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“STAR BENE
MANGIANDO”
UN PERCORSO FORMATIVO DI EDUCAZIONE
ALLA CULTURA ALIMENTARE.
Anno scolastico 2007/08
Dott.ssa N. Fascella Dott.ssa G. Cinà
 Per comunicazione si intende un rapporto bi-
direzionale attraverso il quale un soggetto attivo
(colui che “lancia” la comunicazione) ed un
soggetto ricettore (colui che, ottenuta la
comunicazione,
deve
variare
i
suoi
comportamenti in relazione ad essa) entrano in
contatto.
L’ALIMENTAZIONE RAPPRESENTA UN VERO E PROPRIO
FENOMENO BIO-PSICO-SOCIO-CULTURALE.
L’atto alimentare assume caratteri diversi nel corso
dello sviluppo di ogni individuo:
- testimoniando nel tempo modalità di relazione con gli altri ( la madre, la
famiglia, il gruppo dei pari),
- la maggiore o minore adesione ai modelli culturali, e rappresentando a
livello sociale una opportunità di conoscenza e scambio con l’altro (cibo
come mediatore tra le persone).
- Mangiare rappresenta quindi una esperienza
relazionale e affettiva di enorme importanza
nell’arco dell’intero ciclo vitale, che si connota
diversamente a seconda delle varie epoche.
Già dall’infanzia la pratica del pasto familiare si
pone come elemento di composizione dei legami
affettivi
all’interno
della
famiglia,
come
opportunità di trasmissione della cultura dello
stesso nucleo e come modello di gestione dei
rapporti di potere al suo interno.
Attraverso le abitudini alimentari i genitori, e
soprattutto la madre, esercitano sui figli parte
del loro ascendente. Attorno al cibo ruotano i
concetti
di
educazione,
controllo,
di
obbedienza. La condivisione del cibo segna,
dunque, l’appartenenza, le relazioni e l’identità
familiare.
L’essere sufficientemente e
adeguatamente alimentato rappresenta
per il neonato la prima possibile
esperienza di benessere legata sì, alla
distensione che accompagna la
sazietà(piano dalla corporeità), ma
indissolubilmente anche alla
sperimentazione della vicinanza della
madre che di lui si prende cura (piano
della affettività).
l’alimentazione può rappresentare un canale per
l’espressione di disagi e sofferenze fino a divenire luogo
per manifestazioni sintomatiche.
Se il cibo viene utilizzato, fin dall’infanzia, come gratificazione,
conforto, sostituto dell’affetto, arma di ricatto, di offesa, può
sorgere un rapporto distorto con il cibo e con l’atto
dell’alimentarsi in generale. In questo senso, alcuni abitudini
assunte precocemente possono diventare particolarmente
deleterie e difficili da sradicare.
Esistono, inoltre, anche fattori culturali e sociali, che possono
influire sul rapporto con la sfere alimentare. La tendenza a
volersi adeguare a tutti i costi a modelli stereotipati di immagini
maschili e femminili socialmente approvati, può indurre a
seguire regimi alimentari poco salutari.
Nella relazione madre e figlio, un appetito robusto di
quest’ultimo placherà le ansie e le preoccupazioni
della mamma rispetto all’accudimento del figlio”.
Mangiare è forma di comunicazione di bisogni,
istanze, conflitti; famiglia, scuola e gruppo dei pari
sono destinatari di tale messaggio.
In conclusione resta da sottolineare che la patologia
rappresenta solo l’estremo di un continuum lungo il
quale cibo e alimentazione mantengono sempre la
loro capacità di parlare all’individuo e dell’individuo.
