Presentazione in PowerPoint

annuncio pubblicitario
IL FARMACO NELLA STORIA
Tra i tanti paradossi che caratterizzano gli anni che viviamo, uno dei più singolari
riguarda il farmaco: per quanto protagonista, sia pure insieme ad altri fattori,
dell’allungamento della vita e del miglioramento della sua qualità, il rimedio
farmacologico non gode infatti della considerazione che merita e, anzi, si può
affermare che spesso sia circondato da un diffuso clima di sospetto, talvolta
causa di aperta sfiducia e di condanna.
Comprendere le ragioni di questo fenomeno, però, non significa davvero
giustificarlo: al contrario questa iniziativa che abbiamo inteso realizzare
attraverso la istituzione di questo concorso, intende opporsi ad un atteggiamento
culturale che può essere definito non solo ingeneroso, ma anche e soprattutto
non corretto sotto il profilo scientifico. Basterà scorrere i dati che abbiamo voluto
mettere in evidenza in questa trattazione, perché sia infatti evidente l’incidenza
positiva del farmaco nella vita: tra la scoperta e l’affinamento di rimedi
farmacologici sempre più efficaci e sicuri, la loro acquisizione nell’armamentario
farmaceutico da parte dell’autorità sanitaria e la riduzione della mortalità nella
popolazione, il rapporto è diretto e assolutamente non contestabile.
Di farmaco, insomma si vive, e si vive meglio e più a lungo.
Il farmaco è frutto della ricerca e del progresso scientifico e tecnologico,
certificato dall’autorità sanitaria, prescritto dal medico secondo scienza, sapienza
e coscienza, ulteriormente garantito dalla dispensazione sicura del farmacista e
infine correttamente assunto.
L’UOMO E IL FARMACO
Una lettura popolare, tra le tante possibili sulle origini della civiltà umana, identifica
nella scoperta del fuoco un fattore determinante.
Senza desiderio di smentire o diminuirne l’importanza, si può avanzare l’ipotesi
che un passaggio altrettanto decisivo per la nascita della civiltà sia rappresentato
dai primi tentativi operati dall’homo sapiens per combattere il dolore, la malattia, la
morte.
Forse, un nostro antico progenitore, dotato di curiosità, spirito di osservazione e
fantasia superiore alla media, osservò tanto tempo fa che le ferite che si era
procurato durante la caccia guarivano in tempi e modi diversi: quelle sporche del
fango di uno stagno si cicatrizzavano molto più in fretta di quelle che, invece, si
erano sporcate con l’arida terra della savana. L’intuizione che tra le diverse
sostanze e le diverse guarigioni doveva esserci un nesso, una relazione di causa
ed effetto, gli permise di curare le ferite dei suoi compagni e di ottenere risultati
che gli valsero prestigio e rispetto.
Nacque probabilmente così la casta dei guaritori, che divennero col tempo
stregoni e sciamani, sacerdoti e medici ed ebbero un ruolo centrale e preminente
nell’interno dei gruppi sociali organizzati. Ma, soprattutto, nacque così il farmaco:
una sostanza in grado di provocare in un organismo modificazioni funzionali
attraverso un’azione chimica e fisica. Da allora, molti secoli dovranno ancora
passare prima che altri uomini comincino a classificare le proprietà dei vari rimedi
nel tentativo di costituire un affidabile armamentario terapeutico.
Ad ogni modo, il primo e più importante codice medico dell’antichità è
rappresentato dal papiro di Ebers, che risale al 1500 a.C.. Fu scoperto in Egitto,
nella città di Tebe, nella seconda metà del secolo scorso ed è oggi conservato
presso la biblioteca dell’Università di Lipsia. È una testimonianza fondamentale
per comprendere il livello raggiunto dalla medicina e dalla farmacologia di quel
tempo. Vi si trovano citate preparazioni farmaceutiche come in un moderno
trattato di terapia e si apprende che per i farmaci da somministrare per bocca
sono consigliate alcune diluizioni e che addirittura il miele viene usato
correttamente come edulcorante.
