300 aC Circa

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Introduzione
All’Oriente
Lezione 03
L’india
1300 - 500 a.C Circa
Il Periodo Vedico
Notizie di questo primo lungo periodo della storia
indiana si sono ottenute grazie all’antichissima e
ricca letteratura in sanscrito, la lingua parlata dagli
invasori ariani. Sì tratta di testi filosofico-religiosi
come i Veda o le Upanishad, o poemi epici come
il Ramayana e il Mahabharata, non sono quindi
resoconti storici, ma ciò nonostante forniscono
molte indicazioni sui principali avvenimenti politici,
sugli usi e sui costumi, sulla storia e sulla
condizione economica del paese; oltre a questo, in
questi testi in sanscrito, sono indicati i nomi dei
sacerdoti, dei principi e dei guerrieri. Si trova già la
menzione del sistema delle caste, l’elemento che
anche oggi caratterizza la cultura e la storia
indiana. Il Rgveda, il più antico testo compreso nei
Veda, fornisce una spiegazione mitologica
dell’origine delle quattro principali varna (colori), o
meglio caste
• Brahmana (ब्राह्मण), i sacerdoti;
• kṣatriya (क्षत्रिय) i guerrieri;
• Vaiśya (वैश्य), i commercianti ed i contadini;
• Śūdra (शद
ू ), i servi.
La struttura economico-sociale delle caste nasce
dalla mescolanza dell’organizzazione politico
militare ariana, che già era distinta in tre classi,
ossia guerrieri, sacerdoti e popolo, a cui ogni
uomo accedeva a seconda dei meriti e delle
proprie qualità, con l’organizzazione tribale della
popolazione dravidica, dove ogni piccolo gruppo
costituiva un’unità chiusa, legata ad un particolare
territorio e a particolari riti e tribù. Conquistato il
territorio, a queste tre classi se ne aggiunse
un’altra, quella dei vinti. Sigillate per evitare
contaminazioni tra l’una e l’altra si suddivisero poi
in una serie di varie sottoclassi, che arrivarono poi
a comprendere i fuori casta, gli ‘impuri’, meglio noti
come intoccabili.
Successivamente il potere dalle mani dei guerrieri,
viene affidato ai sacerdoti, interpreti e custodi delle
credenze e dei rituali magici: si compie in questo
modo l’elaborazione del brahamanesimo
(elemento caratterizzante la storia indiana), che
non è soltanto una religione, bensì una forma
peculiare di civiltà dove la religione ha la
preminenza su tutte le attività e regola ogni
aspetto dell’attività umana.
In un mondo reso immobile dal raggiungimento di
obiettivi ultraterreni, isolato dall’esterno e
frazionato all’interno, le rivoluzioni più importanti
sono state sul piano religioso, dettate
dall’evoluzione del pensiero filosofico.
Le rivoluzioni mistiche
I Maurya ed i Gupta
Intorno al VI secolo a.C. si sviluppano le principali
rivoluzioni religiose; realizzate da Siddhartha
Gautama, il Buddha, e da Vardhamana, Mahavira,
ovvero il grande eroe. Queste religioni sfidavano
l’egemonia dei brahmini, rifiutando il sistema delle
caste, il sacrificio ed aprendosi alle donne.
Nel III secolo a.C. il re Asoka, promosse la
diffusione del buddhismo suscitando in questo
modo la reazione dei bramini; questa sarà tra le
cause della decadenza dello stato nel corso del II
secolo a.C.
Solo nel IV°secolo d.C. e fino al VI° secolo
l’impero di Magadha ritrova il suo antico splendore
con la dinastia Gupta, il cui dominio coincide con il
periodo classico della civiltà indiana che si
diffonde nella regione del sud-est asiatico. Nel
VII°secolo l’unità politica raggiunta si dissolse,
con la realizzazione di un’organizzazione di tipo
feudale. Il buddhismo venne soppiantato da un
nuovo brahamanesimo.
L’espansione
Nel VI secolo la penetrazione ariana arrivò a
toccare l’isola di Ceylon (Sri Lanka). Lo stato
militarmente più forte in era il regno di Magadha,
che aveva la sua capitale in Rajagriha.
