COSA OFFRE L’EBM
ALLA GASTROENTEROLOGIA?
Il lavoro pioneristico nel campo della EBM era relativo
per lo più ai problemi della medicina cardiovascolare.
Anche se, a giudicare dalla proliferazione delle meta-analisi
e delle linee guida gastroenterologiche basate sull’evidenza
è innegabile che anche nella gastroenterologia
si stia adottando l’approccio basato sull’evidenza,
ancora si deve percorrere molta strada per raggiungere i
cardiologi.
L’EBM si presenta ai gastroenterologi con delle
sfide leggermente differenti, e la considerazione di queste
differenze è istruttiva. Diversamente dai cardiologi,
utilizziamo un insieme maggiore di esami diagnostici.
Lavoriamo con colleghi provenienti da un insieme più
ampio di discipline, incluse l’istopatologia, la biochimica,
l’immunologia, la microbiologia, la radiologia e la
chirurgia.
Tradizionalmente, dovevamo contare sui risultati di
molti piccoli trial di terapia, in parte a causa della prevalenza
relativamente bassa di molte malattie gastroenterologiche
ed epatologiche e in parte per il fatto che
noi siamo stati più lenti ad abbracciare la metodologia
dei “mega-trial”. A differenza del cardiologo interventista
acuto, noi tendiamo a spendere più tempo a trattare
dei pazienti con condizioni croniche recidivanti, come
la malattia infiammatoria intestinale e l’epatite virale.
Anche se ci sono somiglianze nel nostro uso delle tecniche
interventistiche o procedurali, molte di quelle impiegate
dai gastroenterologi dipendono maggiormente
dall’operatore rispetto a quelle usate dai cardiologi.
Questi contrasti non solo spiegano alcune delle differenze
qualitative e quantitative delle risorse di EBM tra
la gastroenterologia e la cardiologia (611 vs 781 trial
randomizzati controllati [RCT] e meta-analisi negli ultimi
2 anni), ma sottolineano anche alcune delle sfide
che ci sono davanti, le quali possono tutte essere facilmente
affrontate.
La EBM offre ai gastroenterologi e agli epatologi tanto
quanto essa offre agli altri clinici di altre specialità, e ci
sono molti modi in cui noi possiamo utilizzarla a nostro
beneficio. Quando è confrontata dai problemi clinici, la
formulazione della domanda può essere usata per ridurre
i complessi scenari clinici ad una serie di problemi che
possono essere elencati in ordine di priorità secondo una
gerarchia di importanza.
Fare un uso ottimale delle risorse
della tecnologia informatica comporterà l’apprendimento
di strategie di ricerca di maggiore successo per
i migliori database e l’annotazione dei siti Web utili, come
ScHARR and HEPNET .
In una disciplina che fa così affidamento sul lavoro
interdisciplinare, padroneggiare le abilità della valutazione
clinica può aumentare grandemente la nostra capacità
di contribuire ai dibattiti riguardo alla pratica al di fuori
della nostra area di competenza e all’interno della specialità.
Pertanto, un incontro tra medici, chirurghi e radiologi
riguardo al trattamento dei tumori epatici potrebbe
coinvolgere ciascun gruppo usando una comune strategia
per valutare criticamente l’evidenza al fine di raggiungere
un consenso.
Sarebbe molto sbagliato ignorare le considerevoli conquiste
che sono state già ottenute nella gastroenterologia
e nell’epatologia basate sull’evidenza.
Importanti revisioni
sistematiche hanno cambiato le prospettive e la pratica
nell’area della terapia nel caso della cirrosi biliare primitiva,
delle malattie infiammatorie intestinali
e dell’epatite C . Vi sono molti esempi di nuove iniziative
in cui i gastroenterologi stanno lavorando insieme
per rispondere a domande importanti, con vasti trial
multicentrici riguardanti l’uso di nuove terapie nella malattia
infiammatoria intestinale, nella diagnosi del cancro
colorettale, e nell’utilizzo di markers sierologici nella diagnosi
della fibrosi epatica.
Il successo dei vari gruppi
Cochrane in questo campo fornisce un’ulteriore evidenza
del crescente riconoscimento all’interno della specialità
della potenza degli approcci basati sull’evidenza alla
ricerca clinica.
Gli anni recenti hanno testimoniato la proliferazione
di valide linee guida della pratica e di studi disegnati per
generare l’evidenza che li sostiene, come le linee guida
della British Society for Gastroenterology per l’emorragia
gastrointestinale.