I medicamenti descritti nel papiro di Ebers (più di 700) appartengono al regno
animale, vegetale e minerale, e in questa sede basterà ricordare che sono citati
l’olio di ricino, la senna, il melograno, diversi sali di ferro, il tannino, l’oppio, la
menta e l’aloe.
Il papiro di Ebers contiene non di rado cure in qualche modo efficaci. Bisognerà
comunque attendere la civiltà greca e, in particolare, la figura di Ippocrate, nato
nel 460 a.C. , perché l’arte di porre rimedio al male acquisti caratteri più definiti,
più vicini ai moderni concetti di diagnosi, prognosi e terapia.
Negli scritti del grande sapiente di Kos, e in quelli della sua scuola, raccolti sotto il
nome di corpus ippocraticum, sono esposte, con un rigore e una sistematicità fino
ad allora sconosciute, le regole per preparare e conservare i medicamenti,
suddivisi in gruppi, a seconda della loro diversa azione terapeutica: purganti,
narcotici, diaforetici, diuretici ed emetici.
Dettaglio del Papiro di Ebers
Putti che preparano cosmetici
Vaso greco
Asclepio: statuetta in ceramica
Stampa della “Distillatio”
Ippocrate non solo assomma in sé la figura del medico e dello speziale, ma
rinuncia soprattutto a quella del sacerdote, quando afferma che nel ricercare le
cause di una malattia, non ha senso distinguere fra quelle di origine divina e
quelle di origine naturale.
L’importanza fondamentale di Ippocrate proviene dall’opera dei suoi successori:
Dioscoride e Galeno. Soprattutto quest’ultimo, nato a Pergamo in Asia Minore
nel 130 d.C. e medico dell’imperatore Marco Aurelio, elenca nel suo lavoro
dedicato alla terapia ben 473 medicamenti, che costituiranno per oltre 10 secoli
l’indiscussa base della farmacologia in Europa.
Sempre a Galeno si deve un’esemplare descrizione del cuore, la dimostrazione
che all’interno delle arterie scorre il sangue, smentendo così l’ipotesi formulata
quattro secoli prima dalla Scuola di Alessandria, che riteneva che le arterie
contenessero solo aria. La caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476
segna un brusco arresto nello sviluppo delle conoscenze scientifiche in Europa
e anche la medicina, al pari delle altre scienze, entra in una fase di stallo che
terminerà solo con la fine del Medioevo.
In questo periodo infatti il primato nella ricerca scientifica nell’arte medica passa
nelle mani della civiltà araba.
Insieme alle conoscenze scientifiche, la cultura araba diffonde in Occidente
anche l’alchimia, che rappresenterà, nello stesso tempo, un momento di
sviluppo e di freno al progresso della scienza medica.
L’alchimia, è anche astrologia e ossessiva ricerca di impossibili sogni come la
pietra filosofale o l’elisir di lunga vita, diventa quindi soprattutto esoterismo. Al di
là, quindi, delle inconsistenti utopie che contraddistinguono le ricerche degli
studiosi alchemici, la messa al bando che la cultura ufficiale decreta nei suoi
confronti deve essere attribuita proprio a questa sua dimensione di scienza
segreta svincolata da ogni controllo pubblico e al clima di setta che informava la
vita dei suoi adepti.
A trovarsi in prima fila nella condanna dell’alchimia, ci sarà proprio la Chiesa, che
non poteva certamente accettare la conoscenza diversa da quella indicata dai
Sacri Testi e che vedeva in essa una potenziale pericolosa possibilità di
sovversione.
D’altra parte, quella stessa Chiesa, che veniva caratterizzandosi come il polo
principale della conservazione e, di conseguenza, come il più strenuo oppositore
al progresso del sapere scientifico, sarà anche un inconsapevole e prezioso
alleato dell’alchimia nel mantenere viva durante i secoli bui la fiamma del sapere e
il desiderio di conoscere.