Le invasioni Greche e Persiane
Il periodo seguente fu segnato da ripetuti tentativi
di invasione da parte dei grandi imperi dell’est
dell’Europa: tra il 550 e il 485 a.C. si
avvicendarono le armate persiane di Ciro e Dario,
che imporranno un tributo ai principi indiani del
Punjab; in seguito, nel 326 a.C., fu la volta di
Alessandro Magno, che s’impadronì della stessa
regione. La sua morte e lo smembramento del suo
impero scongiurarono il pericolo di una duratura
dominazione ellenica sull’India.
Nel IV secolo a.C. prese il potere a Magadha una
nuova dinastia che assoggettò tutto il territorio
indiano; i Maurya.
L’arrivo dell’Islam
Tra la fine del XII secolo e l’inizio del XVIII secolo
si sviluppò il terzo periodo della storia indiana, che
coincide con la conquista islamica. Il fanatismo
religioso dei vincitori provocò massacri e
distruzioni, ma le conversioni, non solo dettate
dalla paura, furono numerose; la nuova religione,
ignorando il sistema delle caste, restituiva
speranze a coloro che non ne avevano mai avute,
come gli śūdra e gli avarna. La reciproca
intolleranza religiosa fratturò nuovamente la
penisola indiana. Molti dei musulmani turchi
provenienti da nord-ovest fondarono dinastie con il
supporto di soldati e mercanti, senza contare
l’apporto di artisti e predicatori sufi.
Il più importante invasore fu Mahmud di Ghazni,
che depredò molti templi delle loro ricchezze. Nel
1192, Muhammad di Ghur, conquistò il Punjab e
Delhi e stabilì il suo dominio anche nelle aree
circostanti. Qutbuddin Aibak, il successore, tra il
1206 e il 1210 fa costruire il Qutb Minar di Delhi.
Nel 1398 le incursioni da parte di Tamerlano di
Samarcanda indebolirono ulteriormente il potere
dei sultani di Nuova Delhi. Gli ultimi due sultanati
sono rappresentati da quello del Sayyid, che
regna tra il 1413 e il 1451, e quello dei Lodi che
dominerà tra il 1451 e il 1526. Per tutto questo
periodo prevalse il frazionamento politico, che vide
la condivisione del territorio tra piccoli stati hindu e
piccoli regni musulmani.
Al principio del 16°secolo l’Hindustan cadde nelle
mani di Baber, discendente del condottiero Timujin,
ossia Tamerlano. È Baber, che dopo aver sconfitto
tutti i principi hindu e musulmani, fonda l’Impero
del Gran Moghul. Ciò non pose fine ai contrasti
religiosi tra le varie comunità, ed è in questo
periodo che nel Punjab nasce la khalsa, comunità,
dei sikh. Morto Baber, il suo erede, Humayun,
viene spodestato nel 1540 da un capotribù afgano,
Sher Shah Sur. Humayun riesce a riconquistare il
trono nel 1555, ed è il figlio Akbar che consolida
l’impero. I due imperatori successivi, Jahangir e
Shah Jahan, consolideranno l’impero mentre
Aurangzeb, ultimo grande imperatore Moghul,
annette anche il sud.
Le conquiste degli europei
La storia della presenza europea in India inizia nel
1489, con la spedizione portoghese, comandata
da Vasco de Gama. Il declino dell’impero
spagnolo, di cui il Portogallo faceva parte, provocò
la fine della sua potenza coloniale; al suo posto
subentrarono i Paesi Bassi che, con la compagnia
olandese delle Indie orientali, monopolizzarono i
traffici con l’Oceano Indiano per tutta la prima
metà del XVII°secolo. L’insediamento europeo,
inizialmente limitato alle coste, avvenne col
consenso del sovrano Moghul. In seguito, la
debolezza dello stato Moghul, favorì l’ingerenza
degli europei nelle vicende della penisola.
Il Giappone
10.000 - 300 a.C Circa
Periodo Jômon (縄文時代)
Le origini della civilizzazione giapponese sono
sepolte nella leggenda. L'11 febbraio 660 a.C. è la
data tradizionale in cui il Giappone è stato fondato
dall'Imperatore Jinmu. Questa versione della
storia giapponese risale alle prime testimonianze
scritte (VI/VII), dopo l’introduzione del sistema di
scrittura cinese; secondo la storia della creazione
ritrovata nel Kojiki (古事記 Memorie degli eventi
antichi, 712 d.c.) ed il Nihongi o Nihon-shoki (日
本紀 Cronache del Giappone risalenti al 720 d.c.),
le isole giapponesi vennero create da due dei, il
maschio Izanagi e la femmina Izanami,
appositamente discesi dai cieli. Essi portano con
loro altri esseri, i kami. Due di queste divinità, la
dea del sole Amaterasu e suo fratello, il dio della
tempesta Susanô, si combatterono l'un l'altro, fino
alla vittoria di Amaterasu.
