partire dall’antica filosofia greca in poi. Le varie teorie, modificate di molto
nel tempo e adattate alle diverse realtà, si possono riassumere come segue.
- Dio è buono, il mondo è malvagio: ne consegue che Dio non ha creato il mondo. Dio è ingenerato ed incorruttibile ed è definito come Amore, perciò Egli non vuole
restare da solo: allora crea trenta esseri spirituali, ma l’ultimo di essi (la Sophia) genera il Demiurgo (plasmatore della materia) che crea il mondo. In alcuni casi Dio
viene identificato con Jahwè (il Dio dell’Antico Testamento). Cristo e lo Spirito Santo sono due degli ultimi esseri spirituali introdotti nella dottrina gnostica. - La Sophia
infonde nell’uomo la propria essenza spirituale; questa azione comporta la presenza di una scintilla divina nell’essere umano, che tuttavia non è presente in tutti gli
uomini; è necessario ricercarla per la salvezza (raggiungibile tramite la gnosi, la fede e le opere). - la Gnosi consiste nella conoscenza dei vari cancelli da superare per
passare da una sfera all’altra, dei demoni da affrontare in ogni sfera, delle parole d’ordine per poter passare. La salvezza si ottiene non tramite la sola fede ma con la
conoscenza speculativa rivelata, l’intuizione esoterica, i riti magici e l’iniziazione. Personaggi: Simon Mago (Atti degli Apostoli) Menandro, maestro di Basilide e
Saturnino – si diffonde tra il 100 e il 150, ad Antiochia- (sostengono idee apocalittiche sulla prossimità della fine del mondo, e la teoria secondo la quale è avvenuto uno
‘scambio’ tra Gesù e Simone di Cirene, che muore sulla croce al suo posto: Gesù viene sulla terra per infondere la scintilla della bontà negli uomini, ma la materia è
malvagia, perciò è costretto ad incarnarsi in un corpo-fantasma, che sembra fisico, ma in realtà è immateriale; Dio crea sei angeli, che a loro volta creano l’uomo, al
quale Dio infonde parte della sua luce, perciò solo alcuni di essi possiedono la luce e possono salvarsi. Marcione (85-160 d. C.) e Valentino (II sec. d.C.) sono i più
importanti.
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respira lo Spirito Santo, “partecipando alla vita stessa di Dio”, secondo espressione di
Guglielmo di Saint-Thierry2
Vita animata e normata dallo Spirito Santo - è la vita spirituale cristiana - che può essere
raccontata e spiegata anche da molte espressioni del Nuovo Testamento. Ve ne dico alcune.
Paolo dei Colossesi la chiama “via nascosta con Cristo in Dio” (Col3,3). Ancora in Colossesi la
chiama “vita che è Cristo stesso”. In seconda Corinti la chiama “vita dell’uomo interiore che si
rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16). Nella lettera ai Romani la chiama “vita nuova”, in cui
il cristiano cammina (Rom 6,4). Fino a quelle affermazioni vertiginose, quasi indicibili, ma che
significativamente Paolo dice di sé stesso: “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in
me” in Galati 2,20, oppure in Filippesi: “per me vivere è Cristo e morire è un guadagno” (Fil 1,
21.). Ma non dimenticate la prima lettera di Pietro che parla : “vita dell’uomo nascosto del
cuore” (1 Pt 3, 4). Non cercate queste espressioni all’interno della Bibbia italica perché non le
trovate perché la traduzione è talmente inesatta che non riuscite a capire che cosa c’è nel testo
greco. Ma il testo greco parla di “vita dell’uomo nascosto del cuore”. Cioè un uomo che è più
interiore allo stesso uomo che noi conosciamo.
E qui occorre subito prestare attenzione e vigilare per non cadere nell’equivoco di una vita che
pensa di poter essere spirituale solo attraverso una esperienza gnoseologica, intellettuale, o
addirittura solo di una esperienza liturgica. Perché invece è esperienza pratica, è una
conoscenza penetrante, che deriva da una conformazione reale della propria vita alla vita di
Cristo.