È un sicuro merito degli ordini monastici l’aver salvato dall’oblio e dalla distruzione
la sapienza degli antichi attraverso lo studio e la trascrizione dei testi della cultura
classica.
E per quanto riguarda la scienza medica, vi è da aggiungere che all’interno dei
conventi vennero condotte ricerche dirette e originali di botanica applicata alla
farmaceutica, con la coltivazione di orti semplici e la realizzazione di preziosi
codici e verbali, sovente corredati da mirabili miniature.
Lo sviluppo del sapere medico, in definitiva non si arresta neppure durante il
Medioevo.
Con la nascita dei Comuni e quindi delle Corporazioni, il ruolo del medico speziale
trova ulteriori riconoscimenti.
La Corporazione di medici speziali sarà, infatti, una delle più fiorenti e autorevoli in
città come Bologna, Venezia e Firenze.
All’origine di questo contesto in rapida evoluzione si colloca la figura di Federico II.
Comprendendo le rilevanti implicazioni che l’esercizio dell’arte medica comporta
per la collettività e, quindi, la necessità di regolamentarlo attraverso l’intervento
dell’autorità, l’imperatore propone nel 1240 l’adozione dell’“Antidotario” di Nicolao
Preposito come testo ufficiale per la preparazione di medicamenti da impiegarsi
nella cura di diverse malattie e sancisce altresì la separazione tra la professione di
medico e farmacista.
La decisione di Federico II rappresenta il primo atto politico teso a stabilire norme
uguali per tutti nella tutela della salute della comunità.
Inoltre, l’assunzione ufficiale di un testo che impone la preparazione dei rimedi
secondo canoni e procedure codificati e non più secondo l’estro e la tradizione,
può essere considerato il primo esempio di farmacopea: vale a dire che
l’“Antidotario” di Nicolao Preposito non ha un solo valore informativo, non si limita
ad essere un semplice elenco più o meno ricco di ricette, ma si preoccupa di
stabilire norme alle quali debbano strettamente attenersi coloro che si occupano di
farmaci, medici e speziali.
Nel corso del 1200 e del 1300 la grande sconfitta del sapere medico medievale
coincide con la scomparsa della prima epidemia di peste.
La fine del ‘400 è una sorta di incrocio decisivo e fecondo per la storia dell’intera
umanità: è in questo periodo che la scoperta della stampa, convenzionalmente
attribuita a Gutenberg, comincia a far sentire la portata grandiosa dei suoi effetti,
accelerando la diffusione del sapere.
Nel 1498 a Firenze per iniziativa dei Signori Consoli dell’Università degli speziali,
viene stampato in lingua volgare il Ricettario Fiorentino: l’opera rappresenterà
per alcuni secoli il punto di riferimento obbligato di tutte le farmacopee.
Il ricettario è diviso in tre parti. Nella prima vengono riportate le norme generali,
la descrizione delle singole droghe e medicine, le pratiche del calore, dello
spremere medicine, del chiarire, del modo di stillare acque; segue la trattazione
della figura dello speziale, l’elenco delle varie forme farmaceutiche, e quindi le
singole voci, che oggi definiremo monografia; la seconda parte descrive i pesi, le
misure, i succedanei, mentre la terza ospita la descrizione delle singole ricette,
alcune delle quali traggono il proprio nome dal maestro che per primo le aveva
elaborate.
La stessa scoperta dell’America contribuisce, ovviamente, ad imprimere anche
allo sviluppo della medicina una forte accelerazione: un contributo essenziale
verrà dagli studi, dalle classificazioni botaniche degli erboristi Aztechi che
suggerivano anche le varie applicazioni terapeutiche delle piante.
Miniatura di farmacia medioevale
Ricostruzione di antico laboratorio chimico: XVII-XIX sec.
Ricostruzione di antico laboratorio chimico: XVII-XIX sec.
Ritratto di Paracelso
“Il farmacista”, di Gabriel Metsu
Incisione di Farmacia in stile barocco
Contemporaneamente si sviluppò l’ipotesi che le malattie a carattere epidemico
come il vaiolo e la stessa peste, fossero da imputare a germi invisibili, una
intuizione geniale, che però resterà priva di dimostrazione empirica fino al
1610, quando per la prima volta viene applicato l’ingrandimento ottico per lo
studio medico-biologico dei preparati anatomici.