È stato incoraggiante testimoniare la collaborazione
tra l’industria farmaceutica e la professione medica nel
disegno e nella conduzione di RCT di buona qualità per
la validazione di nuove terapie per l’epatite C
prima della loro introduzione sul mercato.
Le sfide che ci stanno davanti sono l’ulteriore esecuzione
di una ricerca clinica di buona qualità sull’efficacia
dei trattamenti e degli esami diagnostici utilizzati,
la promozione della EBM nelle riviste che rappresentano
la fonte primaria di pubblicazioni per la specialità, e
lo sviluppo di fonti secondarie di pubblicazione basate
sull’evidenza.
In conclusione, la EBM può portare vantaggi a
gastroenterologi ed epatologi, ai pazienti, e al sistema
sanitario in cui si lavora. L’EBM fornisce ai clinici un
mezzo per tenersi aggiornati e un modo per mantenere
l’indipendenza clinica, nonché per suggerire nuove domande
alla ricerca. I pazienti trarranno benefici dal fatto
che i medici siano informati e aggiornati quanto più è
possibile, mentre il processo della EBM dovrebbe permettere
di tener conto dei bisogni e dei desideri dei pazienti
al momento di integrare l’evidenza esterna con le
necessità individuali.
Principali sintomi gastrointestinali
Una conoscenza personale della funzione del proprio
intestino fa parte della vita. Pochi vi sfuggono, e molti
hanno sintomi cronici e fastidiosi. Sintomi come il dolore
e la diarrea sono più comprensibili quando sono associati
alla malattia ulcerosa peptica o alla colite ulcerosa.
La patologia
diventa un punto di riferimento comune per i pazienti
e per i medici, in quanto essa trascende la variabilità
delle reazioni umane e la miriade delle interpretazioni dei
sintomi. La scomparsa di una ulcera o la guarigione della
colite riflette un esito positivo, e quando i sintomi persistono,
noi restiamo disorientati. Ad ogni modo, la maggior
parte dei sintomi addominali (in realtà la maggioranza
dei sintomi di ogni tipo) non risultano associati ad alcuna
patologia e mal si adattano al paradigma malattia-sintomo.
La mancanza di un modello patologico adatto a spiegare
i sintomi delude i medici inclini alla fisiopatologia e,
allo stesso modo, i pazienti.
Perciò, l’epidemiologia della malattia (patologia) deve
essere considerata come un’entità distinta dai sintomi. La
prima è ben documentata nelle statistiche della morbilità e
ha uno specifico profilo diagnostico e prognostico. Tuttavia,
i sintomi, soprattutto i sintomi cronici, sono molto
diversi.
Mentre talvolta possono essere indicativi di una
malattia strutturale, di solito non lo sono. Ad esempio, il
gonfiore addominale è spesso definito nei testi di medicina
come un sintomo del morbo celiaco, eppure esso si
verifica in circa la metà delle donne, delle quali la quasi
totalità non ha alcuna patologia intestinale. I sintomi
intestinali spingono i pazienti dai medici, ed è un dilemma
del medico scoprire la patologia sottostante nei
pochi e fornire una spiegazione e un rimedio agli altri.
Alcuni ritengono che i sintomi inspiegabili siano dovuti
ad una “disfunzione” dell’intestino o dei suoi collegamenti
nervosi, vascolari, ed endocrini col sistema nervoso centrale
(da qui il termine “disordine funzionale”)
L’implicazione
peggiorativa che “funzionale” significa “fissazione
mentale” è venuta dopo.
Poiché le indagini sulla popolazione non possono escludere
le malattie organiche, per convenzione tutti i sintomi
riportati sono considerati come funzionali, a meno che il
paziente non ammetta una malattia strutturale.
I sintomi funzionali
possono essere associati in modo considerevole
a comportamenti da malato, timori, perdita della
produttività, esami non necessari, e trattamenti inutili.
Tra tutti i sintomi riportati dai soggetti, quanti sono
importanti dal punto di vista medico o sociale?
Molti non vengono mai riportati ai medici.
Ciò nondimeno, quando tali sintomi arrivano all’attenzione
del medico, essi sono molto costosi. Si stima che la sola
SII costi agli Stati Uniti 8 miliardi di dollari all’anno.
La più comune indicazione per un clisma opaco è la
SII
I disturbi GI ammontano a circa l’8% delle visite
presso il medico di medicina generale nel Regno Unito
La SII comprende il 29% dei disturbi
e molti di questi disturbi erano dovuti a disordini
funzionali.