Guardare al come, al quando, al quanto, al dove si
mangia, significherà in ogni momento aggiungere un
tassello alla comprensione dell’individuo, del suo
modo di essere e di rapportarsi al mondo
Classificazione dei disturbi
dell’alimentazione
1) Anoressia nervosa
2) Bulimia nervosa
3) Disturbi dell’alimentazione atipici (o disturbi dell’alimentazione non
altrimenti specificati – definizione americana)
COME CAPIRE SE UNA PERSONA E' AFFETTA DA
ANORESSIA NERVOSA
Una persona è affetta da anoressia nervosa se
manifesta tutte e quattro le caratteristiche che
seguono:
1. Severa perdita di peso. Tutte le persone affette da
anoressia nervosa, per definizione, devono essere
sottopeso (cioè pesare meno dell’85% del peso
standard o essere incapaci di raggiungere il peso
previsto durante il periodo di crescita).
2. Paura d’ingrassare. La seconda peculiarità
dell’anoressia nervosa è l’intensa paura di acquistare
peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
3. Preoccupazione estrema per il peso e le forme
del corpo. Le persone affette da anoressia nervosa
sono insoddisfatte del proprio peso e aspetto fisico, in
particolare considerano troppo grosse alcune parti del
proprio corpo (mammelle, pancia, sedere, gambe).
Inoltre basano la propria autostima principalmente su
quello che dice la bilancia; un aumento ponderale
determina sensazioni di frustrazione e
autosvalutazione; un calo di peso, al contrario,
aumenta il senso di autocontrollo, di fiducia personale
e di autostima. Nelle persone affette da anoressia
nervosa più giovani è spesso presente un rifiuto ad
ammettere la gravità della propria condizione di
sottopeso.
4. Amenorrea (mancanza di almeno tre cicli
mestruali consecutivi). Nella maggior parte
dei casi si tratta di amenorrea secondaria
(perdita di mestruazioni dopo un periodo più o
meno lungo di cicli regolari); in una
minoranza, quando l’anoressia nervosa è
insorta prima dello sviluppo puberale, di
amenorrea primaria.
COME CAPIRE SE SI E' AFFETTI DA
BULIMIA NERVOSA
Capire se si è affetti da bulimia nervosa non è semplice come
nel caso dell'anoressia nervosa. Molte persone pensano di
essere bulimiche ma in realtà non lo sono; per pronunciare
una diagnosi di bulimia nervosa devono essere presenti tutte e
cinque le seguenti caratteristiche.
1. Abbuffate ricorrenti. Un'abbuffata, traduzione del termine
inglese "binge-eating", si definisce sulla base di due
caratteristiche che devono essere entrambe presenti:
- il consumo di una grande quantità di cibo;
- la sensazione di perdita di controllo sull'atto di mangiare (ad
es. sentire che non ci si può astenere dall'abbuffarsi, oppure
non riuscire a fermarsi una volta iniziato a mangiare).
2. Comportamenti di compenso. La seconda caratteristica
importante della bulimia nervosa è che le abbuffate devono
essere seguite da condotte compensatorie, finalizzate a
prevenire l'aumento di peso. Il mezzo più frequentemente
usato è il vomito che, in alcuni casi, può essere autoindotto
dopo l'assunzione di qualsiasi cibo, e non necessariamente
dopo un'abbuffata. Dopo le abbuffate alcune bulimiche
assumono grandi quantità di lassativi per provocarsi una
diarrea acquosa. Più raramente alcune persone bulimiche
usano altri mezzi come i diuretici, gli enteroclismi o i farmaci
tiroidei; sono stati anche rilevati casi di alcune bulimiche
diabetiche che non assumevano l'insulina dopo un'abbuffata.
Alcuni individui affetti da bulimia nervosa non usano il
vomito o prodotti eliminativi, ma digiunano o fanno esercizio
fisico in modo eccessivo.
3. Frequenza delle abbuffate e dei comportamenti di compenso.
Perché sia diagnosticata la bulimia nervosa, le abbuffate e le condotte
compensatorie devono verificarsi almeno 2 volte la settimana per 3 mesi.