Il medico più famoso del Cinquecento è Theophrastus Bonbast von Honenheim
ovvero Paracelso, nato nel 1493 in Svizzera e morto nel 1541 a Salisburgo.
Nella sua opera temi e motivi medievali della tradizione medica confluiscono in
una nuova architettura che pone al centro l’uomo e il suo indissolubile rapporto
con la natura: per Paracelso questa è al tempo stesso l’origine e il rimedio della
malattia; il compito del medico sarà allora di conoscere la natura, di sapere
come essa opera nella malattia e di realizzare, quindi, le condizioni più
favorevoli per attivare nel malato la spontanea autodifesa del suo organismo,
delle sue capacità di recupero.
Nel Paragrano, il suo libro più importante, Paracelso descrive e difende le virtù
della terapia omeopatica, esprimendo questa celebre formula da tutti
conosciuta: similia, similubus curantu.
A Paracelso si deve l’introduzione in terapia di un derivato dell’oppio, il laudano
e soprattutto una attenzione sempre più rivolta verso la farmacia spagidica che
si basava sulle qualità terapeutiche delle sostanze chimiche. Il 1600 può
essere ritenuto come un lungo processo di transizione dai valori del
Rinascimento a quelli del secolo dei lumi.
Boxle, con la pubblicazione nel 1661 del suo trattato “The sceptical chemist”,
segna la nascita della chimica come scienza.
La figura che domina il panorama scientifico del XVIII secolo è quella del
chimico Lavoisier, il quale dimostra l’inconsistenza della teoria flogistica che
aveva condizionato lo sviluppo della chimica negli ultimi 100 anni. È suo il
merito di aver introdotto la bilancia come strumento indispensabile per la ricerca
chimica, di aver confutato alcune teorie incredibili, ma ritenute degne di fede
dagli scienziati del tempo, come quella che sosteneva la possibilità di
convertire, dopo ripetuti processi di distillazione, l’acqua in terra.
Nel 1794, a cinquantun anni, Lavoisier viene condannato alla ghigliottina, vittima
illustre e innocente della rivoluzione francese.
Nel 1771 viene pubblicata la settima edizione dell’Antidotarium Bononiense,
che, per quanto ancora sospesa tra la tradizione del passato e la nuova cultura
scientifica, si chiude con un’appendice dedicata alla preparazione dei semplici e
costituisce quindi un indubbio progresso nell’evoluzione della farmacopea.
Intanto la scienza cammina grazie al metodo sperimentale.
Non a caso nel XVIII secolo, infatti, Withering, un medico di Birmingham,
pubblica un lavoro sull’impiego della digitale, una pianta contenente nelle foglie
e nei semi la digitalina, che ha proprietà cardiotoniche e diuretiche in grado di
regolarizzare il sistema nervoso vegetativo.
Nel secolo XIX la chimica consolida e amplia le sue acquisizioni.
Santi Cosma e Damiano
Cristo Farmacista
Farmacia portatile
Farmacia portatile
Bilancino e pesi
Ricostruzione farmacia tedesca - XVIII secolo
Si sviluppa anche il sapere medico soprattutto grazie ad un nuovo metodo di
indagine nell’individuare le cause di alcune malattie, la cosiddetta
microbiologia, che consente alla ricerca scientifica di avvalersi dei primi, seri
studi sui batteri e sui bacilli.
È così che, sul finire del 1800, Pasteur inietta per la prima volta il vaccino
antirabbico su un ragazzo parigino, mentre von Behring sperimenta il siero
antidifterico e successivamente quello antitetanico.
Nasce come disciplina scientifica e autonoma la chimica farmaceutica.
Nel XIX secolo, però, si registra anche la nascita della chimica organica, della
sintesi chimica e, secondo alcuni, degli alcaloidi.