In questo periodo diversi imperatori lottarono per il
potere. Con lo scopo di legittimare le proprie
rivendicazioni al trono questi commissionarono
collezioni di poemi contenenti storie di eredità
mitologiche del potere da Amaterasu.
300 a.C. - 250 d.C.
Periodo Yayoi (弥生時代)
Il nome dell’era deriva dal distretto di Tokyo dove
furono per la prima volta ritrovati resti archeologici
di quell’era.
Nel Libro di Wei (III secolo d.C.) il Giappone viene
indicato come paese di Yamataikoku, ed è
descritto come l’unione di circa 30 tribù o stati
minori, governati da una regina sciamata chiamata
Himiko.
300 a.C. - 552 d.C.
Periodo Yamato (大和時代)
Periodo Kofun (古墳)
Alla fine del periodo Yayoi il Giappone era diviso
in decine di piccoli stati indipendenti; nel IV
secolo d.C. uno di essi si espanse verso le zone
vicine ed arrivò a controllare una regione che si
estendeva dall'isola di Kyûshû fino al Kantô.
Nacquero una dinastia imperiale, la Yamato, ed
uno stato unitario tutt’ora esistente. Nel V-VI
secolo il “Giappone” era però una
confederazione di piccoli stati/clan (uji) che
riconoscevano la supremazia del daiô di
Yamato, che nel VII secolo prenderà il nome di
tennô (天皇).
I dettagli del processo di unificazione sono quasi
completamente ignoti per a causa dell’assenza
di testimonianze dirette. Il primo documento
conosciuto scritto riguardante questi eventi è il
Kojiki, che parla di campagne militari intraprese
dagli imperatori Yamato. Le descrizioni sono
però molto sommarie ed intrise di mitologia, ed è
difficile farsi un'idea precisa degli eventi storici.
Nel Kojiki si parla anche d’una donazione di
territori effettuata da parte del clan più potente
oltre a quello di Yamato: il clan di Izumo. Anche
in questo caso non è facile capire se nel Kojiki ci
si riferisca ad un’alleanza o ad una conquista
militare.
L'importanza del contributo di Izumo alla nascita
del Giappone può è evidente per via del ruolo
che riveste all'interno del Kojiki: una delle
principali preoccupazioni del compilatore era
creare una mitologia nazionale omogenea,
conciliando le leggende di Amaterasu e Susanô.
Durante il periodo Yamato i contatti con la
Corea, in particolare con i regni di Baekie
(Paekche) e Silla sono stati importanti. Dal IV
secolo d.C. gli scambi con Paekche, stato
alleato e tributario di Yamato, sono stati la via
principale per l'importazione in Giappone della
cultura di altri paesi asiatici, in particolare della
Cina.
552-710 d.C.
710-794 d.C.
Periodo Asuka (飛鳥時代)
Periodo Nara (奈良時代)
Lo stato proto-giapponese si trasforma
gradualmente in un governo centralizzato, che
definisce ed applica un codice di leggi; alcuni
esempi sono la Riforma Taika ed i codici Taihô.
Il Buddhismo venne introdotto in giappone da
Baekie, regno militarmente supportato dal
Giappone durante la guerra con Silla. Il
buddhismo venne appoggiato dall’aristocrazia.
Il principe Shotoku si dedicò alla diffusione del
Buddhismo e della cultura cinese. Fu capace di
portare un periodo di pace relativa al giappone
grazie alla proclamazione del Jûshichijô kenpô (
十七条憲法), la costituzione dai 17 articoli; si
tratta d’un documento di stampo confuciano che
puntava, più che a delle leggi vere e proprie, ad
un sistema morale su cui si dovevano basare le
classi dominanti.
Nell’VIII secolo il Giappone emerse per la prima
volta come stato potente. La capitale venne
spostata ad Heijô-kyô, l’odierna Nara, nel 710,
per tornare poi a Nagaoka nel 784, per sfuggire al
controllo del clero buddhista. La città di Nara fu
costruita usando come modello la capitale della
Cina dei Tang, Chang'an (Xi'an).