4. Preoccupazione estrema per il peso e le forme del corpo. Come le
persone affette da anoressia nervosa, le persone bulimiche si preoccupano
molto del proprio peso e forme del corpo e la loro autostima varia
soprattutto in base a questi due fattori. Si sentono sempre in dovere di
seguire una dieta e sono terrorizzate dall'idea di aumentare di peso; se
questo accade si deprimono e fanno di tutto per dimagrire: spesso è proprio
questo il motivo che le spinge a cercare una cura.
5. Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di
anoressia nervosa. Questo significa che ci sono due disturbi del
comportamento alimentare, e non uno solo; così a una persona che si
abbuffa e vomita ma ha un peso basso (inferiore all'85% del peso standard
per età e altezza) verrà diagnosticata soltanto l'anoressia nervosa con
abbuffate/condotte di eliminazione, mentre se il peso è al di sopra dell'85%
di quello standard si avrà una diagnosi di bulimia nervosa.
I DISTURBI ALIMENTARI
La relazione genitori-figli: le domande sempre presenti
(Di chi è la colpa? Perché proprio a noi?)
La prima cosa che i genitori si chiedono di
fronte ad una diagnosi di anoressia nervosa
è proprio questa: di chi è la colpa?
Soprattutto le madri, pensano che la
malattia della figlia sia una conseguenza
della loro incapacità di essere buone madri.
Tutto questo perché per molti anni si è fatto
risalire questo disturbo ad un cattivo
rapporto con la madre.
Il vero problema è che l’adolescenza è sempre un momento di conflitto con i genitori ed
in particolar modo con il genitore dello stesso sesso. Poiché l’anoressia è una malattia
che colpisce prevalentemente ragazze giovani, in tempi passati, quando si era ancora
alla ricerca di spiegazioni, il rapporto conflittuale tra adolescenti e madri è stata
un’ipotesi da molti ritenuta plausibile. Molte mamme sono iperprotettive ed ansiose
con le loro figlie, ma non per questo le ragazze diventano anoressiche.
Spesso sono proprio i padri che accusano le mogli di aver troppo viziato le figlie: "Le
hai sempre dato tutto quello che voleva" oppure il contrario: "le stai sempre troppo
addosso… sei troppo apprensiva…" e rimproveri di vario tipo sulle loro capacità
educative. In realtà non è il comportamento educativo delle mamme che può favorire
lo strutturarsi di certe caratteristiche caratteriali, ma piuttosto lo stile di vita di tutta la
famiglia. Ad esempio: la preoccupazione del giudizio esterno, che come conseguenza
porta ad attribuire al pensiero degli altri una maggior importanza del proprio, è un
atteggiamento che hanno molte famiglie.
I padri si sentono meno in colpa per questo comportamento delle figlie, anche
perché spesso non si sono occupati molto della loro educazione. Si sono limitati
a fornire i mezzi per "viziare" le figlie.
Questa è una delle accuse che vengono rivolte ai padri dalle mogli: "Non ci sei
mai… non ti interessi di niente per quanto riguarda l’educazione dei figli, e poi
dici a me che vi stresso, ma tu ti sei sempre disinteressato dei suoi problemi….".
Non è facile per queste famiglie uscire dall’ottica
che non ha senso parlare di colpe o ad un’unica
causa per spiegare l’insorgere dell’anoressia e
della bulimia. E’ più giusto appellarsi ad una
serie di fattori che interagendo tra loro,
concorrono a determinare questa patologia:
predisposizione, relazioni, contesto e fattore
scatenante. Uno solo di questi fattori, preso
separatamente, non significa nulla. Anche
l'origine genetica è stata presa in considerazione,
ma per il momento è solo un’ipotesi.
Un altro comportamento tipico della famiglia delle ragazze
anoressiche, ancor più evidente per le bulimiche, è una falsità
velata nei comportamenti relazionali; non si deve mai dire
apertamente ciò che si pensa! Se esprimono il proprio pensiero
gli altri non li accettano oppure pensano di poter "perdere il
controllo" e di arrivare ad offendere l’interlocutore. Meglio
inventare delle scuse accettabili ma continuare ad avere
l’approvazione altrui!