È di questi anni anche la nascita della aspirina brevettata dalla Bayer che
tuttora dopo cento anni ancora continua a commercializzare alla grande il
prodotto.
Le farmacopee, intanto, si moltiplicano e si aggiornano e, quando viene
proclamato il Regno d’Italia, se ne possono contare diverse: la farmacopea
degli Stati sardi, quella degli Stati parmensi ed estensi, quello romano.
Il giovane stato italiano, pur in mezzo a numerosi problemi, si pone subito la
questione di una farmacopea unitaria, ma saranno necessari ancora trent’anni
perché tale obiettivo venga finalmente raggiunto.
Il 3 maggio 1892, in conformità a quanto stabilito da una legge per la tutela
dell’igiene e della sanità pubblica, viene editta la prima edizione della
farmacopea ufficiale del Regno d’Italia.
La stessa legge all’art. 28 dispone l’obbligo per il farmacista di detenere la
farmacopea ufficiale, che si è intanto trasformata da semplice raccolta di
ricette a capitolato ufficiale dei metodi d’indagine, delle caratteristiche che
debbono possedere i diversi farmaci, delle norme da seguire per alcune
preparazioni per le quali sono sancite le caratteristiche di purezza delle
sostanze.
La farmacia è, ovviamente, ancora considerata officina, quindi al farmacista
compete anche di saper riconoscere i caratteri microscopici delle droghe
vegetali: è l’ultima volta, comunque, che il controllo di qualità, così come inteso
oggi, è affidato al farmacista.
La farmacopea ufficiale stabilisce inoltre la conservazione di alcuni farmaci in
un apposito armadio, ma non è ancora prevista la differenziazione fra veleni e
stupefacenti.
Dopo le grandi scoperte di Koch e Pasteur, appare sulla scena mondiale Paul
Herlich, medico e chimico, al quale è da ascrivere la scoperta della
chemioterapia.
Nel 1902 e nel 1909 in Italia vengono pubblicate altre due edizioni della
farmacopea ufficiale.
Nel 1909, anno di pubblicazione della terza edizione, la popolazione del
Regno d’Italia è salita a 34 milioni, il numero dei decessi è sceso a poco più di
settecentomila, e tra questi sono diminuiti quelli per malattie infettive e
parassitarie ed affezioni dell’apparato respiratorio.
Incisione francese - XVII secolo
Acquaforte inglese
Incisione “La Pharmacie rustique”
Dipinto di Dispensario dell’ospedale
Lo scoppio della prima guerra mondiale contribuisce proprio a incrementare le
ricerche in alcune discipline scientifiche, soprattutto la chimica, in grado di
realizzare micidiali strumenti di morte quali i gas tossici. Ma l’evento determinante
che imprime un’accelerazione e una svolta nella ricerca farmaceutica che avrebbe
successivamente portato a scoperte d’importanza fondamentale per l’umanità,
sarebbe la nascita della chimica biologica.
La quarta edizione della farmacopea ufficiale viene pubblicata nel 1920. E nel 1929
viene pubblicata la quinta edizione.
Mentre in Italia si impone il regime fascista, la storia della farmacologia vive uno dei
momenti più esaltanti della sua storia: negli anni Trenta Fleming scopre la
penicillina, il primo degli antibiotici, mentre a G. Domagk si deve la scoperta del
Prontosil, il capostipite della famiglia dei sulfamidici.
Fleming deve al caso la scoperta che lo consacrerà alla storia: su una piastra
strisciata con una coltura di stafilococcus e lasciata sul banco di lavoro per alcuni
giorni, si forma una muffa; osservandola Fleming si accorge che nelle vicinanze di
essa non vi è traccia di colonie di batteri e fin qui non vi è nulla di sconvolgente, dal
momento che l’azione antibatterica di muffe e antimicrobi era in parte nota
dall’Ottocento e dalla antica medicina cinese. L’intuizione geniale del medico
scozzese sarà quella di
dimostrare che il ceppo di penicillina che ha invaso il suo vetrino è privo di tossicità
per le cellule sane, a differenza di tutti gli altri antisettici allora in uso che
espletavano un’azione tossica sia nei confronti delle cellule infette che di quelle
sane.