È questa pratica che fornisce gli elementi della spiritualità cristiana, sinergia di quella che la è
grazia santificante, cioè lo Spirito Santo, sinergia di questo Spirito con lo spirito dell’uomo.
Un organo, simbolico luogo dell’ “essere interiore”: il cuore umano
Da quanto ho cercato appena di abbozzare è comprensibile dunque che per la vita cristiana si
sia pensato ed individuato un luogo, una fonte, un organo simbolico. Ed è stato il cuore umano
a fornire l’immagine più adeguata, per il suo essere interiore e profondo nell’uomo, il suo
essere palpitante, vivificante tutto il corpo, per il suo essere tenero, di carne.
Così nella tradizione veterotestamentaria e poi in quella cristiana il cuore è diventato l’organo
della vita spirituale, sede del pensiero, della volontà, dei sentimenti, sede di tutto ciò che
l’uomo può esprimere e può vivere. In noi c’è questo organo, c’è questo spazio, che noi
chiamiamo cuore, il quale tuttavia a causa del peccato può diventare refrattario,
contraddittorio allo Spirito Santo. Allora diventa un cuore di pietra, sono immagini bibliche,
soffre di litocardia, (litho-kardìa) una malattia che rende il cuore “pietroso”, oppure soffre di
sklero-kardìa, di “cuore indurito”. Ma lo Spirito Santo può cambiare questo cuore in un “cuore
di carne”(Ez 36,26), in cuore capace nella sua interezza di amare Dio e i fratelli, è capace
soprattutto di cambiare questo cuore in un cuore che sa ascoltare.
La grande espressione che ritroviamo nell’antico testamento, nella preghiera di Salomone,
“donami Signore un lev shomeac – un cuore capace di ascolto – letteralmente un cuore
ascoltante. Così vedete che le espressioni “ritornare al cuore”, ”santificare il cuore”, indicano il
cammino della vita spirituale.
Allora per capire i protagonisti della vita spirituale noi dobbiamo innanzi tutto parlare del Dio
Vivente.
Il Dio Vivente
La vita spirituale vuole essere una esperienza di Dio, del Dio che incontrato, conosciuto e
amato diventa quel Dio che plasma, a tutta la vita del cristiano e le dà senso. Ma essendo Dio
colui che non si può vedere senza morire, così recita l’adagio biblico. Essendo il nostro Dio colui
che nessuno ha mai visto, come si può fare esperienza di Dio? Ebbene il credente conosce una
esperienza che trascende la sua stessa intelligenza e riguarda il suo cuore, il suo volere
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Guglielmo di Saint-Thierry, vissuto tra il 1075 circa e il 1148, figura centrale della "teologia monastica" medievale. La scoperta della figura e dell'opera di Guglielmo
è piuttosto recente, ma la ricchezza del suo itinerario spirituale lo ha immediatamente imposto come un protagonista di primo piano della spiritualità cristiana medievale.
Frutto di una "vocazione realizzatasi tardivamente" fu la sua entrata nell'abbazia benedettina di Saint-Nicase a Reims; nel 1121 venne eletto abate del monastero di SainThierry, situato sull'altura del Mont d'Hor, presso Reims: abbandonerà tale carica quattordici anni più tardi per entrare tra i cistercensi a Signy. Affascinato dalla grande
spiritualità di Bernardo di Chiaravalle, che incontrò personalmente due volte, Guglielmo ne mutuò la grande passione per la riforma della vita monastica e pure l'ardore
polemico. Testimonianza privilegiata dell'animo di Guglielmo e del suo percorso interiore è “la Lettera d'oro”, uno scritto, recentemente riproposto dalle Edizioni
Paoline.
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operare. È una esperienza che egli traduce con parole umane, “io sento”, “credo” che Dio è
presente, aderisco al Dio Vivente.
Queste parole, a volte in certe ore, sono talmente aderenti ai sentimenti di chi crede da
sembrare racconti di ciò che uno a visto, racconti pieni di autorevolezza, racconti affidabili.
Altre volte, pronunciati in ore di aridità, di oscurità, sono così deboli da lasciar spazio al dubbio.
