Enzimi come catalizzatori biologici. Gli enzimi sono molecole proteiche aventi il compito di catalizzare praticamente tutte le reazioni chimiche che avvengono negli organismi viventi. Essi svolgono il loro ruolo con modalità differenti da reazione a reazione, ma in tutti i casi la catalisi procede attraverso la formazione di complessi tra l'enzima e i reagenti. La più semplice reazione catalizzata da un enzima può essere così rappresenta da: E + S <====>ES <====>EP <====> E + P L'enzima si combina con l'unico reagente S, detto substrato, per formare un complesso enzima-substrato, ES. ES è poi trasformato in EP che si scinde in prodotto P ed enzima libero, che è nuovamente disponibile per reagire con un'altra molecola di S. Il processo può avvenire in maniera estremamente rapida: in molti casi una sola molecola di enzima è in grado di trasformare in 1 secondo migliaia di molecole di substrato in prodotto. La velocità di una reazione catalizzata da un enzima può essere fino a 1014 volte superiore alla velocità della stessa reazione non catalizzata. La struttura degli enzimi. Gli enzimi sono generalmente proteine globulari che in soluzione assumono approssimativamente una conformazione sferica. Il loro peso molecolare può variare da 10.000 a milioni di Dalton. Nei casi più semplici la molecola enzimatica è formata da una singola catena polipeptidica contenente un centinaio di residui amino acidicí. In quelli più complessi, più catene polipeptidiche sono aggregate tra loro. La disposizione tridimensionale della catena polipeptidica (la cosiddetta struttura terziaria) è alquanto specifica: i singoli residui aminoacidici si vengono a trovare in posizioni ben definite, posizioni che sono indispensabili per l'attività biologica dell'enzima. La struttura terziaria di una catena polipeptidica appartenente ad enzimi costituiti da più catene, costituisce una sottostruttura, in quanto le catene non si compenetrano l'una alle altre, ma formano delle sottounità indipendenti che si aggregano nella forma oligomerica (struttura quaternaria). Studi di diffrazione ai raggi X di enzimi in forma cristallina forniscono dettagliate informazioni sulla disposizione degli atomi all'interno di una molecola enzimatica: possono essere messe in evidenza interazioni tra gruppi polari (particolarmente frequenti i legami idrogeno) ed interazioni tra gruppi idrofobici che sono responsabili della formazione di zone ordinate all'interno della molecola. Oltre a ciò è possibile determinare le interazioni che si instaurano tra l'enzima e il substrato, cosa questa che ci permette di asserire l'origine chimica dell'effetto catalitico. Alcuni enzimi esplicano la loro funzione catalitica utilizzando esclusivamente la reattività chimica dei loro residui aminoacidici. Molti enzimi richiedono invece la partecipazione di cofattori che non sono parte della struttura proteica. Questi cofattori sono spesso legati saldamente, anche covalentemente, all'enzima e possono essere ioni metallici o complesse molecole organiche. Se il cofattore viene rimosso, la proteina assume il nome di apoenzima che è privo di attività. Flessibilità degli enzimi. Una proprietà importante degli enzimi è che la loro struttura non è rigida ma flessibile. L'origine di queste proprietà va ricercata nella relativa debolezza delle interazioni idrofobiche e ioniche responsabili della specifica conformazione spaziale delle catene polipeptídiche. L'associazione di residui idrofobici avviene in quanto questi si sequestrano dall'ambiente acquoso rifugiandosi nelle porzioni interne della molecola, ove i contatti con l'acqua sono minimizzati. Le interazioni ioniche comprendono legami salini tra gruppi di carica opposta e legami idrogeno. Quando questi ultimi sono formati tra gruppi della catena polipeptidíca esposta all'acqua, questo va a scapito dei legami idrogeno che gli stessi gruppi instauravano con le molecole d'acqua. I nuovi legami sono instabili e facilmente si rompono per restaurare i legami con l'acqua. Più stabili sono invece i legami idrogeno che si formano nelle regioni idrofobiche, ove un processo di scambio con l'acqua non esiste. Data la relativa instabilità dei legami in gioco nella determinazione della struttura specifica di una proteina, è ragionevole supporre che la proteina non assuma una singola struttura fissa, ma che esista in una miscela di forme in equilibrio tra loro (forme tautomeriche), che sia cioè non una struttura rigida, ma flessibile. Qualora un substrato si leghi preferibilmente con una sola di queste forme, essa prevarrà sulle altre. Si parla in questo caso di un cambiamento strutturale indotto, che si