Presentazione di PowerPoint - Osservatorio Astronomico di Brera

Lea Giordano
AGN: meccanismi di emissione
e modello unificato
 introduzione storica
 prima classificazione degli AGN
 spettri
 meccanismi di emissione
 IPOTESI DI LAVORO
 modello unificato
 riclassificazione alla luce del
modello unificato
 extras
 bibliografia e referenze
20.01.03
INTRODUZIONE STORICA
Carl Seyfert
Markarian
Khachikian e Dan Weedman
scoperta dei QUASARs
— 3C 48
— 3C 273
Carl Seyfert
Carl Seyfert scoprì che alcune galassie
possedevano la peculiarità di avere nuclei
straordinariamente brillanti e puntiformi.
Nel 1943 selezionò dalla survey
dell’osservatorio di Mt. Wilson sei galassie
(NGC1068, NGC1275, NGC3516, NGC4051, NGC4151 e
NGC7469) che avevano in comune righe di
emissione allargate (broad line emission)
e ne analizzò lo spettro.
Cinque delle suddette galassie erano spirali,
tranne NGC1275, un’irregolare peculiare.
Da allora “galassia di tipo Seyfert” indica
un’intera classe di galassie attive.
NGC 4151
NGC 1068
NGC 4051
NGC 7469
NGC 3565
B.E. Markarian
Nel 1963 pubblica i risultati dello studio di 41
galassie peculiari di cui si ha evidenza di emissione
non termica, ovvero non direttamente proveniente dalle
fotosfere stellari.
 Sono incluse tutte le galassie analizzate da
Seyfert.
Markarian inizia una survey (con il telescopio Schmidt
da 1m del Byurakan Observatory, in Armenia),
selezionando una serie di oggetti che presentano un
eccesso blu-UV nel loro continuo, che terminerà con la
pubblicazione di un catalogo comprendente circa 1500
galassie che oggi sono note come Markarian galaxies.
In realtà questa non è una classe vera e propria di
AGN, ma piuttosto una selezione di oggetti, a basso
redshift, che presentano una particolare caratteristica
dell’attività galattica: l’eccesso blu-UV.
Markari an th umbn ails
M
a
r
k
a
r
i
a
n
4
2
1
–
b
r
o
a
d
b
a
n
d
s
p
e
c
t
Khachikian e Dan Weedman
Nel 1974, grazie ai progressi delle
tecniche spettrografiche, riclassificano
le galassie di tipo Seyfert in due classi:
 Seyfert type I
righe permesse: H (in massima parte), HeI,
HeII e FeII; con [FWHM] corrispondenti a
velocità comprese tra 1 e 104km/s
righe proibite: OIII hanno [FWHM]
corrispondenti a soli ~103km/s
 Seyfert type II
righe permesse e proibite hanno circa le
stesse [FWHM] pari a ~103km/s
SCOPERTA DEI QUASARs
I quasar furono identificati per la prima volta
(negli anni 50 del secolo scorso) come intense
sorgenti radio piuttosto estese. Poiché le
controparti ottiche erano puntiformi furono
identificati con l’acronimo di QSRSs (Quasi-Stellar
Radio Sources), da cui QUASARs.
L’emissione di queste sorgenti presenta una
variabilità su tempi scala di decine di mesi (molto
meno in alcuni casi) il che porta a pensare che
deve esserci qualcosa di veramente peculiare nella
geometria della regione emettitrice: le dimensioni
della regione da cui proviene la luce non possono
essere superiori al tempo che la luce stessa
impiega per attraversare la regione. Da questo
possiamo ricavare un limite superiore per le
dimensioni lineari della regione di variazione che
per i quasar in genere è al massimo di 1 anno luce.
8
e
3
C
3C 48
3C 273
La posizione di questa
sorgente fu trovata (con
un’accuratezza di ~5
arcsec) nel 1960 dagli
astronomi del Caltech e
la controparte ottica fu
identificata su una
lastra presa da Alan
Sandage al 5m di Mt.
Palomar, dove appariva
come una stella blu di
16^ magnitudine associata
ad una debole nebulosità
con una bassissima
brillanza superficiale di
circa 12 x 5 arcosecondi,
con la sorgente radio non
perfettamente al centro.
Dallo spettro emergevano
delle righe di emissione
allargate.
Si apre una lunga e
dibattuta controversia
sulla natura galattica o
extragalattica di questa
sorgente, che si
risolverà con
l’attribuzione di un
redshift pari a 0.37.
I radioastronomi del Jodrell Bank utilizzarono il metodo
dell’occultazione lunare per misurare la posizione di
questa sorgente che sostenevano essere di natura
extragalattica.
Anche per questa individuazione della controparte ottica
furono utilizzate lastre prese a Palomar (da Rudolph
Minkowski) e si trovò che la sorgente sembrava essere una
stella di 13^ magnitudine anch’essa associata ad una
debole nebulosità allungata.
Dallo spettro di 3C 273 emersero righe dell’idrogeno
corrispondenti ad un redshift di 0.16 (che corrisponde ad
una velocità di allontanamento di ~16% di c).
Questa sorgente si trova quindi ad una distanza di ~950
Mpc (per H0=50; ~685 per H0=70).
La magnitudine apparente è 13, con la formula del modulo
di distanza è possibile trovarne la magnitudine assoluta:
2
7
3
M  m  5 log D  5
Il Sole ha una magnitudine assoluta MV=4.8 da cui
possiamo ricavare la luminosità visibile di 3C 273 in
termini di luminosità solare L☼:
 Lq 
M q  M   2.5 log  
L 

L .
ovvero pari a 4.8·1012 ☼
Si ricava che MV=-26.9, che paragonata con una galassia
luminosa (MV~-23, ~1011L☼) fa capire quanto peculiari
siano gli oggetti a cui ci troviamo di fronte.
3C 48
3C
273
a cosa siamo di fronte?
Abbiamo presentato diverse tipologie di
oggetti e abbiamo sottinteso che siano tutti
parte della classe di sorgenti astronomiche
denominata
AGN
(Active Galactic Nuclei).
Ovvero oggetti:
 GALACTIC: che vivono in galassie quindi
extragalattici;
 NUCLEI: che vivono nel cuore di queste
galassie, vicine e lontane (lontanissime);
 ACTIVE: che presentano una qualche sorta
di attività, ovvero la luce che vediamo non
è direttamente attribuibile a processi di
origine stellare.
Metodi d’indagine di una sorgente
in astrofisica
Per analizzare le sorgenti con cui si ha a che fare in
astrofisica gli strumenti d’indagine sono prevalentemente
due:
 FOTOMETRIA
 SPETTROGRAFIA
Entrambe si estendono su quasi tutto lo spettro
elettromagnetico, con minori risoluzioni per le lunghezze
d’onda maggiori (dovute alla difficoltà tecnica di
collimare un raggio di fotoni ad altissima energia).
Dalla spettrografia in particolare si ricavano indicazioni
preziosissime riguardo allo spettro di emissione delle
sorgenti (righe atomiche), strumento insostituibile per
stimare le distanze di questi oggetti.
DISTANZA
Il redshift attribuibile agli AGN è quasi unanimemente
interpretato come effetto cosmologico.
Nel modello cosmologico “standard” il redshift z di una
riga spettrale emessa ad una lunghezza d’onda λe e rivelata
a λ0 è legato alla distanza della sorgente emettitrice
dalla seguente relazione:
d L  cH 0
1
 1