E tuttavia chi passa attraverso queste terre, a volte deserte, a volte feconde, continua a
credere, ad aderire, a sentire un legame con il Dio vivente. Si stente testimone della presenza
o dell’assenza di Dio, ascoltatore della sua voce o del suo silenzio.
L’uomo è sempre un cercatore e in questa sua disposizione è sempre capace del “Deum
quaerere” , di cercare Dio, non fosse altro perché l’alterità radicale, significata dalla morte, sta
sovrana nella ricerca di senso dell’uomo.
È la morte che crea in noi la ricerca del senso. E tuttavia nel cristianesimo va detto, e oggi
siamo in grado di comprenderlo meglio di ieri, che è Dio che viene alla ricerca dell’uomo. È Dio
che sempre previene l’uomo, è Dio che gli propone l’avventura dell’Alleanza, l’esperienza
spirituale, in cui è lui attraverso lo Spirito a farsi sentire vicino e vivente.
Per secoli la spiritualità cristiana è stata letta come un quaerere deum ma oggi sentiamo il
bisogno pur di confermare questa ricerca di Dio dicendo che più profondamente c’è un
quaerere hominem da parte di Dio.
È Dio alla ricerca dell’uomo, il Dio sempre preveniente. Dio nessuno l’ha mai visto ma il figlio
unigenito, Cristo, ce ne ha fatto la narrazione, exeghesato, prologo di Giovanni 1,18. Ed è
grazie a questa narrazione, spiegazione, esegesi, a questa figura storica umana vivente che è
Gesù di Nazareth, uomo totalmente uomo come noi, è attraverso di lui che possiamo andare a
Dio. Dio resta sempre colui che per primo chiama l’uomo a sé, che lo attira attraverso Gesù il
Figlio, e attende dall’uomo la risposta al gemito che grida “Abbà, padre.” Ma è un grido che il
cristiano può soltanto fare accogliendo lo Spirito Santo in lui. Perché è lo Spirito che grida abbà
in noi. Questo incontro tra Dio e l’uomo è possibile solo grazie alla potenza dello Spirito Santo,
perché è lo Spirito Santo che rende il cristiano capace di incontrare Dio di accoglierlo fino a
diventare dimora di Dio. Non solo, ma è lo Spirito che viene nel credente che dà inizio alla vita
spirituale, generando l’uomo a figlio di Dio.
Quella parola detta dalla voce del padre e posata dallo Spirito Santo su Gesù, immerso nelle
acque del Giordano, “Tu sei mio Figlio”, è ridetta nuovamente al cristiano.
Ecco la vita figliale rispetto a Dio, ecco la vita fraterna con Gesù, ecco la vita dello Spirito
Santo in noi.
Questa nuova creazione che viene dal battesimo, certo, deve essere poi assunta da cristiano il
quale poi nella vita incessante deve acconsentire al coerente sviluppo della grazia santificante.
Potremmo dire che il cristiano deve predisporre tutto in sé per una coerente acquisizione dello
Spirito. Tuttavia occorre vigilare – soprattutto in questi giorni – perché l’incontro con il Dio che
viene sia l’incontro con il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio padre di Gesù Cristo, la
parola fatta carne.
Ciò che si persegue nella vita spirituale deve essere l’incontro con il Dio vivente, tre volte
Santo, vita spirituale cristiana.
Va detto con forza che non è la ricerca di una fusione impersonale con Dio come vogliono le
spiritualità regnanti oggi, ma è una vita segnata con l’alleanza, incontro di alterità, non
fusionalità, non una partecipazione all’oceano universale, non la fusione con figure teologiche
materne.
Oggi c’è molta voracità religiosa, anche nella chiesa cattolica, si cerca più la religione che la
fede, si vorrebbe un Dio immediatamente accessibile, si rigetta l’arte dell’incontro e della
comunicazione nella differenza, con l’accettazione della distanza, si rigetta in sostanza la
santità di Dio.