ripercuote di solito positivamente sull'attività catalitica. La flessibilità è importante per favorire l’accesso dei ligandi ai siti attivi con successiva formazione di complessi con l'enzima. Il complesso enzima-substrato. L'idea che il meccanismo chimico della catalisi enzimatica comprenda la formazione di un complesso enzima-substrato fu suggerito agli inizi del secolo per spiegare il comportamento cinetico dell' invertasi. La prova diretta dell'esistenza di un simile complesso si è potuta avere solo con l'introduzione di tecniche spettroscopiche. E' in questo modo che nel 1943 fu dimostrata l'esistenza di un complesso tra perossidasi ed acqua ossigenata. Da allora tecniche di spettrometria di assorbimento e di fluorescenza sono state utilizzate nello studio di complessi di enzimi che usano coenzimi nucleotidici e flavinici; mentre la risonanza magnetica è stata utilizzata nello studio di complessi di enzimi contenenti ioni metallici. L'isolamento di complessi enzima-substrato è stato possibile solo in pochi casi, e solo quando il legame tra enzima e substrato è di natura covalente. Per comprendere le modalità di azione di un enzima è necessario conoscerne non solo la struttura allo stato nativo, ma anche le strutture dei complessi con il substrato, l’ intermedio ed il prodotto. Solo così sarà possibile studiare quali gruppi catalitici si trovino in prossimità del substrato e quali cambiamenti strutturali si verifichino nell’ enzima e nel substrato quando vengano tra loro in contatto. Il sito attivo. La maggior parte delle reazioni enzimatiche utilizza substrati che sono di piccole dimensioni se comparati alla molecola enzimatica. Di conseguenza solo una piccola parte della proteina enzimatica si trova a diretto contatto con la molecola del substrato a formare il COMPLESSO ENZIMA-SUBSTRATO (ES). Le porzioni di enzima a contatto con il substrato che giocano un ruolo diretto nel processo catalitico costituiscono il cosidetto SITO ATTIVO (o CATALITICO). Il resto della proteina enzimatica fornisce una specie di scheletro strutturale che garantisce il mantenimento dei componenti del sito attivo nella conformazione tridimensionale necessaria ad una efficiente e specifica catalisi. Tutti gli enzimi presentano il fenomeno della specificità di substrato. Ai livelli più elevati di specificità, gli enzimi non solo sono in grado di discriminare in base all’ identità chimica del substrato, ma anche sulla base della sua configurazione geometrica e stereochimica. Ad esempio se un enzima utilizza come substrato la forma D di uno zucchero, ne consegue che il corrispondente stereoisomero L non sarà oggetto di reazione, se non in misura del tutto trascurabile. Gli enzimi possono distinguere due gruppi uguali all'interno di una molecola simmetrica in modo da reagire sempre con lo stesso gruppo. E' il caso dell'enzima aconitasi che catalizza la trasformazione dell'acido citrico in cis-aconitico. Il concetto stesso di specificità richiede che l'enzima e il substrato si adattino l'un l'altro. Nel 1894 Fischer propose la sua "ipotesi della serratura e della chiave" (lock and key hypothesis) implicante una complementarietà tra substrato ed enzima legata a rigide conformazioni molecolari. Modello della serratura e della chiave. Per quanto questa ipotesi sia in grado di spiegare le interazioni enzima substrato per un gran numero di enzimi, diviene difficilmente sostenibile quando si consideri che composti chimicamente molto simili al substrato ma che posseggono gruppi meno voluminosi spesso non reagiscono con l'enzima, sebbene dovrebbero facilmente adattarsi allo stampo rappresentato dal sito attivo. Ad esempio l'enzima 5’-nucleotidasi idrolizza il ribosio 5-fosfato ad un centesimo della velocità osservata quando lavori sul suo substrato,l’acido adenilico. E' sulla base di queste osservazioni che Koshland (1958) dedusse che la più larga struttura del vero substrato è indispensabile per far funzionare l'enzima in maniera completa, in quanto in grado di orientare i gruppi catalitici dell'enzima nella corretta posizione nei confronti dei gruppi reagenti del substrato. L'ipotesi di Koshland va sotto il nome di "ipotesi dell'adattamento indotto" (induced fit) e si basa su di una potenziale complementarietà dell'enzima e del substrato, paragonabile alla complementarietà esistente tra una mano e un guanto, più che tra una serratura ed una chiave. A) Modello dell’ adattamento indotto: enzima e substrato si modificano a vicenda. B) Modello dell’ adattamento indotto: in alcune in reazioni a due substrati solo il cambiamento conformazionale indotto nell'enzima dal legame con il primo substrato