Cartolina di farmacia dell’ospedale in Francia
Litografia di farmacista che legge una prescrizione
Manifesto di prodotti alcaloidi
La seconda guerra mondiale è già in atto da poco meno di un anno, quando
viene pubblicata in Italia la sesta edizione della farmacopea ufficiale, dove
compaiono i saggi biologici per la vitamina A e D.
Tra le grandi scoperte post-belliche vi sono tre punti fermi da ricordare:
l’introduzione del vaccino antipoliomielitico; la scoperta dei contraccettivi orali e
il trattamento terapeutico di alcune forme di malattia mentale.
Proprio a questo proposito, in seguito ai danni provocati da un farmaco noto
come Talidomide, nel 1962 il Congresso degli Stati Uniti approva un
emendamento che obbliga le industrie farmaceutiche ad ampie ricerche
farmacologiche e tossicologiche prima che un nuovo farmaco possa essere
sperimentato sull’uomo. Viene inoltre richiesta, oltre a prove certe sulla
sicurezza del farmaco, anche una precisa documentazione sulla sua reale
necessità.
Solo dopo un’esaustiva sperimentazione sugli animali da cui si ricavano i primi
responsi sugli effetti tossici e collaterali, sull’eventuale azione teratogena e
mutagena, le nuove norme esistenti nei diversi Stati consentono la
sperimentazione sull’uomo. Potrebbe esserci anche un parallelo con quello che
sta accadendo in questi giorni in Italia con il famoso caso del Prof. Di Bella.
Attualmente si utilizza la IX edizione della F.U. che viene costantemente
aggiornata per renderla attuale con la continua evoluzione della scienza
farmacologica.
Litografia di piante e funghi velenosi
Litografia di uno stabilimento di produzione
Etichettamento e confezionamento di ampolle nel 1930
Ricostruzione di Farmacia americana del XIX secolo
Incisione a colori inglese
CENNI SU ALCUNI FARMACI
CHE HANNO CAMBIATO LA VITA DELL’UMANITA’
Aspirina
È stata scoperta il 10/10/1897 (ha quindi compiuto 100 anni da poco) dal
chimico tedesco Hoffman che unì l’acetile, una sostanza che ovviava le
controindicazioni dell’acido, mantenendone le proprietà.
Fu lanciato sul mercato due anni più tardi e ancora oggi se ne consumano nel
mondo 11 miliardi di compresse delle quali 380 milioni solo in Italia. È stata
anche la prima medicina moderna “fai da te” cioè senza prescrizione medica.
La stessa grande azienda tedesca Bayer deve la sua fortuna alla scoperta del
giovane Hoffman dato che prima era solo una fabbrica di coloranti.
L’aspirina all’inizio era usata come antidolorifico, successivamente se ne
scoprirono le funzioni antinfiammatorie. Da qualche anno viene usata per la
prevenzione dell’infarto, perché rende fluido il sangue.
Penicillina
Secondo una recente ricerca dell’Istituto SWG è stata la scoperta della
penicillina, il primo antibiotico della storia, l’evento più importante del secolo.
Fu scoperta per caso nel 1928 dallo scienziato inglese Fleming, che scoprì i suoi
effetti sorprendenti grazie ad una muffa che fu capace di uccidere diversi batteri
tenuti in coltura nel suo laboratorio londinese.
Nel 1941 riuscì a purificare quella muffa passata alla storia con il nome di
penicillina in modo da poterla usare sull’uomo. Durante la guerra veniva usata,
da parte degli alleati (americani, inglesi, francesi), per curare le ferite.
Oggi è ancora usatissima insieme ai suoi derivati ampicillina e cefalosporina e
tanti altri ancora (da ricordare la streptomicina decisiva contro la tubercolosi).
Antipolio
La poliomielite è un virus che porta progressivamente alla paralisi di organi e arti
fino ad arrivare alla morte.