Questo è un atteggiamento regressivo, narcisistico, e cerca delle unioni effusionali, rapporti
sensoriali, desiderio di un’unità panica e impersonale. E ne vediamo tutti gli effetti. È
significativo che i libri di spiritualità più letti, io credo che siano nient’altro che una grande
ferita alla spiritualità cristiana, perché sono libri di spiritualità degni di new-age,
semplicemente tesi alla terapia, allo star-bene. Basterebbe pensare all’autore più venduto
attualmente nella chiesa cattolica che è solo capace di questo tipo di spiritualità, che secondo
me è un depauperamento grave della spiritualità cristiana.
Noi dobbiamo ribadire che nella spiritualità cristiana la via non è la divinizzazione facile e
impersonale, ma un lungo cammino che va dall’essere generati per grazia quali nuovi creature,
al diventare figli nel figlio di Dio, attraverso una sequela vissuta nella storia, una sequela a
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caro prezzo, la sequela del radicalismo cristiano. E tutto questo nella comunità dei credenti,
nella chiesa, nella compagnia degli uomini.
Questa tentazione, che oggi sembra essere così seducente, non è in definitiva una
attualizzazione di quella seduzione impersonalista: l’errore di Sabelio3 ?
Ma va denunciata un’altra possibile devianza oggi in questa vita spirituale. Quella di cercare
Dio confidando in metodi di iniziazione, in pratiche meccaniche, in esercizi e discipline. Tutta la
ricerca e l’acquisizione di tecniche meditative e ascetiche orientali, questo proliferare di scuole
che assicurano un risultato spirituale “rapido” devono renderci vigilanti. Lo so bene che nella
vita spirituale sono necessari anche metodi esercizi e ascesi, ma ti salva ciò che ti porta alla
comunione con Dio e lo Spirito Santo, non ciò che proviene dall’uomo. L’orgoglio umano porta
a pensare alla vita spirituale come una vita in cui noi restiamo i protagonisti, una vita segnata
dalle nostre opzioni, dai nostri progressi, ma nella vita cristiana risuonerà sempre
l’esclamazione: “È per grazia che siete stai salvati” (Ef. 2,8) . e le parole “non voi avete scelto
me ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché facciate frutto e il vostro frutto rimanga” …”(Gv
15,16). Dunque nella spiritualità oggi occorre anche guardarsi molto da tentazioni pelagiane 4.
L’uomo
Secondo elemento l’uomo. Paolo alla fine della sua grande proclamazione della resurrezione di
Gesù e della resurrezione dei morti esclama: “allora Dio sarà tutto in tutti”. Questo è il
desiderio ed il sogno di noi uomini ed è anche la volontà di Dio. L’uomo creato a immagine e
somiglianza di Dio porta in sé questa immagine che non può essere né distrutta né negata da
nessuna azione umana. I Padri della Chiesa hanno sempre ribadito che nell’uomo l’immagine di
Dio è inalienabile anche se la rassomiglianza può essere contraddetta dal non riconoscimento
del creatore e dalle scelte di morte che l’uomo fa cadendo in peccato. E questa immagine di
Dio deposta nel nostro cuore è una presenza dinamica ed efficace che chiede all’uomo di
tornare al padre dall’allontanamento dovuto al peccato. Anche in Dio c’è questa passione,
questo amore che vuole l’uomo di fronte a Lui, anzi l’uomo capace di stare davanti a lui in
comunione. Dio ha creato ogni uomo nel figlio, dice Paolo, e lo ha destinato fin prima della
fondazione del mondo a essere figlio nel figlio. E affinché questo avvenisse Dio ha mandato suo
figlio perché diventasse uomo, e primo tra gli uomini riportasse a lui tutta l’umanità restituita
alla piena rassomiglianza.
La vita spirituale come cammino: le tappe
Occorre parlare di questo cammino di andata al Padre di questo itinerario che è la vita
spirituale – un cammino che l’immaginazione umana ha descritto a volte come una salita verso
il cielo.
Una scala che dalla terra arriva a Dio stesso, soprattutto nella spiritualità occidentale, si
salgono diversi gradini – avete presente dalla scala i gradini dell’umiltà di San Benedetto alla
scala di Gregorio Magno a quella di Bernardo, dei cistercensi.