Un altro atteggiamento dei genitori che fa star molto male le
ragazze anoressiche, è l’abitudine di scusare e giustificare
sempre il comportamento degli altri rispetto al loro. Molte
ragazze dicono: "non ho mai capito se i miei genitori mi
volessero veramente bene o se per loro fossero più importanti
gli altri" oppure "ho sempre pensato che i miei genitori si
vergognassero di me".
Spesso a questi comportamenti si aggiungono
percosse e violenze verbali, che non sono meno
dolorose di quelle fisiche.
I bambini, di fronte a questi comportamenti, non
esprimono la loro collera per essere stati umiliati o
maltrattati ed allora che cosa ne è della sofferenza che
non è e non deve essere espressa? Purtroppo non
scompare nel nulla, ma con il tempo si trasforma in un
odio, più o meno consapevole, contro il proprio sé. Il
bambino deve reprimere e soffocare i suoi sentimenti
e per continuare a vivere con le persone che "lo
maltrattano" deve cercare di dimenticare il
comportamento umiliante che ha provocato la sua
rabbia
Ma se impiega tutte le sue energie nel lavoro di rimozione, che
al momento gli è assolutamente necessario, anzi vitale, ne
paga le conseguenze, molto frequentemente, a lungo termine,
poiché la "rimozione" è un’ingannevole illusione, la cui
funzione adattiva nella fanciullezza, si trasforma
nell’adolescenza e nell’età adulta in una forza distruttiva. Ecco
che allora i sentimenti d’impotenza, d’ira, di frustrazione,
estrapolati dalle cause che li avevano generati, si esprimeranno
in atti distruttivi rivolti agli altri o contro sé stessi, con effetti
patogeni. Sono atteggiamenti sottovalutati dai genitori,
perché si ritengono comportamenti accettabili in educazione,
in realtà non è così. Si dovrebbe imparare a trattare i figli come
trattiamo i nostri amici, perché spesso si è più gentili con gli
estranei che con i figli.
CURA E PREVENZIONE
Una delle cose che è bene siano molto chiare è che le patologie alimentari
sono delle vere e proprie malattie che non si curano in famiglia. Non è
sufficiente l’amore e la cura dei genitori per guarire una patologia così
complessa. Spesso i genitori si sentono investiti da questa responsabilità
proprio perché vengono molto criticati e giudicati dalle ragazze
anoressiche e bulimiche; loro pretendono che i genitori si assumano la
responsabilità del loro malessere. Purtroppo spesso su questo punto si
instaura una lotta a base di accuse e di giustificazioni che fanno solo
perdere tempo prezioso. E’ molto meglio che i genitori mettano da parte il
loro orgoglio e accettino di accompagnare le ragazze in terapia, almeno per
i primi tempi. Sarà poi compito del professionista chiedere alle ragazze di
iniziare una terapia individuale. Due atteggiamenti dei genitori sono
estremamente dannosi: quello ansioso emotivo e quello ansioso
ipercontrollato
Nel primo caso i genitori spronano continuamente la figlia,
la assillano con continui consigli, la rimproverano
continuamente e cercano di modificare il suo
comportamento facendo leva sul senso di colpa (sei
un’ingrata, ti abbiamo sempre dato tutto!). Nel secondo caso
mascherano la preoccupazione assumendo un
atteggiamento di distacco e di indifferenza di fronte agli
atteggiamenti provocatori delle figlie. Anche in questo caso è
preferibile la via di mezzo. Essere indifferenti è un
atteggiamento finto in una situazione così grave e non è
credibile neppure dalle ragazze, che si sentiranno
fortemente frustrate da un atteggiamento simile. Ma anche
quelli eccessivamente ansiosi non producono effetti positivi:
in questo caso le ragazze si lamentano dell’eccessivo
controllo ma in realtà sentono di tenere in pugno i genitori e
questo non è per loro di nessun d’aiuto, anzi.