DIFFICOLTÀ METODOLOGICHE
Sintomi e Sindromi
Un sintomo è un singolo disturbo lamentato da un
paziente, come il dolore addominale, la diarrea o il meteorismo.
Immediatamente, noi riconosciamo un problema!
I “sintomi” sono solitamente riferiti al curante. La
percezione soggettiva di una sensazione intestinale, sollecitata
dalle domande di una inchiesta o sondaggio, ha la
stessa importanza di quella riferita a un medico?
Forse
tali sensazioni fanno parte della vita. Può darsi che è il
significato attribuito a queste sensazioni che trasforma
una persona in un paziente? Questa è una domanda critica,
in quanto a differenza del cancro del colon, la prevalenza
di un sintomo, come il dolore addominale, non
può di per se stessa essere utilizzata come misura di una
malattia, disturbo, disabilità o costi sanitari nella popolazione.
Il “disturbo principale” in un’intervista medica è di
solito un sintomo, ma il sintomo è accompagnato da una
evidenza di supporto. La diarrea ematica, il dolore addominale
inferiore crampiforme, la febbre e il malessere
costituiscono un gruppo di sintomi o una sindrome che
permette al medico di riconoscere una colite e di predire
quale patologia sarà rilevata alla sigmoidoscopia. Comunque,
la maggioranza dei sintomi riferiti ai medici, e probabilmente
la maggior parte di quelli non riferiti, non
hanno una spiegazione strutturale. Ciò nonostante, i medici
hanno imparato a raggruppare tali modelli di sintomi
in sindromi, come la SII, la dispepsia, o la stipsi
funzionale.
Ad esempio, la diarrea cronica intermittente
crampiforme, in assenza di sanguinamento e febbre,
potrebbe
essere stata diagnosticata da un medico di una
generazione precedente come colite “spastica”. Mentre
ciò richiama alla mente la sindrome della colite, il medico
fa due supposizioni infondate:
1) che i sintomi sono dovuti allo spasmo del colon
2) che il colon è infiammato.
Oggi, noi usiamo il termine “sindrome dell’intestino
irritabile” in base all’ipotesi che l’intero intestino
sia in qualche modo irritato o sensibile. I sintomi individuali
richiedono una adeguata interpretazione da parte
del clinico. La “diarrea” può essere descritta, ad esempio,
come una sola evacuazione giornaliera di feci non
formate, eliminazione di feci caprine o un numero variabile
di scariche al mattino [pseudodiarrea] o evacuazioni
persistenti e molteplici di feci poltacee o liquide
ogni giorno.
In una inchiesta su un campione casuale di
donne, 60 (8.6%) avevano la stipsi definita in tre
modi: usando la descrizione del paziente, i criteri generati
dal medico e il prolungato transito intestinale.
Comunque, soltanto 17 (2%) furono definite come
affette da stipsi secondo tutte le definizioni,
e approssimativamente
il 18% era incluso in almeno una delle tre
definizioni. Un altro esempio di sintomo è
il dolore “addominale”, che può avere delle cause che
non hanno niente a che vedere con l’intestino.
Quando è
associato al mangiare, si prende in considerazione la
dispepsia o la pirosi, e se si verifica in associazione con
la defecazione, viene in mente la SII. L’esacerbazione del
dolore con i movimenti o l’esercizio suggerisce una causa
muscolo-scheletrica o cardiaca, mentre un dolore costante,
non modificato da qualsiasi funzione corporea, può essere
in realtà una sindrome dolorosa cronica.
L’incapacità di
definire chiaramente questi sintomi e queste sindromi nei
pazienti crea dei problemi al clinico e al ricercatore che
desiderano diagnosticare o trattare tali pazienti o esaminare
la letteratura per ottimizzare il trattamento del paziente
Disordini Funzionali vs Organici
La menzione dei termini “funzionale” e “organico”
tra gli esperti della patologia intestinale sicuramente
provocherà
un dotto dibattito in merito alla loro rilevanza e
al loro significato. I professionisti “olistici”, che rifiutano
la dualità cartesiana mente-corpo, non ammettono
questa distinzione. Essi argomenteranno: “Di fronte a te
c’è una persona che soffre. Tu hai a che fare con l’intera
persona”. È difficile contestare una tale affermazione, finché
un patologo mostra che alcuni sintomi sono dovuti
ad alterazioni osservabili nel corpo.