In oriente si preferisce dire che c’è una discesa: una discesa attraverso i gradi dell’umiltà,
finché l’uomo diventa davvero il più spirituale quando diventa semplicemente simile a quel
uomo peccatore che nel tempio pubblicano diceva : “abbi pietà di me”. L’uomo che accetta di
camminare nello Spirito secondo lo Spirito fa questo tragitto. Poco importa se verso l’altro o
verso il basso. Al termine c’è l’incontro con Dio.
E allora distinguerei questo cammino in alcune tappe essenziali.
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Sabellio, teologo africano, vissuto all'inizio del III secolo, , sostenne una dottrina che negava il dogma della Trinità, sostenendo che in essa non vi fossero tre persone
distinte, ma solo tre modi di manifestarsi dell'unica persona divina. Condannato per eresia dal Concilio di Alessandria del 261, morì alla fine del secolo.
4 Pelagio (360 ca - Egitto 422 ca). Monaco celtico. Nato in Britannia, dimorò a lungo a Roma, si recò in Africa e a Gerusalemme, predicando un insegnamento asceticomorale contro il rilassamento del cristianesimo prodotto dal gran numero di nuovi cristiani. Fu osteggiato da san Girolamo e da sant'Agostino e fu condannato dal
concilio di Cartagine del 418. Pelagianesimo: Eresia cristiana del V secolo, predicata da Pelagio. Esaltava la potenza della volontà umana, alla quale attribuiva la
capacità di opporsi al male e al peccato, per cui non riconosceva il peccato originale e il battesimo perdeva di significato, poiché la volontà era garanzia di salvezza. Fu
per gli anacoreti orientali giustificazione della loro ascesi.
Sant’Agostino quando dovette sradicare l’eresia pelagiana dalla comunità cristiana scrisse: “Questo è l’orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far
consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua persona”. Il cristianesimo è accettare il dono della Sua persona e amare la Sua compagnia che
trasforma”.
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a. un cammino di conversione
Primo: un cammino di conversione. La vita spirituale cristiana è vissuta da uomini e donne la
cui fede il più delle volte è data dalla tradizione familiare. Credo che la maggior parte di noi
questa sera si ritrovi in cristiani battezzati dalla nascita, istruiti dal catechismo, approdati alla
vita ecclesiale. Pensate: a noi è quasi impossibile dare la qualifica di convertito. Io quando
penso non posso dirmi che mi sono convertito. E quando qualcuno mi dice che si è convertito
non vi nascondo che lo guardo con un po’ di diffidenza. Perché ci è estranea, siamo nati coi
bagagli della fede cristiana, siamo cresciuti nel grembo della chiesa – non abbiamo un
momento in davvero siamo passati dalla tenebra alla luce, dal peccato alla santità. Oggi però
nell’orizzonte ecclesiale, appaiono dei cristiani che si convertono. O perché hanno conosciuto in
modo imprevedibile Gesù, o perché ricominciano, ed è un fenomeno vistoso, ricominciano e
riprendono un cammino cristiano dopo un tempo di lontananza dalla fede e dalla chiesa.
La presenza di questi cristiani convertiti spero che aiuti tutti noi a capire che la vita cristiana è
essenzialmente fatta di conversioni.
Il problema è che noi quando pensiamo alla conversione pensiamo sempre a quelli che non
sono cristiani e devono convertirsi.
Secondo tutto l’antico testamento la conversione, la Teshuà, veniva chiesta da Dio ai credenti,
agli israeliti. Per cui è ancora chiesta a noi , questo ritorno a Dio. Tutti i profeti chiedevano ai
credenti di convertirsi. Il Battista e Gesù hanno chiesto ai credenti “Convertitevi e credete al
vangelo” (Mc 1, 15).
E allora è importante che noi mettiamo la conversione come un cammino inerente e continuo
della nostra vita spirituale. Noi dovremmo saper pregare come Geremia 31.18. “Convertimi
Signore, ed io mi convertirò” perché solo lo Spirito può chiamare, attirare a Dio, e può darci le
forze per questo ritorno.