2
 z  2 (1  q0 ) z  ...
dove H0 è la costante di Hubble, q0 il parametro di
decelerazione e z è definito come:
z
(0  e )
e
Il primo termine della serie si può interpretare come
velocità di recessione z=v/c, i termini successivi sono le
correzioni relativistiche che diventano non trascurabili
per ~ z>0.3
La distanza calcolata in questo modo dà la diminuzione del flusso totale
per una sorgente di luminosità L che irraggia isotropicamente:
Es.: per il quasar 3C 273:
L
 F d  4d L2
L~
 6 1046 ( H 0 / 100km s 1Mpc 1 )erg s 1
distanza - continua
circa 102 volte maggiore di una
galassia gigante e proveniente
da un volume probabilmente circa 106 volte inferiore.
Nel corso della storia questo
ha spesso fatto sì che fosse
messa in dubbio l’interpretazione
cosmologica del redshift di questi
oggetti. In realtà:
 sono stati trovati quasar in cluster
con galassie allo stesso redshift
 il range di luminosità che va dalle
Seyfert 1s ai quasar è continuo (una Seyfert estremamente brillante ad
alto redshift non sarebbe distinguibile da un quasar debole)
 le righe di assorbimento a zabs inferiore al redshift zem delle righe di
emissione è probabilmente dovuto al cammino ottico percorso dal raggio
luminoso lungo la l.o.s., a cui può capitare di attraversare delle nubi
di gas, la cui distanza è addirittura stimabile da un rapporto tra le
intensità delle righe di emissione e quelle di assorbimento.
DIMENSIONI
Da osservazioni dirette è possibile stimare i limiti superiori
delle dimensioni dei nuclei attivi:
struttura in ottico
(NGC4151)
struttura in radio
osservazioni da pallone: il
continuo ottico proviene da
una regione del diametro di
~7 pc
solo in alcuni casi i radio
core delle galassie attive
sono risolti (da misure
VLBI), in altri casi
abbiamo limiti superiori
in generale un sistema di
dimensioni scala l non può
avere variazioni in tempi
minori di l/c
fino a redshift dell’ordine
~0.5 le correzioni
relativistiche sono
trascurabili  l=qcz/H0
osservazioni di variabilità
su tempi scala tvar
forniscono un limite
superiore sulle dimensioni
della regione emettitrice 
l ≤ ctvar
variabilità delle righe: il
continuo ottico proviene da
una regione del diametro di
~0.1-1 pc
NLR ~50 pc
BLR ~1-10 pc
la più piccola struttura
angolare risolta è pari a
qualche milliarcsec,
corrispondente ad una
dimensione lineare di 1 pc
alla distanza di 100 Mpc o
ad un redshift ~0.03
variabilità
il record di variabilità è
un BL Lac: ~11 min  l
<2·1013cm. In media
~1015(M/108M☼)  ~10-3 pc
se la sorgente è
relativistica (moti
superluminali apparenti per
effetto di beaming) i tempi
di variabilità sono
maggiori di quanto viene
misurato
SPETTRI
Gli AGN in
genere
hanno
spettri
BROAD BAND,
ovvero
che si
estendono
lungo
tutto
lo
spettro
elettromagnetico.
MECCANISMI DI EMISSIONE
Come si può spiegare lo spettro broad band che emerge
da una galassia attiva?
È necessario fare ricorso a processi fisici di
emissione della radiazione che possiamo raggruppare in
due classi fondamentali:
EMISSIONE TERMICA
 PROCESSI AD ALTA ENERGIA

(emissione non termica)
Un strumento di indagine fondamentale nell’analisi
degli spettri degli AGN sono le RIGHE DI EMISSIONE,
fondamentali per determinare il redshift e quindi la
distanza degli oggetti astronomici.
EMISSIONE TERMICA
L’emissione termica è una proprietà di tutti i corpi
che irraggiano e per analizzarne le proprietà dobbiamo
fare ricorso ad un’idealizzazione fondamentale in tutta
quanta la fisica: il CORPO NERO.
Un corpo nero è un oggetto in equilibrio termico con
l’ambiente che lo circonda che è in grado di
comportarsi sia come perfetto assorbitore che come
perfetto emettitore.
Costruire un corpo nero ideale (ovvero che si comporti
da tale a tutte le frequenze) non è possibile, ma, ad
esempio, una stella può essere presa come un’ottima
approssimazione di corpo nero e quindi è possibile
calcolarne la temperatura conoscendo la lunghezza
d’onda alla quale emette.
Un corpo nero è univocamente identificato mediante la
TEMPERATURA. Poiché il corpo nero, per definizione,
assorbe tutta la radiazione che incide su di esso,
quella che vediamo emergere è quindi il risultato
della sola emissione.
legge d i Pla nck
Il profilo della
curva è dato dalla
legge di Planck:
2h 3 / c 2
B (T )  ( h / kT )
e
1
2hc 2 / 5
B (T )  ( hc / kT )
e
1
La luminosità irraggiata da un corpo nero sferico è
data da:
corpo n ero –
continu a (1)
L  4r T
2
4
 la luminosità dipende dall’area della superficie
che irraggia e da T4.
 i corpi molto luminosi devono essere molto
grandi, avere alte temperature o entrambe le cose.
All’aumentare della temperatura del corpo, la
lunghezza d’onda del picco di emissione cambia
secondo la legge (di Wien):
max T  3
(mm deg)
esempio
temperatura
T(K)
tabella comparativa T – lmax picco
max
(cm)
lunghezza d’onda
del picco di
emissione
gas coronale
1000000
3·10-8
Soft X-ray
plasma caldo
300000
1·10-7
EUV
30000
1·10-6
UV
stella G (Sole)
6000
5·10-6
visibile
stella M
3000
1·10-5
NIR
polvere calda
1500
2·10-5
NIR
Terra
300
1·10-4
MIR
polvere fredda
100
3·10-4
submillimetrico
CBR
2.7
~1·10-1
stella O
millimetrico
free-free emission
(bremsstrahlung termica)
L’emissione free-free è tipica di un gas caldo ed è
prodotta ovunque ci sia un’adeguata densità di
elettroni liberi, ad esempio:
- atmosfere stellari
- plasmi caldi e densi
- regioni HII
- toro di gas ionizzato attorno ad Io
La regione HII attorno ad una stella calda è formata
dalla fotoionizzazione dell’idrogeno da parte di
fotoni UV provenienti dalla stella. Il continuo
proveniente da una regione del genere è dovuto
all’emissione free-free prodotta dagli elettroni
liberi del gas. Lo spettro si può estendere dal radio
all’ottico ed è piatto in regime di mezzo otticamente
sottile.
I fotoni possono interagire con gli elettroni
legati di un atomo e dare origine a ionizzazione
(interazione bound-free) oppure l’inverso e dare
origine a ricombinazione (interazione freebound).
Nel caso di elettroni liberi e gas ionizzato
siamo nel caso dell’interazione free-free.
In ciascuno di questi casi lo spettro è
continuo.
Qui considererò esclusivamente l’emissione freefree più comune in astrofisica, ovvero quella di
una regione di idrogeno ionizzato riscaldato da
una sorgente calda.
In genere l’emissione free-free è tipica di un
mezzo otticamente sottile, anche se ad alcune
particolari lunghezze d’onda il mezzo si
comporta come otticamente spesso e quindi la
radiazione viene autoassorbita.
free-fr ee em issi on – conti nua ( 1)
Lo spettro si estende dal
radio al visibile e dipende
dalla densità del gas.
Il grafico ha un flesso in
corrispondenza della
lunghezza d’onda a cui il
mezzo inizia a comportarsi
come otticamente spesso: a
lunghezze d’onda maggiori la
radiazione è riassorbita.
Esiste quindi, in dipendenza
dalla densità del gas, una
particolare frequenza, detta
di cut-off, oltre la quale il
mezzo emette come corpo nero.
La parte dello spettro dove il mezzo è otticamente spesso è dato
da:
2
dove I è l’intensità emessa in funzione