Queste alterazioni
sono spesso assoggettate a trattamenti specifici, come gli
antibiotici per le enteriti infettive o gli steroidi per il
morbo di Crohn. Il clinico ricorda che i sintomi senza
l’etichetta del patologo solitamente non hanno trattamenti
specifici. Da posizioni laterali, gli psicologi urlano che
tali sintomi sono dovuti ai traumi della vita e alle reazioni
dei loro pazienti a tali traumi. Alla fine, sembra che
non ci siano delle alternative ragionevoli alle descrizioni
“funzionale” e “organico”. Questi termini rendono la
dicotomia che esiste nella medicina contemporanea: alcuni
sintomi sono spiegati, altri no.
. Comunque
definiti
e nominati, i disordini funzionali sono comuni, costosi e
trattati in modo insoddisfacente. Forse, come le mestruazioni,
“i dolori di stomaco” o i mal di testa essi
fanno parte della condizione umana. Finché non ricevono
una spiegazione strutturale o organica, la loro definizione
e prevalenza meritano uno studio accurato.
Criteri Diagnostici
I disordini funzionali dell’intestino possono essere
riconosciuti soltanto dalle sensazioni soggettive che il
paziente riferisce. I medici devono tentare di interpretare
cosa dice il paziente, trarre alcune conclusioni e
determinare il corso dell’azione; il tutto senza il beneficio di
una spiegazione patologica. I sintomi non spiegati sono
conosciuti già dall’epoca di Ippocrate, e probabilmente
anche prima, e la letteratura sulla SII copre un periodo
di quasi 200 anni. Fino al 1962, la SII era conosciuta
come colite mucosa, colite neurogena, colite
membranosa, colite spastica e altri nomi
che implicano cause e patologie che non sono suffragate
da una evidenza scientifica.
Nel 1962, Chaudhary e Truelove pubblicarono la
prima revisione retrospettiva di pazienti con SII .
Gli Autori notarono che molti degli aspetti descritti erano
quelli che adesso noi riconosciamo come SII (essi lo
denominarono “sindrome del colon irritabile”). Essi inoltre
separarono la SII da quella che noi chiamiamo diarrea
funzionale. Molto più tardi, la prima classificazione
di tutti i disordini GI funzionali apparve nel 1979 nell’indice
del The Irritable Gut .
Nel 1978, a Bristol fu somministrato un questionario
a pazienti ambulatoriali con dolore addominale e irregolarità
dell’alvo. Si trovò che sei dei 15 sintomi
erano più comuni nella SII che nella malattia organica.
Prevalenza dei Sintomi Gastrointestinali
dell’intestino: questi sono adesso conosciuti come i criteri
di Manning. Questi criteri per la SII sono stati ampiamente
utilizzati e validati . Nel 1984, uno studio
simile tedesco ha riportato i tre sintomi cardinali
della SII, ovvero il dolore, la disfunzione intestinale e la
flatulenza.
Se tutti e tre sono presenti, la SII ha un’alta probabilità.
Questo studio ha sottolineato la cronicità di questi
e di altri sintomi, ma gli Autori hanno qualificato i
sintomi di allarme, come il sanguinamento e la perdita
di peso, che dovrebbero allertare il medico sulla maggiore
probabilità di una malattia organica. Questi due studi
discriminanti della funzione, in aggiunta ai dati epidemiologici
forniti da Drossman et al. e da Whitehead et
al., rappresentano le basi dei criteri diagnostici di
Roma per la SII.
L’ispirazione per i criteri di Roma è derivata da un
simposio sulla SII durante il 12° Congresso Internazionale
di Gastroenterologia, tenutosi a Lisbona nel 1984. Fu
messo insieme un gruppo di lavoro per produrre delle linee
guida per la SII per il congresso successivo. Il gruppo
si incontrò a Roma per discutere una bozza di proposta e
raggiunse un consenso sulle definizioni. La penultima bozza
fu spedita a 16 noti specialisti in sette paesi. Il gruppo
di lavoro prese in considerazione i loro commenti e
suggerimenti,
e i primi criteri di Roma furono presentati al 13°
Congresso di Gastroenterologia a Roma nel 1988.
Successivamente a quel meeting, un altro gruppo di lavoro
classificò i disordini GI funzionali in 21 entità.