Nella vita spirituale del cristiano restano gli idoli, restano i peccati. Il cristiano non potrà mai
dire che il peccato sta solo nel suo passato e che nel suo presente regna in lui solo la grazia,
perché nuovo idoli sempre sorgono, e i cristiani sperimentano sempre la schiavitù del peccato.
Peccato, conversione e grazia sono coesistenti nella vita spirituale, e dunque la vita spirituale è
sempre lotta contro gli idoli, decisione, atto di ripudio, adesione alla volontà di Dio, presenza
efficace dello Spirito Santo, che come dice il post-communio del martedì dell’ottava della
Pentecoste “è” la remissione dei peccati.
A fatica noi riconosciamo questo. Eppure nella vita spirituale cristiana c’è sempre bisogno di
conversione. Non si è credenti una volta per tutte e per sempre, perché dobbiamo sempre
cercare di ritornare a Dio.
La vita spirituale, vedete, è dunque la vita di un peccatore perdonato, che torna a Dio. Vale per
il cristiano un detto che riguardava la vita spirituale dei monaci. Vale per tutti. Fu chiesto a un
abba: “Abba, che cosa fate voi qui nel deserto?” E l’abba rispose: “noi cadiamo e ci rialziamo,
cadiamo e ci rialziamo, cadiamo ancora e ci rialziamo di nuovo.”
Nessuna illusione, nessun idealismo. La vita spirituale cristiana non è inarrestabile ascesa
verso l’alto, non è un cammino di perfezione verso dopo un no al peccato detto per sempre.
È un incessante ritornare a Dio, questa incessante arte di riprendere la conformità con Cristo,
questo incessante ricorso al calice di Cristo che purifica nel suo sangue i propri peccati.
Proprio per questo Gregorio di Nissa5 ha dato la più bella definizione di vita spirituale.
Ha scritto: “nella vita spirituale cristiana si va di inizio in inizio , attraverso inizi che non hanno
mai fine” è sempre un ricominciare nella vita spirituale e cristiana. Sempre si deve
ricominciare.
b. dopo la conversione la sequela di Gesù il Signore
Secondo elemento: dopo la conversione la sequela di Gesù il Signore.
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S.Gregorio di Nissa autore di un Contro Eunomio , un insieme di più scritti composti tra il 381 e il 384, é il più importante dei Padri di Cappadocia. Dotato di un
carattere naturalmente meditativo e di grandi capacità speculative, che ne resero il pensiero più profondo di quello degli altri padri cappadoci. Più giovane del fratello
Basilio, esercitò dapprima la professione di retore e sposò Teosebia. Nel 371 proprio il fratello lo indusse ad accettare il vescovato di Nissa in Cappadocia, dove incontrò
notevoli difficoltà pratiche: accusato di dilapidare i beni della Chiesa, fu deposto dall' incarico di vescovo nel 376. Ebbe poi altri incarichi ecclesiastici e nel 381 fu
accolto nel Concilio di Costantinopoli come pilastro dell' ortodossia. Oltre a scritti di carattere etico, quali " Sulla perfezione cristiana " e " Sulla verginità " , Gregorio
scrisse all' inizio del 381 un " Dialogo sull' anima e sulla resurrezione". Morì nel 394.
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In questo cammino di ritorno a Dio che è la conversione ci precede il Signore Gesù. Egli ha
fatto conoscere tutto ciò che ha imparato dal Padre e ci propone di seguirlo “:Opìso mou!
Seguimi!”.
Questa parola continua ad echeggiare nel cuore di molti cristiani e si tratta nella vita spirituale
di ascoltare questa voce come una chiamata personalissima. Si tratta di aderire con amore e
libertà, di cogliere questa voce “per me”.
La chiamata non è mai una chiamata generale spersonalizzata. Né tanto meno è legittimata
per una utilità, per la chiesa o per l’umanità.
Che stravolgimento quello dell’oggi del pensare la chiamata del Signore per fare qualcosa.