2
della frequenza.
f
r
e
e
f
r
e
e
e
m
i
s
s
i
o
n
–
c
o
n
t
i
n
u
a
(
2
)
2kT
I 

c
Nella regione a legge di potenza l’indice spettrale a è pari a
2. Nella parte dello spettro otticamente sottile l’intensità è
debolmente dipendente dalla frequenza, con indice spettrale pari
a –0.1.
EMISSIONE NON TERMICA
L’emissione non termica è dovuta a processi di alta
energia che coinvolgono sia fotoni che particelle e si
dice non termica proprio perché la distribuzione, sia dei
fotoni che delle particelle, non è Maxwelliana.
I processi fisici che danno luogo ad emissione di alta
energia sono:
 RADIAZIONE DI SINCROTRONE
 EFFETTO COMPTON (diretto e inverso)
 PRODUZIONE DI COPPIE
RADIAZIONE DI SINCROTRONE
Alfvén e Herlofson (1950) e Shklovsky (1953)
proposero che per spiegare alcuni spettri di
sorgenti radio a legge di potenza del tipo
T  K
T  K a
a
con indice spettrale a >> 2 fosse necessario
ricorrere ad emissione di tipo non termico
ed in particolare emissione di sincrotrone.
L’emissione di sincrotrone denota la presenza di un campo
magnetico: gli elettroni relativistici che attraversano una zona
di spazio permeata da questo vengono deflessi e quindi
irraggiano.
A differenza della trattazione classica (per basse energie) dove
gli elettroni irraggiano come un dipolo, nell’emissione di
sincrotrone l’elettrone emette in un cono di luce di apertura
(a) inversamente proporzionale al fattore di Lorentz degli
elettroni (g).
Elettroni di una data energia irraggiano ad una frequenza
specifica, dato il campo magnetico:
sincrot rone – co ntinu a (1)
 s  BE
2
Irraggiando gli elettroni perdono un’ energia pari a:
dE 4
dove Umag è la densità di energia nel
  T cg 2U mag  B 2 E 2
campo magnetico: B2/(8·10-7)
dt 3
Da cui si può ricavare una vita media per irraggiamento:
(m0c 2 ) 2 dove th è il tempo (in secondi) in cui
l’elettrone perde metà della sue energia.
t 
h
1014 B 2 E
La vita media di elettroni relativistici dipende quindi
dall’inverso del quadrato del campo magnetico e dall’energia.
Esiste una semplice relazione
tra l’indice della
distribuzione di energia
degli elettroni (s) e
l’indice spettrale (α) dello
spettro di emissione per
sincrotrone:
sincrot rone –
continu a (2)
1 s
a
2
Questa relazione è
estremamente utile in
quanto da una semplice
misura dell’indice spettrale si possono ricavare informazione
sulla distribuzione di energia degli elettroni emettitori.
Per gli AGN l’emissione di sincrotrone riguarda solamente il
getto relativistico.
Sappiamo che in regioni simili il campo magnetico è di ~10-4 T
 emissione X di 10 KeV da Blazars è dovuta ad elettroni di
~1012 eV
EFFETTO COMPTON (diretto e inverso)
Quando un fotone di alta energia interagisce con un
elettrone a bassa energia si ha scattering Compton.
L’elettrone acquista energia a spese del fotone.
La relazione tra la lunghezza d’onda
del fotone incidente, λi, e quella
dopo lo scattering, λs è:
h
[1]
s  i 
m0 c
(1  cos  )
dove m0 è la massa a riposo
dell’elettrone e  l’angolo di
scattering.
Possiamo riscrivere [1] in termini
della lunghezza d’onda Compton λC:
s  i  2C sin

2
dove λC è definita come:
h
C 
m0 c
effetto comp ton – con tinua (1)
Un caso particolare è rappresentato dallo scattering di
Thompson, la coda a più bassa energia, il più comune in
astrofisica.
L’effetto Compton è statisticamente rilevante in quelle
regioni in cui vi sono degli elettroni immersi in un campo
di fotoni ad alta energia.
In astrofisica è possibile anche trovare situazioni in cui
avviene il processo inverso (IC), ovvero quando elettroni
di alta energia interagiscono con dei fotoni cedendo parte
della loro energia e accelerandoli.
L’effetto Compton inverso è l’analogo
elettrico del sincrotrone.
La perdita di energia di un elettrone
relativistico che interagisce con il
campo generato da fotoni (con densità
di energia Urad) è dato da:
dove σT è la
2
sezione d’urto
T
rad
Thompson.
dE 4
  cg U
dt 3
t
o
n
–
N.B.: Il numero di fotoni è conservato e questi
vengono accelerati ad energie superiori di un
fattore γ dato da:
γ
L’effetto Compton è
quindi una sorgente
di fotoni ad alta
energia (X e gamma)
a partire da una
popolazione di
elettroni
relativistici.
Il profilo dello
spettro dipenderà
quindi dalla
distribuzione
energetica degli
elettroni.
ν
ν
c
o
n
t
i
n
u
a
(
2
)
PRODUZIONE DI COPPIE
La produzione di coppie è un fenomeno statisticamente
incidente in astrofisica solo in quelle regioni con
una densità di fotoni gamma veramente elevata.
Quando un fotone di grande
energia interagisce con
il campo di un altro fotone
o di un nucleo
da origine
alla formazione di una
coppia elettrone-positrone:
g  g (o nucleo)  e  e