Una giusta preoccupazione ma senza lasciarsi travolgere dalla
situazione è il comportamento più idoneo. Gli interventi dei
genitori devono essere di tipo educativo, ossia possono
intervenire per correggere i comportamenti non accettabili e le
cattive abitudini che sempre si manifestano in queste patologie.
Non spetta loro intervenire sui sintomi. Questo è compito del
terapeuta. Dunque, non devono accettare che la ragazza si ritiri
in camera sua per mangiare o lo faccia ad orari diversi, così
come non devono pretendere che fratelli e sorelle la
assecondino in tutto per non "farla arrabbiare": la sua è una
malattia e i malati non possono fare quello che vogliono, con la
pretesa di curarsi da soli! Inoltre la ragazza, in questo modo, è
costretta a mantenere un aggancio con la realtà, dalla quale
tende a fuggire per rifugiarsi nelle sue illusioni.
Quindi il contesto in cui vive l’anoressica deve mantenersi
normale; i genitori devono continuare a far rispettare le regole
comportamentali che valgono per tutti i membri della famiglia
e nel frattempo il terapeuta lavora sui sintomi.
In molti casi, invece, i genitori pensano di dover cedere ad ogni
richiesta delle figlie, per dimostrare affetto e comprensione non
riescono più a dirle di no. Poverina è malata, o per non litigare,
o per oscuri sensi di colpa. In questi casi i genitori non svolgono
il loro ruolo e si lasciano condurre dalle figlie anziché essere la
loro guida. Quando la figlia sente di poter chiedere ciò che
vuole, alza continuamente il valore delle sue richieste che a
volte diventano assurde e, spesso, di tipo regressivo ed ecco che
queste ragazze che continuamente rivendicano il loro diritto
all’autonomia, specie in campo alimentare, chiedono di essere
accolte nel letto dei genitori
Anoressia e bulimia sono patologie molto più rare nel genere
maschile, anche se i casi di anoressia nei maschi stanno
aumentando. In questi ultimi decenni i condizionamenti
culturali hanno inciso maggiormente sul ruolo femminile ma
ora anche i maschi si sentono confusi e poco certi del loro
ruolo. Il lavoro maschile è considerato ancora un ruolo
primario, mentre per la donna diventa qualche cosa da
conciliare con altri ruoli e così le donne sono sempre più di
corsa e vittime del tempo; combattute tra il ruolo di
casalinghe e il ruolo professionale, fanno grandi sforzi per
integrarli. Le ragazze sentono questo conflitto ancor prima di
viverlo. Anche l’ideale di bellezza, oltre a quello d’efficienza, è
diverso per le femmine.
Comunque anche l’ideale di bellezza femminile in questi ultimi anni si è
modificato ed i casi d'anoressia non sono più in crescita come negli anni
passati, anzi sembra che la tendenza sia verso la diminuzione. Sono invece
in grande aumento i disturbi legati all’ansia (attacchi di panico, ansia da
prestazione, disturbo d’ansia generalizzato). Questo ci conferma anche la
genesi socioculturale dell’anoressia. Resta comunque qualche certezza
confortante: bambine alimentate in modo corretto, difficilmente
diventeranno bulimiche o anoressiche; è importante accettare i figli nella
loro individualità, rispettarne la personalità senza aspettarsi da loro la
perfezione. Nella famiglia i figli assorbono i principi ai quali i genitori si
conformano, percepiscono il reale valore della relazione uomo-donna e
attraverso il dialogo si confrontano come persone. Ma le parole da sole
non bastano, quella che dà forza ad una famiglia e ai suoi componenti, è
una profonda sintonia emotiva che permette l’abbattimento delle barriere
interiori e l’uno può rivelarsi all’altro così com’è, sentendosi pienamente
accettato.
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