La scoperta del vaccino antipolio si deve all’americano Sabin che a New York,
durante un’epidemia di poliomielite, iniziò le sue ricerche. Dopo 22 anni
perfezionò il rimedio sperimentandolo su se stesso. In Italia ci vollero altri 13
anni perché diventasse obbligatorio; un ritardo costato la vita a mille bambini e
la paralisi ad altri ottomila.
Sabin non ha brevettato il suo vaccino: per lui la scienza non doveva avere fine
di lucro.
Cortisone
Il cortisone è un potentissimo antinfiammatorio che può essere usato contro le
allergie, l’asma, l’artrite, persino contro il cancro, ma con molta attenzione.
Fu sintetizzato in laboratorio nel 1947 da tre chimici americani (Kendall,
Reichstein e Hench) capaci di riprodurre esattamente l’ormone prodotto in
natura dalle ghiandole surrenali. In caso di sovradosaggio, questo farmaco
può portare a modificazione delle fattezze così accentuate che negli anni ’50
Hollywood produsse un celebre film con James Mason che si trasformava da
dr. Jekyll a mr. Hyde dopo un’iniezione di cortisone. Oggi comunque, seppur
sotto stretto controllo medico, si usa il cortisolo (e i suoi derivati come il
desametazone) che hanno minori controindicazioni del cortisone.
Insulina
Fu Banting, nel 1920, a capire che il diabete era una malattia derivata dalla
mancata produzione di un ormone che lui stesso chiamò insulina e che riuscì
ad isolare nel 1922.
Prima di questa scoperta di diabete si moriva, mentre oggi, con le iniezioni
dirette di insulina, si può vivere una vita più che normale. In futuro, scoperto
già il gene che la produce, si pensa di poter arrivare ad impiantarla addirittura
nel corpo del malato.
Pillola anticoncezionale
Fu dopo gli studi dell’americano Pinens nel 1961 che la pillola fu messa in
commercio, sconvolgendo il mondo e avviando quella che in un primo
momento è stata definita liberazione sessuale femminile e che oggi è diventata
ambizione alla parità sociale da parte della donna.
La pillola è un insieme di ormoni - estrogeni e progestinici – prodotti
naturalmente dalle ovaie e in grado di impedire l’ovulazione femminile con
conseguente sospensione dell’attività fertile di una donna, oggi è usata da
milioni e milioni di donne nel mondo di cui circa due in Italia.
La pillola del futuro conterrà sempre meno ormoni con conseguente
diminuzione dei numerosi effetti collaterali.
N.B.
Le nuove frontiere della medicina oggi sono concentrate su patologie
definite fino a poco tempo fa incurabili quali l’AIDS e il CANCRO.
Contenitori in latta per specialità farmaceutiche registrate
Litografia a colori francese
Manifesto pubblicitario del 1935
Manifesto pubblicitario olandese
CENNI DI OMEOPATIA
Una recente indagine dell’ISTAT ha rivelato che sono 2.700.000 gli italiani che
ricorrono all’omeopatia, il 4,6% della popolazione, quasi il doppio rispetto al
1991.
L’omeopatia, ideata alla fine del XVIII secolo da un medico tedesco,
Hahnemann, parte dal presupposto che ogni malattia è soltanto lo squilibrio
complessivo del malato, per curarlo bisogna quindi ridargli l’equilibrio perduto. Il
rimedio quindi varia da una persona all’altra, anche quando secondo la medicina
tradizionale si direbbe che la malattia è la stessa.
I principi base dell’omeopatia sono tre: la similitudine, la dinamizzazione del
rimedio, la diagnosi personalizzata.