zione
di
coppi
e –
conti
nua
(1)
Dalla conservazione dell’energia si ha che:
[1]
Per la coppia e+e- il momento è:
[2]
Eg  Eee
 h  2gm0c
2
pe e  2gm0v
Per il fotone il momento è, da [1]:
[3]
h
pg 
 2gm0c
c
Uguagliando [2] e [3] si vede che, poiché ν non può essere
uguale a c, momento ed energia non possono essere conservati
simultaneamente nello spazio libero: è necessaria la presenza di
un terzo oggetto (il campo di un nucleo o di un altro fotone)
che assorba parte del momento di rinculo.
La massa a riposo di e+ ed e- è 0.511MeV  il regime di questa
interazione sarà nella regione che va dagli X estremi ai gamma
di bassa energia.
Questa interazione può avvenire anche sottoforma di annichilazione di una
coppia e+e- con la produzione di un fotone di energia 0.511 MeV (ad
esempio, ne sono stati osservati dalla regione del Centro Galattico).
RIGHE DI EMISSIONE
Dall’analisi delle righe di emissione possiamo fare
ipotesi sullo stato fisico del gas che le ha emesse.
Per semplicità (e visto che è la situazione più comune in
astrofisica) considereremo come regione emettitrice una
nube di gas d’idrogeno ionizzato (HII region).
Si assume un regime di LTE (Local Thermodynamic
Equilibrium) per poter derivare l’equazione di stato per
il materiale emettitore, legata alle condizioni di
pressione (densità di energia) in funzione della
temperatura e della densità di massa.
Per una riga di emissione jmn [Wm-3] è coefficiente di
emissione per una transizione da uno stato quant. m ad
un’altro stato n.
La luminosità della riga m  n sarà quindi: L=jmnV, con V
volume della nube di gas emettitore.
Per gli AGN il volume delle regioni emettitrici è stimato
da misure dirette.
i
o
n
e
–
c
o
n
t
i
n
u
a
(
1
)
Il coefficiente di emissione è legato ai parametri fisici
dell’atomo emettitore:
mn
mn mn m
dove Amn è la probabilità di transizione spontanea dallo
stato m a n, Emn(=hνmn) è l’energia del fotone emesso e Nm è
il numero di atomi per unità di volume che si trovano
nello stato m.
Amn e Emn sono noti dalla fisica atomica e Nm, detto anche
numero di popolazione, si ottiene, in funzione della
temperatura, dall’equazione di Boltzmann:
 mv 2
2
2 kT
A E N
j
N (v)dv  v e


dv
che riscriviamo nella forma:
N m g m ( Emn / kT )

e
Nn gn
dove gm e gn sono i pesi statistici degli stati m e n.
i
o
n
e
–
c
o
n
t
i
n
u
a
(
2
)
Per quanto riguarda l’emissione da HII region si fa spesso
ricorso alla cosiddetta “case B approximation”, ovvero il
numero di ricombinazioni per unità di volume per secondo è
uguale al numero di fotoni La prodotti per unità di volume
per secondo.
Questa approssimazione è applicabile in condizioni di
profondità ottiche grandi per le righe dello spettro di
Lyman: ciascun fotone Lyman è scatterato più volte nel gas
fino ad essere convertito in un fotone La, Balmer o altro.
Applicando la cBa non è possibile ricavare direttamente Nm
o Nn, tuttavia, utilizzando il rapporto tra due righe
spettrali, è possibile ricostruire il numero di atomi nei
due livelli e la temperatura.
Per temperature tra i 20000K e i 5000K il rapporto Ha/Hb
previsto di 2.75-3.0 combacia perfettamente con le
osservazioni.
Per gli AGN bisogna considerare la presenza di polveri che
assorbono preferibilmente fotoni Hb  il rapporto Ha/Hb
sarà superiore.
i
o
n
e
–
c
o
n
t
i
n
u
a
(
3
)
Nella trattazione seguente faremo in ogni caso ricorso
alla cBa, riconducendoci ad una sorgente di radiazione non
circondata da polveri.
Da ciò deriva che da una misura delle righe di Balmer si
può determinare l’intensità del continuo.
L’approssimazione fatta è in ogni caso valida in quanto la
regione ionizzata è detta “radiation bounded” ovvero tutta
la radiazione ionizzante proveniente dal motore centrale è
assorbita dagli atomi del gas circostante (otticamente
spessi alla radiazione)  per l’osservatore esterno il
continuo di ionizzazione sarà quindi invisibile.
I rapporti tra righe spettrali possono essere utilizzati
per determinare:
- la struttura della regione ionizzante
- la massa di gas
- le dimensioni della regione emettitrice
i
o
n
e
Dallo studio delle righe proibite (e per “proibito”
s’intende che non sono osservabili in analisi di
laboratorio) si possono ottenere informazioni sulla
densità di elettroni e sulla temperatura della regione
ionizzata emettitrice (ad es.: il rapporto 500.7436.3 del
[OIII]).
Nelle regioni in cui la presenza di polveri è dominante,
si utilizzano i rapporti tra righe in infrarosso.
Recentemente, con l’avvento della spettroscopia X e gamma
da satellite, è possibile indagare anche le regioni più
centrali degli AGN, andando a verificare gli eventuali
rapporti tra righe anche a queste lunghezze d’onda
estreme.
–
c
o
n
t
i
n
u
a
(
4
)
ampiezza delle righe  velocità di dispersione
L’ampiezza delle righe atomiche può dare
informazioni riguardo all’origine delle righe
stesse, almeno in termini di velocità di
dispersione del gas che ha emesso la riga: una
riga atomica risulta allargata quando è prodotta
da atomi che non hanno la stessa velocità lungo
la linea di vista.
Per questo, ad esempio, si può ipotizzare che
- nelle galassie Seyfert II le righe permesse e
proibite sono originate nella stessa regione in
quanto hanno [FWHM] molto simili
mentre
- nelle galassie Seyfert I la regione di origine
delle righe di emissione è differente: le righe
permesse e proibite hanno [FWHM] molto diverse.
un primo tentativo di classificazione
 Seyfert galaxies
 QUASARs
 Blazars
 LINERs e ULIRGs
Seyferts galaxies
 continuo non stellare
 righe di emissione di alta ionizzazione
Seyferts 1s
Seyferts 2s
broad-lines emission
---
variabilità su tempi scala di
decine di giorni
---
(componente broad-line e continuo UV)
narrow-line emission
narrow-line emission
---
F   0.7
emissione X:

nella banda 2-10 KeV
intensità [OIII]/Hb particolarmente
elevata
radiosorgente
solo le più brillanti
(eccesso di X soft per ~50%)
variabilità (fattore 2) su
tempi scala di giorni
(componente X)
---
g
S
e
y
f
e
r
t
s
Queste immagini sono prese in banda V usando un CCD
Lowell Observatory.
Texas Instruments CCD al telescopio Hall (1.1 m) del
Keel - Astronomical Journal (vol. 111, p. 696, 1996).
QUASARs
A basse luminosità sono indistinguibili dalle Seyferts 1s:
questo è dovuto al fatto che in realtà si tratta probabilmente
di una classe di oggetti simili divisa in due da limiti
osservativi (impossibilità di risolvere galassie con bassa
brillanza superficiale attorno a quasar molto brillanti).
Radio-quiet
Radio-loud
~90%
~10%
variabilità su tempi scala di
anni
variabilità su tempi scala di
anni
(dove si è osservata)
(dove si è osservata)
---
sorgenti:
- compatte
- struttura a doppio lobo
---
Il plasma che emette in radio
mostra moti superluminali
apparenti
ospite: galassie a spirale
ospite: galassie ellittiche
r
a
d
i
o
g
a
l
a
x
i
e
s
g
a
l
l
e
r
y
The Fornax A data were presented by E. Fomalont, K. Ebneter, W. van Bregel, & R. Ekers in ApJL
346, L17 (1989), and the data for 3C 285, 219, and 315 are from a study by P. Alexander and J.P.
Leahy in MNRAS 225, 1 (1987). The data for 3C 449 span a 0.15-degree field and are from the NRAO
VLA Sky Survey (NVSS) via WWW retrieval. Leahy has pointed out that the extreme north and south
extensions on 3C 449 are artifacts of the FIRST survey data collection.
QSO 122 9+204
Blazars
Sono la classe degli oggetti più “violenti”: hanno emissioni che
si spingono fino al gamma estremo e presentano variabilità su
tempi scala brevissimi.
BL Lac
OVVs
righe di emissione quasi
assenti
righe di emissione da BLR e
NLR
emissione X (2-10 KeV) senza
l’eccesso EUV – soft X (< 0.5
keV)
emissione X (2-10 KeV) senza
l’eccesso EUV – soft X (< 0.5
keV)
emissione ottica e radio
fortemente polarizzata
emissione ottica e radio
polarizzata
moti superluminali apparenti
(es: gamma-ray blazar 3C 279)
---
variabilità a tutte le
frequenze su tempi scala ~ 10
min
variabilità a tutte le
frequenze su tempi scala ~ 10
min
p
e
r
l
u
m
i
n
a
l
m
o
t
i
o
n
One of the greatest surprises provided by very-long baseline
interferometry (VLBI) observations was the fact that some
quasars, radio galaxies, and BL Lacertae objects exhibit motion
along their jets which works out to several times faster than light.
Motion of material at such velocities is forbidden by relativity
(which otherwise checks out perfectly, to the chagrin of some
diehard science-fiction fans), but relativity also provides a way in
which we can see such blobs appear to move faster than light
(that is, superluminally). If we see a train of objects moving close
to the speed of light and moving almost exactly toward us,
tracking the apparent position in our time frame will make them
appear to move sideways mush faster than they actually do. And
the sources with superluminal motion are typically just those
most likely to be pointed toward us - they are bright because of
Doppler boosting, and there also seems to be a connection
between strong gamma-ray emission and superluminal radio
structure. This series of VLBI images, with pseudocolor intensity
coding to make the structures easier to see, follows the quasar
or blazar 3C 279 over a three-year period. The prominent outer
knots are moving with an apparent speed of 4c, typical for
superluminal sources.
Just what we are seeing here remains unclear. Some objects
show twisted paths for the emerging knots, fitting with theoretical
expectations that material may move along helical twists (driven
by instabilities in the jets and their imbedded magnetic fields).
This montage may show some support for this idea, with
complex structure changing rapidly between the brightest knots.
It is also unclear whether the knots that we see are physical
objects, clumps of gas moving together along the jet, or
bunchings of material in which the constituent matter constantly
changes, as we see in waterfalls and waves.
These images were provided by Ann Wehrle and Steve Unwin,
described in a paper in press in the ApJ by Wehrle et al. They
have been rotated by 30 degrees to make the jet horizontal, and
vertically displaced according to the date of observation. The
observations here were taken from 1991- 1994; more recent
regular monitoring has been done with the VLBA. The resolution
is about 0.2 milliarcsecond, corresponding to about 2 light-years
at this distance. These data were obtained at a frequency of 22
GHz (wavelength 1.3 cm).
LINERs e ULIRGs
Sono una classe di AGN piuttosto dibattuta in quanto si ritiene che
le loro caratteristiche possano essere dovute a eventi di starbust
(shocks e venti) e di SN (da cui l’emissione radio).
I primi abitano quasi esclusivamente in galassie a spirale, mentre i
secondi in ellittiche o spirali dominate da bulge (si pensa possano
essere il prodotto di merging o interazione).
LINERs
ULIRGs
(Low Ionization Nuclear Emission Region)
(Ultra-Luminous Infra-Red GalaxieS)
narrow-low excitation lines
debole continuo di emissione
non termica
sorgenti non risolte in UV
(alcuni)
sorgenti radio (alcuni)
---
--debole continuo di emissione
non termica
--sorgenti radio (alcuni)
rapporto IR/ottico
estremamente alto
s
o
m
b
r
e
r
o
g
a
l
a
x
y
Table 1.2: The AGN Bestiary
da KROLIK
Beast
Point
like
Broadband
Broad
lines
Narrow
lines
Radio
Variable
Polarized
Radio-loud quasars
YES
YES
YES
YES
YES
SOME
SOME
Radio-quiet quasars
YES
YES
YES
YES
WEAK
WEAK
WEAK
Broad line radio galaxies
(FR2 only)
YES
YES
YES
YES
YES
WEAK
WEAK
Narrow line radio galaxies
(FR1 and FR2)
NO
NO
NO
YES
YES
NO
NO
OVV quasars
YES
YES
YES
YES
YES
YES
YES
BL Lac objects
YES
YES
NO
NO
YES
YES
YES
Seyferts type 1
YES
YES
YES
YES
WEAK
SOME
WEAK
Seyferts type 2
NO
YES
NO
YES
WEAK
NO
SOME
LINERs
NO
NO
NO
YES
NO
NO
NO
cosa hanno in comune questi oggetti?
cosa hanno in comune questi oggetti?
Table 1.1: The Menu
da KROLIK
Property
Popularity
Comments and Exceptions
Very small angular size
Many
Wavelength dependent
Galactic (or greater) luminosity
Many
Lower luminosity is hard to find; obscuration and beaming
may mislead
Broad-band continuum
Most
Often dL/dlog ≈ const. from IR to X-rays; sometimes to
g-rays
Strong emission lines
Most
Sometimes very broad, sometimes not
Variable
Most
Modest amplitude; short wavelengths stronger, faster than
long
Weakly polarized
Most
~1% linear; a minority much stronger
Radio emission
Minority
Sometimes, but not always, extended on enormous scales
Strongly variable and polarized
Small minority
Correlated with bright radio and high-energy g-rays; in
some cases emission lines absent
sintesi spet tro
IPOTESI DI LAVORO
Nei nuclei galattici attivi l’energia proviene
da regioni compatte attorno ad uno o più oggetti
massivi. Alla luce di questa asserzione sono
stati proposti vari candidati inquilini del core
delle galassie attive:
 Cluster stellari compatti
 Stelle supermassive
 Buchi neri
In questa trattazione utilizzerò come ipotesi di
lavoro il fatto che il core delle galassie
attive ospiti un BUCO NERO, circondato da un
disco di accrescimento alimentato da un toro di
polveri.
VARIABILITÀ
come argomento per la compattezza
Per postulare la presenza di un oggetto estremamente
compatto all’interno delle galassie attive
utilizziamo l’argomento della variabilità degli
spettri di queste sorgenti.
Variazioni in luminosità non possono accadere in tempi
minori del tempo di attraversamento della regione dalla
quale provengono:
R
Dt   R  cDt
c
per tempi di variabilità dell’ordine della decina di giorni
(105s) si ottiene che la regione emettitrice avrà un diametro non
superiore ai ~10-3 pc.
Da notare che questo limite si riferisce alle regioni
responsabili della variabilità.
Il record di variabilità è da attribuirsi ad un BL Lac
(Dt~11min) per cui la regione emettitrice causa della
variabilità risulta essere < 2·1013 cm.
VARIABILITÀ
come argomento per la compattezza
(2)
Non basta avere un limite superiore alle dimensioni della
regione emettitrice per postularne la compattezza: occorre
stimarne anche la massa.
Se una sorgente, a cui è associata un’efficienza di
conversione materia-energia h, di luminosità L ha emette
su tempi scala pari a Dt, la sua massa M si può calcolare
da:
LDt
M 2
hc
Per gli AGN, conoscendo Dt e stimando come limite un h
pari al 10%, ricaviamo la massa della regione emettitrice,
in media pari a 108-10M☼.
Stimato grossolanamente le dimensioni della regione
emettitrice dell’ordine di ~1015cm e utilizzando una massa
di 108M☼, si ottiene:
R 2G
 2 e si può quindi ipotizzare
M c
la presenza di un BH.
BLACK HOLES
(1)
Già nel 1795 Laplace si rese conto che dalla teoria
gravitazionale di Newton e dalla sua ipotesi di
corpuscolarità della luce derivava che in presenza di
oggetti sufficientemente massivi ed estremamente
densi nemmeno la luce riuscisse a sfuggire al campo
gravitazionale.
Fu nel 1916 che Karl Schwarzschild (a pochissima
distanza dalla pubblicazione di Einstein) derivò la
soluzione in relatività generale del campo
gravitazionale attorno ad una massa sferica, ovvero
la descrizione completa del campo esterno ad un buco
nero
o sferico
o elettricamente neutro
o non-ruotante
ovvero quello che oggi definiamo buco nero di
Schwarzschild
BLACK HOLES
(2)
Nel 1939 Oppenheimer e Snyder derivano, in regime
relativistico, la soluzione per il collasso di una
sfera omogenea di gas a pressione nulla. Questa fu la
prima dimostrazione rigorosa della formazione di un
buco nero.
Il problema dell’esistenza di oggetti super compatti
fu però trascurato fino al 1960 circa, quando J.A.
Wheeler e coll. iniziarono uno studio approfondito
del collasso stellare: fu proprio Wheeler (1968) a
coniare il termine “black hole”.
Nel 1963 R. Kerr scoprì una famiglia di soluzioni
esatte (neutre) alle equazioni di campo di Einstein.
Nel 1965 Newman le generalizzò al caso di carica ≠ 0.
Oggi sappiamo che la geometria di Kerr-Newman
fornisce una descrizione unica e completa del campo
gravitazionale esterno ad un BH stazionario.
BLACK HOLES
(soluzione di Schwarzschild)
In relatività generale tutte le forme di energia contribuiscono
alla massa gravitazionale di un sistema, inclusa l’energia
potenziale gravitazionale.
Per intensi campi gravitazionali l’approssimazione Newtoniana
non è più sufficiente, e per intenso intendiamo un campo in cui
GM/rc2~1 ovvero quando per un corpo la massa a riposo è
dell’ordine della sua energia potenziale gravitazionale:
GMm/r~mc2.
In circostanze di questo tipo bisogna tenere conto delle
correzioni relativistiche e quindi nell’equazione di Newton:
2
1  dr 
   V (r )  E
2  dt 
va sostituito il tempo (assoluto) t con il tempo proprio (t),
dando la relazione che lega queste due coordinate. In
particolare, per una massa sferica nel vuoto si ha (soluzione di
Schwarzschild):
2
1  dr 
2
2

