Best Practice nel Marketing – Milano, 28 Settembre

Best Practice nel Marketing – Milano, 28 Settembre 2006
Branding
Dalla teoria alla pratica
Carlo Alberto Pratesi, Università Roma Tre
Best Practice nel Marketing – Milano, 28 Settembre 2006
Il termine branding è molto utilizzato, per certi versi va
anche di moda, ma non è facile spiegare, le sue
implicazioni in termini manageriali.
Su una cosa siamo tutti convinti: il brand è un fattore
importante, che ha un valore finanziario e di marketing.
Se però andiamo a chiedere ai manager cosa
effettivamente essi facciano per mantenere, sviluppare e
gestire il brand (quindi la loro attività di branding) ,
scopriamo che non tutti riescono passati dalle
dichiarazione di principio all’azione.
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Le complessità non sono solo inerenti al mercato e al
marketing, ma investono in modo significativo le
strutture e i comportamenti organizzativi.
L’attività di branding si sviluppa lungo due assi:
- nello “spazio” in termini di livelli e categorie
merceologiche coinvolte
- nel “tempo”, in termini di ciclo di vita del brand
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I livelli e le categorie del brand
 brand prodotto
 brand linea (stessa categoria merceologica)
 brand gamma (diverse categorie merceologiche)
 brand corporate
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Il passaggio da un livello all’altro richiede un processo di
sublimazione.
In pratica occorre una grande capacità di sintesi, per
individuare i valori e gli attributi che è possibile (e vale la
pena) trasferire ai livelli più alti o alle nuove catagorie.
Da un punto di vista operativo occorre studiare, di volta
in volta, l’architettura più idonea per competere sul
mercato, tenendo conto da un lato dei vantaggi della
semplificazione e, dall’altro, dei rischi del brand
stretching.
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Brand architecture
Corporate brand
Brand gamma
1
Brand gamma
2
Brand linea
1.1
Brand gamma
3
Brand gamma
4
Brand linea
3.1
Brand prodotto
1.1.1
Brand prodotto
1.1.2
Brand prodotto
1.1.3
Brand prodotto
3.1.1
Brand prodotto
3.1.2
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Non è detto che le diverse fasi evolutive (da product
brand a corporate brand o viceversa) debbano
succedersi in modo ordinato nel tempo.
Esistono brand che nascono direttamente a un
livello elevato (corporate) e altre che rimangono
sempre e solo a livello di prodotto.
Livelli che scompaiono e altri che si inseriscono
nella architettura. Category extension che vengono
effettuate utilizzando o abbandonando il brand
originario.
Quindi è opportuno concepire un ulteriore criterio di
classificazione più legato al fattore tempo.
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l’orizzonte temporale del brand
 marca “meteora” o temporanea
 marca emergente o resuscitata
 marca sospesa
 marca “time surfing”
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Generalmente un brand di successo non
riesce a superare i 25 anni (ossia la durata
della generazione che lo ha adottato).
La capacità di un brand di resistere nel
tempo, al di là del ricambio generazionale,
può essere definita “resilienza”. E dipende
dalle capacità del management di seguire
alcune regole fondamentali.
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1. Essere coerenti per governare la domanda,
mantenendo un atteggiamento da leader
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Fino a che punto è giusto assecondare le mode e gli
stili?
E’ possibile introdurre nuovi valori o sostituire quelli
che sono alla base del brand?
Il valori del brand devono essere quelli riconosciuti e
richiesti dal consumatore?
Quando è il momento di eliminare o aggiungere un
brand?
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2. Controllare tutto il processo, dall’idea del
prodotto al consumo
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Quanto è giusto affidare a terzi parti consistenti del
processo produttivo e distributivo?
Qual è il ruolo dei consulenti per la comunicazione?
Il consumatore esperto scopre tutto.
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3. Sapere innovare facendo leva sul passato
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Heritage o zavorra?
Quanto contano i “padri fondatori”?
Le opportunità del retromarketing.
Le strategie di story telling
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4. Fare attenzione all’organizzazione a
all’atteggiamento del personale
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Ma noi ci crediamo davvero?
Chi si occupa, davvero, del brand?
E’ solo una questione di marketing?
L’effetto delle fusioni e delle acquisizioni
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5. Mantenere alto il coinvolgimento dei clienti
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I tre tipi di comunicazione
- one to many,
- one to one
- peer to peer)
Il marketing esperienziale.
Le tribù.
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Quando si parla di branding bisogna fare anche un’
ulteriore distinzione: tra prodotti “sexy” e prodotti
“normali”.
Quando i marchi sono riferiti a prodotti che competono
sui mercati internazionali, basandosi esclusivamente
sulla tecnologia e sul prezzo, parlare di branding è più
complesso.
Quali strumenti si possono utilizzare quando non ci sono
i presupposti per fare pubblicità, o per veicolare
messaggi realmente appealing?
Carlo Alberto Pratesi – Università Roma Tre