Il Signore ci chiama perché siamo dietro a lui e con lui. E poi eventualmente strada facendo ci
dirà cosa dobbiamo fare. Non è così utilitarista da chiamare semplicemente per i suoi bisogni.
Questa è una visione della chiesa come impresa, dove mancando gli addetti bisogna trovar
forme di reclutamento. No! Il Signore ci chiama Lui! E una volta che saremo dietro a lui ci fa
vedere ciò per cui c’è bisogno di noi. La vita del cristiano diventa allora una vita di sequela.
Camminare come lui ha camminato. Stare al mondo tra i fratelli facendo il bene. Vivere e
morire come Gesù è vissuto e morto.
Vita spirituale diventa il vivere l’esistenza umana come Gesù la vissuta. In obbedienza a Dio
ma anche in una estrema fedeltà alla terra. Ecco perché tutti gli uomini possono, se vogliono,
vivere in pienezza la vita spirituale. Questa non è un altra vita, non richiede di uscire dal
mondo, neppure di dimenticare la carne debole che l’uomo è, ma è vivere la vita umana come
opera d’arte e scoprire che questo è il capolavoro cristiano che Dio attende da ciascuno di noi.
Occorrerebbe ribadire oggi che questa esistenza umana di Gesù è stata una esistenza buona,
una esistenza vissuta in pienezza, una esistenza felice, una esistenza anche bella. Se quella di
Gesù è davvero una sequela che conosce quella beatitudine che lui ha conosciuto, una sequela
fatta in libertà e per amore, sedotti dall’amore di Dio mostrato in Gesù. E non va dimenticato
che questa sequela può essere solo vissuta nella luce pasquale della Resurrezione.
c. la vita spirituale attraverso la sequela, conosce l’inabitazione.
Terzo ed ultimo punto. La vita spirituale attraverso la conversione, attraverso la sequela,
conosce poi l’inabitazione.
Lo Spirito Santo che viene ad abitare nel cuore del cristiano lo rende dimora di Dio. Questo è il
mistero della vita spirituale. Cristo in voi speranza della gloria. Attraverso la sequela Cristo non
è più esterno a noi. Non è solo il maestro da seguire, non è solo il precursore sul cammino del
Padre. È in noi. Certo noi seguiamo Cristo e lo incontriamo e Cristo viene a noi e noi torniamo
a lui. Ma Cristo è anche presenza continua in noi nelle nostre profondità. La sua parola accolta
è dimorante in noi, il suo corpo e il suo sangue che nel metabolismo diventano nostro corpo e
nostro sangue, rendono il nostro stesso corpo tempio di Dio. In questa presenza di Cristo che
ci visita, presenza fedele continua noi abbiamo percezioni che fatichiamo ad esprimere con
parole umane. Come dire che è presenza sempre fedele e allo stesso tempo elusiva. Come dire
che Cristo è a noi “più intimo della stessa nostra intimità" (Confes. 3,11). Diceva così Agostino.
E tuttavia ci visita come verbo. come dire che lui è lo sposo cui ci doniamo, e nello stesso
tempo è lo sposo che cerchiamo piangendo di nostalgia. Solo il nostro linguaggio
contraddittorio ma linguaggio dell’amore può indicare e fare segno, ma non può spiegare.
Il cristiano dunque non è solo uno che cerca di fare la volontà di Dio, di osservare la sua legge,
ma è soprattutto colui che misura la propria qualità di fede nel riconoscere la grazia di Dio in
sé. Paolo, alla giovane comunità di Corinto ha chiesto una prova esigente. Ha scritto – pensate
erano cristiani da 5 anni – erano dei neofiti – e Paolo ha il coraggio di dire: esaminate voi
stessi se siete cristiani sì o no? Mettetevi alla prova. Riconoscete sì o no che Cristo abita in Voi?
Pensate se questa prova venisse chiesta oggi a noi. Riconoscete sì o no che Cristo abita in Voi?
(IIª Cor 13,5).
Aver vita cristiana, vita spirituale, significa operare questo riconoscimento, avere questa
coscienza. Molti cristiani non usano neanche pensare a questo. Perché nessuno ha loro
mostrato che questa è la semplice fede cristiana.