permette al secondo substrato di legarsi. La catalisi enzimatica Gli enzimi sono proteine specializzate nel catalizzare le reazioni biologiche. Classificazione sistematica degli enzimi secondo la “Enzyme Commission” 1 Ossidoreduttasi Trasferimento di elettroni (ioni idruro o atomi di H) 2 Trasferasi Trasferimento di gruppi funzionali 3 Idrolasi Reazioni di idrolisi 4 Liasi Addizioni a doppi legami 5 Isomerasi Trasferimento di gruppi all’interno di una molecola con produzioni di forme isomere 6 Ligasi Formazione di legami mediante reazioni di condensazione accoppiate all’idrolisi di ATP ureasi E.C. 3.5.1.5 coenzima Ione biotina Fe2+ o Fe3+ citocromo ossidasi alcol deidrogenasi enzima enzima 2+ esochinasi flavin adeninaMg dinucleotide catalasi Ni2+ ureasi nicotimammide adenina dinucleotide perossidasi ioni metallici + cofattori coenzimi la Keq Gli enzimi non cambiano il DG°’ una reazione non spontanea in una spontanea C6H12O6 + 6O2 → 6CO2 +6H2O DG°’= -2870 kj specificità substrati reazioni complementarietà strutturale mutuo riconoscimento modulazione dell’attività quantità di proteina enzimatica regolazione Richiami di Cinetica Chimica Per la reazione la velocità è A P d[A] d[P] v dt dt Reazione chimica non catalizzata 14 12 velocità 10 8 6 4 2 0 0 2 4 [substrato] V= k [A] 6 8 Diagramma energetico di una reazione chimica Energia libera, G Stato di transizione A Stato basale P Stato basale Coordinata di reazione Variazione totale dell’energia libera della reazione Diagramma energetico di una reazione chimica catalizzata Energia libera, G Stato di transizione Coordinata di reazione Il sito attivo Cinetica Enzimatica La velocità iniziale di una reazione aumenta quasi linearmente all'aumentare della concentrazione di substrato. V La velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione del substrato e la reazione è di primo ordine V = k [S] [S] Cinetica Enzimatica La proporzionalità fra V e [S] progressivamente diminuisce. Vmax V La velocità iniziale diventa indipendente dalla [substrato] e la reazione è di ordine zero rispetto al substrato. [S] L'Equazione di Michaelis-Menten E+S k1 k-1 ES k2 E+P assunzione dello stato stazionario d [ ES ] 0 dt L'Equazione di Michaelis-Menten E+S k1 k-1 ES k2 E+P [E] = [ET] - [ES] vf = k1([E ]-[ES]) [S] T vs = k-1[ES] + k2 [ES] = (k-1 + k2)[ES] per lo stato stazionario vf = vs k1([E ]-[ES]) [S] = (k-1 + k2)[ES] T ([Et] - [ES]) [S] ( k-1 k 2 ) [ES] k1 = KM ([ET ] - [ES]) [S] KM [ES] riarrangiando poiché v = k2 [ES] Quando [S]>>[ET] [ET ][ S ] [ES] KM [ S ] k 2[ET ][ S ] v KM [ S ] [ET]=[ES] e v = Vmax Vmaxma x S v KM S Vmax = k2 [ES] Equazione di Michaelis-Menten Come si ricavano Vmax e KM velocità Vmax =10 V/2 = 5 KM =4 La Vmax o velocità limitante della reazione si può ricavare sperimentalmente da una curva di saturazione da substrato. La KM è definita come la concentrazione del substrato che causa una velocità uguale alla metà di quella massima. [substrato] La costante di Michaelis (KM) kM kM affinità kM kM kM kM kM Effetti della concentrazione dell’enzima Vmax è direttamente proporzionale alla [E] Km è indipendente dalla [E] e dalla [S] Unità Internazionale la quantità di enzima che catalizza la formazione di una micromole di prodotto in un minuto kcat o numero di turnover il numero di molecole di substrato convertite in prodotto nell'unità di tempo da una molecola di enzima quando è saturata con il substrato. E+S k1 k-1 kcat = k2 kcat ES k2 E+P Vmax = kcat [ET] kcat kcat kcat kcat kcat efficienza catalitica Enzima catalasi kcat 40 000 000 anidrasi carbonica 1 000 000 acetilcolinesterasi 14 000 lattato deidrogenasi chimotripsina 1 000 100 DNA polimerasi 15 lisozima 0,5 Grafico di Michaelis-Menten V Vmaxma x S v KM S [S] Linearizzazione dell’equazione di Michaelis-Menten Equazione di Lineweaver-Burk M M 1 1 KM 1 V Vmax Vmax [S] Grafico di Eadie-Hofstee Vmax V Pendenza = -KM Vmax KM V [S] V V Vmax KM [S] TEMPERATURA Pepsina Velocità di reazione pH Velocità di reazione Che cosa influenza la velocità della reazione? Chimotripsina Tripsina Temperatura, °C pH Inibitori enzimatici Irreversibili Reversibili Inibizione Competitiva Inibizione competitiva per formazione di legami col sito attivo mutuamente escludenti Inibizione non competitiva Inibizione competitiva per cambiamento di conformazione mutuamente escludenti Un inibitore competitivo ridurrà l'affinità enzima substrato, cioè aumenterà il valore di Km. Ad alte concentrazioni di substrato la reazione non viene rallentata e Vmax è sempre la stessa. Inibizione non competitiva Il substrato non viene più convertito in prodotto La KM rimane invariata La Vmax diminuisce I