Successivamente, numerosi gruppi di lavoro hanno
sviluppato questi criteri secondo cinque regioni anatomiche
[esofagea , gastroduodenale , biliare ,
intestinale e anorettale e hanno discusso gli
argomenti relativi ai disordini funzionali dell’intestino. Nel
1994, il lavoro collettivo, conosciuto come Roma I , è
stato pubblicato in The Functional Gastrointestinal Disorders:
Diagnosis Pathophysiology and Treatment: A Multinational
Consensus . Nel 1999, una versione aggiornata
dei criteri (Roma II) è stata pubblicata dopo un processo
simile a quello di Roma I .
I criteri di Roma hanno generato molta attività e
controversie e sono imperfetti. Gli studi di validazione
sono difficili da effettuare e sono stati raramente tentati
Tutte le categorie interessate a questi disordini,
ad esempio gli epidemiologi, i medici di cura primaria,
i consulenti, i ricercatori, gli psicologi, i fisiologi, i
finanziatori, e naturalmente i pazienti stessi, hanno differenti
punti di vista. Ciò nondimeno, i criteri hanno acquisito
una tale divulgazione che costituiscono le basi per
l’ingresso nella maggior parte delle inchieste
epidemiologiche sui disordini funzionali dell’intestino e
hanno obbligato a una descrizione accurata dei pazienti
partecipanti agli altri studi.
Essi sono lo standard dell’industria farmaceutica
per l’ingresso in un trial clinico sui farmaci,
anche se talvolta vengono modificati per adattarli alle
caratteristiche del prodotto testato. I pazienti possono
adesso essere rassicurati in quanto soffrono di una malattia
vera, e non di sintomi resi immaginari dagli esami
negativi. I criteri costituiscono un linguaggio con cui i
gruppi interessati possono comunicare.
Difficoltà dell’Inchiesta
Come in tutte le inchieste, l’applicabilità dei dati raccolti
dipende dal fatto che il campione di inchiesta deve
rappresentare in modo soddisfacente la popolazione
nell’insieme
o la sottopopolazione di interesse. I campioni
casuali sono difficili da ottenere e sono al di là delle risorse
della maggior parte dei ricercatori. Perfino quando
lo studio è copiosamente finanziato, la popolazione studiata
è generalmente estratta da un elenco telefonico o
delle tasse o ancora dalle liste elettorali.
Nessun metodo
è perfetto, ma è incoraggiante il fatto che i risultati della
maggior parte delle inchieste sono simili.
Il metodo di raccolta dei dati richiede un esame critico.
Di solito, si impiega un questionario, ma i dati
possono essere ricavati sia mediante autocompilazione o
mediante le domande degli intervistatori. Queste possono
essere ottenute di persona, telefonicamente, o mediante
strumenti interattivi. È improbabile che tutti questi
metodi producano gli stessi risultati.
Tutte le inchieste
dipendono dalla capacità mnemonica dei soggetti. Mentre
gli individui possono valutare accuratamente i sintomi attuali, possono però riferire in maniera inaccurata i
sintomi degli anni precedenti. È istruttivo notare che il
40% delle persone (60% di sesso maschile) dimenticano
di avere avuto delle fratture quando vengono interrogati
in una inchiesta. Come controlli in uno studio
prospettico, la maggioranza di 27 donne “asintomatiche”
ha annotato dolore addominale non mestruale e gonfiore
durante 1 mese mentre teneva un diario dei sintomi.
Rifiuti e abbandoni possono ulteriormente influenzare
i dati e renderli meno applicabili alla popolazione generale.
Una compliance del 70% è considerata il minimo.
Storia del Caso
La Signora R.O. è una parrucchiera di 35 anni che
da molti anni lamenta un bruciore retrosternale quando
si corica o si piega in avanti. Ha usato in modo irregolare
una varietà di antiacidi e antagonisti del recettore-H2
dell’istamina e farmaci procinetici; durante gli ultimi 2
anni, ha avuto frequenti episodi di dolore addominale al
quadrante inferiore destro, preceduti da feci dure e
caprine. Il dolore era alleviato dall’emissione di feci mal
formate, acquose e urgenti.
Essa riferisce un fastidio epigastrico quasi giornaliero
che sembra senza sollievo e senza fattori provocanti.
Non vi sono sintomi di allarme, come sanguinamento o
febbre, e nessun segno fisico obiettivo.
La Signora R.O. illustra un’altra difficoltà nell’identificazione
dei disordini GI funzionali durante le inchieste.
Ella riferisce i criteri di Roma II per tre disordini
funzionali dell’intestino: pirosi, SII e dispepsia funzionale.