V
(
r
)

E


c 2  dt 
dove:
dt
 E (1  2GM / rc 2 ) 1
dt
Da cui si ricava che il potenziale efficace è dato da:
V (r )  (1  2GM / rc )(1  h / r )
2
2
2
2
dove h è il momento angolare relativistico per unità di massa di un corpo
orbitante.
Per r  2GM/c2 si ottiene il raggio di Schwarzschild RSchw per cui V  0
e dt/dt  .
Il RSchw demarca quella regione chiamata orizzonte degli eventi oltre la
quale nulla può sfuggire al campo gravitazionale del BH. Un altro modo
per ricavare il raggio di Schwarzschild è il seguente:
vesc=(2GM/RSchw)1/2=c.
La differenza cruciale tra le orbite newtoniane e quelle relativistiche
sta nel fatto che:
 V(r) ha, in funzione di r, sia un massimo che un minimo per
h≥2·31/2GM/c2
 il “turning point” non c’è affatto se h<2·31/2GM/c2, non solo – come in
mec. newtoniana – se h=0.
L’èffetto del campo gravitazionale è quindi:
 particelle con sufficiente energia attraversano la barriera del
potenziale centrifugo e, indipendentemente dal loro momento angolare,
cadono sulla massa gravitante
 particelle con piccolo momento angolare (non esclusivamente zero)
vengono catturate dalla buca di potenziale.
Sono possibili orbite circolari dove dr/dt=0, con un raggio tale che
∂V/∂r=0 (massimi e minimi inclusi). I massimi rappresentano orbite
circolari instabili. Orbite circolari stabili sono possibili per
r=(GM/2c2)[H2+(H4-12H2)1/2], con H=c2h/GM, se h≥2·31/2GM/c2 e la più interna
è ad un raggio minimo pari a rmin=6GM/c2.
z
i
o
n
e
d
i
S
c
h
w
a
r
z
s
c
h
i
l
d
)
(
2
)
o
n
e
rmin=6GM/c2 corrisponde quindi alla minima “superficie” da cui è
possibile estrarre energia dalle particelle che cadono dentro al
BH; oltre questa distanza dalla singolarità, ovvero per orbite
instabili, le particelle portano con sé la loro energia nella
buca di potenziale (vita media radiativa << tempo di caduta).
Possiamo fare una stima bruta dell’efficienza di produzione di
energia:
 max
massimo disponibil e di energia potenziale gravitazionale