Durante questo periodo, gli sviluppi politici furono
piuttosto limitati, poiché i membri della famiglia
imperiale erano impegnati a lottare per il potere
contro il clero Buddhista e la famiglia di reggenti, il
Clan Fujiwara (藤原). Il Giappone intrattenne
relazioni con il regno di Silla oltre che con la Cina
dei Tang. Risalgono a questo periodo anche il
Kojiki ed il Nihon Shoki.
Con la Riforma Taika (大化, grande
cambiamento) del 645, il Giappone ha
intensificato l’adozione delle pratiche culturali
cinesi ed ha riorganizzato il governo ed il codice
penale basandosi sulla struttura amministrativa
cinese di quel periodo. Questo spianò la via per
una dominazione della filosofia Confuciana in
Giappone fino alla fine del XIX secolo.
In questo periodo viene usata per la prima volta
la parola Nihon (日本) per definire il Giappone.
794-1185 d.C.
1185-1333 d.C.
Periodo Heian (平安時代)
Periodo Kamakura (鎌倉時代 )
Considerata l’apice del periodo imperiale, l’epoca
Heian, che prende il nome dalla nuova capitale,
Heian-kyô (Kyôto), è ricordata particolarmente per
l’arte e la letteratura. Risale a quest’epoca il
romanzo più antico del mondo, il Genji
Monogatari di Murasaki Shikibu, e l’invenzione
degli alfabeti hiragana e katakana.
Dopo aver raggiunto il suo apice con l’ultima
spedizione imperiale in Cina nell’838, con il crollo
della dinastia Tang iniziò a scemare l’influsso
dell’impero celeste sul Giappone, nonostante
continuassero scambi e pellegrinaggi buddhisti.
Il potere politico era ormai stato conquistato dalle
famiglia aristocratica dei Fujiwara, che regnavano
col titolo di Sessho o Kampaku (reggenti); le
grandi riforme del periodo Asuka, in particolare la
ridistribuzione delle terre ed il sistema degli shôen
(荘園) si rivelarono dei fallimenti, che portarono al
crollo del sistema di governo attuale.
Con la fine del periodo si assiste ad un declino
della classe aristocratica, che viene rimpiazzata da
quella guerriera; i conflitti di successione imperiali,
supportati principalmente dai clan Minamoto e
Taira, portarono allo scoppio di due ribellioni e,
infine, alla guerra Genpei. Questa parte di storia è
raccontata nello Heike Monogatari (平家物語). Il
conflitto vede la vittoria del clan Minamoto e l’inizio
del potere delle classi militari in Giappone.
Nel 1185 Minamoto Yoritomo (源 頼朝) sconfigge
definitivamente il clan dei Taira. Nel 1192,
Yoritomo viene dichiarato Sei’I Tai-Shogun (征夷
大将軍) dall’imperatore, e stabilisce la sua base
nella città di Kamakura. L’inizio del potere dello
Shogun viene fatto coincidere con l’inizio del
medioevo; l’imperatore e l’aristocrazia, pur
mantenendo il loro status, vengono relegati a
compiti cerimoniali. Non solo il potere militare,
anche quello giuridico e civile è in mano alla
classe dei Samurai; in questo periodo si assiste ad
una rinascita dell’economia.
Dopo la morte di Yoritomo però il potere cadde
nelle mani d’una famiglia di reggenti, gli Hôjô.
Nel 1272 e nel 1281 l’esercito della Cina degli
Yuan tenta l’invasione; nonostante le forze dei
mongoli fossero superiori sotto ogni punto di vista,
in entrambi le occasioni dei tifoni, chiamati
kamikaze (神風 Vento Divino), danneggiarono
gravemente gli eserciti nemici. Nonostante il
Giappone riuscì a resistere all’invasione, il conflitto
con I mongoli ebbe ripercussioni sull’equilibrio
interno, in particolare nei rapporti col clero
Buddhista e coi signori locali; questo portò alla fine
del già travagliato Shogunato Kamakura.
Nel 1333, con la Restaurazione Kenmu (建武の
新政) l’imperatore Go-Daigo riesce brevemente a
ristabilire il potere imperiale.
1333-1392 d.C.
1392-1568 d.C.
Periodo Nanbokuchô (南北朝時代)
Periodo Muromachi (室町時代)
Nel 1338, dopo che Go-Daigo si rifugiò tra i monti
di Yoshino dando inizio alla "dinastia del Sud",
Ashikaga Takauji trasferì la sede del bakufu (幕
府) a Kyôto, per poter avere un maggior controllo
sulla corte imperiale "del Nord".