Dovrebbe essere conteggiata in tutte e tre le categorie,
e, in caso contrario, quale di queste categorie deve
avere la precedenza? La SII, come suggeriscono le definizioni,
dovrebbe escludere la dispepsia?
Nel questionario
Roma II, un individuo che ha pirosi e disfagia, è registrato
come se non avesse nessuna delle due, in quanto i
criteri sono reciprocamente escludenti. Ciò ha un certo
significato, in quanto si escluderebbe un soggetto con
malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) e stenosi,
ma sembra anche che sia possibile avere sia la pirosi
funzionale che la disfagia funzionale.
L’EVIDENZA
La prevalenza dei disturbi funzionali dipende da come
sono definite le varie condizioni. Ciò nondimeno,
sembra che i disturbi funzionali siano assai prevalenti
nella popolazione generale.
Sindrome dell’Intestino Irritabile
Si stima che la prevalenza ad 1 anno della SII negli
adulti sia tra il 10% e il 20% a livello mondiale. Ciò è
stato per prima cosa riportato in una popolazione britannica
non selezionata nel 1980 ed è stato confermato
in diverse popolazioni nel mondo.
Persino in
Cina Tre studi hanno esaminato dei campioni casuali
di popolazione e indicano delle prevalenze simili
negli Stati Uniti e nel Regno Unito. In questi
studi, risulta che il rapporto donna uomo: è di 2:1, e che
la prevalenza di SII non è influenzata dall’età.
Lo studio summenzionato negli Stati uniti ha accertato
la prevalenza della SII usando i criteri Roma I.
Un’inchiesta
casuale sulla popolazione Canadese , recentemente
condotta, ha utilizzato i criteri Roma II ed un
questionario per determinare la prevalenza della SII
nella popolazione canadese, che è risultata pari al 12.1%.
Usando lo stesso questionario, è stato ideato un algoritmo
Roma I per la SII, ed il 13.5% aveva la SII secondo
questa definizione. La concordanza tra i criteri Roma I e
Roma II era del 95%, con un kappa di 0.76. Perciò, i
due gruppi di criteri identificano virtualmente gli stessi
soggetti, e le cifre di prevalenza canadesi sono compatibili
con quelle riportate altrove. Anche la prevalenza di
sesso della SII era compatibile con altre inchieste, verificandosi
nel 15.2% delle donne e nell’8.7% degli uomini.
In studi successivi , si evidenzia che, mentre la
prevalenza della SII in una data popolazione rimane costante
dal 15% al 20%, cambiano gli individui che riportano
la SII in quella popolazione. C’è perciò un guadagno
e una perdita per la coorte SII, tale che la prevalenza
della SII per tutta la vita è molto più alta del 15-20%.
Quando i pazienti che hanno una diagnosi iniziale certa
di SII sono intervistati dopo 1-8 anni, si trova che la
maggioranza è sintomatica. Ciò
indica che la SII è una condizione cronica o ricorrente.
In pochi pazienti si riscontra più tardi una malattia GI
organica e in nessun caso si sarebbe potuto dire che la
diagnosi iniziale non era corretta.
Prevalenza dei Sintomi Gastrointestinali
Durante gli ultimi 20 anni, le inchieste hanno mostrato
che la maggior parte dei pazienti che soffrono di SII (e
altri disordini funzionali) non ricercano una cura medica
per questi sintomi. Pertanto, sembrerebbe
che la maggioranza della popolazione considera
questi sintomi come parte della loro vita quotidiana, come
un dolore muscolare o un mal di testa, e non cercano
l’attenzione del medico per questi motivi.
Un obiettivo
importante della ricerca corrente è quello di scoprire perché
soltanto una minoranza di persone con la SII e altri
disordini funzionali si fa visitare da un medico. Che cosa
motiva una percentuale ancora più esigua di pazienti con
la SII a consultare lo specialista e ad effettuare gli ulteriori
esami richiesti dalla consulenza? Il rapporto donne:uomini
degli individui con SII nella popolazione è di 2:1,
ma perché è di 3 o 4:1 nella pratica medica? Perché inoltre
gli uomini con la SII vanno dallo specialista con maggiore
frequenza rispetto alle donne in India, in Sri Lanka
e Giappone?
La maggioranza dei soggetti che si ammalano si trovano
nella medicina generale. Sembra che lo stress
e la paura di una malattia seria, come il cancro, siano
delle ragioni importanti che li inducono a cercare un
aiuto medico.
Almeno nel Regno Unito, i medici di famiglia (GP,
general practitioners) non trovano che la SII sia un problema
difficile, e non sono inclini a sbagliare la diagnosi.