massa energia a riposo
massimo di energia di legame


massa energia a riposo

(GMm / 2rmin ) 1

2
mc
12
Un calcolo relativistico da come risultato un’efficienza massima
del 6%.
d
i
S
c
h
w
a
r
z
s
c
h
i
l
d
)
(
3
)
Se il BH possiede a sua volta un momento angolare (soluzione di
Kerr) possiamo fare una stima dell’efficienza massima.
Un BH ruotante è caratterizzato dal momento angolare per unità
di massa H, in genere espresso in termini parametrici:
m  GM / c 2
;
l
u
z
i
o
n
e
d
i
K
e
r
r
)
(
4
)
a  H /c
Per un BH di Kerr l’orizzonte si trova a r=m+(m2-a2)1/2.
Il potenziale effettivo per il moto sul piano equatoriale può
essere definito come il minimo valore dell’energia per unità di
massa Emin per cui è possibile il moto a ciascun raggio:
V (r )  Emin (r ) 
 [( r 2  2mr  a 2 )1/ 2{r 2 h 2  [r (r 2  a 2 )  2a 2 m]r}1/ 2  2ahm] 
 [r (r 2  a 2 )  2a 2 m]1
Questa è una famiglia di curve in funzione di h per ciascun a/m.
Per a=0 si ottiene la soluzione di Schwarzschild. Per a≠0,
l’orbita circolare stabile più interna si trova a:
rmin  m{3  A2  [(3  A1 )(3  A1  2 A2 )]1/ 2 }
A1  1  (1 - a 2 /m 2 )1/3[(1  a/m) 1/3  (1 - a/m) 1/3 ]
con:
,
A 2  (3a 2 /m 2  A1 )1/2
2
l
u
z
i
o
n
e
d
i
Abbiamo detto che l’ultima orbita circolare stabile si trova a:
rmin  m{3  A2  [(3  A1 )(3  A1  2 A2 )]1/ 2 }
dove il segno meno è per particelle che orbitano nello stesso
verso di rotazione del BH e il segno più per quelle che orbitano
in verso opposto.
Anche in questo caso possiamo fare una stima della massima
efficienza di produzione di energia per particelle che cadono
oltre l’ultima orbita stabile:
 max  1  [rmin  2m  (am1/ 2 / rmin 1/ 2 )][ rmin  3m  (2am1/ 2 / rmin 1/ 2) ]1/ 2
che per una particella corotante con il BH e avente il massimo
momento angolare consentito (a=m) è pari al 40%.
Non è detto che la geometria del buco nero sia descrivibile con
una delle due soluzione cha abbiamo presentato, tuttavia, per
piccole deviazioni dalla geometria sferica (caso plausibile in
astrofisica), il teorema di Prince mostra che gli ordini
superiori del campo gravitazionale (quadrupolo, ecc…) sono
irraggiati sottoforma di onde gravitazionali che lasciano i
termini di monopolo (massa) e di dipolo (momento angolare)
coerenti con la soluzione di Kerr.
K
e
r
r
)
(
5
)
due parole sull’accrescimento
Il limite di Eddington
Eddington ricavò un’importantissima relazione tra la luminosità
e la massa di un oggetto in accrescimento sferico da una nube di
idrogeno ionizzato. Sotto queste condizioni la radiazione
esercita una forza sugli elettroni liberi del plasma
proporzionale alla σT:
LEdd 
4GMm p c
T
M 
erg s 1
 1.3 1038 
 M 
Nel caso in cui non si tratti di idrogeno la sezione d’urto
effettiva eccede considerevolmente sT.
Questa relazione impone un limite al tasso di accrescimento dato

da:
Lacc 
GM M
R
Per un BH, dove non c’è una superficie fisica dove le particelle
impattano e disperdono energia, si introduce l’efficienza h per
parametrizzare la luminosità per accrescimento:

Lacc

2hGM M

 h M c2
R
ACCRESCIMENTO
Il processo attraverso cui oggetti compatti catturano
gravitazionalmente materia dall’ambiente circostante è detto
ACCRESCIMENTO.
Nella tabella seguente mettiamo a confronto l’efficienza dei
processi più comuni in astrofisica:
processo
energia per nucleone (MeV)
efficienza
7
0.7 %
accrescimento su WD
(M=M☼ , R=109 cm)
0.1
0.01 %
accrescimento su NS
(M=M☼, R=106 cm)
100
10 %
accrescimento su BH
60 – 400
6 – 40 %
reazioni
termonucleari
BUCHI NERI: EVIDENZE OSSERVATIVE
Ci sono prove dell’esistenza di BUCHI NERI?
 BH galattici:
sono stati osservati seguendo le orbite delle stelle
compagne e analizzando i tempi di variabilità di
alcune sorgenti X
 BH extragalattici:
è quasi unanimemente accettata l’ipotesi che sia un
BH in accrescimento ad accendere gli AGN,
permettendogli di emettere ad ampio spettro.
- Osservazioni radio permettono studi della
variabilità di oggetti tipo BL Lac che forniscono
limiti superiori per le regioni emettitrici molto
ridotti
- HST ha risolto regioni molto prossime al BH: toro
di polveri
IL MODELLO UNIFICATO
Alla luce di quanto detto fin’ora possiamo quindi dire che i
nuclei galattici attivi nascondono al loro interno buchi neri
supermassivi (M>108-9M☼) in accrescimento.
Nell’animazione qui sotto si parte da una distanza di centinaia di
megaparsec dalla galassia attiva. Avvicinandosi si possono vedere le
diverse popolazioni stellari che formano la galassia: le stelle giovani,
blu, nelle braccia a spirale e le stelle vecchie, rosse, che formano il
bulge. In questo modellino sono state disegnate solo 20000 stelle, mentre
in una galassia di questa taglia (una spirale gigante) ce ne sono in
media 100 miliardi. Qui il quasar è stato ‘spento’ in quanto in realtà la
sua luminosità sopravanza di gran lunga quella dell’intera emissione
stellare della galassia. Nel centro del bulge si vedono delle nubi di gas
blu (NLR): è la regione esterna al quasar, appena fuori dal toro di
polveri; più vicino al nucleo un sistema di nubi
verdi e giallo-viola, in rapido movimento (BLR).
Oltre ciò il disco di accrescimento che
alimenta il BH da cui si diparte il getto
relativistico.
Dall’inizio alla fine dell’animazione
si percorrono 10 ordini di grandezza: il
primo frame dell’animazione è infatti grande
10 miliardi di volte l’ultimo.
BLACK HOLE e DISCO DI ACCRESCIMENTO
Il nucleo di una galassia
attiva è costituito da un buco
neno supermassivo (M>108-9M☼)
circondato da un disco di
accrescimento.
Il gas che forma il disco di
accrescimento spiraleggia verso
il centro fino ad essere
inghittito dal buco nero,
liberando in energia radiativa
fino a quasi metà della sua
massa a riposo.
Questo è il meccanismo di
conversione massa-energia più
efficiente mai osservato
nell’Universo.
BLR (broad-line region)
Le righe larghe (BROAD)
hanno ampiezza dell’ordine
di migliaia di km/s e
provengono da quella che è
stata, per questa ragione,
chiamata
BLR emission zone.
Attualmente si pensa che
queste regioni siano
causate dalla
fotoionizzazione dovuta al
disco di accrescimento,
molto caldo, attorno al BH
supermassivo.
Si pensa che si trovino a
solo ~1 pc dal BH.
toro di polveri
A ~100 anni luce dalla
singolarità si trova
questa “ciambella” di
polveri e gas, meglio nota
come “molecular torus”.
Qualcosa di molto simile è
stato visto dall’Hubble
Space Telescope nella
Seyfert galaxy NGC4261. Il
toro è otticamente spesso:
se intercetta la linea di
vista oscura le componenti
più interne e nello
spettro emerge solo la sua
emissione (prevalentemente
in infrarosso) e quella
delle regioni esterne.
NLR (narrow-line region)
Le righe strette (NARROW)
hanno ampiezze che non
superano 1000 km/s e
provengono dalla
NLR emission zone.
Queste regioni, si pensa,
si trovano in uno spazio
compreso tra i 10 e 1000 pc
dal BH.
modello unif icat o, sc hema riass untiv o
emissione X e gamma / emissione radio – getti relativistici
emissione ottica – NLR e BLR
emissione UV-ottico - disco di accrescimento
emissione IR – toro di polveri
nucleo galat tico atti vo - anima zione
MODELLO
UNIFICATO
dipendenza
dall’angolo
di vista
(Antonucci 1993, Urry
e Padovani 1995)
Blazars:
-BL Lac Objects
-OVVs
Type 1 objects:
-Seyfert 1s
-Broad Line Radio Galaxies
-Type 1 Quasars
Type 2 objects:
-Seyfert 2s
-Narrow Line
Radio Galaxies
-Type 2 Quasars
Type 2 objects
Guardando il sistema edge-on (ie.
lungo il piano del disco), la regione
centrale, compresi black hole, disco
di accrescimento e broad line region,
sono OSCURATI. Tutto ciò che si può
vedere è il toro di polveri (che
emette prevalentemente
nell’infrarosso) e le righe di
emissione dalla NLR.
Dallo spettro emergerà solo la
componente narrow-lines.
La luce dal nucleo può essere
riflessa nella direzione di vista dal
gas caldo che giace sopra e sotto il
toro, che si comporta come una sorta
di specchio.
-Seyfert 2s
-Narrow Line
Radio Galaxies
-Type 2 Quasars
seyfert ’s se xtet
Type 1 objects
Quando il nucleo è parzialmente
oscurato e in parte intercetta
la linea di vista, siamo in
grado di vedere direttamente la
regione centrale.
Dallo spettro emergono sia le
componenti broad-lines che
narrow-lines e l’emissione dal
disco di accrescimento.
- Seyfert 1s
- Broad Line
Radio Galaxies
- Type 1 Quasars
core of galaxy NGC4261
Blazars
Sono gli oggetti che ci appaiono
face-on, in cui il getto punta lungo la
linea di vista.
La materia nel jet si muove a velocità
relativistica, quindi la radiazione
emessa è fortemente collimata (beamed)
e può variare con periodi molto brevi
(ore o giorni).
Quando l’emissione del jet è così
intensa da “oscurare” completamente
ogni riga spettrale, è il caso degli
oggetti BL Lac.
-BL Lac Objects
Le Optically-Violent Variables sono
-OVVs
molto simili ai BL Lac, ma dal loro
spettro emergono le componenti di
emissione broad e narrow.
0735+178
------- ----- ---- --
STScI-PRC1993-30
3C 668
P
K
S
2
3
4
9
Radio Galaxy
0313-192
M
8
7
g
a
s
d
i
s
k
i
n
M
8
7
d
i
s
k
a
r
o
u
n
d
N
G
C
7
0
5
2
1115+08 0 gra vita tiona l
lensing
NGC 443 8
NGC 1068
r
a
d
i
o
g
a
l
a
x
i
e
s
z
=
6
.
4
M
3
1
le galassie non attive ospitano
BH quiescenti?
Si pensa che anche nel centro galassie non attive più
grandi si possano nascondere buchi neri supermassivi.
Sarebbe il caso della nostra Via Lattea.
Per provare una simile asserzione non è possibile fare
riferimento a misure fotometriche o spettrografiche in
quanto il presunto BH è quiescente, quindi non funge da
motore “accendendo” la galassia.
Un metodo per indagare le regioni più interne può essere
quello di effettuare misure dinamiche risolvendo il moto
orbitale di stelle nei pressi del centro galattico che è
proprio ciò che stanno facendo gli astronomi del MaxPlanck-Institut für extraterrestrische Physik:
The team consists of Rainer Schödel, Thomas Ott, Reinhard Genzel, Reiner Hofmann and Matt Lehnert (MaxPlanck-Institut für extraterrestrische Physik, Garching, Germany), Andreas Eckart and Nelly Mouawad
(Physikalisches Institut, Universität zu Köln, Cologne, Germany), Tal Alexander (The Weizmann Institute of
Science, Rehovot, Israel), Mark J. Reid (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Cambridge, Mass.,
USA), Rainer Lenzen and Markus Hartung (Max-Planck-Institut für Astronomie, Heidelberg, Germany), François
Lacombe, Daniel Rouan, Eric Gendron and Gérard Rousset (Observatoire de Paris - Section de Meudon,
France), Anne-Marie Lagrange (Laboratoire d'Astrophysique, Observatoire de Grenoble, France), Wolfgang
Brandner, Nancy Ageorges, Chris Lidman, Alan F.M. Moorwood, Jason Spyromilio and Norbert Hubin (ESO) and
Karl M. Menten (Max-Planck-Institut für Radioastronomie, Bonn, Germany).
S2 orbi t aro und SgrA*
BIBLIOGRAFIA E REFERENZE
 BINNEY, MERRIFIELD, Galactic Astronomy, 1998, Princeton Series
in Astrophysics
 FRANK, KING, RAINE, Accretion Power In Astrophysics, 1992,
Cambridge Astrophysics Series
 KROLIK, Active Galactic Nuclei, 1999, Princeton Series in
Astrophysics
 ROBSON, Active Galactic Nuclei, 1996, John Wiley & Sons
 RYBICKI, LIGHTMAN, Radiative Processes In Astrophysics, 1979,
Cambridge University Press
 SHAPIRO, TEUKOLSKY, Black Holes, White Dwarfs and Neutron
Stars, 1983, John Wiley & Sons
-
-
-
J. W. Sulentic, P. Marziani, and D. Dultzin-Hacyan
PHENOMENOLOGY OF BROAD EMISSION LINES IN ACTIVE GALACTIC NUCLEI
Annu. Rev. Astron. Astophys. 2000, Vol. 38: 521-571
Marie-Helene Ulrich, Laura Maraschi, and C. Megan Urry
VARIABILITY OF ACTIVE GALACTIC NUCLEI
Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 445-502
J. Anton Zensus
PARSEC-SCALE JETS IN EXTRAGALACTIC RADIO SOURCES
Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 607-636