Gli Ashikaga non avevano né terreni né eserciti
propri; il loro shôgunato fu basato su un delicato
equilibrio di forze, su alleanze e diplomazia. Con
Takauji gli shugo (守護) acquistarono sempre
maggior importanza nella conduzione degli shôen,
privando di ogni autorità e di ogni rendita la nobiltà
di corte e trasformandosi gradualmente da
funzionari del governo centrale a proprietari e
signori locali (shugo daimyô); nasce dunque un
vero e proprio regime feudale.
Il più importante shôgun Ashikaga fu il terzo,
Yoshimitsu, raffinato cultore d'arte e protettore di
artisti; egli seppe mantenere il controllo sui vari
shugo e assicurare la pace al paese affidando i
feudi più importanti a membri della propria
famiglia, controllando e calibrando i rapporti di
forze tra i feudi vicini alla capitale che non gli
erano imparentati e lasciando più autonomia ai
feudi periferici. Nel 1392 Yoshimitsu riuscì a
convincere l'Imperatore del Sud a rendere le
insegne imperiali alla corte di Kyôto, mettendo fine
allo scisma; nonostante tutto verrà considerata
legittima la linea dinastica di Yoshino.
I successori di Yoshimitsu non furono alla sua
altezza; Yoshimasa, ottavo shôgun Ashikaga,
raffinato esteta ma mediocre uomo politico,
mantenne il lusso della propria corte a spese del
popolo; il suo regno fu un periodo di miseria,
soprattutto per i contadini che si ribellarono
ripetutamente. Nel 1467 una disputa per la
successione alla carica di shôgun fece esplodere
una serie di rivalità e conflitti tra i vari feudatari. Il
risultato fu una guerra civile, la guerra Ônin (応仁の
乱, 1467-1478); questa ebbe effetti devastanti sulla
città di Kyôto, trasformata in un campo di battaglia
tra fazioni rivali e quasi rasa al suolo. Alla fine della
conflitto il Giappone non possedeva più alcun potere
centrale. Lo shôgunato Ashikaga continuò fino alla
seconda metà del XVI secolo, ma ormai non aveva
più nessun potere economico o militare. Ogni feudo
era diventato un centro di potere indipendente:
aveva propri funzionari ed un proprio corpo di leggi, i
cosiddetti codici della Casa, e poteva contare solo
sulle proprie capacità militari e diplomatiche per
sopravvivere ed espandersi, a spese dei vicini più
deboli. All'inizio del XVI secolo il Giappone era
diviso in circa 250 staterelli indipendenti, di cui una
trentina più potenti. Inizia così una delle epche più
buie della storia giapponese: il periodo Sengoku (
戦国時代, 1478-1578), ossia degli stati in guerra.
Intanto la corte imperiale aveva raggiunto uno stato
di decadenza estrema.
1568-1600 d.C.
P. Azuchi-Momoyama (安土桃山時代)
La lotta incessante tra i vari feudatari provocò
gradualmente la scomparsa degli stati più piccoli,
che venivano assorbiti da quelli più grandi. Il
potere andò concentrandosi nelle mani di pochi
signori finché alcuni di questi furono abbastanza
forti da aspirare al dominio della nazione: la
riunificazione del Giappone fu infine compiuta da
tre abili condottieri e uomini politici.
Fu essenziale il contributo degli europei; in questo
periodo arrivarono i primi esploratori, in particolare
i gesuiti che, oltre al cristianesimo, che si rivelò un
efficace arma contro la corruzione del clero
buddhista, portarono le armi da fuoco e
nuovissime tattiche di battaglia. Fu merito di
queste novità se i tre unificatori riuscirono nella
loro opera in così breve tempo.
Il primo dei tre grandi condottieri, Oda Nobunaga
(織田信長, 1534-1582) è dipinto dalla tradizione
come un uomo crudele e spietato, irascibile,
deciso e tenace, molto abile come condottiero. Gli
Oda erano i signori di un piccolo feudo nella
regione di Owari; grazie al suo esercito meglio
armato Nobunaga riuscì ad impadronirsi di gran
parte dei territori e riuscì a sconfiggere gli stessi
Ashikaga, detronizzandoli. Poco dopo essere
riuscito a farsi nominare shôgun dall’imperatore,
venne ucciso da uno dei suoi stessi generali.