Al contrario, quei relativamente pochi pazienti
inviati ai gastroenterologi sono spesso considerati difficili
da trattare.
È di grande importanza economica e
medica comprendere il comportamento dei pazienti affetti
da SII che si rivolgono alle cure specialistiche, in
quanto essi sono disposti a subire molti esami, trattamenti
non provati e perfino la chirurgia.
Molti pazienti sono inappropriatamente inviati a chirurghi
e ginecologi .
Gli individui che hanno i sintomi di SII (non pazienti)
sembrano avere delle caratteristiche psicosociali simili a
quelle del resto della popolazione. Comunque,
come accade nelle altre condizioni croniche, questi pazienti
visitati nei centri accademici hanno una elevata
prevalenza di depressione, ansia , panico
e disturbi della personalità.
Le più comuni
ragioni date dai GP per la richiesta di una visita specialistica
sono una diagnosi incerta o un paziente insoddisfatto.
Da questi dati della cura primaria, sembra
che la diagnosi, la rassicurazione, e il trattamento dello
stress siano parti importanti del trattamento del paziente.
I gastroenterologi, d’altro canto, dovrebbero capire
che la loro missione include la conferma della diagnosi e
la scoperta e il trattamento delle ragioni di insoddisfazione
del paziente. Quest’ultima può richiedere un intervento
psicologico.
La SII è stata associata a molte altre condizioni, come
la fibromialgia e la stanchezza cronica . Comunque,
questi dati provengono dai centri specializzati e possono
non esser veri nel contesto della pratica generale di comunità.
Le idee personali sulla SII dipenderanno soprattutto
da dove uno si trova: nella comunità, nella cura primaria,
nella pratica specialistica o nei centri accademici.
Stipsi
Si dice che la stipsi sia presente nell’1-8% della popolazione
(ma queste cifre dipendono da
come viene definita la condizione. In effetti, Probert et
Al hanno trovato che la stipsi era presente in circa
60 (8%) su 731 donne selezionate a caso, se questa era
definita dalla lamentela del paziente, dalle opinioni
degli esperti (criteri di Roma),
oppure dalla forma delle feci come misura surrogata
del tempo di transito intestinale. Tuttavia, ognuna di queste
definizioni selezionava un diverso gruppo di 60 persone.
Soltanto 17 (2%) erano costipate secondo tutte e
tre le definizioni, ma se si applicava una qualsiasi delle
definizioni, allora il 18% era costipato. Questi dati puntano
sull’importanza di determinare nei dettagli cosa il
paziente intenda per “stipsi” e sulla necessità di interpretare
i suoi sintomi in termini fisiologici.
Pirosi
“Più cose impariamo riguardo alla malattia da reflusso
gastroesofageo (MRGE) e più diventa difficile definirla”.
Il problema fondamentale è una entità fisiopatologica
riconosciuta
come reflusso gastroesofageo. Una volta era
considerato sinonimo di ernia iatale, e ancora oggi non
si sa se la presenza comune di queste due condizioni sia
più di una coincidenza.
La maggioranza delle persone con pirosi non ha un’esofagite
rilevabile o altra patologia da MRGE. D’altra parte, bisogna
rammentare che un reflusso spontaneo, apparentemente
innocuo, si verifica probabilmente in ognuno. Per
aggiungere confusione, alcune persone con dolore toracico
non cardiaco, che non è riconoscibile come pirosi,
rispondono agli inibitori della pompa protonica (PPI) e
soffrono presumibilmente anche di reflusso. La pirosi è
comune tra le persone apparentemente sane.
La pirosi si verifica almeno
una volta all’anno in circa un terzo della popolazione
e giornalmente in circa il 5%. La prevalenza per tutta la
vita può essere ben maggiore. Queste cifre, sebbene allarmanti,
ci danno una scarsa informazione riguardo all’entità
del problema od all’incidenza delle altre complicazioni
della MRGE summenzionate. Tuttavia, una stima della reale
incidenza del sintomo pirosi nella popolazione generale
appare attualmente di estrema importanza alla luce della
constatazione dell’efficacia dei PPI nel controllo di questo
disturbo. Nella pratica generale nel Regno Unito, la pirosi
è stata il motivo che ha spinto il paziente a farsi visitare dal
medico nell’1.2% dei casi. Circa un terzo aveva
un’esofagite riconosciuta, ma la maggioranza dei restanti
non era stata sottoposta ad una endoscopia.