E che questa consapevolezza non appartiene ai mistici o ai cristiani straordinari, ma ai cristiani
di tutti i giorni che siamo noi.
È il mistero ridetto nel nuovo testamento in vari modi. Cristo nel cuore del cristiano, Cristo che
parla al cuore del cristiano, Cristo che crea quella dimora in cui tutta la tri-unità di Dio viene ad
abitare.
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È evidente che questa incorporazione nel Cristo è la grande opera dello Spirito Santo. Così si
partecipa alla pericorèsi6 trinitaria, al fluire ed al rifluire dell’amore in un amore totale vivente,
e qui si dilata l’amore verso l’umanità tutta.
L’amore con cui Dio ci ha amato diventa l’amore con cui noi amiamo gli uomini. Di questa
indicibile realtà non si possono dire parole persuasive, c’è solo da contemplare il mistero
cristiano. Quel mistero per cui addirittura a noi uomini è concesso nell’ora della morte di dire:
“è Cristo che soffre in me,, è Cristo che muore in me”. Come diceva Felicita7 nell’ora del
martirio.
Eccoci allo scopo della vita spirituale. La comunione con Dio, faccia a faccia, occhio contro
occhio, la vita stessa ….. in Dio. Scopo della conversione continua e della vita spirituale è
quello di entrare nel regno dei cieli, partecipare alla vita eterna, diventare Dio. Atanasio
diceva:” L’uomo è un animale la cui vocazione è diventare Dio”; oppure Crisostomo: “Dio si è
fatto uomo affinché l’uomo diventi Dio”. Il cristiano si fa stauroforo “portatore della croce”
(sequela) per diventare pneumatoforo, “portatore dello Spirito” (inabitazione), fino a
partecipare alla natura di Dio (2Pt 1,4). .... che è ciò cui protende la spiritualità cristiana.
(Il corsivo delle ultime righe è ricostruzione – per rotazione cassetta – tratta da analoga
relazione).
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Pericoresi: Termine di origine greca usato diversamente nelle tradizioni teologiche orientale ed occidentale. Nella prima, come pericoresi si intende una perfetta
reciproca compenetrazione delle persone divine, nella tradizione occidentale, invece, si va nella direzione di una mutua inabitazione delle tre persone divine pensata
secondo il modello agostiniano della similitudine psicologica della Trinità, per cui questa circuminsessio è pensata secondo l'analogia della persona conosciuta ed amata
che è perfettamente presente in colui che la conosce e la ama.
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Felicita e Perpetua sono le protagoniste di un lungo racconto (Passio Perpetuae et Felicitatis) del martirio subito da un gruppo di cristiani a
Cartagine nel 203, sotto l'imperatore Settimio Severo. Tra le parti più significative della narrazione vi è la testimonianza resa da Felicita che era la
schiava della nobile Perpetua: "Felicita ottenne dal Signore una grande grazia. Era incinta di otto mesi al momento dell'arresto. All'avvicinarsi dei
giorni dei giuochi ella si rammaricava al pensiero che si sarebbe rimandato il suo martirio a causa del suo stato. La legge vietava l'esecuzione di
donne incinte. I suoi compagni di martirio erano profondamente rattristati dall'idea di lasciare sola una compagna così buona, un'amica con la quale
camminavano insieme verso la stessa speranza. Così, tre giorni prima dei giochi, tutti insieme in una supplica comune, indirizzarono al Signore la
loro preghiera. Avevano appena terminato la loro richiesta quando Felicita fu presa dalle doglie. Per la difficoltà naturale di un parto all'ottavo
mese, ella soffriva molto e gemeva. Allora uno dei carcerieri le disse: "Se gemi così ora, che farai quando ti consegneranno alle belve che tu hai
deciso di affrontare rifiutandoti di sacrificare?" Felicita gli rispose: "ora sono io che soffro ciò che soffro. Ma laggiù un Altro sarà in me a soffrire,
per me e per Lui io soffrirò". Felicita mise la mondo una bambina che una cristiana adottò come figlia" (Passione di Perpetua e di Felicita, 15).
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