1) Per similitudine si intende questo concetto, praticamente elaborato dal
medico tedesco di cui abbiamo già fatto il nome, Hahnemann, che dopo una
serie di sperimentazioni, si rese conto che i farmaci provocavano gli stessi
sintomi che potevano curare. Inoltre stabilì che la somministrazione del rimedio
omeopatico in persone sane non soltanto portava alla manifestazione di alcuni
disturbi fisici, ma anche ad atteggiamenti psicologici insoliti. Furono quindi definiti
rimedi omeopatici i farmaci in grado di guarire le malattie di cui riproducevano i
sintomi, sia fisici che mentali, nelle persone sane. Al contrario invece definì
allopatici i medicinali che presentano effetti diversi dalla manifestazione della
malattia.
2) Dinamizzazione: Hahnemann iniziò a diluire le sostanze e si rese conto che in
tal modo non si manifestavano conseguenze negative e che addirittura si
aumentava l’efficacia del rimedio. Diluizione e dinamizzazione quindi sono due
momenti fondamentali per determinare l’efficacia del prodotto.
Oltre la diluizione il medico eseguiva quindi anche la dinamizzazione, in pratica i
rimedi erano, di volta in volta, sottoposti a numerose scosse. In questo modo è
possibile conferire anche a sostanze inerti poteri terapeutici.
3) Per quanto riguarda la diagnosi, l’omeopatia considera l’uomo nella sua
interezza, mente e corpo sono un’unità inscindibile e agiscono sotto lo stimolo della
forte energia vitale. Quindi, anche quando i sintomi sono concentrati in una sola
zona, la malattia non è limitata ad una parte del corpo ma lo coinvolge nella sua
interezza. È per questo che i farmaci omeopatici adatti a due persone afflitte da mal
di stomaco non sono uguali, ma diversi, perché lo squilibrio energetico che lo ha
causato non è lo stesso.
Qualsiasi sostanza può essere utilizzata per realizzare un farmaco omeopatico,
anche quelle che la medicina tradizionale considera completamente inerti. Fino ad
oggi sono state sperimentate ed introdotte sul mercato circa 3000 sostanze naturali.
I principi attivi contenuti nei rimedi omeopatici vengono distinti in vegetali, minerali e
animali. Spesso l’omeopatia prescrive oltre ai farmaci omeopatici, anche la
somministrazione di rimedi fitoterapici o consiglia al paziente di sottoporsi ad alcune
sedute di agopuntura. L’esperto infatti, basandosi sulle sue conoscenze personali,
sulle esperienze sulla caratteristica della persona, può organizzare una terapia più
o meno complessa, con l’aiuto di altre medicine alternative.
Il funzionamento del medicinale omeopatico si verifica in questo modo:
amplificando artificialmente il problema, si sprona il sistema di difesa naturale
dell’organismo ad entrare in azione, stimolando l’autoguarigione.
Con la somministrazione del rimedio omeopatico, cioè, si aumenta il
funzionamento del sistema immunitario, in modo che quest’ultimo sia in grado di
reagire a qualsiasi disturbo.
I medici omeopatici unicisti sono coloro che prescrivono, dopo la prima visita, un
solo rimedio per volta ad alta ed altissima diluizione, in un’unica
somministrazione da ripetere o da cambiare dopo un’ulteriore visita.
I medici omeopatici pluralisti invece sostengono che un solo medicamento non
può rappresentare il paziente nel suo intero e risolvere le cause del suo
squilibrio.
Per questo è necessario fare ricorso a diversi farmaci, somministrandoli anche
contemporaneamente.
Vi sono alcune regole da seguire quando si assumono farmaci omeopatici: i
rimedi vanno presi a stomaco vuoto; alla mattina è importante assumere i rimedi
prima di lavarsi i denti, e oltretutto sarebbe bene utilizzare un dentifricio non
contenente menta; non bisogna toccare i globuli con le mani; i globuli vanno
posizionati sotto la lingua; le gocce devono essere sciolte in poca acqua.
Farmacisti compilano prescrizioni al computer
Compresse rivestite e capsule ad azione prolungata
Ordine dei Farmacisti di Pesaro e Urbino
Gennaio 1998
A cura di :
Dr. Antonio Astuti
Dr. Romeo Salvi
Si ringrazia:
Bayer
Momento Medico
Mondadori Editori
Nobile Collegio
Zambon Group
Scarica