Dispepsia
La dispepsia è ancora più difficile da definire. Molte
malattie possono causare un fastidio epigastrico, e non è
sempre facile distinguere la dispepsia dalla pirosi (88).
La dispepsia è il sintomo principale della malattia ulcerosa
peptica. Inoltre, il tentativo di descrivere dei sottogruppi
“simil ulcerosa”, “simil motilità”, e “simil reflusso”
ha notevolmente aumentato la confusione.
La determinazione
della incidenza di ulcera peptica è abbastanza
difficile . La migliore evidenza indica negli adulti
una prevalenza di ulcera a 12 mesi di circa l’1% e una
prevalenza per tutta la vita di circa il 10%. Queste ulcere
“cliniche” non includono le ulcere “silenti”, che non causano
sintomi, oppure le erosioni che si vedono con i
farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).
Se la presenza dell’ulcera peptica, che si può vedere,
non può essere accuratamente stabilita in una popolazione,
la prevalenza del vago sintomo della dispepsia è per
forza di cose ancora più inaccurata.
Per confondere la
faccenda maggiormente, nelle società occidentali si è
verificato un declino continuo della malattia ulcerosa
peptica , ma una simile riduzione non è stata registrata
nella prevalenza della dispepsia. Le inchieste indicano
che la prevalenza di dispepsia varia dal 2.7 al 30%
La cifra più alta deriva da studi che includono
la pirosi come forma di dispepsia . Questo cattivo
uso dei termini va scoraggiato a motivo delle notevoli
differenze nella possibilità di trattamento tra la pirosi e la
dispepsia . Nella pratica generale nel Regno Unito, la
dispepsia rappresenta solo il 3.5% dei disturbi intestinali
e lo 0.3% di tutti i disturbi di presentazione.
Altri Sintomi
Molte sindromi, come la ruminazione, sono rare e
raramente compaiono negli studi di popolazione. Comunque,
la proctalgia fugace sembra verificarsi nel 14%
delle persone e il globo isterico nella metà dei giovani
adulti. Il gonfiore è riportato dal 30% delle
persone e fino al 73% delle donne .
SOMMARIO E CONCLUSIONI
Le malattie “organiche”, come la colite o l’ostruzione
intestinale, sono riconosciute dall’insorgenza di gruppi
di sintomi. Tuttavia, la maggior parte dei sintomi non
ha una spiegazione fisiopatologica ed è perciò detta “funzionale”.
Nelle inchieste di popolazione, la stragrande
maggioranza dei sintomi intestinali sono funzionali.
Per
convenzione, i gruppi di sintomi funzionali sono considerati
insieme come sindromi. Questi sintomi e sindromi
sono molto comuni nella popolazione - in alcuni casi,
apparentemente universali - eppure la maggioranza non
viene riferita ai medici. La loro importanza per la popolazione
è sconosciuta, ma coloro che sono visti da un
medico e inviati a uno specialista spesso comportano dei
costi elevati. Le inchieste per determinare la prevalenza
di queste sindromi sono ostacolate dalla difficoltà del
campionamento a caso e dalla compliance, dalle definizioni
variabili, e dalle limitazioni dei ricordi dei pazienti.
Mentre alcuni dati sono disponibili per tutti i disordini
GI funzionali, essi sono molto abbondanti per la
SII, la stipsi, la pirosi funzionale, e la dispepsia funzionale.
Poche persone sfuggono all’esperienza di almeno
alcuni di questi sintomi durante la loro esistenza.
Le sfide epidemiologiche sono quelle di determinare
1) l’impatto medico ed economico di questi sintomi nella
popolazione
2) i fattori che determinano il comportamento
di ricerca di una cura sanitaria e le sue implicazioni per
il benessere del paziente e per la cura medica
3) Le ragioni per cui, nella società occidentale, le donne con
maggiore probabilità richiedono una cura sanitaria per
i disordini funzionali intestinali
4) le definizioni e i criteri diagnostici che meglio permettono
che i gruppi di soggetti siano omogenei per l’ingresso nei
trial clinici o negli studi di fisiologia.
Questi sintomi non spiegati
sono così comuni che ci si chiede se essi facciano parte
della condizione umana, come i mal di testa o i dolori
muscolari, e non siano in realtà determinati da qualche
malattia. I sintomi funzionali dell’intestino sono “una deviazione
qualitativa, o solamente quantitativa dalle reazioni
psicofisiologiche delle persone normali?” .