Successore di Nobunaga fu uno dei suoi generali,
Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1536-1598); nato
da una famiglia di soldati/contadini dell’Owari,
riesce a far velocemente carriera. Dopo aver
vendicato la morte di Nobunaga, risolve i conflitti
interni e completa la riunificazione del Giappone,
per farsi poi nominare Kampaku, detenendo de
facto il potere e potendosi permettere di ristabilire
l’ordine mediante delle riforme.
Per evitare rivolte, venne proibito il possesso di
armi a tutti coloro che non erano samurai.
Hideyoshi cerco persino di espandersi nel
continente, ma le sue spedizioni si scontrarono
con la feroce resistenza dell’alleanza di Corea e
Cina; la sua morte bloccò ogni progresso alla
conquista.
Fu con la successione ad Hideyoshi che entrò in
gioco Tokugawa Ieyasu (徳川家康, 1543-1616);
feudatario dalle origini modeste, evitò quando
possibile di schierarsi nelle precedenti lotte per il
potere, cosa che gli permise di espandere il
proprio territorio. Quando Hideyoshi morì Ieyasu si
intromise nella successione; presto si formarono
due coalizioni, una favorevole ai Tokugawa ed una
contraria. I due eserciti si sfidarono nel 1600 nella
celebre Battaglia di Sekigahara (関ヶ原の戦い),
che vide il trionfo di Ieyasu.
Nel 1596 i gesuiti vennero espulsi ed i cristiani
vennero sottoposti a persecuzioni.
1600-1858 d.C.
Periodo Edo (江戸時代)
Nel 1603 la supremazia di Ieyasu fu riconosciuta
dalla corte imperiale che gli conferì il titolo di
shôgun. Ieyasu mantenne il titolo solo due anni
per poi passarlo al figlio Hidetada, ma non si ritirò
dalla vita politica e negli anni successivi, oltre a far
ampliare il suo castello a Edo (Tôkyô), fece
firmare ai "daimyô occidentali" un atto di fedeltà
(1611) ed emise una serie di regolamenti per
consolidare il potere del bakufu Tokugawa: il Kuge
shohatto (公家諸法度,1613), un documento che
limitava l'azione della corte imperiale ad un ruolo
puramente cerimoniale, e il Buke shohatto (武家
諸法度, 1615) in 13 articoli, che può essere
considerato come un Codice della casa feudale
esteso a tutta la nazione Inoltre venne limitato il
potere dei daimyo a favore del governo centrale;
venne reso obbligatorio il loro soggiorno ad Edo
per un periodo dell’anno e gli furono affidati
incarichi sociali, in modo da evitare complotti e
ribellioni. L’abilità di Ieyasu e dei suoi primi
successori riuscì a rafforzare così tanto il bakufu
da permettergli di sopravvivere per più di 200 anni.
Nel periodo Edo emerse il neoconfucianesimo,
una filosofia che venne accolta della classe
dirigente, i samurai; non solo permise di limitare
l’influsso del clero Buddhista, diede una serie di
leggi morali per mantenere l’armonia sociale.
Il Neoconfucianesimo creò una vera e propria
divisione in caste nella società:
• All’apice c’erano i Samurai, i guerrieri, gli unici in
grado di poter accedere a posizioni di comando;
• Dietro di loro i Contadini, responsabili della
principale fonte di ricchezza;
• In seguito gli Artigiani, poiché lavoravano le
materie prime prodotte dai contadini.
• All’ultimo posto, i Mercanti, considerati inutili
perché praticamente improduttivi.
Esistevano anche delle classi considerate
fuoricasta, i cosiddetti Eta (穢多, tanta sporcizia),
in cui erano raggruppati tutti coloro che
eseguivano lavori considerati immorali.
In realtà questo sistema era pieno di
contraddizioni; ad esempio mentre i Samurai
spesso non erano in grado di ricoprire posizioni
amministrative, i contadini erano ben più poveri
rispetto ai mercanti. Nonostante inizialmente nel
periodo Edo l’economia giapponese rifiorì e le
grandi città crebbero a dismisura, alcune classi si
impoverirono sempre di più.
Il periodo Edo coincise quasi totalmente col
Sakoku (鎖国, paese in catene), ossia la totale
chiusura agli stranieri, il cui accesso si limitava
all’isola artificiale di Deshima (出島) e soltanto per
alcune popolazioni come Olandesi e Cinesi.
A lungo andare il Sakoku e l’arretrata struttura
neoconfuciana portarono l’economia giapponese e
lo stesso sistema dello shôgunato in crisi.
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